Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-19, n. 201603652

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-19, n. 201603652
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603652
Data del deposito : 19 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/08/2016

N. 03652/2016REG.PROV.COLL.

N. 10527/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10527 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza - Roma, Comando Interregionale dell'Italia Nord Orientale della Guardia di Finanza - Venezia, Comando Regionale Trentino Alto Adige della Guardia di Finanza - Trento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

contro

M C, rappresentato e difeso dagli avvocati R D P C.F. DPRRRT63A61F187Z, G P C.F. PFNGRL57B09H501K, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO - SEZIONE UNICA n. 00399/2015, resa tra le parti, concernente irrogazione sanzione della perdita del grado per rimozione


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di M C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2016 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Pafundi e l'avv. dello Stato Maddalo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Maresciallo della Guardia di Finanza M C in relazione al servizio prestato presso la Brigata di Borgo San Lorenzo veniva sottoposto a procedimento penale per i reati di corruzione e contraffazione marchi e all’esito del giudizio di primo grado era condannato dal Tribunale penale di Firenze alla pena di anni 3 e mesi sei di reclusione.

Successivamente , all’esito del giudizio d’appello, con sentenza del 1 agosto 2014 la Corte di appello dichiarava l’intervenuta prescrizione dei reati ascritti al suindicato sottufficiale e tale sentenza passava in giudicato, in assenza di gravame, in data 30 ottobre 2014.

Intanto l’Amministrazione attivava una inchiesta formale conclusasi con la convocazione della Commissione di disciplina che concludeva i propri lavori con il giudizio di non meritevolezza del grado cui faceva seguito il decreto del Comandante Interregionale della Guardia di Finanza del dell’Italia Nord Orientale del 30 luglio 2015 con cui era irrogata a carico del Maresciallo Chiello la sanzione della perdita del grado per rimozione con la messa a disposizione come soldato semplice a decorrere dalla medesima data.

L’interessato impugnava tale provvedimento innanzi al TRGA di Trento che con sentenza n. 399/15 accoglieva il ricorso, con annullamento dell’atto ivi gravato.

In particolare il Tribunale amministrativo, in accoglimento del primo , assorbente motivo d’impugnazione , riteneva che nella specie il termine perentorio di 90 giorni previsto dall’art.1392 del codice dell’ordinamento militare per l’avvio del procedimento disciplinare era inutilmente decorso.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Comado Generale delle Guardia di Finanza - ha impugnato tale decisum, deducendo a sostegno del proposto gravame con un unico, articolato motivo le censure di violazione e falsa applicazione dell’art. 1392 del dlgs n. 66/2010, art. 154 ter c.p.p.- erronea valutazione degli atti di causa.

Ad avviso di parte appellante l’avvio del procedimento disciplinare è avvento tempestivamente dovendosi ancorare il dies a quo per l’attivazione del procedimento in questione al 2 dicembre 2014 data in cui è stata rilasciata all’Amministrazione copia della sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 1563/2014 munita degli estremi di irrevocabilità .

Si costituito in giudizio il sg. C M che ha controdedotto e riproposto i motivi dichiarati assorbitiai sensi dell’art. 102 c.p.a.

Le parti hanno poi prodotto memorie difensive ad ulteriore sviluppo delle loro tesi.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione.

Tanto premesso l’appello si rivela fondato, risultando le osservazioni e prese conclusioni del primo giudice non immuni dai profili di erroneità denunciati col proposto gravame.

La questione dirimente da risolvere è costituita dalla interpretazione da dare in ordine al termine di inizio dell’azione disciplinare di cui alla disposizione legislativa costituita dal 1° comma dell’art. 1392 del dlgs n. 66/2010 che così recita:

“ il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione”.

Il TAR, avallando l’assunto difensivo del ricorrente, qui pure ribadito dalla parte resistente, ha statuito che il termine dei 90 giorni per l’inizio del procedimento disciplinare decorre dal momento in cui l’amministrazione è venuta “materialmente” a conoscenza della sentenza e della sua irrevocabilità, circostanze che nella specie coinciderebbero con la data dell’8 settembre 2014 in cui la GdF già era in possesso della sentenza de qua e con la data del 25 novembre 2014 in cui il Corpo militare era venuto a conoscenza della irrevocabilità del decisum penale ( nota del Reparto Trentino della Gdf alla Corte di Appello di Firenze del 25/11/2014 ).

La tesi esegetica fatta propria dal giudice di prime cure non appare condivisibile.

La norma sopra riportata individua il dies a quo di inizio dell’azione disciplinare nella “ conoscenza integrale della sentenza”, concetto che esplicita una situazione di conoscenza effettiva del testo integrale della pronuncia del giudice penale in relazione ai suoi elementi costitutivi e cioè il dispositivo, la motivazione e il carattere irrevocabile della sentenza.

Ebbene, il primo giudice correla la tardività del procedimento penale per inutile decorso del termine di 90 giorni a due date di conoscenza della sentenza penale che per il vero non sono idonee ad evidenziare l’avvenuta perenzione dell’azione disciplinare per la semplice ragione che a nessuna delle due date è riconducibile la conoscenza contestuale degli elementi indefettibili per configurarsi una “conoscenza integrale della sentenza” :

a) non è idonea ai fini di che trattasi la data dell’8 settembre 2014 perché a quel momento storico la sentenza 1563/14 della Corte di Appello di Firenze non era ancora divenuta irrevocabile ( consegue invero la irrevocabilità il 30 ottobre 2014);

b) non è idonea la data del 25 novembre 2014 giacchè trattasi di conoscenza di irrevocabilità avvenuta con “comunicazione per le vie brevi” , senza quindi il carattere della certezza.

Ne deriva che la data cui far risalire il momento cognitivo della sentenza nella integralità degli elementi sopra evidenziati non può non essere quello che coincide con il 2 dicembre 2014 allorchè viene rilasciata ufficialmente all’Amministrazione militare copia della suindicata sentenza penale munita degli estremi della irrevocabilità e con riferimento a tale dato temporale il procedimento disciplinare risulta tempestivamente iniziato ( nota del 26 febbraio 2015 di contestazione degli addebiti).

Nei sensi appena illustrati si è più volte espressa questa Sezione ( cfr sentenza n. 5367 del 26/1/2015;
idem 31/3/2015 n. 1689) e il Collegio non ha motivo di discostarsi da siffatto orientamento.

La ratio che anima un approdo interpretativo di tipo formalistico di fissazione del dies a quo in questione è riconducibile all’esigenza , posta peraltro anche nell’interesse dell’incolpato , di consentire all’Amministrazione di acquisire e valutare compiutamente gli elementi di interesse ai fini della sussistenza o meno dei presupposti per l’avvio del procedimento disciplinare.

In quest’ottica è evidente che una compiuta disamina della configurabilità delle condiciones iuris per l’inizio dell’azione disciplinare non può non farsi risalire al momento in cui la P.A. ha avuto a disposizione il testo integrale della sentenza penale , come ufficialmente acquisita al protocollo dell’Ufficio competente.

Sulla scorta di tali considerazioni va esclusa quindi, contrariamente a quanto ( erroneamente ) ritenuto dal primo giudice il vizio di tardività del procedimento disciplinare che invece è stata attivato nel rispetto del termine dei 90 giorni di cui al 1° comma dell’articolo 1392 del codice dell’ordinamento militare , imponendosi perciò la riforma dell’impugnata sentenza.

Il Collegio ritiene altresì di doversi fare carico dei motivi dell’originario ricorso di primo grado (dichiarati assorbiti dal TAR ) come riproposti dalla parte resistente ai sensi dell’art. 101 , 2°comma c.p.a.

Col primo mezzo viene denunciata la violazione del termine perentorio di avvio del procedimento di cui alla circolare del Comando generale della GdF n.1/2006.

La doglianza è priva di pregio.


Il quadro normativo di riferimento è infatti quello recato dal codice dell’ordinamento militare di cui al dlgs n. 66/2010 e precisamente la norma in rilievo non può non essere l’art. 1392 di detto codice che ha innovato la materia e che disciplina proprio la fattispecie dell’attivazione del procedimento disciplinare di stato a seguito di sentenza che conclude il giudizio penale, esattamente come avvenuto nel caso del maresciallo Chiello .

Detto termine dei 90 giorni, come sopra illustrato, risulta essere stato rispettato.

Col secondo motivo la difesa del Chiello lamenta, in sostanza, la mancanza da parte dell’Amministrazione procedente di un’autonoma valutazione degli elementi fattuali emersi in sede penale, limitandosi a recepire acriticamente le conclusioni del giudice penale.

Neppure tali censure colgono nel segno.

Invero nella vicenda del maresciallo Chiello l’Amministrazione ha posto adeguatamente in essere i poteri e i doveri ad essa spettanti in sede di procedimento disciplinare e cioè la cognizione del fatto, la qualificazione ai fini disciplinari dello stesso, e la determinazione della sanzione.

In particolare nella specie è stata ben posta in evidenza la rilevanza disciplinare degli accadimenti già posti a base del giudizio penale dando piena contezza della condotta tenuta dal predetto sottufficiale , senza che si possa ravvisare a carico degli atti impugnati un quale che sia deficit motivazionale e/o istruttorio.

Infine , col terzo ed ultimo motivo parte resistente lamenta la violazione del principio di proporzionalità, evidenziandosi, ad avviso della difesa del Chiello una sorta di discrasia tra i fatti ritenuti non gravi addebitati al medesimo e la misura sanzionatoria adottata.

Il dedotto vizio di legittimità non sussiste.

Rileva la Sezione che la valutazione dei fatti e della loro gravità ( unitamente alla misura della relativa sanzione ) rientra nell’alveo dell’apprezzamento di merito che è sindacabile unicamente nell’ipotesi di macroscopica illogicità ( Cons Stato Sez. IV 15/5/2015 n. 2418),circostanza qui non ravvisabile posto che l’Amministrazione ha effettuato congrue considerazioni in ordine al disvalore della condotta fattuale posta in essere dal militare.

Conclusivamente l’appello dell’Amministrazione va accolto, mentre vanno disattesi i motivi tutti del ricorso di prime cure.

Quanto alle spese del doppio grado del giudizio, tenuto conto della peculiarità della vicenda, delle stesse si può disporre la compensazione.

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