Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-10, n. 202400338

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-10, n. 202400338
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400338
Data del deposito : 10 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2024

N. 00338/2024REG.PROV.COLL.

N. 08814/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8814 del 2019, proposto da Oilfin S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato R T, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Bisagno, n. 14,

contro

il Comune di Sesto Fiorentino, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato C D, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Toscana, Sezione III, n. 1029 dell’8 luglio 2019, resa tra le parti, concernente l’accertamento dell’obbligo del Comune di Sesto Fiorentino di provvedere in ordine all’istanza di riduzione del canone concessorio presentata il 25 febbraio 2015.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sesto Fiorentino;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4- bis , c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 24 ottobre 2023 il consigliere G S;

Nessuno presente per le parti e viste le istanze di passaggio in decisione di ambo le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 1731/2016, proposto innanzi al T.a.r. per la Toscana, la Società Oilfin S.r.l. (di seguito anche la società) aveva chiesto l’annullamento:

a ) del provvedimento dirigenziale del Comune di Sesto Fiorentino n. 110 del 30 maggio 2016, ricevuto dalla società ricorrente il 31 maggio 2016, recante rigetto dell'istanza di revisione del canone relativo a un'area comunale concessa in uso alla ricorrente medesima;

b ) di ogni altro atto, presupposto o successivo comunque, connesso, se lesivo.

2. A sostegno del ricorso aveva dedotto quanto segue:

i) la violazione dei principi in materia di sinallagma contrattuale, applicabili ad ogni rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive e, quindi, anche ad un rapporto concessorio, da cui discenderebbe che l’amministrazione avrebbe dovuto tener conto delle circostanze sopravvenute che avrebbero reso non più onorabile l’adempimento dell’obbligazione di corrispondere il canone nella misura pattuita dalla convenzione;

ii) l’illegittimità dell’atto laddove ha negato la revisione del canone invocando il principio della par condicio dei partecipanti alla gara.

3. Costituitasi l’Amministrazione in resistenza, il Tribunale adìto ha così deciso il gravame al suo esame:

- non accoglieva il primo motivo di ricorso atteso che la concessione conserva rilevanti profili pubblicistici in ragione del sottostante rapporto avente ad oggetto l’uso e lo sfruttamento commerciale del bene pubblico;

- rispetto al profilo dedotto dalla ricorrente con riferimento al canone COSAP, rilevava che il canone era già largamente inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione delle tariffe ordinarie sulla base del Regolamento comunale;

- ha quindi respinto il ricorso reputando infondata ogni altra censura;

- ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in € 3.000,00, oltre accessori di legge.

4. In particolare, il Tribunale ha ritenuto che:

Non può essere condivisa [perciò] la tesi sostenuta dalla ricorrente della riconducibilità della concessione di beni pubblici al contratto di locazione, tanto più che la sentenza della Corte UE invocata pare limitare l’affermazione ai profili fiscali della fattispecie (esenzione dall’IVA al relativo contratto). Da tale natura pubblicistica scaturisce, per un verso, che l’attribuzione di tali beni debba avvenire attraverso l’espletamento di procedure concorsuali ad evidenza pubblica e, per altro verso, che i principi dell’evidenza pubblica trovano applicazione anche con riferimento alla determinazione del canone, con la conseguenza che la rinegoziazione di quest’ultimo deve ritenersi non conforme al modulo procedimentale seguito e in contrasto con il principio della massima valorizzazione dei beni pubblici (Cons. Stato, Sez. VI, 22.08.2017, n. 4055). Invero, ove si accedesse alla tesi della ricorrente, l’amministrazione, oltre a trasformare ex post la procedura prescelta, ristretta o aperta, in uno schema assimilabile ad una procedura negoziata, si porrebbe in conflitto con il principio per cui è fatto divieto all’amministrazione di operare modifiche sostanziali delle condizioni contrattuali (e tale sarebbe indubbiamente la riduzione del canone dovuto), dopo l’aggiudicazione in violazione dei principi concorrenziali e di par condicio (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 3 novembre 2016, n. 2002;
Cons. St., sez. V, 13 novembre 2002, n. 6281)...Ove poi si volesse far rientrare la domanda nello schema di matrice contrattuale dell’eccessiva onerosità sopravvenuta (artt. 1467 e segg. cod. civ.) questa, ai sensi dell'art. 1467 c.c., potrebbe condurre solo alla risoluzione del contratto laddove vi sia, da un lato, lo squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto, e dall'altro la riconducibilità dell'eccessiva onerosità ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientrabili nella normale alea contrattuale. Ma tale possibilità deve escludersi anche in relazione all’assunto che “Il rapporto amministrazione/concessionario, fondato sulle usualmente definite «concessioni/contratto», proprio in ragione delle sue peculiarità originate dall'inerenza all'esercizio di pubblici poteri, non ricade in modo immediato, e tanto meno integrale, nell'ambito di applicazione delle disposizioni del codice civile le quali, se possono certamente trovare applicazione in quanto compatibili ovvero se espressamente richiamate, tuttavia non costituiscono la disciplina ordinaria di tali convenzioni” (Cons. Stato, Sez. IV 19.08.2016, n. 3653).
”.

5. Avverso tale pronuncia la Società Oilfin ha interposto appello, notificato il 30 settembre 2019 e depositato il 29 ottobre 2019, lamentando, attraverso cinque motivi di gravame (pagine 10-20), quanto di seguito sintetizzato:

I) ERRONEA MOTIVAZIONE CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA;
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI SINALLAGMA CONTRATTUALE;
- ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA MANIFESTA E GRAVE DIFETTO DI MOTIVAZIONE.

L’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui sostiene che il rapporto concessorio di cui è causa presenta “ rilevanti profili pubblicistici ” giacché ha ad oggetto l’uso e lo sfruttamento commerciale di un bene pubblico. Si tratterebbe invece, sostiene parte appellante, di un bene facente parte del patrimonio disponibile dell’Amministrazione comunale il cui godimento è certamente riconducibile allo schema privatistico della locazione, atteso che è stato espressamente dismesso dal Comune di Sesto Fiorentino con delibera C.C. n. 212 del 12 novembre 2017 al fine di destinare l’area medesima alla realizzazione di un impianto di distribuzione di carburanti.

II) OMESSA MOTIVAZIONE CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA;
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI SINALLAGMA CONTRATTUALE, SOTTO ULTERIORE PROFILO;
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 40 E 45 DEL CODICE DELLA NAVIGAZIONE;
- ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA MANIFESTA E GRAVE DIFETTO DI MOTIVAZIONE, SOTTO ULTERIORE PROFILO.

Sostiene parte appellante che anche le previsioni di cui agli artt. 40 e 45 del Codice della Navigazione - dalle quali si desume il principio secondo cui il concessionario di un bene pubblico è legittimato a chiedere una riduzione del canone ove, come nella specie, nel corso del rapporto concessorio intervengano fatti che impediscono il pieno utilizzo del bene concesso in uso - farebbero propendere per l’applicabilità delle regole sinallagmatiche. Profilo che il T.a.r. Toscana avrebbe del tutto mancato di valutare.

III) ERRONEA MOTIVAZIONE CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA;
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI SINALLAGMA CONTRATTUALE, SOTTO ULTERIORE PROFILO;
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL REGOLAMENTO COSAP DEL COMUNE DI SESTO FIORENTINO;
- ECCESSO DI POTERE PER IRRAGIONEVOLEZZA MANIFESTA E GRAVE DIFETTO DI MOTIVAZIONE, SOTTO ULTERIORE PROFILO.

Quanto al profilo relativo al canone COSAP, la società deduce l’irragionevolezza e la non adeguata motivazione addotta dal T.a.r. a sostegno della statuizione reiettiva del ricorso e ciò alla luce di quanto statuito dall’art. 20 del Regolamento del Comune al fine di fissare i criteri per la determinazione del canone concessorio.

IV) ERRONEA MOTIVAZIONE CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA;
15 - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 1467 e 1623 C.C.;
-

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