Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-17, n. 202102273
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 17/03/2021
N. 02273/2021REG.PROV.COLL.
N. 07082/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7082 del 2020, proposto da P N e da D A, rappresentati e difesi dall’Avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri
pro tempore
, Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza, in persona del Prefetto
pro tempore
, tutti rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Presidenza della Repubblica, non costituita nel presente giudizio;
Comune di Pietrapaola, non costituito nel presente giudizio;
Commissario Straordinario Prefettizio
pro tempore
per la Provvisoria gestione del Comune di Pietrapaola;
nei confronti
C M, G V, rappresentati e difesi dall’Avvocato Oreste Morcavallo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;
Giuseppe Filippelli, non costituito in giudizio;
Virginia Mazziotti, non costituito in giudizio;
Luciano Pugliese, non costituito in giudizio;
Giuseppe Parrotta, non costituito in giudizio;
Margherita Romeo, non costituita in giudizio;
G A, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza n. 1440 del 9 settembre 2020 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. I, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del consiglio comunale del Comune di Pietrapaola, con nomina del Commissario prefettizio per la provvisoria gestione dell’ente.
visto l’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, nonché l’art. 4 del d.l. n. 18 del 2020, conv. con mod. in l. n. 27 del 2020;
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno, dell’Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza e di C M e di G V;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2021 il Consigliere Massimiliano Noccelli, mentre nessuno è comparso per le parti, che non hanno chiesto di discutere oralmente la causa da remoto ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il 19 maggio 2020 G A, uno dei dieci consiglieri del Comune di Pietrapaola (CS), ha presentato le proprie dimissioni dalla carica.
1.1. È stato dunque convocato in seduta straordinaria il Consiglio comunale per procedere alla surroga del consigliere dimissionario con il primo dei non eletti nella medesima lista, D A, odierno appellante che, a tal fine, ha attestato in data 11 giugno 2020 l’insussistenza di cause di ineleggibilità o incompatibilità rispetto alla carica.
1.2. In prima convocazione, il 15 giugno 2020, la seduta del Consiglio comunale è andata deserta e in seconda convocazione, il successivo 19 giugno 2020, il Consiglio ha respinto la proposta di delibera avente ad oggetto la surroga del consigliere dimissionario e la contestuale convalida consigliere comunale in surroga.
1.3. Il consiglio comunale è stato dunque nuovamente riconvocato, sempre in seduta straordinaria, per procedere alla surroga.
1.4. In prima convocazione, il 30 giugno 2020, la seduta è andata deserta e nuovamente in seconda convocazione, il 1° luglio 2020, il Consiglio comunale ha respinto la proposta di delibera avente ad oggetto la surroga del consigliere dimissionario e la contestuale convalida consigliere comunale in surroga.
1.5. Successivamente, il 9 luglio 2020, altri cinque consiglieri comunali hanno presentato le loro dimissioni.
2. Con il decreto del 15 luglio 2020, prot. n. 0066297, la Prefettura di Cosenza ha sospeso il Consiglio comunale, riscontrando l’ipotesi dissolutoria di cui all’art. 141, comma 1, n. 4), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (c.d. T.U.E.L.) e, cioè, la riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio.
2.1. Infatti, le dimissioni in tempi diversi di sei dei dieci consiglieri comunali avrebbe precluso « la valida prima convocazione del consiglio, rendendo impossibile la surroga dei consiglieri dimissionari per mancanza del quorum legale ».
2.2. È quindi seguito il d.P.R. del 22 luglio 2020, che ha disposto lo scioglimento del Consiglio comunale e, in rapida successione, è poi seguita la convocazione dei comizi elettorali per l’elezione, in data 20 e 21 settembre 2020, del nuovo Sindaco e del Consiglio comunale di Pietrapaola.
3. Avverso tutti gli atti della sequenza procedimentale, sin qui sinteticamente menzionati, si sono rivolti al Tribunale Amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, P N, già sindaco del Comune di Pietrapaola, e D A, che avrebbe dovuto subentrare in surroga al consigliere dimissionario G A.
3.1. Hanno domandato l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati, ritenendoli illegittimi.
3.2. Hanno resistito in primo grado le amministrazioni intimate, e cioè la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la Prefettura U.T.G. di Cosenza.
3.3. Sono intervenuti ad opponendum C M e G V, candidati alla carica di Sindaco alle elezioni del 20 e 21 settembre 2020.
3.4. Con la sentenza n. 1440 del 9 settembre 2020, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, ha respinto il ricorso degli odierni appellanti.
3.5. Il Tribunale ha ricordato anzitutto che l’art. 38, comma 4 d.lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che « i consiglieri entrano in carica all’atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la relativa deliberazione ».
3.6. Il successivo comma 8 stabilisce che « il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo ».
3.7. Non vi sarebbero pertanto spazi per interpretare la normativa se non nel senso che la surroga del consigliere dimissionario, benché obbligatoria e vincolata, necessita di una specifica ed espressa deliberazione del Consiglio comunale.
3.8. Nel caso di specie, tale deliberazione non vi è stata, sicché, dopo il 9 luglio 2020, allorché altri cinque consiglieri comunali hanno presentato le loro dimissioni, il Consiglio comunale risultava costituito di soli quattro consiglieri oltre al Sindaco.
3.9. Secondo il Tribunale, comunque si interpreti l’art. 11, comma 13 dello Statuto comunale in ordine alla presenza necessaria di sei consiglieri oltre al Sindaco, non sarebbe stato possibile per il Consiglio comunale riunirsi validamente in prima convocazione perché la mancata surroga, dopo le dimissioni dei cinque, comportava la presenza di soli quattro consiglieri oltre al Sindaco.
4. Infine il Tribunale si è domandato se fosse possibile procedere comunque alla surroga del consigliere dimissionario da parte del Consiglio riunito in seconda convocazione, allorché il quorum costitutivo, ai sensi dello Statuto, è di quattro consiglieri, senza computare il sindaco.
4.2. Il primo giudice si è mostrato consapevole dell’orientamento, espresso in una risalente sentenza di questo Consiglio di Stato (Cons. St., sez. V, 17 febbraio 2006, n. 640), secondo cui la seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo.
4.3. In relazione a tale finalità sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere la ragione.
4.4. Per tale ragione, è consentito procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari anche laddove non sia possibile una valida riunione del Consiglio in prima convocazione per via delle sopravvenute dimissioni di un numero di consiglieri tale da non consentire il raggiungimento del quorum costitutivo, purché l’assemblea sia in grado di deliberare in seconda convocazione con il quorum previsto dal regolamento, nel rispetto dell’art. 38, comma 2 d. lgs. n. 267 del 2000.
4.6. Secondo il primo giudice dovrebbe però condividersi l’orientamento, emerso nella giurisprudenza di molti Tribunali amministrativi, secondo cui rientra nella stessa ratio della previsione che distingue tra sedute di prima e seconda convocazione, attribuendo preferenza alle prime, per le ragioni di maggior rappresentatività, che deve ritenersi insita nel sistema la necessità che, affinché il Consiglio possa continuare ad operare senza essere sciolto, esso debba garantire quantomeno in astratto (con la presenza del relativo numero minimo legale) la valida costituzione dell’assemblea in prima convocazione.
5. Il Tribunale ha così respinto il ricorso proposto in primo grado da P N e D A.
6. Questi hanno proposto appello, nelle rispettive qualità sopra indicate, avverso tale sentenza e ne hanno chiesto, previa sospensione dell’esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti dissoluti e indittivi delle nuove elezioni, impugnati in prime cure.
6.1. Si sono costituiti per resistere all’appello la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno, l’Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza e il Commissario straordinario prefettizio per la provvisoria gestione del Comune di Pietrapaola nonché i controinteressati C M e G V.
6.2. Con l’ordinanza n. 5864 del 2 ottobre 2020 la Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata e, con essa, l’efficacia di tutti gli atti gravanti in prime cure e, per l’effetto, ha disposto che il Consiglio comunale di Pietrapaola procedesse nell’immediato alla surroga dei cinque consiglieri comunali dimissionari.
6.3. Infine, nella pubblica udienza del 4 marzo 2021, fissata ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, conv. con mod. in l. n. 176 del 2020, il Collegio, sulla base degli scritti difensivi, ha trattenuto la causa in decisione.
7. L’appello è fondato.
8. Come la Sezione ha già osservato nell’ordinanza cautelare n. 5864 del 2 ottobre 2020, le due delibere del Consiglio comunale di Pietrapaola che hanno immotivatamente rifiutato di procedere alla surroga di G A con l’odierno appellante D A sono illegittime perché la surroga del consigliere dimissionario, laddove non vi ostino ragioni di incompatibilità o incompatibilità, costituisce un atto dovuto – v., sul punto, Cons. St., sez. III, 12 giugno 2020, n. 3736 – e, in quanto tale, non può essere impedita o venire a mancate per effetto manovre dilatorie ed ostruzionistiche in seno al Consiglio comunale che paralizzino il regolare svolgimento della vita democratica dell’ente locale e il funzionamento dei suoi organi elettivi, conducendo addirittura al suo scioglimento in ipotesi estreme, come quella di cui è causa.
8.1. Nel caso di specie la mancata surroga, per ben due volte, del consigliere dimissionario G A ad opera del Consiglio comunale, costituendo la relativa, espressa, specifica delibera un adempimento necessario, ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 8, del T.U.E.L., per il subentro del primo non eletto, ha determinato una stasi nella vita dell’ente alla quale è seguito strumentalmente, poi, l’atto di dimissioni contestuali da parte dei cinque consiglieri che avevano votato contro tale surroga.
8.2. In questo modo, dopo avere illegittimamente determinato con il loro voto la mancata surroga del consigliere dimissionario, i cinque consiglieri con le loro successive dimissioni hanno fatto venir meno anche il quorum richiesto per la prima convocazione, con l’effetto o, per meglio dire, con lo scopo di determinare la paralisi nella vita dell’ente e l’ipotesi dissolutoria di cui all’art. 141, comma 1, n. 4, del T.U.E.L., poi di fatto inveratasi.
8.3. La illegittimità delle delibere che hanno rifiutato la doverosa surroga, esprimendosi immotivatamente per ben due volte in senso negativo rispetto ad essa, impone necessariamente non solo il loro annullamento, ma anche una pronuncia sulla fondatezza della pretesa qui fatta valere, con la conseguenza che, venendo qui in rilievo, ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a., una attività vincolata consistente nella necessaria adozione della delibera di surroga illegittimamente mancata, si deve ritenere legittimamente, doverosamente, subentrato al posto del dimissionario G A l’odierno appellante D A, indipendentemente dall’interpretazione propugnata dagli odierni appellanti in ordine all’art. 11, comma 13, dello Statuto comunale, che prevede un quorum di sei consiglieri oltre al sindaco per la valida costituzione dell’assemblea in prima convocazione.
8.4. Infatti il consiglio comunale, anche in seconda convocazione e con il quorum di quattro consiglieri oltre al Sindaco previsto dallo stesso Statuto, ben avrebbe potuto procedere legittimamente alla surroga del consigliere o dei consiglieri dimissionari, come è poi avvenuto in esecuzione del dictum cautelare.
8.5. Non è condivisibile al riguardo quanto il primo giudice ha sostenuto in ordine alla necessità di dover procedura alla surroga con il quorum costitutivo richiesto per la prima convocazione, perché una simile tesi si scontra con il rilievo che, in base all’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 267 del 2000, il quale si riferisce ai consiglieri “assegnati” al comune, e non a quelli in carica, deve ritenersi indifferente per la validità delle deliberazioni, che risultino adottate in seconda convocazione, con la presenza di un terzo dei consiglieri assegnati al comune, conoscere le ragioni del mancato raggiungimento del numero legale in prima convocazione.
8.6. La seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo.
8.7. In relazione a tale finalità, come questo Consiglio di Stato ha chiarito nella sentenza n. 604 del 2006 già menzionata, sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere il motivo.
9. Ne segue che, se anche per ipotesi – quod non est – non si dovessero ritenere illegittime le due delibere di mancata surroga in assenza di qualsivoglia ragione ostativa, il Consiglio comunale avrebbe potuto comunque procedere alla surroga del dimissionario Arcangelo in seconda convocazione, anche dopo le dimissioni dei cinque consiglieri, essendo irrilevanti le ragioni per cui non si sia potuta tenere l’adunanza in prima convocazione.
10. L’interpretazione seguita invece dal primo giudice, come dimostra in modo eloquente la vicenda qui controversa nella quale vi è stato un illegittimo rifiuto di surroga, del resto non solo è contraria all’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 267 del 2000, ma presta il fianco ad interpretazioni formalistiche e, soprattutto, ad azioni opportunistiche in grado, diversamente, di paralizzare la vita dell’ente e condurre allo scioglimento anticipato della consiliatura in contrasto patente con la volontà popolare espressasi nelle elezioni.
11. Di qui la riforma della sentenza impugnata, con il conseguente annullamento di tutti gli atti gravati in prime cure, la surroga di D A e degli altri consiglieri dimissionari e la ripresa delle attività consiliari e giuntali, che risulta del resto avvenuta, in ottemperanza del dictum cautelare di questo Consiglio di Stato.
12. In conclusione, per tutti i motivi esposti, l’appello di P N e P A deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti gravati.
13. Le spese del doppio grado del giudizio, stante la complessità delle questioni esaminate sulle quali si registrano, comunque e in effetti, orientamenti interpretativi non unanimi, possono essere interamente compensate tra le parti.
13.1. Il Ministero dell’Interno per la soccombenza deve essere condannato a rimborsare il contributo unificato richiesto per la proposizione del ricorso in primo e in secondo grado.