Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-18, n. 201403850
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N. 03850/2014REG.PROV.COLL.
N. 01156/2013 REG.RIC.
N. 01453/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1156 del 2013, proposto da:
Università degli Studi del Molise, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
R D P, rappresentato e difeso dall'avv. C V, con domicilio eletto presso Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
nei confronti di
Mario Petrone, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Di Pardo, con domicilio eletto presso Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;Giovanna C;
sul ricorso numero di registro generale 1453 del 2013, proposto da:
Giovanna C, rappresentato e difeso dall'avv. Giacomo Valla, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
R D P, rappresentato e difeso dall'avv. C V, con domicilio eletto presso Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
nei confronti di
Universita' degli Studi del Molise A Campobasso, Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma, per entrambi gli appelli,
della sentenza del T.a.r. Molise - Campobasso: Sezione I n. 00715/2012, resa tra le parti, concernente procedura di selezione comparativa per n. 1 posto di professore universitario di seconda fascia per il settore scientifico disciplinare inf/01
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di R D P e di Mario Petrone e di R D P e di Universita' degli Studi del Molise e del Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2014 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Messuti, e M. Fortunato per delega di Di Pardo. Valla, e dello Stato Messuti.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso straordinario al Capo dello Stato Di P R, avendo partecipato alla procedura di selezione comparativa indetta per n. 1 posto di professore universitario di ruolo di seconda fascia presso l’Ateneo di Campobasso, ne impugnava i relativi atti concorsuali, comprensivi dell’atto di approvazione della procedura di valutazione comparativa, contenente la dichiarazione di idoneità di colleghi controinteressati, il decreto di nomina della Commissione, il decreto di proroga della commissione.
L’Università intimata, costituitasi, chiedeva, con atto notificato in data 14.4.2011, la trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Capo dello Stato, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 1199 del 1971.
Nel costituirsi nel giudizio dinanzi al primo giudice, il ricorrente confermava la domanda di annullamento avverso i seguenti atti: 1) il decreto rettorale n. 1175 datato 27 ottobre 2010, affisso all’albo dell’Ateneo il 2 novembre 2010, di approvazione degli atti relativi alla procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore universitario di ruolo di seconda fascia per il settore scientifico disciplinare Inf/01 (Informatica), presso la facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università degli studi del Molise, con il quale venivano dichiarati vincitori e idonei i candidati controinteressati P M, D P S e C G;2) il decreto rettorale n. 26 datato 14 gennaio 2010, pubblicato sulla G.U. – IV Serie speciale n. 9 del 2 febbraio 2010, con il quale è stata disposta la nomina della commissione giudicatrice;3) il decreto rettorale n. 876 datato 23 luglio 2010, pubblicato all’albo dell’Ateneo in data 26.7.2010, con il quale è stata disposta la proroga dei lavori della commissione fino al 2 novembre 2010;4) tutti gli atti preordinati e connessi.
Ribadiva quindi le censure già svolte con il ricorso straordinario e cioè: 1) illegittima composizione della commissione giudicatrice, violazione dell’art. 3 comma settimo del D.P.R. 23.2.2000 n. 117;2) illegittima composizione della commissione giudicatrice, violazione dell’art. 51 c.p.c., violazione dei principi di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione, previsti dall’art. 97 Cost.;3) difetto e manifesta illogicità di motivazione, eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza del giudizio comparativo, incongruità della motivazione, violazione dell’art. 4 del D.P.R. n. 117/2000.
Il giudice di primo grado, dopo avere ritenuto la sussistenza della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, in quanto si controverte in materia di procedure concorsuali dirette alla costituzione di un rapporto di impiego di docenti universitari, accoglieva il ricorso ritenendolo fondato.
In particolare, in accoglimento della censura svolta dal ricorrente, munito dell’interesse strumentale alla rinnovazione ab initio della procedura, veniva ritenuta fondata la doglianza di illegittimità della composizione della commissione nominata con l’impugnato decreto rettorale n. 26 del 2010, per la presenza di almeno un membro in posizione di conflitto virtuale o d’incompatibilità.
Il primo giudice osservava che, se da un lato, il prof. U V, docente ordinario dell’Università degli studi di Salerno, oggetto di un primo motivo di censura, aveva (potrebbe aver) fatto cessare la causa di incompatibilità, dimettendosi, in data 16 giugno 2010, dalla commissione giudicatrice di un parallelo concorso universitario indetto presso l’Ateneo “Parthenope” di Napoli (per la illegittimità della presenza in contemporanea presso due commissioni, secondo legge), era invece del tutto discutibile e censurabile la presenza in commissione di una docente, la prof.ssa Anna Maria F, la quale ha firmato in collaborazione con una dei concorrenti controinteressati, precisamente con la dott.ssa Giovanna C, ben ventitrè lavori su riviste internazionali, dei ventiquattro pubblicati dalla concorrente e inseriti nel suo <<curriculum vitae>>.
Inoltre, la commissaria prof.ssa F risulta avere collaborato con la concorrente C – che è una dei due candidati idonei al concorso – nella scrittura di diciotto capitoli di libri internazionali (dei ventuno realizzati) e di 68 atti di conferenze internazionali, degli 84 pubblicati dalla candidata stessa.
Secondo il primo giudice, costituisce palese violazione del principio di imparzialità e non può essere irrilevante la circostanza, in un concorso pubblico, basato sulla valutazione comparativa dei titoli scientifici, che uno dei commissari sia coautore, insieme ad uno dei candidati, di numerosissimi lavori proposti per la valutazione e sia poi la stessa persona a darne una valutazione, sia pure in un giudizio collegiale della commissione, sui lavori di cui essa è coautrice.
Pur senza dover sospettare che tra commissaria e concorrente vi dovesse essere una comunanza di interessi di vita, nella specie, la collaborazione tra i due soggetti in argomento sembrava presentare i caratteri di sistematicità, stabilità, continuatività e intensità tali da far supporre l’esistenza di un sodalizio professionale.
In ogni caso, osservava la sentenza, il componente della commissione non si era neanche astenuto dal valutare i lavori scientifici dei quali essa era la coautrice, insieme alla candidata, non potendo rilevare oltremodo la possibile distinzione dei lavori dei due soggetti all’interno dell’opera comune, trattandosi di lavoro svolto in equipe , in cui i lavori si fondono in un prodotto unico.
In definitiva, con la sentenza appellata, il primo giudice riteneva che, pur non sussistendo una ipotesi di formale incompatibilità funzionale ai sensi dell’art. 51 c.p.c., applicabile anche all’attività amministrativa, pur tuttavia sussisteva la violazione dell’imparzialità amministrativa di cui all’art. 97 Cost. e all’art. 1, comma primo, della legge 7 agosto 1990 n. 241, di chi versa in potenziale conflitto di interessi.
Nella fattispecie, l’interesse personale e diretto della componente di commissione consisteva appunto nel dare una valutazione di speciale apprezzamento (o nell’influenzare il giudizio della commissione in tal senso) su lavori scientifici di cui essa era stata coautrice, mentre il contrapposto interesse pubblico era al contrario quello inteso a favorire o a rendere possibile un giudizio equanime e disinteressato della commissione.
Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello (r.g.n.1156 del 2013) l’Università degli Studi del Molise, deducendo, in sostanza, un unico mezzo, e richiamando giurisprudenza sul punto, sostenendo che il rapporto di collaborazione tra un membro della commissione e un candidato non configura causa di incompatibilità, essendo necessaria la presenza di ulteriori elementi che possano fare sorgere il sospetto di parzialità e di non avere giudicato in base alle risultanze oggettive della procedura;il consolidato rapporto di collaborazione tra un commissario e un candidato che non abbia però carattere economico e patrimoniale ma che si esaurisca nella sfera accademica e scientifica non dà luogo ad obbligo di astensione in capo al commissario stesso e nella specie la dottoressa C aveva contribuito, unitamente ad altri autori, alla redazione di opere ed atti di conferenze internazionali e si tratta di circostanze casuali che non integrano un rapporto di collaborazione continuativo e intenso;inoltre i lavori redatti in collaborazione tra candidato e membro della commissione ben possono essere valutati in un concorso a pubblici impieghi ove sia possibile scindere gli apporti dei singoli;nella specie, non vi era alcuna comunanza di interessi economici o di vita tra componente e candidato
In tale giudizio si è costituito il dott. Di P R, chiedendo il rigetto dell’appello, sostenendo che tutte le pubblicazioni ritenute utili ai fini del concorso redatte dalla candidata C sono state redatte in collaborazione con il commissario Prof. Anna Maria F, membro della commissione giudicatrice. Ripropone i motivi assorbiti in primo grado, relativi alla nomina e partecipazione del componente Prof. U V, componente anche di altra commissione, in violazione di previsione normativa apposita (art. 3, comma 7 DPR 117 del 2000) e alla erroneità della valutazione effettuata in favore dei candidati risultati vincitori o idonei.
Si è costituito il dott. P M, chiedendo l’accoglimento dell’appello proposto dall’Università del Molise. Con memoria depositata in data 23 maggio 2014 chiede che le riproposizioni delle domande assorbite e non esaminate in primo grado vengano dichiarate precluse, in quanto la memoria non è stata depositata a pena di decadenza entro il termine di 60 giorni successivo a quello assegnato per il deposito del ricorso (il deposito dell’appello è avvenuto in data 18 febbraio 2013, la memoria avrebbe dovuto essere depositata entro il 19 aprile 2013 ed invece è stata depositata in data 22 aprile 2014).
Con altro appello (r.g.n. 1453 del 2013) la sentenza di primo grado è stata appellata dalla dott. C G, che sostanzialmente deduce che: 1) secondo consolidata giurisprudenza amministrativa solo la comunanza di interessi economici e professionali fanno sorgere una situazione di incompatibilità, mentre il rapporto tra la prof. F e l’appellante è di semplice rapporto tra docente ed allieva;i giudizi sui lavori e sui titoli della candidata C sono stati condivisi da tutti i membri della commissione;il membro prof. F è stato sorteggiato dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle domande;2) il ricorso straordinario, poi trasposto in sede giurisdizionale, è inammissibile, in quanto, contrariamente a quanto prevede l’art. 9 del D.P.R.1199 del 1971, è stato notificato contestualmente all’Università del Molise e ai controinteressati, anziché essere notificato prima ad almeno un controinteressato e poi presentato all’amministrazione, con la prova dell’avvenuta previa notificazione ad almeno un controinteressato.
In tale giudizio si è costituita l’Università degli Studi del Molise.
Si è costituito il dott. Di P R, che chiede il rigetto dell’appello e la conferma dell’appellata sentenza.
Con memoria depositata in data 22 maggio 2014 l’appellante Giovanna C ha eccepito nuovamente l’inammissibilità della riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado, per avvenuta decadenza e nel merito ribadisce le sue censure alla sentenza appellata.
Con ordinanze emesse in sede cautelare in data 27 marzo 2013 la Sezione ha respinto le istanze di sospensione della esecutività della sentenza, ritenendo gli appelli destituiti di fumus boni iuris .
Alla udienza pubblica del 24 giugno 2014 le due cause sono state trattenute in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, va disposta la riunione dei due giudizi di appello, trattandosi di appelli proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., applicabile per rinvio esterno anche al processo amministrativo.
2.Va esaminata in via prioritaria la doglianza sollevata con l’appello di C G, che deduce la inammissibilità del ricorso straordinario perché esso, contrariamente alla previsione di legge (art. 9 D.P.R. 1199 del 1971), è stato notificato contestualmente all’Università del Molise e ai controinteressati, mentre avrebbe dovuto essere dapprima notificato ad almeno un controinteressato e solo successivamente presentato con la prova della avvenuta notificazione all’amministrazione.
La doglianza è infondata.
L’eccezione sollevata invoca, in effetti, l’espressione formale contenuta nell’art. 9 del d.p.r. 1199 del 1971, laddove prevede che il ricorso straordinario debba essere presentato previa notifica ad almeno un contro interessato.
Ad opinione del Collegio ogni regola riguardante il ricorso straordinario va letta anche con riguardo alla impostazione fornita dal Giudice delle leggi (oltre che, evidentemente, dalla normativa successiva che lo ha riguardato).
Alla stregua di quanto affermato dalla Corte Costituzionale (n.148 del 29 luglio 1982) sul ricorso straordinario, si deve ritenere che: il ricorso straordinario deve essere notificato, oltre che ad almeno un controinteressato, anche all’autorità che ha emanato l’atto impugnato, se non appartenente all’amministrazione statale;la notifica all’autorità che ha emanato l’atto deve essere effettuata entro lo stesso termine previsto dalla legge per la notifica ad almeno uno dei controinteressati e tale regola è decisiva ai fini dell’ammissibilità del ricorso;la notifica all’autorità che ha emanato l’atto ha come equipollente la presentazione dell’atto a tale autorità (presentazione che può intervenire mediante notifica o mediante deposito).
Pertanto, ciò che rileva ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario è (soprattutto e soltanto) che nel termine previsto avvenga la notifica ad almeno un controinteressato e che entro lo stesso termine avvenga la notifica o presentazione dell’atto all’autorità.
In definitiva, ne deriva che deve ritenersi ammissibile il ricorso straordinario notificato contestualmente al controinteressato e all’autorità rispettando il termine di legge;addirittura, una volta rispettato il termine per la notifica al contro interessato, per la presentazione, si potrebbe anche superare il termine, vicenda che non riguarda il caso di specie (tra varie, sulla proposizione del ricorso straordinario, Consiglio di Stato sez. I, 11 novembre 1998, n. 688).
In definitiva, è ammissibile e tempestivo il ricorso straordinario notificato entro il termine contestualmente al controinteressato e all’autorità emanante.
3.Con riguardo alla questione centrale di tale controversia, gli appelli si premurano di richiamare la costante giurisprudenza della giustizia amministrativa di appello, secondo cui la semplice sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra commissario e candidato non è idonea di per sé ad integrare gli estremi delle cause di incompatibilità normativamente cristallizzate, salva la spontanea astensione di cui al capoverso dell’art. 51 c.p.c.. le cui fattispecie assumono carattere tassativo.
In effetti, la giurisprudenza consolidata di questo Consesso ha affermato che la conoscenza personale o la instaurazione di rapporti lavorativi od accademici non sono di per sé motivo di astensione, a meno che i rapporti personali o professionali siano di rilievo ed intensità tali da fare sorgere il sospetto che il candidato sia giudicato non in base al risultato delle prove, ma in virtù delle conoscenze personali (così Cons. Stato, VI, 13 marzo 2013, n.1512).
Gli appelli invocano, quindi, in particolare, l’affermato principio secondo cui sussiste incompatibilità nella sola ipotesi di comunanza di interessi economici di tale intensità da fare ingenerare il ragionevole dubbio che il candidato sia giudicato non in base alle risultanze oggettive della procedura, ma in virtù della conoscenza personale con il commissario e sostengono che, nella specie, il rapporto tra candidato e commissario sia soltanto di natura accademica.
In realtà, osserva il Collegio, la giurisprudenza, pur nel rispetto della tassatività delle cause di incompatibilità e obbligo di astensione (richiamando appunto l’art. 51 c.p.c. applicabile anche all’attività amministrativa, che prevede al n. 1 l’ipotesi, quasi di scuola della regola del nemo iudex in causa sua ), ha evidenziato anche le ipotesi che, ben oltre la partecipazione ad un convegno o il ruolo di coautori in una singola opera, concretino rapporti personali ben più saldi e di maggiore intensità (così, per esempio, Cons. giust. Amm. Sicilia sez. giurisd., 21 settembre 2010, n.1222).
Questo Consiglio ha avuto modo di affermare che può risultare decisiva e rilevante soltanto la circostanza che tra candidato e commissario si sia concretato un rapporto che, trascendendo la dinamica istituzionale delle relazioni docente-allievo, si sia invece concretato in un autentico sodalizio professionale connotato dai caratteri della stabilità e della reciprocità di interessi di carattere economico, come in caso di associazione professionale (così, Cons. Stato, VI, 1512 del 13 marzo 2013).
Si è altresì osservato che la pubblicazione insieme di una o più opere, essendo ipotesi ricorrente nella comunità scientifica caratterizzata talvolta da un numero limitato di componenti, al fine di rendere possibile la formazione di commissioni esaminatrici, non rende di per sé viziato il procedimento, non essendo a rigore causa di astensione.
Nella fattispecie in quel caso esaminata (nella sentenza n.1512 del 2013), della Commissione faceva parte un professore con cui il vincitore aveva discusso la tesi di laurea, svolto il dottorato di ricerca e collaborato ai progetti di ricerca, ma si trattava, secondo la sentenza su richiamata, di rapporti ordinari, tra allievo e docente, e di normali collaborazioni nell’ambito della comunità scientifica.
Risultava, in quella occasione, e ciò evidenziava la sentenza della Sezione, una sola pubblicazione comune, tra l’altro con contributi scindibili di allievo e docente.
Nella fattispecie oggetto della controversia, al contrario, pur tenendo fermi i principi generali su richiamati, non può non destare impressione la circostanza che la candidata C, poi risultata idonea, per ben ventitré lavori sui ventiquattro pubblicati in riviste internazionali e inseriti nel suo curriculum vitae – e tali circostanze di fatto, richiamate a base della motivazione della sentenza di primo grado, anche nelle loro dimensioni numeriche, non risultano in alcun modo smentite ma in vero neanche contestate dagli appelli - abbia firmato tali lavori unitamente alla prof. F, componente della commissione, che ha provveduto poi alla positiva valutazione di tali opere, senza alcuna distinzione o scissione del relativo giudizio.
Inoltre, la commissaria prof.ssa F risulta avere collaborato con la concorrente C nella scrittura di diciotto capitoli di libri internazionali (dei ventuno realizzati) e di sessantotto atti di conferenze internazionali, degli ottantaquattro pubblicati dalla candidata stessa (quindi, ventitre su ventiquattro lavori, diciotto capitoli di libri internazionali su ventuno, sessantotto atti di conferenze su ottantaquattro).
La circostanza che il componente della Commissione sia coautore della quasi totalità dei lavori scientifici (oltre che di libri internazionali e conferenze) – o comunque di un numero elevatissimo e rilevantissimo per quantità e qualità - del candidato, poi valutati positivamente dalla Commissione, non può non far ritenere, per ragione di elementari regole di imparzialità (art. 1 della legge n.241 del 1990), obiettività, trasparenza, come eccezione che conferma la regola, che l’attività di valutazione della Commissione, per quanto nella dinamica del normale funzionamento dell’organo collegiale di valutazione, sia – e appaia - quantomeno viziata.
4. Dovendosi respingere gli appelli e confermare l’appellata sentenza, si osserva che si può prescindere dall’esame dell’eccezione con cui l’appellante C ha dedotto l’inammissibilità, per decadenza, della riproposizione di censure da parte del D P, riproposizione che si rende irrilevante processualmente.
Solo per completezza, si osserva che ai sensi dell’art. 101, comma 2 cod. proc. amm. si intendono rinunciate le domande ed eccezioni dichiarate assorbite nella sentenza di primo grado che non siano state espressamente riproposte con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio (tra tante, Cons. Stato, V, 21 giugno 2013, n.3398).
Nella specie, il deposito del ricorso in appello è avvenuto in data 18 febbraio 2013;l’appellato avrebbe dovuto depositare la propria memoria di costituzione con la riproposizione delle censure assorbite in prime cure entro il termine del 19 aprile 2013;l’appellato, invece, si è costituito soltanto in data 22 aprile 2014.
Ai sensi dell'art. 101 comma 2, c. proc. amm. la riproposizione in appello dei motivi di censura non esaminati dal giudice di primo grado o dallo stesso dichiarati assorbiti non richiede necessariamente la proposizione di appello incidentale proprio per la parte vittoriosa in primo grado, ma può avvenire anche con semplice memoria non notificata;tale memoria, però, deve essere depositata a pena di decadenza entro il termine di 60 giorni successivo a quello assegnato per il deposito del ricorso (così, Consiglio di Stato sez. IV, 30 settembre 2013, n. 4845).
5. In definitiva, sulla base delle sopra esposte considerazioni, gli appelli proposti, previa riunione, debbono essere respinti, con conseguente conferma dell’appellata sentenza.
La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza;le spese sono liquidate in dispositivo.