Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-02-27, n. 202301956

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-02-27, n. 202301956
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301956
Data del deposito : 27 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2023

N. 01956/2023REG.PROV.COLL.

N. 01127/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1127 del 2020, proposto da
Reti Televisive Italiane - RTI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F L, M M e G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 12656/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. F D L;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. Con delibera n. 75/10/CSP l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (per brevità, anche Agcom) ha adottato un’ordinanza ingiunzione nei confronti della società Reti Televisive Italiane s.p.a. (RTI s.p.a.) per la violazione dell’art. 37, comma 5, D. Lgs. n. 177/05.

In particolare, l’Autorità, ritenendo di assoggettare l’evento pubblicitario Sovrimpressione animata (cd. Inlogo) alle stesse disposizioni del posizionamento e del distanziamento temporale rispetto agli altri eventi pubblicitari ex art. 37, comma 5, D. Lgs. n. 177/05, ha ravvisato la violazione di tale disciplina, in quanto:

- il giorno 2 settembre 2009, durante il telefilm della serie televisiva The Mentalist , sono state trasmesse pubblicità distanziate rispettivamente di 7 minuti e 12 secondi e 17 minuti e 24 secondi;

- durante i due episodi del telefilm della serie televisiva Grey's anatomy , il 3 settembre 2009, sono state trasmesse pubblicità distanziate di 7 minuti e 54 secondi e 3 minuti e 48 secondi.

Per l’effetto, l’Autorità ha ingiunto il pagamento di € 30.987,00 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria.

2. La società RTI ha impugnato il provvedimento sanzionatorio, deducendone l’illegittimità con l’articolazione di plurime censure, incentrate sulla:

- illegittima applicazione analogica dell’art. 37, comma 5, D. Lgs. n. 177 del 2005;

- insussistenza dei presupposti per ricorrere all’analogia, attesa la non assimilabilità della pubblicità a schermo diviso con le sovrimpressioni Inlogo;

-necessaria e diretta applicazione dell’art. 1, n. 14, direttiva 2007/65/CE, di abrogazione della regola dei venti minuti;

- la natura sporadica ed isolata delle violazioni contestate;

- la necessaria riduzione della sanzione al minimo edittale.

3. L’Autorità si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso.

4. Il T ha rigettato l’impugnativa, ravvisando l’infondatezza delle censure attoree, tenuto conto che:

- doveva ritenersi legittima l’utilizzata analogia tra “INLOGO” e “schermo diviso”, in quanto, in entrambi i casi, si aveva un’interruzione parziale e di diversa intensità della trasmissione televisiva, tenuto anche conto che la disciplina sulla pubblicità, non solo modale, ma, soprattutto, sostanziale, induceva a ricondurre il messaggio di contenuto pubblicitario, in qualunque forma realizzato, alla disciplina sugli spot televisivi, anche quando non si sostituiva, ma si sovrapponeva al programma televisivo;

- la normativa comunitaria e nazionale risultava orientata, pure nel rispetto della libertà di impresa, alla prioritaria tutela del consumatore rispetto alla diffusione indiscriminata di forme pubblicitarie;

- l’Agcom, nell’occasione, aveva fatto applicazione (diretta, dunque, non analogica: ciò a prescindere dalla tardività della relativa censura, contenuta in memoria neppure notificata) di una norma di legge allora vigente, dalla portata omnicomprensiva (ossia estesa ad ogni forma di pubblicità);

- non sussisteva poi l’obbligo di disapplicazione dell’art. 37 comma 5 D. Lgs. n. 177/05, in quanto, sebbene con la direttiva 2007/65/CE il legislatore comunitario avesse abrogato la “regola dei venti minuti”, non aveva affatto “liberalizzato” per intero il settore, prevedendo comunque un lasso temporale minimo tra interruzioni a seconda del contenuto trasmesso e, comunque, dettando una disciplina che rendeva evidente (specie con riferimento a forme pubblicitarie quali quella “In Logo” come trasmessa all’epoca dei fatti) la predominanza del principio di tutela dei fruitori dei programmi rispetto agli interessi imprenditoriali sottesi alla diffusione pubblicitaria;

- in assenza di dubbi e/o a incertezze di ordine interpretativo, non risultava necessario disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea;

- non irragionevolmente la reiterazione della condotta aveva indotto l’Agcom ad esercitare discrezionalmente il potere sanzionatorio nel senso di applicare, solo per la seconda violazione, il doppio del minimo edittale, mentre per la prima era stato applicato il minimo; ciò anche in considerazione del complessivo importo non particolarmente elevato della sanzione in comparazione con il vantaggio economico (ragionevolmente assai più elevato) arrecato alla ricorrente con la diffusione dei messaggi pubblicitari sanzionati.

5. La ricorrente in prime cure ha appellato la sentenza pronunciata dal T, deducendone l’erroneità con l’articolazione di tre motivi di impugnazione.

6. L’Autorità si è costituita in giudizio, resistendo all’appello, nonché ha svolto argomentazioni controdeduttive con memoria del 2 novembre 2022.

7. L’Appellante ha replicato alle avverse deduzioni.

8. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza del 24 novembre 2022.

9. Il ricorso, come osservato, è articolato in tre motivi di appello.

9.1 Con il primo motivo viene censurato il capo decisorio con cui il T ha ritenuto tardiva la doglianza relativa alla violazione del divieto di analogia in materia di sanzioni amministrative.

A giudizio della ricorrente, la censura in parola sarebbe stata sollevata in modo tempestivo e rituale nel primo motivo di ricorso, rubricato, appunto, “ violazione dell’art. 1, l. 689/81 ” (pagg. 6/7), con la conseguenza che, in sede di memoria conclusionale di primo grado, la ricorrente si era limitata ad ulteriormente argomentare a sostegno di una censura tempestivamente introdotta in giudizio.

9.2 Con il secondo motivo viene censurato il capo decisorio con cui il T ha ritenuto che nel merito l’Autorità avesse fatto applicazione diretta e non analogica della disciplina dettata dall’art. 37 comma 5 D. Lgs. n. 177/05.

Secondo la prospettazione attorea, invero, lo stesso T, nel richiamare un proprio precedente, avrebbe posto a fondamento della decisione una pronuncia incentrata proprio l’analogica tra l’Inlogo e altre manifestazioni pubblicitarie.

L’art. 37 comma 5 D. Lgs. n. 177/05, difatti, si sarebbe riferito, al tempo dei fatti, alle interruzioni pubblicitarie, mentre l’Inlogo individuava una tecnica di comunicazione pubblicitaria televisiva incentrata sull’utilizzo di brevissime sovrimpressioni animate, prive di audio, trasmesse simultaneamente al programma, senza sovraimpressioni e senza modifiche dell’immagine dello stesso.

Non implicando l’Inlogo un’interruzione pubblicitaria, l’applicazione dell’art. 37, comma 5, D. Lgs. n. 177/05 non sarebbe potuta avvenire se non in via analogica, in violazione del divieto di analogia operante in materia sanzionatoria.

9.3 Con il terzo motivo viene censurato il capo decisorio con cui il T ha escluso la ricorrenza dei presupposti per fare luogo alla disapplicazione dell’art. 37, comma 5, D. Lgs. n. 177/05, a fronte della sopravvenuta abrogazione della norma unionale di riferimento ad opera della direttiva 2007/65/CE, con disposizione sufficientemente precisa e incondizionata e dopo la scadenza del termine di recepimento della nuova disciplina europea.

In particolare, a giudizio dell’appellante, avendo l’art. 1, n. 14) direttiva 2007/65 riformulato l’art. 11, direttiva 89/552/CEE con abrogazione della regola prescrittiva di un intervallo minimo di 20 minuti tra interruzioni pubblicitari all’interno delle trasmissioni, stante l’intervenuta scadenza del termine di recepimento e il carattere del tutto preciso ed incondizionato delle norme europee, l’Autorità avrebbe dovuto disapplicare la norma interna contrastante (l’art. 37, comma 5, d.lgs. 177/05) -che ancora prevedeva la “regola dei venti minuti” - astenendosi, per l’effetto, dall’adozione del provvedimento sanzionatorio.

10. I primi due motivi di appello, suscettibili di trattazione congiunta per ragioni di connessione, sono fondati.

11. In primo luogo, occorre evidenziare come la parte ricorrente abbia ritualmente e tempestivamente introdotto dinnanzi al T un motivo di ricorso specificatamente rivolto a denunciare l’illegittimità del provvedimento impugnato per intervenuta applicazione analogica di una disposizione sanzionatoria.

11.1 Al riguardo, deve in effetti riconoscersi, come rilevato dal primo giudice, l’impossibilità di mutare in corso del giudizio le domande processuali estendendone il perimetro, considerato che l’oggetto del processo risulta delimitato dall’atto introduttivo (salva la proposizione di rituali motivi aggiunti o di domande

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi