Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-20, n. 202301746

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-20, n. 202301746
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301746
Data del deposito : 20 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/02/2023

N. 01746/2023REG.PROV.COLL.

N. 00737/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 737 del 2022, proposto dalla
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , ex lege rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli Uffici di questa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12



contro

GP S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. Bruno Barel e con domicilio eletto presso lo studio LLavv. Federica Scafarelli, in Roma, via Borsi, n. 4



per la riforma,

previa sospensione LLefficacia,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Terza, n. 835/2021 del 22 giugno 2021, resa tra le parti e non notificata, con cui è stato accolto il ricorso R.G. n. 1177/2020.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’istanza di sospensione LLesecutività della sentenza impugnata, presentata in via incidentale dall’Agenzia appellante, e preso atto del suo rinvio al merito;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della GP S.r.l.;

Visti la memoria e i documenti della società appellata;

Visti gli ulteriori documenti e le memorie della società appellata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 novembre 2022 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per l’Agenzia appellante l’Avvocato dello Stato Stefano Vitale e per l’appellata l’avv. Bruno Barel;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (“Agenzia”) ha impugnato la sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. III, n. 835/2021 del 22 giugno 2021, chiedendone la riforma, previa sospensione LLesecutività.

1.1. La sentenza appellata ha accolto il ricorso della GP S.r.l. (“GP”) avverso il provvedimento LLUfficio delle Dogane di Venezia del 12 novembre 2020, recante la revoca LLautorizzazione rilasciata alla citata società per l’esercizio LLattività di destinatario registrato di prodotti energetici, annullandolo.

2. La revoca era stata disposta in quanto a carico della GP era stata accertata la violazione ripetuta LLobbligo di pagamento LLSA, gravante sui prodotti ricevuti, entro il giorno successivo al loro arrivo, l’effettuazione in ritardo dei versamenti dovuti mediante un utilizzo distorto del ravvedimento operoso, con ravvedimenti frazionati in modo da ridurre le sanzioni e gli interessi, e la mancanza della copertura di una garanzia sufficiente.

2.1. In sintesi, come riferisce l’Agenzia nell’atto di appello, la GP riceveva prodotti sottoposti ad SA in regime sospensivo e, quale destinatario registrato, prestava i servizi di stoccaggio, carico e scarico ed eventualmente pure di nazionalizzazione del prodotto energetico, che, mentre ne è sospeso il pagamento in costanza di deposito, è possibile estrarre soltanto ad SA assolta. Nell’ambito della normale attività di controllo della contabilità delle accise, veniva accertato che la GP, dopo reiterati ritardi di pagamento delle accise dovute (in violazione LLart. 8, comma 4, del d.lgs. n. 504/1995, cd. TUA , secondo cui l’SA è esigibile all’atto del ricevimento dei prodotti e va pagata entro il primo giorno lavorativo successivo a quello di arrivo), aveva omesso di pagare le accise alle scadenze fissate nella seconda metà di luglio del 2020. La società, a fronte degli inadempimenti, aveva iniziato a procedere a pagamenti parziali, avvalendosi del ravvedimento operoso, ma così aveva innestato un protrarsi e rinnovarsi dei mancati pagamenti LLSA, tanto da rendere necessario provvedere alla definizione del debito, al fine di consentire la regolarità della normale attività di ricezione del prodotto energetico e l’assolvimento LLimposta di cui all’art. 8 TUA .

2.1.1. Contestualmente al procedimento di accertamento LLimposta dovuta, la P.A. avviava anche il procedimento di revoca LLautorizzazione, attesa la sussistenza di violazioni gravi e ripetute delle disposizioni che disciplinano l’SA (per il suo ritardato versamento e poi per l’omesso versamento) e perché era venuta meno la garanzia da prestare su ulteriori spedizioni, visto che quella prestata, pari ad € 600.000,00, non bastava neppure a coprire il debito accumulato.

2.1.2. La società sottoponeva all’Agenzia un piano di rientro del debito assistito dalla prestazione di una garanzia per il pagamento rateale, ma il piano veniva rigettato dalla P.A. e questa, nonostante il pagamento ad opera della GP LLimporto LLSA (per € 1.575.566,91), disponeva la revoca LLautorizzazione.

2.2. Impugnato il provvedimento dalla società, il T.A.R. ha accolto il relativo ricorso, osservando che la disciplina sulla revoca della citata autorizzazione è contenuta nell’art. 8, comma 1- bis , del d.lgs. n. 504/1995 ( TUA ), il quale per la disciplina della sospensione e della revoca richiama, rispettivamente, i commi 8 e 9 del successivo art. 23, ma non i commi 6 e 7: questi ultimi, infatti, vengono richiamati solo per il diniego di rilascio LLautorizzazione. Tale differenza di richiami è, secondo la sentenza appellata, dirimente, nel senso che solo il comma 6 LLart. 23 cit. e non anche il comma 9 elenca tra le ipotesi quella delle violazioni gravi e ripetute delle disposizioni che disciplinano l’SA: ciò sta a significare che la revoca è eccezionale ed è ammessa solo nei casi espressamente descritti dal comma 9 LLart. 23, che non ricorrono nella fattispecie in esame.

2.3. Nemmeno si può richiamare, secondo il giudice di prime cure, la disciplina sulla revoca per la mancata integrazione della cauzione, perché questa è procedimentalizzata dall’art. 64 TUA mentre nel caso di specie è del tutto mancata tale procedimentalizzazione.

2.4. Da ultimo, non vale secondo il T.A.R. la disciplina generale sulla revoca contenuta nell’art. 21- quinquies della l. n. 241/1990, poiché, anche a volerla considerare applicabile, essa prevede un potere discrezionale: ma allora l’Agenzia, nell’esercitare tale discrezionalità, non ha ponderato in maniera adeguata gli elementi sottoposti al suo esame dalla ricorrente.

3. Nell’appello l’Agenzia contesta le motivazioni e le conclusioni della sentenza gravata, deducendo i seguenti motivi:

I) violazione e falsa applicazione LLart. 8 del d.lgs. n. 504/1995, poiché il T.A.R. sarebbe incorso in un’errata ricostruzione interpretativa del contesto normativo di riferimento, con il corollario di una raffigurazione erronea degli obblighi tributari gravanti sul destinatario registrato. Ciò, tenuto conto del fatto che per i prodotti sottoposti ad SA anche l’ammontare di detta imposta concorre a formare la base imponibile LLI.V.A., sicché il Legislatore è intervenuto per contrastare condotte finalizzate all’evasione sistematica LLI.V.A. sulla cessione di carburanti (in specie benzina e gasolio), fissando rigidi requisiti soggettivi per l’autorizzazione a svolgere l’attività di destinatario registrato, primo tra tutti la mancanza di violazioni della disciplina LLSA e LLI.V.A., nonché introducendo nuove regole per il pagamento LLI.V.A.: sul destinatario registrato (per il suo ruolo “strategico” rispetto a possibili frodi nel pagamento LLI.V.A.) incombono dunque rigidi obblighi tributari, tra cui rilevano quelli ripetutamente violati da GP, modulati sul rischio connesso alla ricezione di prodotti sui quali gravano imposte (SA ed I.V.A.) ancora da versare. La GP in particolare ha violato l’obbligo di pagamento LLSA per ben quaranta volte, immettendo in consumo (nazionalizzazione) prodotti sui quali non aveva corrisposto l’SA. Inoltre, a fronte di una polizza fideiussoria prestata, ai sensi LLart. 8, comma 3, lett. a) , TUA , per € 600.000,00, la GP ha registrato un aumento del volume degli scambi di prodotti in regime sospensivo (nonostante la crisi pandemica), che ha determinato un forte superamento della cauzione prestata, senza curarsi di procedere alla sua immediata integrazione. Di qui l’errore in cui sarebbe incorso il primo giudice, che non avrebbe inteso come il provvedimento gravato costituisse espressione di una potestà pubblicistica di natura ripristinatorio-decadenziale e ad esercizio vincolato, che non esprimerebbe una scelta discrezionale di riponderazione degli interessi, ma sarebbe necessitata dalla verifica della violazione reiterata di norme di legge, nonché dalla gravità delle infrazioni commesse: dunque, la revoca LLautorizzazione avrebbe fatto cessare l’efficacia di un provvedimento ampliativo divenuto illegittimo per il venir meno di uno dei presupposti specifici su cui esso poggia (cioè che il soggetto non commetta violazioni gravi

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