Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-17, n. 202307789

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-08-17, n. 202307789
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307789
Data del deposito : 17 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/08/2023

N. 07789/2023REG.PROV.COLL.

N. 09515/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9515 del 2022, proposto da
Industria boschiva Serravalle Domenico S.r.l. in amministrazione giudiziaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura

CIG

9082048719, rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

contro

Comune di San Giovanni in Fiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via Arno, n. 6;
Consip S.p.a., non costituita in giudizio;

nei confronti

Ditta Perri Angelo, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria - Catanzaro, sez. I, n. 2004/2022, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giovanni in Fiore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Cons. G G e uditi per le parti gli avvocati Spataro e Morcavallo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con richiesta di offerta n. 2948419 sul Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA), il Comune di San Giovanni in Fiore indiceva asta pubblica – da aggiudicarsi con il metodo delle offerte in aumento sul prezzo posto a base d’asta – avente ad oggetto “il taglio e la vendita del materiale legnoso ritraibile dal bosco di proprietà comunale, ricadente in località Zarella”, con

CIG

9082048719.

L’importo a base d’asta era pari ad € 111.902,50, con la precisazione che “non [erano] ammesse offerte in ribasso” (art. 3 del disciplinare di gara) ed era espressamente prescritta, a pena di esclusione, relativamente alla offerta economica, l’indicazione da parte dell’operatore economico “del prezzo offerto, espresso in cifre ed in lettere”.

Alla procedura partecipava, in concorrenza con altro operatore, la ditta Industria boschiva Serravalle Domenico s.r.l., la quale, nel formulare la propria offerta, sotto la voce “Prezzo complessivo della fornitura del servizio” inseriva la somma di € 111.902,50, pari alla base d’asta, laddove l’altra concorrente, l’Azienda boschiva di Perri Angelo, indicava quale valore complessivo dell’offerta l’importo di € 34.913,58.

Con ciò, l’Industria boschiva Serravalle si classificava prima in graduatoria, risultando aggiudicataria provvisoria.

Accadeva, tuttavia, che – con determinazione n. 416 in data 14.09.2022, la stazione appaltante provvedeva ad aggiudicare l’appalto per un importo di € 223.805,00, oltre IVA, con un’offerta acquisita in aumento del 100% rispetto alla base d’asta. E ciò in ragione del fatto che, con verbale di gara n. 3 prot. n. 5537/PL del 18.06.2022, la Commissione valutatrice, nel proporre l’aggiudicazione in favore della ditta, aveva interpretato l’importo di € 111.902,50, indicato quale “valore in aumento rispetto alla base d’asta di euro 111.902,50”, come un’offerta al rialzo (e non al prezzo a base d’asta). In siffatta acquisizione, la Commissione si era conformata alla indicazione del RUP, affidata ad apposita comunicazione pubblicata sulla piattaforma telematica, secondo cui “l’operatore al fine di inserire il prezzo offerto [avrebbe dovuto] indicare quale valore economico la cifra in rialzo rispetto al prezzo a base d’asta”.

A questo punto, l’Impresa boschiva Serravalle manifestava le proprie rimostranze alla stazione appaltante, spiegando come l’importo indicato in sede di offerta economica potesse intendersi che quale valore complessivo dell’offerta e non come “rialzo rispetto alla base d’asta”, sollecitando, per l’effetto, una rideterminazione in ordine agli effettivi e conformi esiti della gara.

2.- A fronte del diniego opposto dal Comune, proponeva ricorso dinanzi al TAR per la Calabria, invocando: a ) l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, e di tutti gli atti presupposti, nella parte in cui quest’ultima era stata formalizzata per “ l’importo di € 223.805,00 oltre IVA se dovuta ”, con un’offerta in aumento “ pari al 100% rispetto alla base d’asta ”, anziché all’importo, effettivamente indicato in sede di gara dalla ricorrente, pari € 111.902,50;
2) l’annullamento di ogni determinazione consequenziale, ivi compresa l’eventuale stipula del contratto (laddove recante l’evidenziato importo di aggiudicazione), ovvero del contratto alternativamente stipulato con la ditta controinteressata; c ) la condanna alla (ri)aggiudicazione della gara a proprio favore, al prezzo offerto di € 111.902,50, con subentro nell’eventuale contratto stipulato con la controinteressata.

A sostegno del gravame, lamentava: a ) l’erroneità dell’interpretazione propugnata dalla stazione appaltante, per cui l’importo inserito dalla medesima società in sede di offerta economica dovesse essere inteso quale “ valore in aumento rispetto alla base d’asta ” e non quale “ valore offerto ”: con il valorizzato corollario che l’offerta della controinteressata – di importo palesemente inferiore rispetto alla base d’asta – avrebbe dovuto essere esclusa in quanto non rispettosa delle prescrizioni della lex specialis , che vietava espressamente “ offerte in ribasso ”.

3.- Con sentenza n. 2004 in data 14 novembre 2022, resa in forma semplificata nel rituale contraddittorio delle parti, il TAR adito respingeva il ricorso, sull’argomentato assunto:

a ) che, ai sensi dell’art. 3 del disciplinare di gara, l’asta pubblica si era tenuta, sulla piattaforma telematica, con il metodo delle offerte in aumento sul prezzo posto a base d’asta, ai sensi dell’art. 60 del d. lgs. n. 50 del 18 Aprile 2016, con aggiudicazione definitiva del materiale legnoso a favore della ditta boschiva che avesse presentato l’offerta migliore, in aumento rispetto al prezzo fissato;

b ) che, in consonanza con la previsione di bando, l’art. 8 del disciplinare di gara aveva previsto che, nella busta “B”, contenente l’offerta economica, andasse formulata la “ dichiarazione d’offerta sottoscritta dal legale rappresentante o da un suo procuratore, contenente l’indicazione del prezzo offerto, espresso in cifre ed in lettere ”;

c ) che, alla luce di tali previsioni della lex specialis , gli offerenti avrebbero dovuto indicare la propria offerta migliore “ in aumento rispetto al prezzo posto a base d’asta ” (art. 3 del disciplinare): come, del resto, espressamente chiarito dal RUP, il quale, in risposta ai quesiti pervenuti, aveva specificato che “ l’operatore al fine di inserire il prezzo offerto, [dovesse] indicare quale valore economico la cifra in rialzo rispetto al prezzo posto a base d’asta ”;

d ) che, di conseguenza, l’offerta formulata dalla ricorrente, pari ad € 111.902,50, era stata correttamente interpretata dalla stazione appaltante come offerta in rialzo, al pari di quella formulata da altra offerente (controinteressata nel giudizio in esame), la quale aveva offerto in rialzo la somma di € 34.913,58;

e ) che, ove si fosse acceduto all’interpretazione alternativamente proposta dalla ricorrente (ritenuta in contrasto con le chiare previsioni contenute nella legge di gara), il risultato sarebbe stato illegittimamente pregiudizievole per le ragioni della controinteressata, la quale si sarebbe vista escludere dalla gara (secondo la richiesta principale di parte ricorrente), pur avendo formulato un’offerta del tutto in linea con le prescrizioni contenute nel disciplinare;

f ) che, del resto, non sussistevano ragioni tali da giustificare l’annullamento dell’intera procedura di gara (in accoglimento della domanda subordinata proposta dalla parte ricorrente), avuto riguardo alle suddette prescrizioni contenute nella lex specialis , che la ricorrente, con la diligenza professionale propria degli operatori del settore, avrebbe avuto l’onere di rettamente interpretare;

g ) che, in ogni caso, anche a voler interpretare quella della ricorrente come offerta base d’asta (pur in contrasto con le chiare prescrizioni contenute nella legge di gara), la ricorrente non avrebbe comunque potuto aspirare al c.d. bene della vita ( i.e : l’aggiudicazione), in quanto il suo rialzo (pari a zero) sarebbe risultato comunque inferiore al rialzo offerto dall’aggiudicataria, pari ad € 34.913,58, onde non era dato intendere la ragione per la quale la sua offerta avrebbe dovuto essere preferita a quella (di gran lunga migliorativa) proposta dalla controinteressata.

4.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’Impresa boschiva Serravalle ha impugnato la ridetta statuizione, di cui assume la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

Si è costituito, in resistenza, il Comune di San Giovanni in Fiore.

Alla pubblica udienza del 30 marzo 2023, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.

2.- Con un primo motivo di doglianza, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto che le proprie ragioni fossero in contrasto con la perspicua previsione della legge di gara, a tenore della quale le imprese offerenti avrebbero dovuto indicare la propria offerta migliore “ in aumento rispetto al prezzo posto a base d’asta ” (cfr. art. 3 del disciplinare).

A suo dire, per contro, proprio il disciplinare di gara prevedeva, relativamente alle modalità di formulazione dell’offerta economica, che nella relativa busta (B) dovesse essere contenuta “ l’indicazione del prezzo offerto, espresso in cifre ed in lettere ” (art. 8 del disciplinare): sicché, alla stregua di tale dato letterale, non avrebbe potuto opinarsi (a dispetto degli equivoci e, comunque, non rilevanti chiarimenti forniti dal RUP) nel senso che il “ prezzo offerto ” coincidesse, in realtà, c on la “ cifra in rialzo ”.

D’altra parte, ed a sua volta, la piattaforma MEPA, in sede di presentazione dell’offerta (come evincibile dalla schermata “ Caratteristiche economiche ”) chiedeva all’operatore di indicare il “ Prezzo complessivo della fornitura del servizio ”. E identica dicitura era riportata nel modulo sul quale la ditta ricorrente aveva formulato la propria offerta economica.

Alla luce di ciò, l’importo indicato di € 111.902,50, pari alla base d’asta (quindi, in assenza di offerta al rialzo), non avrebbe potuto essere acquisito come “ valore in aumento ” (addirittura ammontante al 100%), ma – appunto – quale “ valore offerto ”.

3.- Il motivo è, nei sensi e nei limiti delle considerazioni che seguono, persuasivo.

Sia pure con qualche ambiguità (peraltro accentuata dal poco perspicuo chiarimento reso dal responsabile del procedimento), il bando di gara prevedeva, ai fini dell’aggiudicazione del contratto, il metodo delle “ offerte in aumento sul prezzo posto a base d’asta ”, con espressa indicazione nel senso della indicazione, in sede di formalizzazione della proposta negoziale, del “ prezzo complessivo ” offerto, espresso in cifre e in lettere.

Per tal via, il riferimento alla “ offerta in aumento ” avrebbe dovuto essere inteso quale indicazione del (complessivo) valore dell’offerta , comprensiva dell’aumento proposto, e non del (solo) valore dell’aumento, rispetto al prezzo base.

In altri termini, a fronte della previsione del disciplinare di gara, che prescriveva solo “ l’indicazione del prezzo offerto, espresso in cifre ed in lettere ”, il chiarimento (obiettivamente equivoco) si limitava a precisare che, non essendo ammesse offerte “ al ribasso ”, la somma indicata avrebbe dovuto intendersi esclusivamente “ al rialzo ”.

Di qui, il verisimile equivoco (che emerge, del resto, ictu oculi , se solo si considera la perfetta coincidenza della somma offerta con il prezzo a base d’asta): l’appellante aveva, con ogni evidenza, inteso formulare una proposta al prezzo base, non certo raddoppiarlo. D’altra parte, il senso (ragionevole) del chiarimento era (avrebbe dovuto essere) solo quello di escludere offerte al ribasso, non di modificare, di fatto, le modalità e i termini della formulazione dell’offerta .

Sotto il profilo in esame, l’appello – ancorché oggetto di impugnazione sia, in guisa solo apparentemente paradossale, il provvedimento di aggiudicazione a proprio favore del contratto – è fondato, posto che sorregge il (ben fondato) interesse a che l’aggiudicazione avvenga, ricorrendone ogni altra condizione, alle condizioni economiche effettivamente formalizzate e conformi alla formulata proposta, senza che la parte sia, in concreto, “costretta” a stipulare un contratto non voluto e sostanzialmente antieconomico). Né, vale chiarire, dal contratto aggiudicato sarebbe stato possibile sciogliersi attraverso un recesso unilaterale, come tale foriero di responsabilità.

3.1.- Importa, peraltro, osservare che, dall’accoglimento del motivo di gravame, non discende l’ulteriore conseguenza, auspicata ed argomentata dall’appellante, della esclusione dell’offerta formulata dall’aggiudicataria (in quanto inammissibilmente formulata “ al ribasso ” rispetto alla base d’asta), con consequenziale obbligo di (ri)aggiudicazione conforme.

Deve, invero, ritenersi che – nella equivoca situazione indotta dal chiarimento del RUP – la controinteressata sia stata indotta a formulare la propria offerta evidenziando, rispetto alla base d’asta, solo l’offerta “in aumento” (come è del tutto evidente, anche alla stregua del senso comune, essendo logico che, in un contesto in cui erano espressamente vietate le offerte al ribasso, l’impresa avesse offerto, rispetto alla ben più consistente base d’asta, solo € 34.913,58, corrispondente addirittura ad un ribasso del 68.80%).

Ne segue che – se l’appellante va assecondata nella richiesta di annullare una aggiudicazione disposta a condizioni non conformi alla propria effettiva volontà negoziale – la consequenziale rivalutazione delle offerte in competizione, suscettibile di essere effettuata in via oggettiva ed automatica, in assenza di profili di discrezionalità, porta a ritenere che, in via di conformazione al giudicato, la gara dovrà essere aggiudicata, salvo diversa determinazione della stazione appaltante, alla impresa controinteressata, che aveva formulato, in ogni caso, un’offerta al rialzo, rispetto a quella dell’appellante.

4.- In definitiva, sussistendovi concreto interesse, l’appello va accolto, con conseguente annullamento, in riforma della sentenza impugnata, del provvedimento di aggiudicazione.

Va, per contro, respinta la domanda di condanna alla rinnovazione dell’aggiudicazione a favore della stessa appellante.

L’accoglimento, nei sensi e nei limiti evidenziati, del motivo assorbe ogni altra questione.

5.- L’esito solo parzialmente vittorioso del gravame, non meno che l’obiettiva particolarità della fattispecie, giustifica l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese e delle competenzse del doppio grado di giudizio.

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