Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-06-10, n. 201602508

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-06-10, n. 201602508
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602508
Data del deposito : 10 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09605/2015 REG.RIC.

N. 02508/2016REG.PROV.COLL.

N. 09605/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9605 del 2015, proposto da:
Azienda Agricola Mandrile Fabrizio, Azienda Agricola Maccario Stefano, Azienda Agricola Nicola Renato, Azienda Agricola Giletta Celestino e Figlio Giuseppe s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Brondino Pierina, Azienda Agricola Mellano Pierfrancesco, Azienda Agricola Mandrile Sergio e Giuseppe F.lli s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Sant’Anna di Tallone F.lli Alberto e Bruno, Azienda Agricola Aimetta Giovanni e Fratello Martino s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Galliano Chiaffredo, Azienda Agricola Bertolino Luciano Franco, Azienda Agricola Allevamento Torre Rossa s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Varetto Tommaso, Azienda Agricola Rossa Antonio, Azienda Agricola Vaschetto Silvio Domenico e Dario, Azienda Agricola Pradone di Fauda Giuseppe e C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Priotto Fausto e Alberto s.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , Azienda Agricola Marchetti Maria Lucia, Azienda Agricola Cambiano Massimo, Azienda Agricola Quaglia Vilma Teresa, Azienda Agricola Tavella Gianfranco, Azienda Agricola Bori Valter, Azienda Agricola Odetto Giuliano, Azienda Agricola Camisassi Piergiorgio, tutte rappresentate e difese dall’Avv. Paolo Botasso, con domicilio eletto presso l’Avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2;

contro

A.G.E.A. – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE II n. 01219/2015, resa tra le parti, concernente le quote latte - parziale difetto di giurisdizione


visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2016 il Cons. M N e uditi per le odierne appellanti l’Avv. Paolo Botasso e per l’Amministrazione appellata l’Avvocato dello Stato Tito Varrone;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Le odierne appellanti, tutte aziende agricole che producono il latte vaccino e, come tali, assoggettate al regime delle c.d. quote latte, hanno impugnato avanti al T.A.R. per il Piemonte le cartelle di pagamento aventi ad oggetto il prelievo delle quote relative a periodi variabili compresi tra il 1997 e il 2007.

1.1. Esse hanno dedotto in primo grado i tre seguenti motivi di ricorso:

1) l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, l’eccesso di potere come conseguenza della violazione penale con riferimento agli artt. 479 e 323 c.p., pendendo indagini tanto di una commissione governativa quanto delle autorità giudiziarie circa la regolare gestione del sistema delle quote latte;

2) la violazione di legge con riferimento all’art. 8 – quinquies del d.l. n. 5 del 2009, convertito nella l. n. 33 del 2009, non sussistendo i presupposti per la decadenza dal beneficio del termine per avere le stesse ricorrenti proposto istanza di rateizzazione ed essendo stati comunque taluni importi già trattenuti a titolo di recupero, senza che ciò venisse preso in considerazione per l’emissione delle cartelle;

3) la violazione dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990, la violazione dell’art. 36, comma 4- ter , del d.l. n. 248 del 2007, convertito in l. n. 31 del 2008, l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione, contestandosi la carenza di requisiti formali della cartella.

1.2. Si è costituita in primo grado l’Amministrazione per resistere al ricorso.

2. Il T.A.R. per il Piemonte, con la sentenza n. 1219 del 10 luglio 2015 resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha dichiarato irricevibile il primo dei motivi sopra indicati, mentre ha declinato la propria giurisdizione in ordine al secondo e al terzo motivo.

2.1. Appellano la sentenza le imprese interessate, con due distinti motivi, con i quali lamentano l’erronea statuizione in punto di giurisdizione, chiedendo che la sentenza venga riformata, previa sospensione della sua esecutività, con rimessione del giudizio al T.A.R. piemontese ai sensi dell’art. 105, comma 1 c.p.a.

2.2. Si è costituita A.G.E.A. per resistere all’appello ex adverso proposto.

2.3. Con ordinanza n. 5665 del 18 dicembre 2015 il Collegio ha sospeso in via cautelare l’esecutività della sentenza.

2.4. Nella pubblica udienza del 21 aprile 2016 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

3. L’appello è fondato e deve essere accolto, nei limiti di seguito precisati.

4. Occorre anzitutto premettere che le odierne appellanti non hanno espressamente impugnato, con specifica e analitica censura, la sentenza nella parte in cui essa ha dichiarato irricevibile il primo motivo dell’originario ricorso, sicché sul punto la sentenza impugnata è passata in giudicato.

4.1. Entrambi i motivi proposti dalle appellanti, seppur con diversa impostazione, riguardano l’erronea declaratoria di giurisdizione da parte del T.A.R.

4.2. Le appellanti, a p. 28 del ricorso, hanno espressamente domandato che venga statuita la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla controversia, ma non hanno nemmeno formalmente gravato il capo della sentenza che ha statuito espressamente, in parte qua , sull’irricevibilità del primo motivo dell’originario ricorso.

4.3. Il primo motivo dell’appello (pp. 12-21 del ricorso) è incentrato senza dubbio unicamente sulla violazione e sulla falsa applicazione dell’art. 133, comma 1, lett. t), c.p.a.

4.4. Anche il secondo motivo di appello (pp. 21-27 del ricorso), a sua volta, denuncia la violazione e la falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 35 e 133, comma 1, lett. t), c.p.a., lamentando che la giurisdizione del giudice amministrativo non potrebbe essere scalfita dal fatto che ai produttori siano state inviate le intimazioni di pagamento previste dall’art. 8- quinquies , comma 1, della l. n. 33 del 2009, non costituendo tali intimazioni, ad avviso delle appellanti, un vero e proprio accertamento del prelievo.

4.5. La sentenza impugnata, con un percorso logico particolarmente approfondito (pp. 17-19 del ricorso), ha del resto chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto tardive e, comunque, ha anche disatteso nel merito le contestazioni sollevate con il primo motivo di ricorso, ragioni che non sono state oggetto di specifica contestazione da parte delle odierne appellanti, che si sono limitate ad eccepire come, con il primo motivo di ricorso, si fosse dedotta l’illegittimità delle cartelle e dei presupposti ruoli per non aver tenuto conto dell’intervenuto perfezionamento della domanda di rateizzazione nel corso dell’anno 2010 (p. 24 del ricorso).

4.6. Una simile contestazione è tuttavia infondata, non rispondendo al contenuto del primo motivo dell’originario ricorso, perché invero, con esso, le odierne appellanti avevano lamentato l’esistenza di indagini, amministrative e penali, che avrebbero rimesso in discussione tutto il complesso sistema delle quote-latte in Italia (pp. 14-32 del ricorso in primo grado).

4.7. Sono state infatti le stesse appellanti a ricordare, nel ricorso in appello (p. 24), che le intimazioni di versamento ex art. 8- quinquies della l. n. 33 del 2009 risalgono al giugno 2009, mentre tutte le ragioni addotte a sostegno del primo motivo dell’originario ricorso e, cioè, le attività della Commissione di indagine amministrativa presieduta dal Colonnello Vincenzo Alonzi risalgono, rispettivamente, al successivo 15 luglio 2009, le relazioni pubblicate dal Comando dei Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari risalgono al successivo 15 aprile 2010 e le attività di indagine penale, che ne sarebbero derivate, sarebbero confluite nel procedimento penale R.G.N.R. n. 33068/2010 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, con tutta evidenza successivamente al giugno del 2009.

4.8. Il T.A.R. piemontese, con motivazione che, si ribadisce, non è stata oggetto di specifica censura, ha comunque ritenuto che l’assunto dei ricorrenti comporterebbe che nessuna attività amministrativa sarebbe idonea a consolidarsi, per il rischio che taluno degli addetti coinvolti, a distanza di anni, risulti avere commesso reati all’esito di indagini successive alle intimazioni, concludendone che le contestazioni di cui al primo motivo siano tardive, per essere da tempo decorso il termine per impugnare gli avvisi di accertamento e, in ogni caso, per essere le stesse incompatibili con la richiesta di rateizzazione proposta dagli stessi interessati (p. 19 della sentenza).

5. Ne segue che, per le ragioni esposte, la sentenza impugnata è passata in giudicato quanto alla declaratoria di irricevibilità del primo motivo.

6. Il primo giudice, ciò premesso, ha ritenuto che, chiusosi l’accertamento con la reiterata e finale intimazione prevista dall’art. 8- quinquies del d.l. n. 5 del 2009, la successiva attività dell’Amministrazione non implichi alcuna discrezionalità ed alcun accertamento, ma sia unicamente volta al doveroso recupero secondo termini e parametri di legge, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario sul punto.

6.1. La decisione del primo giudice non è condivisibile.

6.2. Il termine “applicazione”, che radica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. t), c.p.a., il quale devolve alla sua cognizione « le controversie relative all’applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari » – ha un significato ampio, che consente di ritenere inequivoca la volontà del legislatore di riservare alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie attinenti alla determinazione del prelievo, anche quelle relative alla riscossione dello stesso che si completa con la notifica delle cartelle esattoriali, esclusa soltanto la fase esecutiva, che ha inizio con il pignoramento.

6.3. La stessa Corte regolatrice della giurisdizione ha chiarito, invero, che le controversie alle quali si riferisce la disposizione dell’art. 2- sexies del d.l. n. 63 del 2009, poi recepita nella previsione dell’art. 133, comma 1, lett. t), c.p.a., devono essere intese come quelle « direttamente inerenti al momento dell’“applicazione” (assegnazione, quantificazione e così via) del prelievo supplementare » (Cass., Sez. Un., 15 giugno 2009, ord. n. 13897).

6.4. Proprio in quest’ottica l’iscrizione a ruolo e la successiva notifica delle cartelle esattoriali, impugnate in primo grado, rientrano pleno titulo nella fase di applicazione del “prelievo supplementare”, integrando il momento conclusivo dell’accertamento e della quantificazione del credito, sicché non può affermarsi che la notifica delle precedenti intimazioni di pagamento, ai sensi dell’art. 8- quinquies , comma 1, del d.l. n. 5 del 2009, abbia definito ed esaurito la fase di applicazione del prelievo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 133, comma 1, lett. t), c.p.a.

6.5. Solo il pignoramento costituisce, infatti, l’avvio della fase intesa all’esecuzione del pagamento, che radica la giurisdizione del giudice ordinario.

7. Ne segue che sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alla controversia che ha ad oggetto le cartelle di pagamento, attenendo esse ancora alla fase dell’attuazione del prelievo supplementare, nel senso della sua determinazione e quantificazione, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. t), c.p.a.

8. La sentenza impugnata, dunque, deve essere in parte qua riformata, con rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., affinché riesamini nel merito le censure proposte dagli odierni appellanti contro le cartelle di pagamento con riferimento al secondo e al terzo motivo di ricorso proposti in primo grado.

9. Le spese del doppio grado di giudizio, considerata la particolarità della questione, possono essere interamente compensate tra le parti.

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