Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-10-31, n. 201907472

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-10-31, n. 201907472
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907472
Data del deposito : 31 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2019

N. 07472/2019REG.PROV.COLL.

N. 04986/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4986 del 2013, proposto dai signori B A, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola B A e Fausto s.s., Carretta Giuliano, in proprio e quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola, Comencini Silvio, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola Comencini Silvio, Giorgio, Fabio e Paolo s.s., Comencini Gelmino, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola Comencini Gelmino, Marco e Luca s.s., Donatini Aldo, in proprio e quale legale rappresentante dell'omonima Azienda agricola, Dordini Elena, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola Dordini Elena, Bernini Antonio e Marco s.s., Farina Opilio, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda Agricola Farina Opilio e Massimo s.s., Galli Carla, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola "Il Trifoglio" s.s., Giacomazzi Bruno, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola Giacomazzi Bruno, Roberto e Flavio s.s., Mazzocchi Chiara, in proprio e quale legale rappresentante dell’Azienda agricola Viola s.s., Sacchetti Flora in proprio e quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola, Sossi Pierangelo in proprio e quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola e Todeschi Gianguido, in proprio e quale legale rappresentante dell’omonima Azienda agricola, rappresentati e difesi dall'avvocato Ester Ermondi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Angela Palmisano in Roma, via Nizza, n. 59;

contro

l’Agea-Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ex lege in Roma, n domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
la Biolat s.c.r.l. , la Latteria Cooperativa Goitese società agricola e la Cooperativa Mantova Latte Più società agricola, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, n. 1059 del 15 dicembre 2012, nella parte in cui ha respinto il ricorso proposto avverso le comunicazioni inviate dall’AGEA ai produttori, aventi ad oggetto il calcolo derivante dalla compensazione delle quote latte per il periodo 2001/2002.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura –AGEA- e del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 24 settembre 2019 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato Ester Ermondi e l'avvocato dello Stato Paolo Gentili;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il contenzioso in esame concerne i provvedimenti impositivi del prelievo supplementare emessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) in relazione all’annata lattiera 2001/2002 a carico delle aziende agricole appellanti.

Con il ricorso di primo grado, le istanti, dopo aver ricostruito la normativa comunitaria e nazionale sul regime delle c.d. “quote latte”, proponeva, in sintesi, le seguenti censure:

a) illegittimità della procedura che ha consentito ad AGEA l’accertamento dei dati di produzione di latte solo in via presuntiva;

b) violazione della normativa comunitaria in quanto la compensazione nazionale è stata effettuata sulla base di dati inattendibili e non definitivamente accertati, come confermato dalle risultanze delle Commissioni di indagine istituite sul tema;

c) mancanza di motivazione dei dati relativi alla compensazione nazionale;

d) mancata distribuzione dell’intera quota nazionale in quanto, per l’annata 2001/2002, i produttori, alla data di inizio della precedente campagna lattiera 2000/2001 (31 marzo 2000), non erano a conoscenza del QRI di riferimento;

e) illegittimità della procedura di compensazione prevista dall’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1999 per contrasto con l’art. 2 del Reg. CE n. 3950/1992 e l’art. 3, comma 3, del Reg. CE 536/1993;

f) violazione dell’art. 1 della legge n. 118 del 1999 in ragione della mancata comunicazione dei provvedimenti di compensazione ai produttori (inviati invece ai primi acquirenti) i quali, pertanto, non sono stati messi nelle condizioni di verificare la correttezza dei calcoli effettuati da AGEA;

g) illegittimità comunitaria della normativa nazionale che impone al primo acquirente di trattenere dal produttore somme a titolo di prelievo supplementare e a quest’ultimo l’obbligo di versare tali importi ad AGEA;

h) illegittimità dei DD.MM. 17 febbraio 1998 e n. 159/1999 nella parte in cui ammettono l’accertamento presuntivo dell’intera produzione nazionale di latte da parte di AGEA;

i) mancato rispetto da parte di AGEA dei termini previsti dal d.l. n. 79 del 2000 per l’effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale.

2. Il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. II ter, con sentenza n. 10509 del 15 dicembre 2012, richiamando per relationem i propri precedenti relativi a ciascuna delle questioni affrontate, ha respinto tutti i profili di doglianza, compensando le spese.

3. Con il ricorso in appello le istanti hanno dedotto:

a) nullità della sentenza per difetto di motivazione su alcuni motivi di ricorso. Il sistema motivazionale per relationem seguito dal giudice di primo grado, ammissibile in astratto, nel caso di specie è tale da non consentire neppure di individuare a quali motivi di doglianza e a quali ragioni si intendesse fare riferimento nello specifico, risolvendosi la sentenza in una corposa serie di rinvii a precedenti già intervenuti su ciascuna questione, in palese contrasto con l’art. 9 della l. 21 luglio 2000, n. 205.

b) la motivazione sarebbe carente, illogica e contraddittoria avuto riguardo ai molteplici profili di illegittimità comunitaria per violazione dei Regg. CEE n. 3950/92 e n. 536/93 sollevati in prime cure (retroattività dell’assegnazione delle QRI, inattendibilità dei dati, sistema delle cd. “quote di carta” di cui al D.M. 17 febbraio 1998, effettuazione della previa compensazione nazionale per categorie privilegiate, ecc.).

4. Si è costituita l’amministrazione per resistere, con atto meramente di stile.

5. In vista dell’udienza, le parti hanno depositato memorie e corposa giurisprudenza, in particolare comunitaria, intervenuta sulla materia, nonché penale, avuto riguardo alla riferita inadeguatezza dei dati utilizzati.

6. All’udienza del 24 settembre 2019, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Va preliminarmente chiarito che anche per l’annata lattiera di interesse nell’odierna controversia (2001/2002), il sistema della compensazione nazionale, propedeutica all’individuazione delle eccedenze e alla conseguente richiesta del relativo prelievo supplementare, era disciplinato dall’art. 1, comma 8, del d.l. 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla l. 27 aprile 1999, n. 118, giusta il richiamo alla previgente disciplina contenuto nel d.l. 4 febbraio 2000, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 aprile 2000, n. 79 (successivamente abrogata dal d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito in l. 30 maggio 2003, n. 119).

2. Osserva il Collegio che ha pertanto valore preminente, ai fini della decisione della controversia, la risposta formulata dalla Corte di Giustizia U.E., sez. VII, con la decisione del 27 giugno 2019, in ordine al quesito di questo Consiglio relativo proprio al sistema di compensazione nazionale di cui al ridetto d.l. n. 43/1999: «Se l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento [n. 3950/92] debba essere – anche alla luce di quanto già motivato dalla [Corte] nella sentenza 5 maggio 2011, Kurt und T E e a. [(C-230/09 e C-231/09, …], in relazione all’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento [n. 1788/2003] –interpretato nel senso che la riassegnazione della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento nazionale destinato alle consegne possa essere effettuata secondo criteri obiettivi di priorità fissati dagli Stati membri, ovvero se esso debba essere interpretato nel senso che tale fase perequativa debba essere governata da un esclusivo criterio di proporzionalità».

La Corte ha affermato:

« Inoltre, risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, nonché

dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 536/93 che lo Stato membro dispone della facoltà di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, o a livello nazionale, direttamente ai produttori interessati, o a livello degli acquirenti affinché detti quantitativi vengano ripartiti tra i produttori in questione.

36. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano, l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, pur concedendo agli Stati membri la facoltà di riassegnare i quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, non li autorizza a decidere in base a quali criteri tale riassegnazione debba essere effettuata.

37. Infatti, risulta dalla formulazione stessa della disposizione suddetta che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tali quantitativi vengono ripartiti in modo "proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore"».

In più, la Corte ha inteso smentire l’argomentazione italiana, sottolineando che :

«38. L’argomento del governo italiano, secondo cui la disposizione summenzionata non stabiliva nulla circa i criteri della riassegnazione stessa e menzionava il criterio proporzionale soltanto ai fini di regolare i calcoli che l’acquirente avrebbe dovuto operare qualora fosse spettato a lui applicare il prelievo a carico dei produttori, è espressamente contraddetto dalla giurisprudenza della Corte.

39. Infatti, la Corte ha già statuito che risulta chiaramente da tutte le versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 che è senz’altro la ripartizione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, vale a dire la riassegnazione di tali quantitativi, a dover essere effettuata in modo «proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore» e che il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è, quanto ad esso, stabilito in base al superamento del quantitativo di riferimento di cui dispone ciascun produttore (sentenza del 5 maggio 2011, Kurt und T E e a., C-230/09 e C-231/09, EU:C:2011:271, punto 64).

40. L’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 stabilisce dunque un criterio in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Così, dato che tale disposizione non menziona nessun altro criterio, né rinvia alla competenza degli Stati membri per stabilire criteri che siano loro propri, il suddetto criterio di ripartizione proporzionale deve essere considerato come il solo in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati.

41. Tale interpretazione è confermata dal contesto nel quale si inserisce l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92. Infatti, la possibilità di procedere, nel quadro dell’applicazione di tale disposizione, alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati secondo altri criteri non può essere desunta dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento summenzionato.

42. Risulta dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92, come pure d’altronde dal sesto considerando del regolamento n. 536/93, che, qualora uno Stato membro abbia giudicato opportuno non operare nel proprio territorio una riassegnazione totale di quantitativi di riferimento inutilizzati, esso può, qualora il prelievo sia dovuto e l’importo riscosso sia superiore, destinare l’eccedenza riscossa al finanziamento delle misure di cui all’articolo 8, primo trattino, del regolamento n. 3950/92 e/o rimborsarla ai produttori che rientrano in categorie prioritarie stabilite dallo Stato membro in base a criteri obiettivi da determinarsi o che si trovano confrontati ad una situazione eccezionale risultante da una disposizione nazionale non avente alcun nesso con tale regime. Gli Stati membri individuano le categorie prioritarie in base ad uno o più criteri obiettivi, previsti dall’articolo 5 del regolamento n. 536/93, elencati in ordine di priorità.

43. La facoltà di riassegnare la totalità o una parte dei quantitativi di riferimento inutilizzati, prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, e la facoltà, di cui uno Stato membro può avvalersi qualora non proceda ad una riassegnazione totale dei quantitativi inutilizzati, di decidere di rimborsare o no ai produttori l’eccedenza del prelievo riscossa, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92, obbediscono a logiche differenti.

44. Infatti, da un lato, l’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 3950/92 mira a diminuire proporzionalmente il superamento dei quantitativi di riferimento dei produttori, al fine di ridurre anche il contributo di questi ultimi al prelievo dovuto. Invece, dall’altro lato, l’articolo 2, paragrafo 4, del citato regolamento si propone di determinare la destinazione dell’importo del prelievo riscosso in eccesso, prevedendo che il rimborso di tale eccedenza, ove questo venga deciso da uno Stato membro, venga effettuato a beneficio dei produttori che rientrano in categorie prioritarie, stabilite secondo i criteri obiettivi previsti dalla Commissione.

45. A motivo della diversità delle logiche sottese ai meccanismi previsti, rispettivamente, dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, e dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92, la rilevanza, ai fini dell’applicazione della prima di queste disposizioni, dei criteri stabiliti dalla seconda di esse non può essere presunta e potrebbe discendere soltanto da un esplicito riferimento in tal senso nel regolamento. Orbene, né il regolamento n. 3950/92 né il regolamento n. 536/93 prevedono l’applicazione di detti criteri nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92.

46. Quanto agli argomenti del governo italiano relativi all’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 1788/2003, occorre constatare come tale disposizione preveda che la riassegnazione della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento nazionale destinato alle consegne debba essere effettuata proporzionalmente al quantitativo di riferimento individuale di ciascun produttore che abbia effettuato consegne in eccesso, oppure in base a criteri obiettivi da stabilirsi a cura degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2011, Kurt und T E e a., C-230/09 e C-231/09, EU:C:2011:271, punto 79)».

Conseguentemente la Corte ha respinto la tesi prospettata dallo Stato italiano circa l’indifferenza dell’utilizzazione di altri criteri rispetto ai principi eurounitari di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

3. In sede di osservazioni dinanzi alla Corte europea, l’Avvocatura dello Stato ha sostenuto che: « 26. Nel caso in esame è pacifico che lo Stato italiano ha inteso operare la “compensazione nazionale/riassegnazione dei QRI inutilizzati” fissando criteri obiettivi di tipo non proporzionale. Come si è visto, l’art. 1 comma 8 della legge 118/99 ha previsto che la compensazione/riassegnazione sia fatta a beneficio di categorie di produttori che presentano particolari aspetti di debolezza economica, e nell’ordine indicato dalla norma » (osservazioni depositate in data 13 settembre 2018, causa C-348/18, versate in atti dalle aziende appellanti).

Orbene, ciò è proprio il criterio di cui si dolgono gli odierni appellanti.

Tale censura era respinta dal giudice di primo grado sulla base della pregressa interpretazione fornita dalla giurisprudenza, che aveva ritenuto non contrastante il criterio obiettivo seguito dallo Stato italiano con la disciplina comunitaria, tesi questa - come evidenziato - smentita dalla Corte di giustizia nella pronunzia sulla causa C-348.

Ne discende che inevitabilmente il meccanismo di compensazione-riassegnazione applicato dall’Amministrazione italiana risulta alterato dall’applicazione di un criterio non conforme al dettato comunitario, secondo quella che è stata l’ultima interpretazione resa dalla Corte di giustizia.

4. La fondatezza del ridetto motivo di appello determina l’accoglimento dello stesso, senza che sia necessario procedere all’esame delle ulteriori censure, poiché l’annullamento dei provvedimenti censurati in prime cure per l’illegittimità del criterio posto a fondamento dei calcoli sottostanti all’operazione di compensazione/riassegnazione determina la necessità dell’Amministrazione di procedere ad una complessiva rideterminazione, in sede di emanazione degli atti ulteriori.

Ne discende che, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso di prime cure e, per l’effetto, devono essere annullati i provvedimenti gravati.

5. La complessità della fattispecie e le difficoltà interpretative e di coordinamento della disciplina nazionale e comunitaria determinano l’individuazione di giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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