Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-07-03, n. 201403358
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Testo completo
N. 03358/2014REG.PROV.COLL.
N. 00503/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 503 del 2012, proposto da
Comune di Milano, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M R S, A M, A M M e R I, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Lungotevere Marzio, 3.
contro
Brw &Partners s.r.l.,in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv. F P e A A, con domicilio eletto presso F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski,118.
per la riforma
della sentenza n. 1863 del TAR Lombardia – Milano (Sezione Seconda) dell'11 luglio 2011, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Brw &Partners s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti gli avvocati A M, e Francesco Paoletti per delega di F P.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Dagli atti risulta che l'attuale appellata, originaria ricorrente in primo grado, domandava al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia l'annullamento della nota con cui il Comune di Milano aveva fissato il contributo dovuto per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 1392, avente ad oggetto la realizzazione di un soppalco ad uso ufficio di mq. 123,51 e il cambio di destinazione d'uso da laboratorio ad ufficio al piano terra per mq. 150,19.
L'annullamento veniva domandato anche per la deliberazione di Giunta comunale n. 2463 del 3 novembre 2004 relativa all'approvazione dell'incremento dei diritti e oneri per il rilascio dei titoli edilizi in sanatoria, per la deliberazione di Giunta comunale n. 2644 del 16 novembre 2004, concernente tra l'altro la determinazione della quota di anticipazione e della misura di incremento degli oneri di urbanizzazione in applicazione dell'articolo 4 della legge regionale 3 novembre 2004, n. 31 ( Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi ), nonché della deliberazione del Consiglio comunale n. 73 del 21 dicembre 2007, circa la determinazione in aggiornamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, dovuti per titoli abilitativi di interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazione edilizia.
L'originaria ricorrente deduceva con più motivi di censura:
a. l'erroneo inquadramento dell'abuso realizzato, essendo l'intervento operato con un soppalco ascrivibile a ristrutturazione edilizia, nonché il conseguente difetto di motivazione;
b. la violazione degli articoli 32 e 34 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 ( Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici ), convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dell'art. 4 della legge regionale 3 novembre 2004, n. 31 ( Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi ), degli articoli 16 e 19 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ( Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia ), delle citate deliberazioni di Giunta e di Consiglio comunali, nonché dei principi di buon andamento dell'azione amministrativa, di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento;
c. l'illegittimità delle citate deliberazioni di Giunta e di Consiglio per violazione dell'art. 32, comma 34 del d.l. n 269 del 2003 e della citata legge regionale, nonché per incompetenza assoluta;
d. l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 6 della predetta legge regionale per contrasto con gli articoli 117, comma 3, 3 e 97 della Costituzione.
Il Comune di Milano, costituitosi in giudizio, contestava la fondatezza delle censure dedotte.
2. Il giudice di primo grado, con la sentenza appellata, accoglieva in parte il ricorso e lo respingeva per la restante parte, ritenendo:
a. fondato il motivo con cui la ricorrente società aveva lamentato il difetto di motivazione dell'inquadramento di uno dei due abusi nella tipologia qualificata come nuova costruzione.
Il Comune, infatti, avrebbe dovuto qualificare l'opera edilizia come ristrutturazione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui tali sono gli interventi come la realizzazione di un soppalco praticabile all'interno di un’unità immobiliare, priva di autonomia strutturale e funzionale, assoggettata a permesso di costruire in virtù di quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera c) , del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto comportante un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e senza alcun aumento di superfici utili.
L’opera abusiva non è stata peraltro realizzata previa demolizione di un preesistente fabbricato, né sono state poste in essere modifiche alla volumetria o alla sagoma, ma solo alla superficie;
b. infondato il motivo con cui la ricorrente società aveva dedotto l'illegittimità del provvedimento impugnato per la violazione delle norme citate nel precedente paragrafo 1, lettere b, c e d.
Ciò in quanto, nel caso di specie trova applicazione la legge regionale n. 31 del 2004 che ha disciplinato la sanatoria degli abusi edilizi prevista dall'articolo 32 del d.-l. n. 269 del 2003, convertito dalla legge 24 novembre 2003, vigente al momento dell'adozione del provvedimento di determinazione del contributo per il rilascio del titolo in sanatoria, in forza del principio tempus regit actum. In coerenza con quanto stabilito dall'articolo 4, comma 6 della predetta legge regionale n. 31 del 2004, erano, infatti, già in vigore le tariffe fissate dalla delibera del Consiglio comunale, n. 73/2007 e l'Amministrazione ne ha dato legittima applicazione.
c. infondata la censura secondo cui sarebbe legittima la citata deliberazione n. 37/2007 per violazione dell'articolo 32, comma 34 del d.-l. n. 269 del 2003, non violando la legge regionale alcun principio della legislazione statale che non prevede quale debba essere il momento cui riferirsi per la individuazione delle tariffe da applicare ai fini della determinazione degli oneri. Da qui, la legittimità della scelta regionale di prendere a riferimento le tariffe vigenti al momento del perfezionamento del procedimento di sanatoria, il che comunque non porta ad un incremento complessivo degli oneri di urbanizzazione superiore al 100%, limite previsto dall'articolo 32, comma 34 del citato d.-l. n. 269 del 2003;
. inammissibile il dedotto vizio di incompetenza assoluta. Ciò per la genericità della censura, non essendo stato precisato se la incompetenza sia dedotta con riguardo alla Giunta o al Consiglio comunale e quali norme si assumano violate;
infondata la censura di illegittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 6 della legge regionale n. 31 del 2004 per contrasto con gli articoli 117, comma 3 e 27 della Costituzione, dal momento che la Corte costituzionale, con ordinanza 17 marzo 2010, n. 105 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale del detto articolo 4, comma 6, stabilendo che, relativamente alle normative sul condono edilizio succedutesi nel tempo, non è ravvisabile un orientamento interpretativo consolidato da cui possa ricavarsi un principio fondamentale della legislazione statale secondo cui gli oneri di concessione debbano essere determinati con riferimento alle tariffe vigenti alla data di entrata in vigore della legge di sanatoria. Infatti l'ancoraggio alle tariffe vigenti all'entrata in vigore della legge di sanatoria è solo una delle diverse soluzioni possibili conformi alla Costituzione, ma potrebbero essere conformi anche scelte riguardanti tariffe vigenti al momento in cui l'abuso è iniziato o l'abuso è completato o al momento dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono o al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono e del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
In questo quadro, in cui la pluralità delle soluzioni è affidata alla discrezionalità del legislatore, le scelte del legislatore regionale di privilegiare l'interesse pubblico all'adeguatezza della contribuzione ai costi reali da sostenere è il frutto quindi di un bilanciamento di interessi non censurabile.
3. Il Comune di Milano ha proposto appello in via principale contro la parte della sentenza che accoglie il ricorso, relativamente alla qualificazione della tipologia edilizia dell'illecito da sanare. L'originaria ricorrente ha proposto appello incidentale avverso la stessa sentenza, nella parte restante che afferma la legittimità dell'applicazione della tabella degli oneri di urbanizzazione vigente all'epoca del perfezionamento del procedimento di sanatoria, con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
4. Il Comune di Milano, nell'appello principale, assume che:
a. la sentenza incorra in errore di diritto, nella parte in cui afferma che l'opera edilizia rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia che l'articolo 10, comma 1, lettera c) , del d.P.R. n. 380 del 2001 assoggetta a permesso di costruire. La sentenza non ha considerato il discrimine tra gli interventi di ristrutturazione e quelli di ampliamento o nuova edificazione. I primi non comportano incremento significativo della capacità insediativa e quindi del carico urbanistico, mentre i secondi, ammissibili solo quando il lotto disponga di una potenzialità edificatoria residua, accrescono la ricettività dell'edificio esistente e incrementano il peso insediativo, il che giustifica un contributo maggiore per compensare l’incremento, e così nel caso di specie con un ampliamento di ben 123,51 mq.
Per il Comune, l’articolo 10 del d.P.R. n. 380 del2001 ammette la possibilità di “modifiche” del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ma non di ” incrementi” e in ogni caso non possono essere modificati volumi e superfici non abitabili in modo che il carico urbanistico dell'edificio non venga incrementato in mancanza di un indice di edificabilità residuo. Comunque, anche a ritenere ammissibili aumenti della volumetria e superficie abitabile, questi potrebbero ritenersi consentiti solo se minimi e marginali in rapporto all'intero intervento di ristrutturazione e tali da non comportare un apprezzabile incremento del carico insediativo.
Per l'appellante, l'intervento è di ampliamento, anche se la superficie viene realizzata fisicamente ex novo , all'interno dell'edificio esistente e adibito all'uso abitativo, come nel caso di specie in cui si è sfruttata l'altezza dei locali esistenti mediante la divisione orizzontale per creare soppalchi abitabili per complessivi mq. 123,51.
L’appellante eccepisce poi l'infondatezza dell’appello incidentale, anche alla luce dell'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 105 del 2010 richiamata dal giudice di primo grado, secondo cui rientra nella sfera riservata alla discrezionalità del legislatore, anche regionale, la scelta di una soluzione tra le diverse possibili, come è avvenuto per la legge regionale n. 31 del 2004 che ha affermato doversi applicare alla fattispecie del condono edilizio la normativa vigente al momento dell'emissione del provvedimento di sanatoria coincidente con il momento di perfezionamento del procedimento.
Il Comune afferma poi essere infondata la censura dell’appellata alla sentenza relativamente al calcolo degli oneri di urbanizzazione effettuato sulla base delle tabelle introdotte con la deliberazione del Consiglio comunale n. 73/2007, che non sarebbe applicabile al caso di specie. Analogamente, afferma essere infondata l'eccezione di illegittimità delle delibere di Giunta n. 2644/2004 e n. 2493/2004 per incompetenza assoluta e relativamente alla violazione della legge regionale n. 31/2004, in quanto l'applicazione delle predette delibere avrebbe determinato un incremento degli oneri in misura superiore a quella prevista dalla norma regionale.
Il Comune ha, infine, eccepito l'improcedibilità per tardività dell'appello incidentale.
5. La società appellata, con ricorso incidentale, ha chiesto l'annullamento della sentenza, nella parte in cui sono stati rigettati i motivi riguardanti il pagamento della somma dovuta per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria connessi all'intervento edilizio oggetto della domanda di condono, secondo le tabelle aggiornate alla data di emissione del permesso di costruire in sanatoria, in forza della deliberazione di Consiglio comunale n. 7/2007 divenuta esecutiva dal 1 gennaio 2008.
La società appellata, riproponendo i motivi del ricorso originario, ha evidenziato che la legge applicabile è quella vigente al momento della presentazione della domanda di condono, come si desume dall'art. 32 del d.-l. n. 269 del 2003 e non al momento del rilascio del titolo in sanatoria. Diversamente opinando, si violerebbero i principi: a) di uguaglianza nella soggezione alle prestazioni patrimoniali imposte, poiché due identici abusi edilizi contemporaneamente ultimati, potrebbero essere sanati con la corresponsione di oneri di diverso importo;b) di buon andamento della Pubblica Amministrazione, poiché verrebbe rimessa alle scelte discrezionali del Comune la facoltà di determinare la tariffa applicabile al caso e potrebbe essere altresì premiata l'inerzia amministrativa;c) di affidamento del privato nel corretto esercizio delle attribuzioni da parte dei soggetti pubblici in relazione allo svolgimento, nei termini prescritti, delle attività istruttorie necessarie per il completamento della pratica.
La società appellata ha ritenuto errata la sentenza anche laddove ha ritenuto che gli oneri determinati ai sensi dell'articolo 4, comma 6, della legge regionale n. 31 del 2004 sono stati incrementati nei limiti di quanto previsto dall'articolo 32, comma 34 del d.l. n. 269 del 2003. Il Comune di Milano con la deliberazione di Consiglio n. 73/2007 ha, invece, aumentato gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione in misura superiore al 100% previsto dal citato art. 32, comma 34 del d.-l. n. 269 del 2003 e ciò nonostante tale delibera sia sopravvenuta rispetto al tempo in cui l'opera abusiva è stata ultimata e rispetto al connesso momento della presentazione della domanda di condono.
Circa l'ordinanza della Corte costituzionale, la società appellata, nel ricorso incidentale, ne ha evidenziato l’assenza di vincolo erga omnes , trattandosi di pronuncia di inammissibilità. Ha insistito, poi, sull'incompetenza assoluta del Consiglio comunale nell'adozione della delibera n. 73/2007, avendo quest'ultima stabilito un incremento possibile soltanto mediante legge regionale e di conseguenza la censura non poteva essere dichiarata inammissibile. Comunque, l'applicazione dell'aumento in misura superiore al 100% degli oneri di urbanizzazione anche alla fattispecie di condono è stata, secondo la società appellata, del tutto illegittima. Ciò in quanto il richiamato articolo 32, comma 34 del d.l. n. 269 del 2003 ha stabilito il limite massimo dell'incremento, né la previsione di cui all'articolo 4 della legge regionale n. 31 del 2004 può attribuire al Comune un potere impositivo che faccia riferimento al momento del rilascio del titolo abilitativo, visto che tale legge entrata in vigore in un momento successivo alla presentazione dell'istanza di condono, non poteva che disporre per il futuro.
DIRITTO
1. L'appello principale è fondato. È fondato, in particolare, l’assunto dell’appellante nell’identificare gli elementi della fattispecie dell'articolo 3, comma 1, lettera c) e dell'articolo 10, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 380 del 2001.
Diversamente dalla sentenza qui impugnata, l'opera edilizia in questione non rientra infatti tra gli interventi di ristrutturazione edilizia , ma tra quelli di ampliamento o di nuova costruzione .
La ristrutturazione edilizia non comprende, infatti quell’incremento così significativo della capacità insediativa e del carico urbanistico che si è invece operato nel caso di specie, in ragione dell'ampliamento di ben 123,51 metri quadrati ,corrispondenti a un incremento non trascurabile sotto i due censurati profili.
L’ appellante bene evidenzia la differenza sostanziale tra i due tipi di intervento, correttamente identificando nella ristrutturazione un intervento che, pur potendo comportare la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso da quello originario, non determina un incremento apprezzabile del carico insediativo, potendo anche essere posto in essere quando l'edificio abbia esaurito la capacità edificatoria prevista dallo strumento urbanistico generale.
Ciò non avviene per l'intervento di ampliamento o nuova edificazione, ammissibile solo in presenza di una potenzialità edificatoria residua, poiché le opere accrescono la ricettività dell'edificio esistente, così incrementando il peso insediativo. In quest’ultima ipotesi diventa necessaria ed è giustificata la richiesta di un contributo di costruzione maggiore, per compensare l'effettivo incremento del carico urbanistico che nella ristrutturazione non c'è, o è modesto e non apprezzabile.
Del resto, l'articolo 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 ammette la possibilità per gli interventi con ristrutturazione edilizia, di modifiche e non di incrementi di volumi e di superfici, coerentemente con l'esigenza di evitare che il carico urbanistico dell'edificio venga incrementato in mancanza di un indice di edificabilità residuo. Le modifiche della volumetria e della superficie devono quindi essere minimali e marginali rispetto all'intervento di ristrutturazione, altrimenti si attinge all'ampliamento, come è accaduto nel caso in esame laddove l'altezza dei locali ha consentito di dividerli orizzontalmente ricavando un soppalco abitabile e incrementando sensibilmente la superficie agibile e abitabile, nonché la stessa volumetria e conseguentemente il carico urbanistico. Tutto ciò prescinde dalla circostanza che la società appellata abbia o meno ben individuato la tipologia di abuso nella domanda di condono.
Il Comune di Milano ha quindi legittimamente individuato la qualifica dell'intervento edilizio abusivo, fissando il contributo previsto dal d.P.R. n. 380 del 2001 nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 3, comma 1, lettera d) e 10, comma 1, lettera c) dello stesso decreto presidenziale.
In tal senso, la sentenza in epigrafe va riformata nella parte impugnata con l'appello principale.
2. L'appello incidentale è invece palesemente infondato e questo consente di prescindere dall'esame dell'eccezione di tardività dell'appello prospettata dal Comune di Milano.
La questione sollevata dall'appello incidentale riguarda, in sostanza, il calcolo del contributo di costruzione effettuato dal Comune al momento del perfezionamento del procedimento di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, calcolo contestato sotto più profili.
Questo Collegio ritiene che il giudice di primo grado abbia correttamente motivato la sua decisione di respingere il ricorso nella parte di cui si discute. Legittimamente quel giudice ha, infatti, ritenuto applicabile al caso di specie quanto previsto dalla deliberazione del Consiglio comunale n. 73 del 21 dicembre 2007. In virtù di quanto stabilito dall'articolo 32, comma 37 del d.-l. n. 269 del 2003, infatti, il mancato versamento, entro il termine stabilito, di tutto l'importo dovuto per gli oneri di urbanizzazione ha impedito che il procedimento di sanatoria si perfezionasse per silenzio, costituendo tale versamento unitamente con la presentazione dell'istanza documentata di sanatoria, elemento necessario per il decorrere del termine di ventiquattro mesi per la formazione del titolo abilitativo tacito.
Avendo la società ricorrente in primo grado completato la predetta istanza in data 2 ottobre 2008, non essendosi formato il silenzio accoglimento, si è resa impossibile anche l'applicazione della normativa più favorevole, in tema di oneri di urbanizzazione, anteriore a quella vigente al momento del rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Ciò in quanto, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, la legge regionale n. 31 del 2004 con cui è stata disciplinata la sanatoria degli abusi edilizi, prevista dal citato articolo 32 del d.-l. n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003, ha imposto all'articolo 4 l'applicazione, in caso di condono, delle tabelle degli oneri di urbanizzazione vigenti all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria.
Tale opzione legislativa della Regione Lombardia, diversamente da quanto sostenuto dalla appellante incidentale, è stata confortata dall'ordinanza n. 105 del 2010 della Corte costituzionale, su questione sollevata dallo stesso Tribunale amministrativo sulla disposizione in questione (art. 4 della legge regionale n. 31 del 2004) per altro ricorso, analogo a quello proposto dall'attuale società ricorrente in primo grado. La Corte in quella sede ha, infatti, affermato, dichiarando la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma regionale, che rientra nella sfera riservata alla discrezionalità del legislatore (quindi anche di quello regionale), la scelta di una soluzione tra le diverse possibili, ancorando le tariffe vigenti per gli oneri di concessione o al momento in cui l'abuso è iniziato, o a quello in cui l'abuso è completato, o al momento dell'entrata in vigore della normativa statale sul condono o a quello dell'entrata in vigore della normativa regionale sul condono o al momento in cui è stata effettuata la richiesta di condono o a quello del perfezionamento del procedimento di sanatoria;ciò bilanciando gli interessi in gioco, sia quello pubblico che quello privato del cittadino.
Conseguentemente, le argomentazioni della Corte forniscono, anche se contenute in un'ordinanza e pur non dando formalmente luogo ad un vincolo erga omnes , un'autorevole posizione in grado di orientare l'interpretazione più adeguata della normativa statale e regionale in materia di condono edilizio e da cui questo Collegio ritiene di non doversi discostare.
In base a tale posizione, è altresì possibile ritenere infondata qualsiasi eccezione di costituzionalità dell'articolo 4 della legge regionale n. 31 del 2004 e da ciò discende la legittimità della deliberazione del Consiglio Comunale n. 73/2007 che ha dato attuazione all'articolo 4 suddetto, nonché la stessa legittimità del provvedimento che ha determinato il contributo applicando gli oneri nella misura indicata nella citata deliberazione n. 73 del 21 dicembre 2007, divenuta efficace il giorno 8 gennaio 2008, certamente vigente al momento del completamento dell'istanza di condono avvenuta il giorno 2 ottobre 2008 e quindi al momento del perfezionamento del procedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria.
Gli oneri determinati ai sensi dell'art. 4, comma 1 della detta legge regionale sono stati incrementati nei limiti di quanto stabilito dall'articolo 32, comma 34 del d.-l. n. 269 del 2003 e dalla legge regionale n. 31 del 2004 e nessuna censura, come considerato dal giudice di primo grado, può essere mossa all'atto impugnato.
Nemmeno è accettabile quanto sostenuto dall'appellante incidentale secondo cui l'applicazione simultanea delle deliberazioni n. 2493/2004 e n. 2644/2004, nonché della citata deliberazione n. 73/2007 di adeguamento degli oneri avrebbe determinato un aumento ingiustificato degli oneri stessi in misura superiore al limite stabilito dal predetto articolo 32, comma 34 del d.-l. n. 269 del 2003.
La deliberazione n. 2644 del 16 novembre 2004 ha disposto, infatti, avvalendosi della facoltà di cui al citato articolo 4, comma 1 della legge regionale n. 31 del 2004, l'aumento massimo del 50 per cento degli oneri di urbanizzazione, aumento percentuale disposto per sanzionare l'abuso edilizio e applicato sulle tariffe vigenti all'atto del perfezionamento del procedimento di sanatoria e cioè su quelle adeguate con la deliberazione n. 73 del 21 dicembre 2007.
Ciò significa che il Comune di Milano, al fine del calcolo dell'aumento deciso con la deliberazione di Giunta n. 2644/2004 ha tenuto conto degli adeguamenti disposti con la delibera n. 73/2007, adeguamenti periodici decisi dal Comune in virtù delle generali previsioni dell'articolo 16, comma 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 e della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 ( Legge per il governo del territorio ), al fine di adeguare le misure degli oneri ai costi effettivi delle opere di urbanizzazione.
La deliberazione n. 2493 del 3 novembre 2004 ha ricalcolato, invece, la previsione di cui all'articolo 32, comma 40 del d.l. n. 269 del 2003 che consente ai Comuni, ai fini dell'istruttoria delle domande di sanatoria di edilizia, di incrementare sino ad un massimo del 10%, i diritti e gli oneri per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi e il Comune di Milano in tal senso ha fissato l'aumento nella misura del dieci per cento degli oneri concessori come fissati nella deliberazione consiliare n. 73/2007, in maniera analoga a quanto effettuato nell’attuazione della deliberazione n. 2644/2004.
Vanno quindi respinte le censure relative all'applicazione della delibera consiliare n. 73/2007 e delle due deliberazioni di Giunta nn. 2644 e 2493 del 2004, le quali sono state tutte,nel caso di specie, correttamente applicate.
Circa la sollevata incompetenza assoluta da parte della Giunta comunale nell'adozione delle succitate deliberazioni n. 2644 del 16 novembre 2004 e n. 2493 del 3 novembre 2004, il Collegio rileva che, a prescindere dell'inammissibilità rilevata dal giudice di primo grado per genericità e non adeguata specificazione della censura, quest'ultima è comunque infondata per le ragioni già in precedenza esposte. La deliberazione n. 2644/2004 ha disposto l'aumento massimo degli oneri di urbanizzazione nei limiti previsti dall'articolo 4, comma 1 della legge regionale n. 31 del 2004, a sua volta rispettosa dei limiti stabiliti dall'art. 32, comma 34 del d.-l. n. 269 del 2003. La deliberazione n. 2493 ha attuato la previsione di cui all'articolo 32, comma 40 del d.-l. n. 269 del 2003 nei limiti da quest'ultimo fissati. Di conseguenza, essendo la competenza consiliare limitata alla disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi secondo quanto previsto dall'articolo 42, comma 2, lettera f) del d.lgs. n. 267 del 2000 ( Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali ), e riguardando le deliberazioni l’attuazione di disposizioni legislative di cui al d.-l. n. 269/ del 2003 e alla legge regionale n. 31 del 2004, la competenza è ben incardinata nella Giunta, secondo quanto previsto dall'articolo 48 dello stesso d.lgs. n. 267 del 2000, in tema di residuale competenza spettante a quest'ultimo organo.
La determinazione dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione e la facoltà del periodico aggiornamento degli oneri è stata invece correttamente esercitata dal Consiglio Comunale con la determinazione n. 73/2007, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 44 della legge regionale n. 12 del 2005.
3. In conclusione, l'appello incidentale va respinto.
La complessità della questione trattata giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.