Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-02-20, n. 201400840
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00840/2014REG.PROV.COLL.
N. 06540/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6540 del 2013, proposto dalla Societatea De Asigurare Reasigurare City Insurance Sa, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, A M, G C, con domicilio eletto presso A M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
contro
Istituto Vigilanza Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP oggi IVASS), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Comisia De Supraveghere A Asigurarilor - C.S.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Tonucci, Alberto Fantini, con domicilio eletto presso Tonucci &Partners in Roma, via Principessa Clotilde, 7;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 5209/2013, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Istituto Vigilanza Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo (ISVAP oggi IVASS) e della Comisia De Supraveghere A Asigurarilor - C.S.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2014 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati Caruso, Clarizia, A M, l’avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo e l’avvocato Fantini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La s.a. Societatea De Asigurare City Insurance (d’ora in poi “ricorrente”), società per azioni di diritto rumeno, iscritta dal 1998 al Registro Nazionale delle Imprese, avente per oggetto principale l’esercizio dell’attività di assicurazione diverse da quelle sulla vita, nonché dell’attività di riassicurazione, con il ricorso n. 5593 del 2012 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto l’annullamento: del provvedimento dell’Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni (ISVAP oggi IVASS) n. 2988 del 2 luglio 2012, con il quale è stato disposto nei confronti della società ricorrente, con effetto immediato, il divieto di assunzione di nuovi affari sul territorio della Repubblica italiana, ai sensi dell’art. 193, comma 4, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 ( Codice delle assicurazioni private , in seguito “Codice”) e dell’art. 40, comma 5, della direttiva 92/49/CE (di coordinamento delle disposizioni sull’assicurazione diretta diversa dall’assicurazione sulla vita, in seguito “Direttiva”);di ogni altro atto presupposto o consequenziale, anche se non conosciuto, comunque connesso, ivi compresi il comunicato stampa ISVAP del 2 luglio 2012 e di tutti gli atti istruttori citati nel suddetto provvedimento.
E’ intervenuta ad adiuvandum l’Autorità rumena di vigilanza sulle assicurazioni (Comisia De Supraveghere A Asigurarilor ovvero Insurance Supervisory Commission, in seguito “ISC”).
2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, sezione seconda, con la sentenza n. 5209 del 2013, ha respinto il ricorso, con compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività.
Alla camera di consiglio del 24 settembre 2013 l’esame della domanda cautelare è stato abbinato alla trattazione della causa nel merito.
E’ intervenuto nel giudizio lo ISC.
4. All’udienza del 14 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nell’appello, articolato in due parti, si deduce in sintesi quanto segue.
1.1. Nella prima parte si richiamano anzitutto i primi quattro motivi del ricorso di primo grado, con cui era stato dedotto che l’ISVAP: aveva adottato il provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 40, comma 5, della Direttiva, recante la possibilità di deroga al principio per cui gli operatori sono soggetti soltanto alla vigilanza dell’Autorità dello Stato membro di origine anche per l’attività svolta in regime di “libera prestazione di servizi” nel territorio dello Stato ospitante ( home country control ), ma che a ciò l’Istituto aveva proceduto in assenza delle condizioni previste nello stesso articolo per l’esercizio di tale eccezionale potere, non preavvisando in particolare l’ISC dell’intenzione di intervenire direttamente, in violazione con ciò, altresì, delle prescrizioni dell’art. 193 del Codice;che non aveva consentito, inoltre, alcuna partecipazione della ricorrente al procedimento né indicato l’unità organizzativa responsabile (come pure prescritto dal relativo Regolamento dell’ISVAP);essendo il provvedimento, infine, viziato per incompetenza poiché emanato dal solo Presidente dell’Istituto in violazione del regime delle competenze interne.
La sentenza è quindi censurata per avere respinto tali motivi asserendo che il provvedimento dell’ISVAP sarebbe stato emanato sulla base del comma 4 dell’art. 193 del Codice e del comma 6 dell’art. 40 della Direttiva in ragione di una sopravvenuta urgenza di provvedere, motivata dal comunicato della Guardia di Finanza del 27 aprile 2012 e dalle asserite carenze collaborative dell’ISC;ciò che comporta da parte del primo giudice: a) il travisamento della base normativa del provvedimento, essendo questo riferito al comma 5 della Direttiva (procedura ordinaria) e non al comma 6 (procedura d’urgenza);b) la mancata considerazione, da un lato, della necessità di un’urgenza qualificata per giustificare l’assenza delle garanzie procedimentali, nella specie non esplicitata nel provvedimento, e, dall’altro, dell’insufficienza dei fatti richiamati, recando il comunicato della Guardia di Finanza notizie di tono propagandistico su reati gravissimi mai formalmente contestati, nonché informazioni non vere sull’importo a base della gara ivi citata.
Né sussiste l’asserita mancanza di collaborazione da parte dell’ISC, resosi invece disponibile a procedere congiuntamente, fermo che l’inerzia dell’ISC, così asserita, atterrebbe a uno dei presupposti del potere di intervento ordinario, di cui al comma 5 dell’art. 40 della Direttiva, e non di quello d’urgenza di cui al comma 6, con evidente contraddittorietà della posizione dell’ISVAP.
Il provvedimento adottato, pur se lo si volesse qualificare d’urgenza, risulterebbe poi comunque contrario al principio comunitario di proporzionalità, recando un’interdizione sine die laddove sarebbe stata sufficiente la sospensione dell’emissione di nuovi contratti assicurativi, idonea peraltro a consentire di colmare il riscontrato difetto di istruttoria e di garanzie partecipative.
Il primo giudice, allo scopo di giustificare l’emanazione del provvedimento impugnato da parte del solo Presidente dell’ISVAP, avrebbe poi anche errato nel disconoscerne la natura di atto in autotutela mentre, al contrario, con il divieto di stipulare nuovi contratti si è inciso direttamente su precedenti atti collegiali.
1.2. Nella seconda parte dell’appello, nel riproporre i motivi di primo grado avverso il provvedimento impugnato deducendo le relative censure alla sentenza appellata, si afferma che:
- a) l’ISVAP nell’asserire, a motivazione del provvedimento, la sproporzione tra i rischi assunti dalla ricorrente e il suo capitale sociale non si è avveduto che questo era stato aumentato nel frattempo da 3,5 a 10 milioni di euro, non ha considerato gli ulteriori elementi di garanzia (margine di solvibilità e riserve tecniche) né le proprietà immobiliari possedute, così come ha errato nel contestare l’esposizione creditoria verso intermediari, in parte fisiologica per il ritardo nella trasmissione degli incassi e comunque oggetto di azioni di recupero;
- b) il primo giudice, a fronte della motivazione del provvedimento per cui la governance sostanziale della società ricorrente sarebbe in Italia essendo in Romania soltanto quella formale, non ha esaminato l’assenza di ogni nesso tra quanto così asserito e la sanzione/inibizione inflitta, poiché ciò potrebbe soltanto portare all’applicazione della disciplina di uno stabilimento nel paese ospitante in luogo di quella della libera prestazione di servizi , peraltro unica individuabile nel caso di specie dato il tipo di mandato conferito all’intermediario, né ha considerato che resta provata l’esistenza di un’articolata struttura della società in Romania e che il numero dei contratti ivi stipulati è maggiore di quello prodotto in Italia, non valendo in contrario il criterio dell’ammontare dei premi riscossi (assunto nel provvedimento) dato il diverso livello di sviluppo dei due Paesi;
- c) la sentenza di primo grado sarebbe anche erronea riguardo alle presunte irregolarità fiscali ascritte alla ricorrente, non spettando all’ISVAP le relative contestazioni, non essendo tenuta la ricorrente a nominare un rappresentante fiscale in Italia, poiché avente sede principale in uno stato dell’Unione europea (comma 6- bis dell’art. 4- bis della legge n. 1216 del 1961) ed avendo essa comunque versato il dovuto, come provato in atti;
- d) né in essa è stato verificato il presupposto, su cui largamente si fonda il provvedimento impugnato, dell’asserita insufficienza della collaborazione dell’ISC all’ISVAP, da cui sarebbe scaturita la necessità del provvedimento d’urgenza emanato;con ciò infatti non si è considerato: che l’ISC non ha mai abdicato alla sua funzione di vigilanza sulla ricorrente, effettuando controlli e acquisendo rendicontazioni periodiche;che era infondata la pretesa dell’ISVAP di eseguire un’ispezione congiunta sulla ricorrente presso lo Stato di origine la quale, pur consentita dall’ISC, comporta comunque un’alterazione delle competenze di vigilanza non prevista dal Protocollo di Siena (sulla Cooperazione tra le Autorità di Vigilanza sulle assicurazioni degli Stati membri dell’Unione Europea);che in atti è acquisita la documentazione sulla positiva collaborazione prestata dall’ISC nella specie e che, eventualmente, anche in caso di inerzia dell’ISC, l’ISVAP avrebbe dovuto procedere acquisendo i chiarimenti documentali di cui all’art. 40, comma 2, della Direttiva, restando infine ingiustificata la richiesta di ISVAP a ISC del 27 maggio 2012 (di cui l’ISVAP lamenta il mancato o tardivo riscontro) in quanto basata sul citato comunicato della Guardia di Finanza relativo ad una indagine per falso in gara pubblica svolta in Italia;
- e) la sentenza è altresì carente per non avere compiutamente riscontrato la rilevanza causale delle indagini in corso, trascurando che quelle condotte dalla procura di Venezia non hanno sortito sviluppi di rilievo e che presso la procura di Cagliari è stata disposta l’archiviazione;
- f) il provvedimento è illegittimo, infine, per violazione dell’art. 40, comma 9, della Direttiva, per il quale “ Qualsiasi misura presa in applicazione dei paragrafi da 4 a 8 la quale comporti sanzioni o restrizioni all’esercizio dell’attività assicurativa deve essere debitamente motivata e notificata all’impresa interessata ”, non essendo stato in esso in alcun modo motivato perché tra le “ misure appropriate ”, che a determinate condizioni possono essere adottate dall’Autorità del Paese ospitante, l’Isvap ha adottato la più grave e penalizzante, così come nulla è esposto riguardo alla tutela degli assicurati (venendo a mancare alla ricorrente l’incasso dei premi a copertura dei rischi assunti) e della concorrenza (con l’assenza di un operatore calmieratore) nonché all’ affidamento della ricorrente stante la previa autorizzazione ad operare in Italia, erroneamente ritenuto insussistente nella sentenza a fronte dell’art. 193 del Codice.
2. L’ISC nel proprio atto di intervento, nel proporre deduzioni convergenti con quelle dell’appello, sottolinea in particolare: la rilevanza della questione, implicata nella controversia in esame, della propria esclusiva competenza di vigilanza, e quindi provvedimentale, nei confronti della ricorrente, in applicazione del principio comunitario dello home country control , previsto oggi nell’art. 30 della Direttiva n. 2009/138/CE, nonché recepito nell’art. 193, comma 1, del Codice;la mancata informativa da parte dell’ISVAP della misura adottata a carico della ricorrente;l’intervenuta massima collaborazione prestata all’ISVAP nella vicenda in esame, come dimostrato dai numerosi documenti e comunicazioni relativi al periodo intercorrente tra il 2008 ed il 2012.
3. Nella memoria depositata dall’Ivass il 3 gennaio 2014 si contesta all’ISC di non avere proposto appello contro la sentenza di primo grado, in quanto parte del relativo giudizio in cui l’intervento ad adiuvandum dello ISC stesso era stato ammesso.
La deduzione non può essere accolta in quanto, nel caso di pluralità di soccombenti in primo grado e di impugnazione da parte di uno di essi, gli altri hanno facoltà e non onere di impugnazione, potendo limitarsi a partecipare al giudizio di impugnazione in posizione adesiva a quella dell’impugnante.
4. I motivi di appello sopra sintetizzati sono infondati quanto a quelli sopra rubricati sub.