Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-09-23, n. 201404798

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-09-23, n. 201404798
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404798
Data del deposito : 23 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03458/2014 REG.RIC.

N. 04798/2014REG.PROV.COLL.

N. 03458/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3458 del 2014, proposto da
P A e P M, rappresentati e difesi dagli avvocati F T e D G, con domicilio eletto presso F T in Roma, largo Messico, 7

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Società Sinco soc. coop. a responsabilità limitata, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati L S e B G, con domicilio eletto presso B G in Roma, viale di Villa Grazioli, 15

nei confronti di

Società Erix s.r.l. in persona del legale rappresentante, G Manlio, rappresentati e difesi dagli avvocati Salvatore Alberto Romano e Annalisa Molinari, con domicilio eletto presso Salvatore Alberto Romano in Roma, viale XXI Aprile, 11

per la riforma della sentenza del T.A.R. dell’Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma, 6 gennaio 2014, n. 6


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, della società Sinco soc. coop. A responsabilità limitata, della società Erix s.r.l. e dell’avvocato Manlio G;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2014 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Granara, l’avvocato dello Stato Urbani Neri, l’avvocato Roberto Catalano per delega dell'avvocato Gargani e l’avvocato Salvatore Alberto Romano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori Mario e Antonio Primavoro riferiscono che, essendo interessati all’acquisto di alcuni immobili siti in La Spezia, località Montepertico, di proprietà della società Sinco soc. coop. In liquidazione coatta amministrativa (lotti I, L, M, N e P), con lettera del 15 febbraio 2007 avevano offerto la somma di euro 128.400 per l’acquisto di tali cespiti, allegando a garanzia un assegno di importo pari al 10 per cento della cifra offerta (l’offerta in parola era stata reiterata con nota trasmessa via fax il 16 aprile 2008).

Con successiva lettera in data 17 aprile 2008, i medesimi ricorrenti avevano formulato una nuova proposta di acquisto, sostituiva della precedente, offrendo euro 118.000 per il solo lotto P ed euro 14.000 per i lotti I, L, M e N.

I Commissari liquidatori, con avviso di vendita del 21 luglio 2008, pubblicato il 27 successivo sul quotidiano “La Nazione” (riferito fra gli altri al “vano da adibirsi a negozio” già parte del lotto P) rendevano pubblica l’offerta di acquisto già ricevuta da altri soggetti e pari a euro 115.000, invitando contestualmente “tutti che coloro che fossero interessarti all’acquisto di detti immobili” a “far pervenire la loro offerta in busta chiusa (…) entro 30 giorni”.

A seguito di tale avviso, i ricorrenti, con nota datata 25 agosto 2008, inoltravano la loro offerta specificando il prezzo precedentemente indicato pari a euro 118.000.

A questo punto della vicenda i Commissari liquidatori, con nota del 17 dicembre 2008 (indirizzata al legale dei ricorrenti), rappresentavano che “l’ultima manifestazione di interesse inviata dai Suoi assistiti, unitamente ad un nuovo assegno a garanzia , non può che porsi in relazione con l’ultimo avviso di vendita pubblicato dalla Procedura, rispetto al quale è risultata essere evidentemente tardiva”.

Con la medesima nota precisavano, altresì, che i ricorrenti avevano “provveduto, in data 14 novembre, al ritiro dell’assegno (…) confermando in tal modo sia la conoscenza della nostra comunicazione, a Lei inviata il 29 ottobre, sia l’acquiescenza alla stessa con conseguente rinuncia all’interesse manifestato”.

La nota in questione veniva quindi impugnata dinanzi al Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna – Sezione staccata di Parma (ricorso n. 52/2009) dai signori Primavori i quali ne chiedevano l’annullamento evidenziando plurimi profili di illegittimità.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo rilevando che l’attività posta in essere dai commissari liquidatori nell’ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa e tradottasi nell’adozione dell’atto impugnato in primo grado non si caratterizzerebbe per la spendita di poteri autoritativi, “con la conseguenza che, in capo ai ricorrenti, non è riconoscibile alcuna posizione di interesse legittimo”.

Di conseguenza la controversia in oggetto, vertendo su posizioni giuridiche soggettive qualificabili come di diritto soggettivo, resterebbe devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dai signori Primavori i quali ne hanno innanzitutto chiesto la riforma per la parte relativa al dichiarato difetto di giurisdizione.

Nel merito, poi, i signori Primavori hanno lamentato l’erroneità della sentenza in epigrafe per omessa pronuncia sui motivi di ricorso già articolati in primo grado, che sono stati quindi puntualmente riproposti nella presente sede d’appello.

Si è costituito in giudizio l’avvocato Manlio G il quale ha chiesto che sia disposta la propria estromissione dal giudizio, avendo egli formulato la proposta di acquisto secondo la modalità dell’acquisto per persona da nominare. Siccome, al momento della proposizione del ricorso di primo grado, l’avvocato G aveva già sciolto la riserva formulata in sede di formulazione dell’offerta (indicando quale acquirente la società Erix s.r.l.), la sua evocazione in giudizio non avrebbe ragion d’essere.

Si sono altresì costituite in giudizio le società Sinco s.c.a.r.l. e Erix s.r.l. le quali hanno concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla camera di consiglio del 1° luglio 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dai signori Primavori avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna – Sezione staccata di Parma con cui è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso da loro proposto avverso gli atti con cui i Commissari liquidatori di una società in liquidazione coatta amministrativa hanno dichiarato tardiva e non valutabile l’offerta presentata dagli stessi appellanti per l’acquisto di alcuni beni dell’impresa in stato di liquidazione.

2. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito indicati.

2.1. Deve in primo luogo essere esaminato il motivo di appello con cui si è lamentata l’erroneità della sentenza in epigrafe per avere il primo giudice ritenuto che l’attività posta in essere dai commissari liquidatori nell’ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa (tradottasi nell’adozione dell’atto impugnato in primo grado) non si caratterizzerebbe per la spendita di poteri autoritativi.

Al riguardo, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per non avere il primo giudice considerato che gli atti con cui i Commissari liquidatori, nell’ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa, dispongono l’esclusione di un’offerta costituiscono esplicazione di un potere autoritativo riconosciuto a tutela di un interesse pubblico.

Nella tesi degli appellanti, inoltre, tali atti sono adottati da soggetti (i Commissari liquidatori, appunto) che, nell’esercizio delle richiamate funzioni, assumono la qualifica soggettiva di pubblici ufficiali e si configurano come atti formalmente e sostanzialmente amministrativi, finalizzati alla cura di interessi pubblici, con la conseguenza che la relativa impugnativa non possa che essere proposta dinanzi al giudice amministrativo.

Ed ancora, lamentano gli appellanti, il primo giudice avrebbe omesso di considerare che gli atti adottati dai Commissari liquidatori nell’ambito della procedura concorsuale di cui agli articoli 194 e seguenti del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono caratterizzati dalla spendita di poteri autoritativi e, come confermato dalla più recente giurisprudenza ordinaria ed amministrativa, sono conseguentemente demandati alla giurisdizione del giudice amministrativo.

2.2. Il motivo è fondato, dovendo in particolare essere condivisi gli argomenti con i quali si è sottolineato che la peculiare configurazione sistematica dei Commissari liquidatori nell’ambito della procedura di cui agli articoli 194 e seguenti della legge fallimentare e la consistenza obiettiva dei poteri da questi ultimi esercitati delinei in capo ai relativi destinatari posizioni giuridiche soggettive qualificabili come di interesse legittimo, ragione per cui – in coerente applicazione del generale criterio di riparto di cui all’articolo 103 Cost. - la giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto l’impugnativa di tali atti non possa che essere demandata alla giurisdizione amministrativa.

2.3. Si osserva al riguardo che, in base al tradizionale orientamento della Corte di cassazione, con riguardo alla posizione delle imprese escluse dal fallimento perché soggette al regime della liquidazione coatta amministrativa (nonché dei soggetti coinvolti dalla procedura stessa), la tutela spetta alla giurisdizione amministrativa sia con riferimento al decreto ministeriale che ordina la liquidazione stessa, sia - salva la necessità del preventivo ricorso all'autorità di vigilanza - ai successivi atti posti in essere dal commissario liquidatore, essendo gli uni e gli altri caratterizzati da un contenuto autoritativo e strumentali alla cura di interessi pubblici, così da fondare soltanto posizioni giuridiche soggettive qualificabili come di interesse legittimo (in tal senso: Cass., sez. un., 9 marzo 1993, n. 2801, che viene citata da tutte le parti in causa, sia pure a sostegno di tesi di segno diametralmente opposto).

2.3.1. Vero è che, con la sentenza da ultimo richiamata, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno specificato che, quando gli atti degli organi della liquidazione attingano interessi di altri soggetti, che si trovano rispetto ad essa in posizione di terzietà, viene meno ogni potere autoritativo, correlato agli interessi che la P.A. persegue attraverso la liquidazione e si configurano, quindi, rapporti tra parti paritarie, titolari di diritti soggettivi (e corrispondenti obblighi) la cui cognitio resta demandata al giudice ordinario.

Si ritiene, tuttavia, che l’esclusione in questione (che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha espressamente riferito all’ipotesi del terzo estraneo alla liquidazione, il quale, avendo subito gli effetti dell'azione revocatoria - ordinaria o fallimentare - proposta dal liquidatore, abbia fatto valere in giudizio la propria – perdurante - qualità di proprietario o di titolare di altro diritto reale sul bene restituito alla massa) non risulti riferibile anche all’ipotesi, che qui ricorre, di soggetti che sono stati incisi dall’esercizio tipico dell’attività commissariale, nell’ambito della medesima procedura concorsuale e non nell’ambito di una vicenda – per così dire – rispetto ad essa ‘connessa e collaterale’.

Non possono, quindi, trovare accoglimento le eccezioni formulate dalla società Sinco soc. coop., la quale fonda le proprie tesi sull’argomento (che questo giudice di appello non ritiene condivisibile) del’estraneità dei signori Primavori rispetto alla procedura liquidatoria nel suo complesso.

2.4. Per quanto concerne le ragioni sistematiche poste a fondamento della devoluzione al giudice amministrativo dell’impugnazione degli atti dei commissari liquidatori nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa (e in particolare, per quanto qui rileva, degli atti posti in essere nell’ambito della liquidazione dell’attivo) si osserva quanto segue.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione sulla giurisdizione ha in primis affermato che il decreto che ordina la liquidazione coatta amministrativa, in quanto implica la valutazione primaria dell'interesse pubblico, incide su posizioni d'interesse legittimo ed è suscettibile, conseguentemente, della tutela giurisdizionale di legittimità innanzi al giudice amministrativo.

Allo stesso modo, rispetto ai successivi atti posti in essere dal commissario liquidatore, ivi compresi provvedimenti e comportamenti relativi alla formazione e al deposito dello stato passivo- i quali presentano le medesime connotazioni soggettive ed oggettive dinanzi richiamate -, l'impresa può ricorrere all'autorità che vigila sulla liquidazione e poi, in via giurisdizionale, al predetto giudice amministrativo (Cass., SS.UU., 30 ottobre 1992, n. 11848).

Ad avviso del Collegio, le considerazioni poste a fondamento di questi orientamenti risultano estensibili (in assenza di ragioni sistematiche di segno opposto) anche all’ipotesi – che qui ricorre – dell’impugnazione in sede giurisdizionale degli atti con cui i Commissari liquidatori operano ai fini della liquidazione dell’attivo.

Del resto, un consolidato orientamento della Corte di Cassazione ha interpretato la normativa in tema di liquidazione coatta amministrativa nel senso che spetta al giudice amministrativo conoscere le controversie aventi per oggetto la richiesta di annullamento di un atto del commissario concernente i tempi e le modalità della liquidazione (una compiuta rassegna giurisprudenziale in tal senso è contenuta in: Cass., SS.UU., ord. 20 ottobre 2010, n. 21498, la quale richiama: Cass. 1983/6513, 1989/5223, 1991/11313, 1992/11848, 1993/2801 e 1997/11216).

Vero è che (come eccepito dalla Sinco soc. coop. a r.l.) l’ordinanza da ultimo richiamata è stata resa a fronte della particolare vicenda che interessava un ente pubblico ospedaliero (la Fondazione Ordine mauriziano, non assoggettata a una liquidazione coatta amministrativa in senso proprio, bensì alla particolare procedura di cui all’articolo 30 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159).

E’ pur vero, tuttavia, che il passaggio motivazionale della predetta ordinanza richiamato in sede di ricorso (e di cui questo giudice di appello condivide la pertinenza ai fini della definizione della presente vicenda) richiamava a propria volta il generalizzato rinvio, operato dal medesimo articolo 30, alle disposizioni in tema di liquidazione coatta amministrativa (peraltro applicabili ad ogni fondazione od associazione riconosciuta ai sensi dell'art. 16 disp. att. al Cod. civ.).

Ne resta confermato che i princìpi di diritto richiamati dalla predetta ordinanza risultano certamente riferibili alla materia della liquidazione coatta amministrativa nel suo complesso e che tali princìpi del tutto coerentemente sono stati richiamati ai fini della definizione della presente vicenda.

2.5. Le dette conclusioni, inoltre, risultano viepiù confermate in considerazione dell’ampiezza dei poteri – di carattere latamente discrezionale – di cui godono i commissari liquidatori in sede di liquidazione dell’attivo ai sensi dell’articolo 210 della l. fallimentare.

Ed infatti, in base al comma 1 dell’articolo 210, il commissario liquidatore dispone di tutti i poteri necessari per procedere all’alienazione della massa attiva, salve le limitazioni stabilite dall’autorità che vigila sulla liquidazione. Il successivo comma 2 stabilisce a sua volta che, ai fini delle vendite immobiliari e di quelle di mobili in blocco, è richiesta la previa autorizzazione amministrativa (oltre il parere del comitato di sorveglianza).

Ciò ha indotto parte della dottrina a ritenere che, in realtà, tutti i poteri in materia siano attribuiti all'autorità amministrativa, la quale può impartire a tal fine tutte le istruzioni e le direttive ritenute più opportune, fermo restando che, per ciò che riguarda la liquidazione dell’attivo, il pertinente quadro disciplinare riconosce ai commissari liquidatori spazi di discrezionalità valutativa piuttosto ampi.

Basti osservare al riguardo che, ai fini della liquidazione dell’attivo, il Commissario non deve attendere la chiusura dello stato passivo per procedere, né resta vincolato ad autorizzazioni o pareri di sorta. In ogni caso, eventuali limiti all’attività del Commissario possono essere imposti soltanto dall'amministrazione centrale. E’ inoltre rilevante osservare che, per ciò che riguarda le procedure di vendita, il Commissario risulta svincolato dalle forme del III libro del Codice di procedura civile., ragione per cui può procedere sempre a trattativa privata, con la semplice osservanza delle norme in materia di contratti di cui al titolo secondo del IV libro del Codice civile.

2.6. Anche per tale ragione resta confermato che gli atti posti in essere dai commissari liquidatori nell’ambito delle procedure di liquidazione coatta amministrativa siano caratterizzati dalla spendita di discrezionalità amministrativa e posti in essere nell’esercizio di poteri conferiti, in quella procedura speciale dalla legge a ciò espressamente finalizzata, per la tutela di interessi pubblici: ragione per cui l’impugnativa avverso tali atti deve essere proposta – in coerente applicazione del generale criterio della causa petendi , richiamato dal primo giudice – dinanzi al giudice amministrativo.

3. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza in epigrafe, deve essere confermata conferma la giurisdizione dell’adito giudice amministrativo.

Ai sensi dell’articolo 105 Cod. proc. amm. deve essere disposta la rimessione degli atti di causa al primo giudice al quale resta, altresì, demandato l’esame dei numerosi motivi di rito e di merito sottesi alla definizione della complessiva vicenda di causa.

Al primo giudice spetterà, altresì, la decisione sull’istanza di estromissione dal giudizio dell’avvocato G.

Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti, anche in considerazione della particolarità e parziale novità della res controversa.

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