Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-13, n. 202000318

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-13, n. 202000318
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000318
Data del deposito : 13 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/01/2020

N. 00318/2020REG.PROV.COLL.

N. 08335/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8335 del 2017, proposto da
IDRABLU S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato A L, con domicilio eletto presso lo studio Venere Merendino in Roma, via Muzio Scevola, n. 60;

contro

AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 8753 del 2017;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. D S e udito per le parti l’avvocato A L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Ritenuto che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 74 c.p.a.;

Rilevato in fatto che:

- con delibera del 19 febbraio 2009, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contestava alla società Idrablu s.p.a., ai sensi degli artt. 21, 22 e 24 del d.lgs. n. 206 del 2005, la pratica commerciale scorretta consistente nell’avere addebitato ai propri clienti il costo di spedizione delle fatture emesse per l’erogazione del servizio idrico integrato nel Comune di Domodossola, irrogando all’impresa una sanzione amministrativa pecuniaria di € 60.000,00;

- l’odierna appellante impugnava l’anzidetto provvedimento sanzionatorio, sollevando le seguenti censure:

i ) dal momento che l’addebito mosso alla Idrablu riguardava solo il separato settore di attività svolto nel Comune di Domodossola e non anche il servizio idrico negli altri Comuni associati al Gestore Unico d’Ambito, la sanzione avrebbe dovuto essere computata avendo riguardo solo al fatturato del settore del servizio idrico per il Comune di Domodossola e non al fatturato complessivo dei due settori dell’attività svolta dalla Idrablu s.p.a.;

ii ) nelle fatture emesse da Idrablu per il servizio idrico nel Comune di Domodossola le spese di spedizione erano correttamente indicate, sicché non sarebbe stata fondata la contestazione di “omissione ingannevole”;

iii ) l’Autorità, formulando una sanzione dell’importo pari ad € 60.000,00, non avrebbe tenuto conto delle reali condizioni economiche di Idrablu, che è una “piccola” impresa con un fatturato di 1,5 milioni di euro;

- il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 8753 del 2017, respingeva tutti i motivi di censura;

- avverso la predetta sentenza, ha proposto appello la società Idrablu s.p.a., chiedendone l’integrale riforma, in forza dei medesimi vizi proposti in primo grado, sia pure adattati all’impianto motivazionale della sentenza gravata;

- l’appellante insiste nel sostenere che la pratica scelta dalla ricorrente non potrebbe essere qualificata, né come pratica ingannevole, né aggressiva, in quanto:

i ) come si evince dalle fatture emesse dalla Idrablu per il servizio idrico nel Comune di Domodossola, le spese di spedizione di ciascuna fattura erano puntualmente e chiaramente evidenziate quale onere a carico del cliente, nella misura di € 0,60, cosicché non sarebbe ravvisabile nessuna omissione informativa idonea a trarre in inganno il consumatore;

ii ) non sarebbe stata, neppure velatamente, minacciata o solo rappresentata all’utente la sospensione del servizio in caso di mancanza anche reiterata del pagamento dei costi di spedizione, essendosi Idrablu limitata solo ad aggiungere una voce “spese di spedizioni” in fattura, pratica in alcun modo incidente sulla consapevole decisione economica dell’utente;

- l’appellante aggiunge che, in ogni caso, la sanzione pecuniaria comminata dall’Autorità andrebbe riformata sotto il profilo della sua quantificazione, in quanto:

i ) l’Autorità non avrebbe tenuto conto del fatto che Idrablu s.p.a. ‒ a seguito della stipula del contratto di servizio in forza del quale assumeva la gestione del servizio idrico integrato per conto della Acqua Novara VCO s.p.a. e della mancata adesione allo stesso da parte del Comune di Domodossola ‒ aveva proceduto a separare le gestioni dei due rami d’azienda (servizio idrico del Comune di Domodossola e servizio idrico dei comuni associati al Gestore Unico d’Ambito);

ii ) su queste basi, l’errore sarebbe consistito nell’aver considerato ai fini della determinazione della sanzione il fatturato complessivo dei due settori di attività svolta da Idrablu pari ad euro 2,9 milioni e non quello relativo al servizio idrico del Comune di Domodossola pari invece ad auro 1.465.138,00;

- da ultimo, a conferma dell’eccessività della sanzione applicata dall’Autorità e della non aggressività della pratica contestata, l’appellante richiama, quale termine di raffronto, un precedente deciso dal T.a.r. del Lazio, con sentenza n. 8399 del 2009;

- l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non si è costituita nel presente grado di giudizio;

- all’odierna udienza del 21 novembre 2019, la causa è stata discussa e decisa;

Ritenuto in diritto che:

- la sentenza di primo grado deve essere confermata;

- secondo l’Autorità, l’addebito ai propri clienti del costo di spedizione delle fatture emesse per l’erogazione del servizio idrico integrato nel comune di Domodossola integrerebbe una pratica commerciale scorretta sotto due profili: da un lato, sarebbe un pratica “ingannevole”, non essendo state fornite ai consumatori informazioni o chiarimenti sui costi addebitabili in fattura, così facendo ritenere obbligatorio un onere in realtà non dovuto;
dall’altro lato, sarebbe anche una pratica “aggressiva”, in quanto solo il pagamento della fattura, nel suo complesso, avrebbe evitato il disagio dovuto ad un eventuale distacco della fornitura per morosità;

- ritiene il Collegio che la qualificazione così operata dal provvedimento impugnato è corretta;

- in termini generali, una condotta omissiva ‒ per essere considerata ingannevole ‒ deve avere ad oggetto «informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno» per prendere una decisione consapevole (art. 22 del Codice del consumo);

- in tutte le ipotesi in cui la pratica commerciale integra gli estremi di un «invito all’acquisto», debbono considerarsi sempre e comunque «rilevanti» le informazioni relative alle «caratteristiche principali del prodotto» (art. 22, comma 4, del Codice del consumo), tra le quali vanno annoverate senza dubbio quelle relative al prezzo;

- in assenza di tali informazioni, un invito all’acquisto si considera quindi ingannevole;

- nel caso di specie, la società Idrablu ha sempre addebitato ai propri clienti-utenti le spese di spedizione delle fatture emesse sia a titolo ordinario che relativamente a morosità, e tale condotta deve ritenersi contraria alla diligenza professionale dell’operatore di settore, tenuto conto che l’art. 21, comma 8, del d.P.R. n. 633 del 1972, prescrive espressamente che «le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo»;

- su queste basi, l’omissione informativa relative alle predette spese ‒ la cui conoscenza, riguardando il costo complessivo del servizio offerto, era senza dubbio idonea ad incidere sulla valutazione consapevole della convenienza economica dell’offerta ‒ è attestata dal fatto che sul punto il contratto di fornitura dell’acqua nulla precisava al riguardo, e neppure menzionava la possibilità di scegliere modalità alternative di ricezione della bolletta;

- con la medesima condotta l’appellante, non solo ha privato il consumatore della possibilità di acquisire gli elementi conoscitivi necessari circa il contenuto del contrarre, ma anche ha esercitato nei confronti dei propri clienti una forma di un «indebito condizionamento»;

- l’articolo 5.4.5 del regolamento di servizio includeva infatti le spese di invio della bolletta nell’ambito di quelle il cui mancato pagamento avrebbe comportato l’applicazione del regime della mora, e la sola prospettazione della sospensione della fornitura di un bene indispensabile come l’acqua doveva ritenersi, di per sé, idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta del consumatore;

- va rimarcato, infatti, che l’«indebito condizionamento» è espressamente definito dal legislatore ‒ con una nozione di chiusura in grado di ‘intercettare’ le condotte aggressive non qualificabili come molestia o coercizione ‒ in termini di «sfruttamento, da parte del professionista, di una posizione di potere rispetto al consumatore per esercitare una pressione tale da limitare notevolmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole» (art. 18, comma 1, lettera l , del Codice del consumo);

- vanno respinte anche le censure con le quali l’appellante afferma che la sanzione irrogata si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalità in relazione alla violazione contestata ed alla dimensione economica del professionista;

- l’Autorità ‒ in applicazione dei parametri per la quantificazione della sanzione individuati dall’art. 11 della legge n. 689 del 1981, richiamato dall’articolo 27, comma 13, del Codice del consumo ‒ ha correttamente preso in considerazione:

i ) la dimensione economica del professionista: sul punto, quale indice per individuare la dimensione economica e quindi la grandezza del professionista, l’Autorità ha legittimamente individuato il dato contabile relativo al fatturato della Idrablu nella somma di 2,9 milioni di euro, comprensivo cioè dei due settori di attività in cui opera la società ricorrente (settore del “Servizio idrico del Comune di Domodossola” e settore del “Servizio idrico dei comuni associati al Gestore Unico d’Ambito”), in quanto, nella materia delle pratiche commerciali scorrette, non sussiste il vincolo legale di ancorare la sanzione amministrativa pecuniaria ad una percentuale del fatturato “rilevante” della società, come avviene nel settore della concorrenza;

ii ) l’insidiosità della condotta: da valutarsi alla luce del carattere aggressivo della condotta, della natura essenziale del bene-acqua, e della diffusione capillare del sevizio idrico;

iii ) la durata della violazione: almeno fino al mese di dicembre 2008;

- la quantificazione operata appare anche proporzionata, posto che:

i ) la sanzione pecuniaria originaria di € 80.000,00, è stata diminuita ad € 60.000, in considerazione del ravvedimento operoso della società, consistente nella cessazione della pratica a partire dal dicembre 2008, è stata ridotta;

ii ) la somma così quantificata rappresenta meno di 1/5 rispetto al massimo edittale all’epoca vigente (art. 27, comma 9, del Codice del consumo);

- da ultimo, è destituito di fondamento l’asserito vizio di disparità di trattamento: in disparte la genericità della formulazione della censura, è dirimente osservare che un precedente, nel suo carattere isolato, non può essere considerato come giusto parametro per valutare la proporzionalità della sanzione irrogata, ed in ogni caso non sussiste l’identità, e neppure l’assimilabilità delle situazioni poste a raffronto;

- per le ragioni che precedono, l’appello è infondato e va respinto;

- le spese del secondo grado di lite non vanno liquidate, in quanto l’Autorità non si è costituita;

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