Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-04-02, n. 202403016

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-04-02, n. 202403016
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403016
Data del deposito : 2 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/04/2024

N. 03016/2024REG.PROV.COLL.

N. 05275/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5275 del 2021, proposto da
A S, rappresentato e difeso dall'avvocato R L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Ruoti, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata (Sezione Prima) n. 820 del 2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il Cons. Elena Quadri;

Nessuno compare per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il sig. A S, consigliere comunale di minoranza nel comune di Ruoti, ha impugnato la deliberazione del consiglio comunale n. 41 del 6 agosto 2019 avente ad oggetto: “ Causa di Incompatibilità contestata al consigliere Gentilesca F – Esame delle osservazioni ex art. 69 D.L.Gs n. 267/2000 ”, assumendo che la stessa sia stata adottata in evidente violazione di legge, del regolamento di organizzazione e di funzionamento del consiglio comunale, dello Statuto comunale, e perché affetta da eccesso di potere, in violazione dei fondamentali principi che informano l'azione amministrativa.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata ha dichiarato inammissibile il ricorso con sentenza n. 820 del 2020, appellata dal sig. Salinardi per i seguenti motivi di diritto:

I ) error in procedendo e in iudicando : illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata per violazione di legge;
violazione degli artt. 24, 40 e 44 c.p.a., artt. 24, 111, 113 della Costituzione e art. 83 c.p.c.;

II ) error in procedendo e in iudicando : illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata per violazione di legge;
violazione degli artt. 24, 40 e 44 c.p.a., artt. 24, 111, 113 della Costituzione e art. 83 c.p.c;

III ) error in procedendo e in iudicando : illegittimità, erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata per aver disatteso l'ordinanza cautelare del Consiglio di Stato;

IV ) motivi del ricorso di primo grado riproposti: violazione di legge sotto il profilo della mancata e/o falsa applicazione degli artt. 53 e 55 del d.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000;
dell’art. 26 del regolamento di organizzazione e di funzionamento del consiglio comunale approvato con d.C.C. n. 39 del 27 settembre 2018;
dell’art. 15 dello statuto comunale del 28 settembre 2005, approvato in conformità alla l. n. 265 del 1999, come modificato con delibera di C.C. n. 42 del 16 giugno 2012;
dell’art. 69 del d.lgs n. 267 del 2000;
eccesso di potere per irragionevolezza, ingiustizia manifesta, violazione del principio di trasparenza amministrativa;
violazione dei principi di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa.

All’udienza pubblica del 21 marzo 2024 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal sig. A S, consigliere comunale di minoranza nel comune di Ruoti, per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata n. 820 del 2020 che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’appellante e da altri consiglieri comunali di minoranza ritendo di accogliere l'eccezione sollevata dall'Amministrazione resistente in merito alla nullità della procura alle liti.

Con il ricorso era stata impugnata la deliberazione del consiglio comunale n. 41 del 6 agosto 2019, avente ad oggetto: “ Causa di Incompatibilità contestata al consigliere Gentilesca F – Esame delle osservazioni ex art. 69 D.L.Gs n. 267/2000 ”, assumendo i ricorrenti che la stessa fosse stata adottata in evidente violazione di legge, del regolamento di organizzazione e di funzionamento del consiglio comunale, dello Statuto comunale, e affetta da eccesso di potere, in violazione dei fondamentali principi che informano l'azione amministrativa, atteso che con la delibera era stata decisa l’insussistenza della causa di incompatibilità contestata al consigliere comunale di maggioranza Gentilesca F.

Nel merito, l’appellante aveva contestato in primo grado, essenzialmente, l’omesso deposito del parere pro veritate a firma dell’avv. M L entro il termine prescritto, mai protocollato presso l’Ente e/o notificato ai consiglieri comunali, che reca la data del 6 agosto 2019, poi allegato alla delibera impugnata, che si sarebbe tradotto in un vulnus al corretto esercizio delle funzioni istituzionali di consigliere comunale per i ricorrenti tutti e, in particolare, per il consigliere Carlucci Rocco, che non ha preso parte alla votazione conclusiva.

In ogni caso, l’Amministrazione comunale, in violazione di legge, avrebbe consegnato il parere soltanto a cinque consiglieri di maggioranza, escludendo i restanti sette. Non avrebbe potuto, dunque, invocare il principio di raggiungimento dello scopo di cui al comma 2 dell’articolo 21 -octies della legge n. 241 del 1990, anche in considerazione dell’assenza del consigliere di minoranza Carlucci Rocco.

Con le prime due censure è stata dedotta l’erroneità della statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado da parte della sentenza appellata.

Per l’appellante, alla luce dell’art. 83 c.p.c., che disciplina le modalità di conferimento della procura - applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all'art. 39 c.p.a. - e dell’art. 8, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico, risulterebbe evidente l'illegittimità e l'erroneità della sentenza impugnata per aver considerato invalida la procura, non essendo stato verificato mediante semplice visione dell'atto depositato che la stessa era materialmente congiunta al ricorso e non invece “ su foglio separato e non congiunto ”.

Inoltre, nel caso di specie, la procura non recherebbe alcun elemento di incompatibilità con il ricorso, essendo la medesima sottoscritta da tutti e quattro i ricorrenti e materialmente congiunta al ricorso medesimo.

Con la terza censura l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza appellata per aver disatteso l'ordinanza cautelare n. 2423/2020 con cui questa sezione aveva accolto l'appello cautelare confermando il precedente decreto presidenziale n. 1477/2020 con la seguente motivazione: “ Considerato che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, appare prevalente quello al rigoroso rispetto delle modalità procedurali per l'approvazione della delibera in contestazione, suscettibile di tempestivo e non pregiudizievole rinnovo da parte della intimata Amministrazione comunale ”. L'Amministrazione comunale resistente non avrebbe ottemperato al suddetto provvedimento, continuando il consigliere Gentilesca ad esercitare le proprie funzioni e a prendere parte attiva alle sedute consiliari, nonché a partecipare alle votazioni per l'adozione degli atti, e il Tar Basilicata, pur avendo avuto comunicazione dell’ordinanza - la quale in accoglimento dell'appello cautelare sospendeva il provvedimento impugnato - non avrebbe preso alcuna posizione sulla doglianza specifica, perpetuando nell’omissione già emersa in sede cautelare.

Ed infatti, per l’appellante, con la motivazione di cui all'ordinanza cautelare questa sezione, seppur implicitamente, era entrata nel merito della questione, indicando all'Amministrazione comunale ciò che avrebbe dovuto fare;
tuttavia, la suddetta motivazione sarebbe stata solo accennata nell’elencazione dei motivi di cui alle premesse di fatto della sentenza impugnata, non avendone il Tar tenuto minimamente conto ai fini della decisione nel merito, rimanendo ancorato alla motivazione già fornita con la propria ordinanza cautelare, completamente riformata in sede di appello cautelare, ove, disattesa l'eccezione sulla nullità del mandato conferito al procuratore di primo grado, il provvedimento impugnato sarebbe stato sospeso. Per contro, con la sentenza gravata il Tar avrebbe inspiegabilmente e completamente omesso di dare seguito al dictum del giudice di appello.

L’appellante ha, dunque, riproposto le doglianze dedotte in primo grado.

L’appello è fondato e va accolto.

La sentenza appellata ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado sulla base delle seguenti statuizioni: “ La procura alle liti rilasciata dai ricorrenti su foglio separato non indica né l’atto da impugnare, né le parti del giudizio, né l’Autorità giudiziaria dinanzi alla quale proporre l’impugnazione. Essa è dunque del tutto generica. Ne consegue la piana divergenza con quanto previsto dall’art. 40, comma 1, lett. g), cod. proc. amm., con conseguente inammissibilità del ricorso (ex multis. T.A.R. Basilicata, 4 agosto 2020, n. 530) 6.1. Peraltro, se è vero che l’art. 8, comma 3, del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40, applicabile ratione temporis, stabilisce che “La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce: […] b) quando è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalità telematiche unitamente all’atto a cui si riferisce”, è altrettanto vero che il rispetto di tale formalità determina soltanto che l’autografia della sottoscrizione della parte sia certificata dal difensore, senza tuttavia far venire meno l’esigenza che – allorquando redatta su foglio separato e non congiunto materialmente al ricorso in versione cartacea - la procura rechi in sé elementi esaustivi circa il proprio oggetto, onde poter risalire alla effettiva volontà del sottoscrittore di investire quel difensore dello jus postulandi nella specifica controversia interessata ”.

Il Collegio non condivide le suddette statuizioni.

Ed invero, nel caso di specie il ricorso in primo grado è stato notificato con modalità tradizionale, ossia in forma cartacea a mezzo UNEP, e la procura, pur redatta su foglio separato, era materialmente congiunta al ricorso e recava, altresì, i timbri di congiunzione apposti dall'UNEP. Sia il ricorso che la procura sono stati, poi, depositati telematicamente con asseverazione da parte del procuratore in primo grado.

Ai sensi dell’art. 8, comma 2, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, la procura alle liti si considera apposta in calce, e perciò dotata dei requisiti della specialità, quando è depositata con modalità telematiche, unitamente all’atto cui si riferisce;
tuttavia, se la procura è priva in concreto degli elementi di specialità di cui all’art. 40 c.p.a. che consentano l’immediata riconducibilità all’oggetto del ricorso - come nel caso di specie, in quanto non riportava gli estremi della controversia per la quale è stato conferito il potere difensivo - la presunzione di riferibilità viene meno nel caso in cui sussista nella procura un elemento incompatibile con il ricorso;
tale ipotesi si verifica quando la data della procura sia antecedente a quella della sottoscrizione del ricorso. Tuttavia, nel caso di specie la procura, sottoscritta da tutti e quattro i ricorrenti che poi hanno proposto anche l'appello cautelare, peraltro accolto, non reca alcun elemento di incompatibilità con il ricorso.

Inoltre, le modalità di conferimento della procura sono disciplinate dall’art. 83 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù del rinvio esterno di cui all'art. 39 c.p.a., che prevede che la procura speciale possa essere apposta a margine o in calce al ricorso, con certificazione dell’autografia della sottoscrizione da parte del difensore, e che la procura “ si considera apposta in calce anche se rilasciata su foglio separato che sia però congiunto materialmente all'atto cui si riferisce o su documento informatico separato sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia ”;
se “ la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica ”.

Inoltre, l’art. 8, d.P.C.M. 16 febbraio 2016, recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico, stabilisce che: “ 1. La procura alle liti è autenticata dal difensore, nei casi in cui è il medesimo a provvedervi, mediante apposizione della firma digitale.

2. Nei casi in cui la procura è conferita su supporto cartaceo, il difensore procede al deposito telematico della copia per immagine su supporto informatico, compiendo l'asseverazione prevista dall'art. 22, comma 2, del CAD con l'inserimento della relativa dichiarazione nel medesimo o in un distinto documento sottoscritto con firma digitale.

3. La procura alle liti si considera apposta in calce all'atto cui si riferisce: a) quando è rilasciata su documento informatico separato depositato con modalità telematiche unitamente all'atto a cui si riferisce;
b) quando è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine, depositato con modalità telematiche unitamente all'atto a cui si riferisce
”.

Alla luce della normativa richiamata risulta evidente la non condivisibilità della sentenza impugnata nell’aver considerato invalida la procura, non essendo stato verificato che la stessa era materialmente congiunta al ricorso e non invece “su foglio separato e non congiunto”.

Inoltre, nel caso di specie la procura non reca alcun elemento di incompatibilità con il ricorso, essendo la medesima sottoscritta da tutti e quattro i ricorrenti che hanno proposto anche l'appello cautelare, poi accolto, e materialmente congiunta al ricorso medesimo.

Sono fondati, altresì, i motivi del ricorso di primo grado in questa sede riproposti, come era stato, peraltro, posto in evidenza già in sede cautelare con l’ordinanza n. 2423/2020, con cui questa sezione aveva accolto l'appello cautelare confermando il precedente decreto presidenziale n. 1477/2020 con la seguente motivazione: “ Considerato che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, appare prevalente quello al rigoroso rispetto delle modalità procedurali per l'approvazione della delibera in contestazione, suscettibile di tempestivo e non pregiudizievole rinnovo da parte della intimata Amministrazione comunale ”.

Ed invero, l’appellante aveva contestato in primo grado, essenzialmente, l’omesso deposito del parere pro veritate a firma dell’avv. M L entro il termine prescritto, mai protocollato presso l’Ente e/o notificato ai consiglieri comunali, che reca la data del 6 agosto 2019, poi allegato alla delibera impugnata, che si è tradotto in un vulnus al corretto esercizio delle funzioni istituzionali di consigliere comunale per i ricorrenti tutti e, in particolare, per il consigliere Carlucci Rocco, che non ha preso parte alla votazione conclusiva.

Inoltre, l’Amministrazione comunale, in violazione di legge, ha consegnato il parere soltanto a cinque consiglieri di maggioranza, escludendo i restanti sette, non potendo, dunque, invocare il principio di raggiungimento dello scopo di cui al comma 2 dell’articolo 21 -octies della legge n. 241 del 1990, anche in considerazione dell’assenza del consigliere di minoranza Carlucci Rocco, che se avesse saputo dell’esistenza di un parere sul quale interloquire in ambito consiliare avrebbe probabilmente valutato differentemente i motivi della sua partecipazione alla seduta.

Il dedotto vizio implica una sostanziale modifica del contenuto del provvedimento stesso, cioè della deliberazione n. 41 impugnata in primo grado.

Inoltre, l’art. 15 dello Statuto comunale di Ruoti, nonché l’art. 26 del Regolamento del consiglio comunale di Ruoti, prevedono, al fine di garantire ai consiglieri l’accesso e la conoscenza sulla materia oggetto di deliberato, che l’atto debba essere notificato ai membri consiliari almeno 48 ore prima della seduta.

L’art. 69 del TUEL prevede che l'amministratore locale a cui è contestata la causa di incompatibilità ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità;
comma 4 del medesimo articolo indica come perentorio il termine di 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, entro cui il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare. Infine, il comma 5 prevede che, qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni, il consiglio lo dichiara decaduto.

Nel caso di specie il parere è pervenuto oltre il termine di 10 gg previsto per legge, poiché la delibera n. 31 è stata pubblicata in data 19 luglio 2019, il Gentilesca ha formulato la prima osservazione in data 23 luglio ed il parere pro veritate , letto dal presidente del consiglio, recante la data del 6 agosto 2019, non poteva né doveva essere discusso perché pervenuto oltre il termine previsto dalla legge.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado.

Sussistono, tuttavia, in considerazione delle peculiarità della presente controversia, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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