Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-03-24, n. 201001713

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-03-24, n. 201001713
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001713
Data del deposito : 24 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01185/2010 REG.RIC.

N. 01713/2010 REG.DEC.

N. 01185/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

in forma semplificata, ex art. 9 legge nr. 205 del 2000
sul ricorso in appello nr. 1185 del 2010, proposto dalla

COOPSETTE

Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti P C e G M, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, viale Regina Margherita, 290,

contro

l’A.N.A.S. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione Terza, nr. 34/2010, depositata il 4 gennaio 2010, non notificata, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario a decidere il ricorso proposto dalla Società odierna appellante per ottenere l’annullamento:

- del provvedimento comunicato con nota in data 4 giugno 2009, con il quale l’A.N.A.S. ha rigettato l’istanza formulata dall’Impresa con nota del 23 aprile 2009 di autorizzazione al subappalto in favore dell’Impresa Mario Mariani S.r.l. di alcune lavorazioni comprese nell’appalto affidato ad essa Coopsette con contratto dell’8 novembre 2006 e concernente la progettazione esecutiva e la esecuzione dei lavori di ammodernamento della Strada Statale 64 “Porrettana” soggetta a movimenti franosi fra le località Silla (km 38+740) e Marano (km 45+814) in Comune di Gaggio Montano – 2° stralcio fra le località Ca’ de Ladri (km 40+000) e Marano (km 45+814);

- e di tutti gli atti presupposti, consequenziali e comunque connessi al provvedimento impugnato, ivi compreso – per quanto occorrer possa – il “ parere nagativo rilasciato dal Direttore dei lavori in data 27.05.2009 ”, citato nel provvedimento di rigetto dell’istanza, ma mai comunicato all’Impresa.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’A.N.A.S. S.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010, il Cons. Raffaele Greco;

Udita l’avv. Maria Bruna Chito, su delega dell’avv. Mancini, per la appellante;

Visto l’art. 9 della legge 21 luglio 2005, nr. 205, che consente al Collegio di decidere le cause in forma semplificata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La società cooperativa Coopsette ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensione, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso dalla stessa società proposto avverso il diniego opposto dall’A.N.A.S. S.p.a. alla richiesta di autorizzazione al subappalto in favore di altra impresa di alcune lavorazioni comprese nell’appalto affidato alla stessa Coopsette, concernente la progettazione esecutiva e la esecuzione di lavori di ammodernamento della Strada Statale 64 (“Porrettana”).

A sostegno dell’impugnazione, la appellante ha dedotto: violazione e falsa applicazione dell’art. 244 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163, e dei principi che regolano il riparto di giurisdizione tra autorità giudiziaria ordinaria e giudice amministrativo;
difetto di motivazione in ordine alla declaratoria di difetto di giurisdizione a conoscere della lite;
contraddittorietà;
illogicità;
travisamento dei fatti.

L’A.N.A.S. S.p.a. si è costituita con atto formale, associandosi all’appello.

Alla camera di consiglio del 9 marzo 2010, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva, il Collegio si è riservato di decidere immediatamente la causa nel merito ai sensi dell’art. 9 della legge 21 luglio 2005, nr. 205, dandone avviso alle parti presenti.

DIRITTO

L’appello è fondato.

L’odierna appellante, società cooperativa Coopsette, premesso di essere risultata aggiudicataria dell’appalto indetto dall’A.N.A.S. S.p.a. avente a oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori di ammodernamento della Strada Statale 64 (“Porrettana”) e di aver stipulato il relativo contratto, ha impugnato il diniego opposto dal commitente alla sua richiesta di autorizzazione a subappaltare specifiche lavorazioni in favore di altra impresa.

Il T.A.R. del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, essenzialmente sulla base di un duplice rilievo:

a) la controversia di che trattasi si colloca nella fase esecutiva del contratto d’appalto e pertanto, alla stregua del criterio di riparto fissato dall’art. 244 del decreto legislativo 12 aprile 2006, nr. 163, fuoriesce dalla giurisdizione esclusiva riconosciuta al giudice amministrativo in materia di procedure di affidamento di appalti pubblici;

b) in ogni caso, le determinazioni della stazione appaltante in materia di autorizzazione al subappalto, disciplinate dall’art. 118 del citato d.lgs. nr. 163 del 2006, non sono espressione di poteri discrezionali e autoritativi.

Le conclusioni del primo giudice non possono essere condivise.

Innanzi tutto, è inconferente il richiamo alla giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 244 del d.lgs. nr. 163 del 2006, essendo evidente che la presente controversia, avendo a oggetto vicenda inerente all’esecuzione del contratto di appalto, e non al suo affidamento, è chiaramente estranea all’ambito di operatività della ridetta previsione.

Tuttavia, occorre porsi il problema se nella specie sussista la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, non potendo escludersi che anche nella fase esecutiva del contratto di appalto, proprio a causa dell’essere quest’ultimo funzionale alla realizzazione di un interesse pubblico, l’Amministrazione committente disponga di poteri autoritativi nei confronti dell’affidatario, il cui esercizio si manifesti attraverso atti aventi natura provvedimentale e a fronte dei quali la posizione dell’impresa appaltatrice si atteggia a interesse legittimo.

Ad avviso della Sezione, e conformemente a quanto già affermato da questo Consesso (cfr. Cons. St., sez. V, 21 novembre 2007, nr. 5906), è appunto questo che accade nel caso dell’autorizzazione al subappalto di cui all’art. 118, comma 8, del d.lgs. nr. 163 del 2006.

Ed invero, non può essere condiviso l’avviso del giudice di primo grado che considera detta autorizzazione una species di quella prevista dall’art. 1656 c.c. in materia di appalti privati, riconducendoola esclusivamente ad espressione di autonomia negoziale.

Infatti, mentre la ratio della previsione di cui al citato art. 1656 c.c. – come correttamente evidenziato dallo stesso T.A.R. – si collega alla natura fiduciaria del contratto d’appalto, di tal che il committente è chiamato a valutare unicamente (e liberamente) la compatibilità del subappalto con il proprio interesse a veder realizzata l’opera appaltata a regola d’arte, l’autorizzazione ex art. 118 è istituto manifestamente preordinato anche al perseguimento di interessi pubblici ulteriori.

Al riguardo, giova rilevare che è lo stesso art. 118 a ricondurre la valutazione della stazione appaltante, da un lato, all’insussistenza dei divieti di subappalto stabiliti dalla legge (che la stessa disposizione mantiene fermi), e per altro verso all’accertamento della sussistenza delle condizioni cui la stessa norma subordina l’ammissibilità del subappalto medesimo (che la richiesta sia conforme all’indicazione delle prestazioni subappaltabili fornita in sede di offerta, che il subappaltatore sia in possesso dei requisiti di qualificazione, che siano praticati con un minimo ribasso consentito i medesimi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione etc.).

Sotto il primo profilo, la disposizione è palesemente intesa a conferire all’Amministrazione un potere di controllo avente finalità di ordine pubblico ed inteso a prevenire il rischio di infiltrazioni criminali nelle commesse pubbliche (si pensi ai divieti di subappalto di cui alla legge 31 maggio 1965, nr. 575): e tanto basterebbe a far concludere nel senso del carattere eminentemente pubblicistico della valutazione.

Ma v’è di più: ché anche con riguardo al secondo aspetto innanzi indicato la posizione della stazione appaltante, lungi dall’essere totalmente assimilabile a quella di un committente privato, risulta condizionata da esigenze pubblicistiche, connesse alla ratio stessa della previsione normativa delle procedure di gara.

Come è noto, l’esigenza di fondo cui detta previsione è funzionale è quella di “procedimentalizzare” la fase che precede la stipula dei contratti delle amministrazioni pubbliche, allo scopo di rendere trasparente e imparziale la scelta del contraente, in modo da evitare il rischio di abusi e distorsioni in conseguenza della particolare posizione del soggetto pubblico e al tempo stesso garantire che la scelta medesima sia la più rispondente al criterio del miglior impiego possibile delle risorse pubbliche per il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

Se ciò è vero, ne consegue che questo peculiare interesse pubblico non è solo immanente alla fase della procedura selettiva, ma può emergere anche nella successiva fase di esecuzione del contratto, condizionandone alcuni momenti;
ad esempio, e per quanto qui interessa, sono proprio le esigenze testé richiamate a giustificare le particolari cautele cui il legislatore assoggetta ogni ipotesi di mutamento soggettivo del contraente nella fase successiva all’aggiudicazione e alla stipula del contratto (si pensi alla disciplina in tema di cessioni di azienda o di fallimento dell’esecutore dell’appalto).

Se viste all’interno di tale quadro, dunque, anche le precitate condizioni per l’ammissibilità del subappalto, di cui all’art. 118 del d.lgs. nr. 163 del 2006, non appaiono affatto intese unicamente a tutelare l’interesse dell’amministrazione committente all’immutabilità dell’affidatario (interesse che in sé considerato, come sostenuto dal primo giudice, sarebbe sostanzialmente omologo a quello privato tutelato dall’art. 1656 c.c.), ma tendono invece a evitare che nella fase esecutiva del contratto si pervenga, attraverso modifiche sostanziali dell’assetto d’interessi scaturito dalla gara pubblica, a vanificare proprio quell’interesse pubblico che ha imposto lo svolgimento di una procedura selettiva e legittimato l’individuazione di una determinata offerta come la più idonea a soddisfare le esigenze della collettività cui l’appalto è preordinato.

Ne discende che ha scarsa rilevanza la questione se, nel rilasciare o meno l’autorizzazione, l’Amministrazione goda di discrezionalità valutativa o debba limitarsi a un mero accertamento della sussistenza delle condizioni o dei divieti di legge: ciò che conta è che tale attività è chiaramente espressione di poteri pubblicistici di natura autoritativa, a fronte dei quali la posizione del privato contraente ha consistenza di interesse legittimo.

Alla luce dei rilievi che precedono s’impone, ai sensi dell’art. 35 della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034, una decisione di annullamento della sentenza impugnata con rinvio al primo giudice per il prosieguo.

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