Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-19, n. 202400619

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-19, n. 202400619
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400619
Data del deposito : 19 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2024

N. 00619/2024REG.PROV.COLL.

N. 04636/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4636 del 2017, proposto da
Comune di Barletta, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati I P e F G S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F G S in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;

contro

Provincia di Barletta-Andria-Trani, non costituita in giudizio;

nei confronti

Comune di Andria, Comune di Bisceglie, Comune di Canosa di Puglia, Comune di Margherita di Savoia, Comune di Minervino Murge, Comune di San Ferdinando di Puglia, Comune di Spinazzola, Comune di Trinitapoli, Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Barletta, non costituiti in giudizio;
Comune di Trani, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Michele Capurso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum :
Comitato di Lotta Barletta Provincia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Di Modugno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Gioia in Roma, piazza Cavour n. 17;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Prima), 12 gennaio 2017, n. 16, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Trani;

Visto l’atto di intervento del Comitato di Lotta Barletta Provincia;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza pubblica straordinaria del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Di Modugno e Capurso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

'FATTO E DIRITTO'

1. Con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, il Comune di Barletta impugnava la delibera consiliare di approvazione dello statuto della Provincia di Barletta-Andria-Trani (BAT), n. 10 del 21 maggio 2010, nella parte in cui approvava gli artt. 1 e 2 dello Statuto provinciale, contestando la scelta della città di Andria quale sede legale della nuova Provincia.

Con il primo e il secondo motivo, la ricorrente sollevava questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della L. 11 giugno 2004, n. 148, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. In particolare, assumeva che l’illegittimità dei provvedimenti impugnati – e quindi della scelta dell’ente provinciale di collocare la sede della nuova Provincia ad Andria, nonché della previsione di tre capoluoghi di Provincia - discendeva dalla diretta applicazione di norme incostituzionali, in particolare dell’art. 1, comma 3, della legge n. 148 del 2004, che ha fissato il capoluogo della Provincia di Barletta-Andria-Trani nelle città di Barletta, Andria e Trani. A dire del Comune ricorrente, l’istituzione di un triplice capoluogo comprometterebbe il buon andamento dell’amministrazione e, comunque, non sarebbe corrispondente ai criteri di economicità, efficienza ed efficacia. Inoltre, non risponderebbe al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione.

Inoltre, l’art. 1, comma 4, della legge istitutiva della Provincia BAT sarebbe incostituzionale anche nella parte in cui ha demandato allo statuto provinciale l’individuazione della sede legale in uno dei tre capoluoghi. In realtà, la decisione atterrebbe alle funzioni fondamentali dell’ente, sicché la stessa legge istitutiva avrebbe dovuto pronunciarsi sul punto, coerentemente con quanto previsto dall’art. 133, comma 1, della Costituzione. Anche ove si dovesse riconoscere come non operante la riserva di legge desumibile dall’art. 133, comma 1, la competenza esclusiva statale dovrebbe comunque riconoscersi in forza dell’art. 117, comma 2, lett. p), o, se con fonte secondaria, dell’art. 117, comma 6, che attribuisce allo Stato la potestà regolamentare in quelle stesse materie in cui è titolare della competenza legislativa esclusiva.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamentava l’illegittimità della decisione di disarticolare le sedi istituzionali e di non poter far coesistere le due sedi (Provincia e Prefettura). Inoltre, si doleva della conseguenza di stabilire ad Andria la sede della Provincia fino all’attuazione dell’inversione (a Barletta la sede della Provincia, ad Andria la Prefettura). Nel dettaglio, il ricorrente assumeva che la fissazione della sede legale della Provincia nel Comune dove è stabilita la Prefettura rappresenterebbe una prassi. Tanto dovrebbe evincersi dagli artt. 18 e 19 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, dagli artt. 18, 19, 39, 135, 141, 144, 145 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico enti locali), dall’art. 13 della legge n. 121/1981, che dimostrano la necessaria interazione tra l’ente locale e il rappresentante del Governo in ambito provinciale.

Inoltre, la fissazione della sede della Provincia ad Andria sarebbe illegittima e arbitraria. Difatti lo Statuto prevede la fissazione a Barletta della sede della Provincia e ad Andria del Palazzo della Prefettura. Nonostante ciò, tenuto conto che a Barletta è stata adibita la sede della Prefettura, lo statuto ha disposto la momentanea dislocazione ad Andria della sede della Provincia.

Ancora lo Statuto sarebbe stato adottato in difetto di istruttoria, senza tener conto delle deliberazioni dei singoli comuni e senza che vi siano state consultazioni con le forze sociali, con le associazioni del territorio, con i comitati di cittadini, nonché senza l’audizione degli organi regionali o comunali.

Con il quarto motivo, il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 5, e dell’art. 124, comma 1, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Le delibere sarebbero state emanate senza aver ottenuto una maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti favorevoli. Peraltro, non sarebbero state pubblicizzate mediante affissione all’albo pretorio come richiesto dall’art. 124, comma 1, poc’anzi richiamato. A ben vedere, infatti, le delibere delle prime due sedute non sarebbero state ritualmente pubblicate: la prima, la n. 6 del 6 maggio 2010 sarebbe stata affissa all’albo pretorio solo in data 24 maggio 2010;
nel mentre, la seconda, la n. 9 del 17 maggio 2010, in data 7 giugno 2010, contestualmente alla pubblicazione della delibera di definitiva adozione dello statuto n. 10 del 21 maggio 2010.

Con il quinto motivo, infine, il ricorrente assume che nella bozza di statuto del 15 aprile 2010 non era stata indicata la sede legale della Provincia. In sede assembleare, sarebbero stati proposti vari comuni, ma tali emendamenti sarebbero inammissibili in quanto incidenti su norma il cui contenuto non era definito. L’art. 2 sarebbe una norma inesistente, sicché non potrebbe ammettersi un emendamento in relazione a un precetto non completo e definito.

2. Il Tar per la Puglia, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato il ricorso.

In particolare, il Tribunale:

- in via preliminare, dava atto della persistenza dell’interesse del Comune alla definizione nel merito del ricorso. Ciò in quanto l’interesse del Comune di Barletta a veder ubicata nel proprio territorio la sede legale dell’ente provinciale non era stato inciso dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha ridefinito l’assetto istituzionale e le funzioni fondamentali delle Province;

- nel merito, ha disatteso la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3 e 4, della legge n. 148 del 2004, osservando, in particolare, infatti, come la normativa in esame si pone in linea di continuità rispetto ai principi costituzionali risultanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), la quale riconosce la vocazione autonomistica delle province, mantenendo la potestà legislativa ordinaria dello Stato con riguardo alla “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali” (art. 117, comma 2, lettera p), della Costituzione). La Costituzione avrebbe demandato l’individuazione concreta della sede legale dell’ente alla libertà organizzativa dell’amministrazione da esercitarsi mediante la potestà statutaria. Altresì, non è irragionevole istituire un triplice capoluogo, in quanto tale scelta è tesa al riconoscimento di pari dignità alle città co-capoluogo, nonché funzionale all’attuazione del decentramento amministrativo. Infine, la decisione di dislocare gli uffici e i servizi provinciali tra le tre città capoluogo è stata attuata in applicazione di criteri ragionevoli e omogenei, individuando tre poli distinti (sede legale, polo dell’ordine e sicurezza pubblica e polo giuridico-finanziario-culturale- scientifico e turistico);

- non ha condiviso i prospettati vizi di legittimità attinenti alle previsioni dello Statuto provinciale. Nel dettaglio, ha ritenuto che la scelta di dislocare gli uffici della Prefettura in una città capoluogo differente da quella individuata come sede legale è coerente rispetto ai principi fissati dalla legge istitutrice che mira ad assicurare pari dignità tra i capoluoghi. Né può assumersi che la scelta dei capoluoghi possa compromettere l’interazione tra l’ente provinciale e il Prefetto, in quanto gli uffici sono situati comunque nel medesimo perimetro territoriale;

- ha rilevato inoltre che lo svolgimento della procedura di approvazione statutaria è stata conforme a quanto previsto dall’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000, nel rispetto degli oneri di pubblicazione per le delibere di definitiva adozione degli statuti. In ogni caso, la violazione degli obblighi di pubblicità imposti dall’art. 124 del TUEL non potrebbe condurre a conseguenze invalidanti della delibera impugnata, poiché si tratterebbe di un vizio formale, inidoneo a cagionare un pregiudizio sostanziale. Difatti, non potrebbe parlarsi di un’approvazione al “buio”, posto che i consiglieri avevano partecipato ai lavori dell’assemblea;

- infine, quanto al rilievo secondo cui la bozza di Statuto del 15 aprile 2010 non contiene alcuna indicazione in ordine alla sede della Provincia, determinata poi dall’assemblea, con conseguente inammissibilità dell’emendamento modificativo di una norma inesistente, osservava come l’emendamento aveva scelto una tra le tre alternative possibili, comunque già contemplate dalla bozza di Statuto. La decisione era peraltro stata assunta dall’assemblea consiliare che rappresentava tutta la comunità provinciale di riferimento.

3. Il Comune di Barletta, rimasto soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

4. Resiste in giudizio il Comune di Trani, chiedendo che l’appello sia respinto.

5. È intervenuto ad adiuvandum il Comitato di Lotta Barletta provincia, per chiedere l’accoglimento dell’appello.

4. All'udienza del 24 ottobre 2023, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Con il primo motivo di appello, l’odierno appellante censura la sentenza del Tar per aver ritenuto infondata la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 3, della L. 11 giugno 2004, n. 148 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. A suo dire, il rapporto di equilibrio tra potere statutario ed esigenze di uniformità degli ordinamenti locali, così come definito nel Titolo V della Costituzione, imporrebbe al legislatore statale di determinare in maniera razionale e completa il funzionamento dell’organo di governo territoriale, id est la nuova provincia istituita. Di conseguenza, si sarebbero dovute esercitare le “funzioni fondamentali” che la Costituzione attribuisce al legislatore statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p), Cost. Inoltre, la previsione del triplice capoluogo inciderebbe negativamente sulle scelte operative e gestionali dell’ente locale. Sarebbe allora opportuno prevedere un unico capoluogo, idoneo a garantire certezza nei rapporti tra la provincia, lo stato, gli enti pubblici e i cittadini. Pertanto, la disposizione menzionata sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto irragionevole e contraria al buon andamento dell’amministrazione.

6. Con il secondo motivo, l’odierno appellante lamenta l’erroneità della sentenza per non aver condiviso la prospettata l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della L. 11 giugno, n. 148 in ragione del contrasto con gli artt. 133, comma 1, 117, comma 2, lett. p), e 6 della Costituzione. In realtà, ai sensi dell’art. 133 della Costituzione la legge dovrebbe definire tutti gli aspetti funzionali o strumentali all’istituzione dell’ente provinciale, ivi compresa l’individuazione della sede. In ogni caso, tale assunto sarebbe corroborato dalla previsione di cui all’art. 117, comma 2, lett. p), o del comma 6, che attribuisce allo Stato la potestà regolamentare in quelle stesse materia in cui è titolare della competenza legislativa esclusiva. In questo senso, la disposizione escluderebbe che gli aspetti più importanti della vita degli enti territoriali vengano decise a livello locale. La fissazione della sede della provincia poi atterrebbe alle “funzioni fondamentali” che lo stesso deve svolgere. Del resto, la sede rappresenterebbe il fulcro dell’indirizzo politico-istituzionale della provincia, svolgendo una funzione di orientamento e di slancio dell’attività complessiva degli uffici pubblici provinciali.

7. Con il terzo motivo, l’odierno appellante si duole dell’erroneità della sentenza laddove ha ritenuto che la scelta di dislocare gli uffici della Prefettura in città diversa da quella presso la quale era stata istituita la sede legale dell’ente era coerente attuazione dei principi fissati dalla legge istitutrice. Secondo l’appellante, l’istituzione della sede legale della Provincia nel comune ove è stabilita la prefettura rappresenterebbe una prassi consolidata nell’ordinamento, tenuto conto del forte legame intercorrente tra le due istituzioni (artt. 18 e 19 R.F. 3 marzo 1934, n. 383;
artt. 39, 135, 141, 144 del Testo Unico Enti locali;
art. 13 Legge n. 121/1981;
art. 9 l. n. 265/1999).

In ogni caso, la fissazione della sede della Provincia ad Andria sarebbe illegittima e arbitraria. Difatti lo Statuto prevedrebbe la fissazione a Barletta della sede della Provincia e ad Andria del Palazzo della Prefettura. Nonostante ciò, tenuto conto che a Barletta è stata adibita la sede della Prefettura, lo Statuto ha disposto la momentanea dislocazione ad Andria della sede della Provincia.

Lo Statuto sarebbe stato adottato in difetto di istruttoria, senza tener conto delle deliberazioni dei singoli comuni, senza che vi siano state consultazioni con le forze sociali, le associazioni del territorio, i comitati di cittadini e senza l’audizione degli organi regionali o comunali.

8. Con il quarto motivo, l’odierno appellante adduce l’erroneità della statuizione del Tar per non aver ritenuto violati i principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, nonché per violazione dell’art. 6, comma 5, e dell’art. 124, comma 1, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Il primo giudice, infatti, avrebbe sostenuto che la violazione di tale obbligo di pubblicazione non costituiva un pregiudizio invalidante, traducendosi in una mera irregolarità formale. A suo dire, invece, vi sarebbe una violazione del principio di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa. Nel dettaglio, le delibere sarebbero state emanate senza aver ottenuto una maggioranza qualificata dei 2/3 dei voti favorevoli. Peraltro, non sarebbero state pubblicizzate mediante affissione all’albo pretorio come richiesto dall’art. 124, comma 1, del T.U. Enti Locali. In questo modo, si sarebbe compromessa la formazione di una coscienza sociale e collettiva che avrebbe potuto esprimere la propria volontà incidendo sulle decisioni fondamentali della Provincia.

9. Con l’ultimo motivo, l’odierno appellante censura la sentenza per non aver considerato inammissibile l’emendamento su una norma inesistente. Secondo la tesi dell’appellante, invece, l’emendamento dovrebbe proporre una modifica di una norma già perfetta. Nel caso di specie, l’art. 2 della bozza di Statuto del 15 aprile 2010 non sarebbe completo.

10. I motivi con i quali l’appellante reitera le questioni di legittimità costituzionale possono essere esaminati congiuntamente data la loro stretta connessione.

Le questioni sono manifestatamente infondate.

11. Occorre muovere dalla sintetica descrizione del quadro costituzionale rilevante per le questioni sollevate dall’appellante.

In particolare, l’art. 114, comma 2, della Costituzione sancisce che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi dotati di propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

L’art. 117, comma 2, lett. p), Cost. ripartisce la potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni, riconoscendo la legislazione esclusiva dello Stato con riguardo alla materia elettorale, agli organi di governo e alle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.

L’art. 133, comma 1, prevede che il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la Regione.

Le disposizioni richiamate non riservano alla legge statale l’individuazione concreta della sede legale dell’ente. Né può ritenersi che questa scelta rientri nell’ambito delle funzioni fondamentali dell’ente locale, e quindi sotto questo profilo demandate al legislatore nazionale in forza dell’art. 117, comma 2, lettera p).

In realtà, come correttamente rilevato dal primo giudice, siffatta valutazione è strettamente ancorata a ragioni connesse alla storia del territorio e al contesto socio-politico di riferimento, sicché attiene alla sfera di discrezionalità organizzativa dell’ente, sulla base delle previsioni della fonte statutaria.

Da questo punto di vista, peraltro, l’istituzione di un triplice capoluogo, così come la dislocazione degli uffici e dei servizi provinciali, si presenta ragionevole in quanto attribuisce pari dignità alle città individuate come capoluoghi della Provincia di Barletta-Andria-Trani, tenuto conto del vasto territorio provinciale e realizzando, in tal modo, anche un reale decentramento amministrativo.

Pertanto, contrariamente a quanto assunto dall’appellante, tale opzione si pone in linea di continuità rispetto al principio generale di buon andamento della pubblica amministrazione, che riguarda non solo l’organizzazione ma anche l’azione amministrativa e che va letto unitamente ai principi di legalità e imparzialità.

Il suddetto principio (cristallizzato nell’art. 97 Cost.), declinato nei suoi corollari dell’efficacia, dell’efficienza, dell’economicità e della qualità, impone alle pubbliche amministrazioni di adottare atti coerenti con le effettive esigenze derivanti dallo svolgimento dei compiti attribuiti. In altri termini, come è stato opportunamente osservato in dottrina, il principio di buon andamento funge da contrappeso alla discrezionalità dell’amministrazione, orientando la stessa al perseguimento del fine pubblico con il mezzo in concreto più idoneo.

12. Con riguardo alla fattispecie in esame, va evidenziato che la diversa allocazione degli uffici e dei servizi provinciali, ripartita tra le tre città capoluogo nell’ambito di tre poli (sede legale, polo dell’ordine e sicurezza pubblica e polo giuridico-finanziario-culturale-scientifico e turistico), appare rispondente, anche alla luce del principio di ragionevolezza, a precise scelte operative e gestionali che l’ente ha inteso disporre nell’esercizio dell’ampia autonomia organizzativa ad esso riconosciuta.

Le medesime considerazioni valgono per la scelta di stabilire gli uffici della Prefettura presso una città co-capoluogo differente da quella presso la quale è fissata la sede legale, atteso che quest’ultima mira a riconoscere pari dignità tra i vari capoluoghi. Né può assumersi che in tal modo l’interazione tra l’ente provinciale e il Prefetto risulti compromessa, poiché i diversi uffici sono comunque allocati nell’ambito del medesimo perimetro territoriale.

13. Passando agli motivi, parimenti infondata è la censura con la quale il Comune di Barletta lamenta il mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione delle deliberazioni di approvazione dello Statuto provinciale, in violazione sia dell'art. 124, comma 1, del T.U. Enti Locali e dell’art. 6, comma 5, del medesimo T.U. Enti Locali.

Sul punto, le osservazioni del primo giudice meritano di essere condivise. In particolare, la procedura di approvazione dello Statuto si è svolta in ossequio a quanto previsto dall’art. 6, comma 4, del TUEL, ai sensi del quale «Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche alle modifiche statutarie» .

Per quanto concerne la deliberazione definitiva di approvazione dello statuto, l’ente ha adempiuto all’onere di pubblicazione prescritto dall’art. 6, comma 5, del TUEL.

L’appellante insiste nel rilevare come la mancata pubblicazione nei termini delle due deliberazioni consiliari che hanno preceduto la deliberazione definitiva avrebbe cagionato l’illegittimità dell’approvazione dello statuto.

Tuttavia, considerata la natura delle norme che impongono la pubblicazione di atti amministrativi, la mancata o – come nel caso di specie – ritardata pubblicazione delle deliberazioni dell’ente locale, non comporta in termini generali la invalidità dell’atto, atteso che la pubblicazione ai sensi dell’art. 124 de Tuel integra un requisito di efficacia dell' atto amministrativo e costituisce una forma di conoscenza legale rilevante per la decorrenza dei termini di impugnazione da parte dei soggetti non direttamente contemplati dagli atti suddetti. L’affissione all’albo pretorio, effettuata nei modi e nei termini previsti dalla legge, costituisce una forma di pubblicità legale ai fini della presunzione della piena conoscenza erga omnes ;
che, pertanto, deve ritenersi perfezionata al termine del periodo di pubblicazione, non possedendo le garanzie di conoscibilità tipiche della notifica individuale. Se la pubblicazione degli atti deliberativi degli enti locali è funzionale a far conoscere ai terzi il contenuto dell'atto, e se il ricorrente — in quanto destinatario diretto — lo ha regolarmente conosciuto a seguito della comunicazione ricevuta in forma individuale o altro fatto che comporti la piena conoscenza dell’atto, non può dolersi del fatto che la deliberazione non sia stata ancora pubblicata;
sicché l'atto è da ritenere efficace qualora sia stato comunicato al suo diretto destinatario, restando a tal fine irrilevante il fatto che non siano state ancora espletate le procedure di pubblicazione ai sensi dell’art. 124 del Tuel.

Pur nella peculiarità della fattispecie (caratterizzata dalla circostanza che la mancata pubblicazione ha riguardato le deliberazioni che – per non essere stato raggiunto il quorum dei due terzi dei consiglieri assegnati: art. 6, comma 4, del Tuel – sono risultate inidonee ai fini dell’approvazione dello Statuto) va ribadito, pertanto, che si tratta di una irregolarità inidonea a invalidare la delibera di approvazione dello statuto, salvi gli effetti sul piano del decorso del termine per impugnare.

Nella specie, inoltre, come sottolineato dal primo giudice, tutti i componenti del Consiglio provinciale che hanno partecipato ai lavori dell’assemblea conoscevano il contenuto dell’atto oggetto di approvazione.

14. Infine, anche l’ultimo motivo del ricorso risulta privo di pregio.

Contrariamente a quanto sostenuto dall’odierno appellante, l’emendamento che ha fissato la sede legale della Provincia non ha modificato una norma inesistente, bensì ha solo effettuato una scelta tra quelle implicitamente contenute nella bozza di Statuto sottoposta per l’approvazione definitiva.

15. In conclusione, l’appello va rigettato.

16. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

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