Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-14, n. 202302683

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-14, n. 202302683
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302683
Data del deposito : 14 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/03/2023

N. 02683/2023REG.PROV.COLL.

N. 08903/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8903 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-rappresentato e difeso dall’avvocato M U, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia,

contro

il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sezione Prima, -OMISSIS- resa tra le parti, avente ad oggetto diniego di transito nei ruoli civili dell’Amministrazione di appartenente alla polizia penitenziaria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’economia e delle finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Antonella Manzione e udito per l’appellante l’avvocato Stefano Gorini, in sostituzione dell’avvocato M U;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello segnato in epigrafe il signor -OMISSIS-già agente scelto della polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di -OMISSIS- collocato in quiescenza con provvedimento di dispensa del 3 maggio 2016, ha impugnato la sentenza del T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia n. -OMISSIS-che ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso il provvedimento di rigetto (del 6 novembre 2019) dell’istanza di transito nei ruoli civili del Ministero della Giustizia.

1.1. In fatto, il ricorrente esponeva di essere stato dichiarato permanentemente inidoneo al servizio dalla Commissione medica ospedaliera di -OMISSIS- con verbale del 3 febbraio 2015, e di avere rinunciato (con atto datato 16 febbraio 2016) al richiesto transito (in data 11 febbraio 2015) nei ruoli civili ai sensi dell’art. 75 del d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, a suo dire in quanto costretto dalla contingenza economica, familiare e psicologica nella quale si era venuto a trovare, tale da non rendere ulteriormente tollerabile la mancanza di emolumenti, essendo stato il provvedimento di collocamento in aspettativa, doveroso nelle more della definizione dell’istanza - n. 225 del 26 giugno 2015- disposto con « trattamento economico ridotto del 100 % » ai sensi dell’art. 76, comma 12, del medesimo decreto, giusta l’avvenuto superamento del periodo massimo di assenza dal lavoro per motivi di salute previsto dal d.P.R. n. 3 del 1957. Riferiva altresì di aver presentato successivamente un’istanza di riammissione in servizio, rigettata in data 15 maggio 2018;
indi di avere avanzato nuovamente richiesta di transito nei ruoli civili, una prima volta in data 8 marzo 2019, e la successiva, dalla quale è scaturito il provvedimento negativo in controversia, in data 23 ottobre 2019.

2. Il Tribunale adito ha fondato la propria decisione su due distinte argomentazioni, convergenti nel senso della inammissibilità del gravame, ovvero la natura meramente confermativa del precedente diniego, datato 24 aprile 2019 e costituente allegato parte integrante di quello impugnato e la mancata impugnazione del diniego di riammissione in servizio formalizzato in data 15 maggio 2018, costituente il presupposto della stessa valutabilità dell’istanza di transito nei ruoli civili.

3. Avverso la sentenza il signor -OMISSIS- avanza due distinte censure, seppure all’interno del medesimo motivo di gravame (§§ sub a) e b), il cui sviluppo espositivo risulta peraltro invertito, dato che al primo corrisponde un capo rubricato II e al secondo quello rubricato I), e segnatamente:

a-II) error in iudicando per omessa o non corretta valutazione dei motivi di fatto e di diritto che legittimavano il ricorrente a presentare ricorso avverso il diniego opposto alla sua istanza di riammissione in servizio. Il primo giudice avrebbe pretermesso che ridetto diniego è stato in realtà impugnato con il ricorso di cui è causa, quale atto presupposto del diniego di transito nei ruoli civili, appunto. Avrebbe altresì ignorato la portata effettiva della nuova richiesta di transito nei ruoli civili, di sostanziale “riapertura” del procedimento originario risalente al 2015, giusta il vizio che inficerebbe la rinuncia, “coartata” dalla situazione economica, lavorativa e psicologica nella quale si trovava, sì da dover essere considerata addirittura nulla ex artt. 1425 c.c. (« Incapacità delle parti ») e 1434 (« Violenza ») e ss. c.c.;

b-I) error in iudicando per violazione della l. n. 241 del 1990, degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione e 2932, 2043 e 2058 c.c., nonché per eccesso di potere sotto vari profili. Il provvedimento impugnato non avrebbe affatto natura meramente confermativa del precedente, stante che la seconda istanza di transito era supportata da elementi del tutto nuovi che l’Amministrazione avrebbe dovuto scrutinare, quali l’eccezione di nullità dell’atto di rinuncia a suo tempo presentata sotto il ricordato profilo della coazione psico-fisica, circostanziatamente descritta, che ne avrebbe condizionato le scelte.

4. Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Giustizia, il Ministero dell’Interno e il Ministero dell’economia e delle finanze per resistere all’appello mediante sostanziale richiamo agli atti già presenti nel fascicolo di primo grado.

4.1. Con memoria del 5 gennaio 2023 l’appellante ha eccepito l’inammissibilità delle produzioni documentali di controparte, ed in particolare della relazione datata 4 marzo 2021 del Direttore del personale e delle risorse del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, già “stralciata” dal T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia per mancato rispetto dei termini di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a.

5. All’ udienza del 14 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. In via preliminare il Collegio ritiene di respingere le eccezioni di inammissibilità delle produzioni documentali della difesa erariale.

Va rimarcato che l’Amministrazione appellata è libera di riprodurre le considerazioni che non hanno trovato ingresso nel giudizio di primo grado. La documentazione contestata è ininfluente rispetto all’esito del giudizio, integrando una mera ricostruzione di taluni passaggi interni alla vicenda.

7. Nel merito, l’appello è infondato.

8. Il Collegio ritiene utile ai fini dello sviluppo ricostruttivo della vicenda mantenere nello scrutinio del gravame l’ordine numerico dei relativi motivi, anziché quello -inverso- alfabetico.

8.1. Con il motivo sub I l’appellante censura la qualificazione da parte del primo giudice dell’atto amministrativo oggetto di giudizio come meramente confermativo di altro precedente.

9. Va a tale riguardo ricordato che l’esatta qualificazione di un provvedimento, cui il giudice amministrativo può procedere senza essere vincolato né dall’intitolazione, né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa, va basata esclusivamente sull’effettivo contenuto e sulla causa reale dello stesso (v. ex plurimis Cons. Stato, sez. III, 8 marzo 2023, n. 2454). Il che è quanto accaduto nel caso di specie.

10. La giurisprudenza ha ormai da tempo chiarito che gli atti “meramente confermativi”, cui il T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia ha ricondotto il provvedimento impugnato, si diversificano da quelli “di conferma” per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione che li adotta, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con la precedente determinazione. La mancanza di detta riapertura e di una conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, che tipicamente connota i c.d. “provvedimenti di secondo grado”, li rende insuscettibili di impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo (v. Cons. Stato, sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7230; id ., 8 giugno 2018, n. 3493;
sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5341; id ., 27 gennaio 2017, n. 357;
12 ottobre 2016, n. 4214;
29 febbraio 2016, n. 812;
sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6606; id. 8 novembre 2019, n. 7655;
17 gennaio 2019, n. 432;
10 aprile 2018, n. 2172;
27 novembre 2017, n. 5547;
sez. VI, 10 settembre 2018, n. 5301). In pratica, l’atto meramente confermativo ricorre quando l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (v. ancora Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2018, n. 3867), al solo scopo di « illustrare all’interessato che la questione è stata già delibata con precedente espressione provvedimentale, di cui si opera un integrale richiam o» (v. ancora Cons. Stato, sez. III, n. 2454/2023, cit. supra ). Tale condizione, che si concretizza in un sostanziale diniego di esercizio del riesame dell’affare, espressione di lata discrezionalità amministrativa, lo rende privo di spessore provvedimentale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 giugno 2021, n. 4237; id ., 29 marzo 2021, n. 2622).

10.1. Di contro, l’atto di conferma in senso proprio è quello adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, e pertanto connotato anche da una nuova motivazione (Cons. Stato, sez. II, 24 giugno 2020, n. 4054). In particolare, non può considerarsi “meramente confermativo” di un precedente provvedimento l’atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente, giacché solo l’esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fase considerata, può condurre a un atto “propriamente confermativo”, in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, sez. V, 7 maggio 2021, n. 3579).

11. Il provvedimento trasmesso all’appellante il 6 novembre 2019 rientra inconfutabilmente nel paradigma dell’atto meramente confermativo cui il primo giudice ha ritenuto di ascriverlo. In esso infatti il Direttore del personale e delle risorse del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia si è limitato a ricordare come « il signor -OMISSIS-in data 8 marzo 2019 ha già formulato la medesima richiesta », a fronte della quale « questo Ufficio non può che confermare il contenuto della nota n. 0133031.U del 24 aprile 2019 », ad ogni buon fine allegata in copia.

11.1. Né può valere a cambiare la natura dell’atto l’introduzione, nella sostanziale richiesta di riesame del precedente diniego, di ulteriori elementi di giudizio, laddove gli stessi non si concretizzano in sopravvenienze in diritto e in fatto, ma nella mera esplicitazione delle (comprensibili, ma non per questo giuridicamente rilevanti) motivazioni soggettive delle proprie scelte pregresse. Rileva cioè il Collegio che per quanto abbia pesato nell’opzione tra l’attesa della definizione del procedimento di transito (peraltro neppure in qualche modo compulsata, per quanto consta in atti) in una situazione di vacanza stipendiale e l’accesso da subito al trattamento pensionistico l’esigenza di liquidità per sopravvenuto mutamento del contesto familiare, ciò non può in alcun modo ripercuotersi sulla validità della rinuncia effettuata, ripristinando addirittura lo staus quo ante alla sua presentazione.

12. E’ pertanto da condividere l’affermazione del primo giudice in forza della quale ridetta seconda istanza di transito non ha carattere di novità, « non essendo intervenute nel frattempo circostanze di fatto o di diritto, nuove, tali da giustificare un diverso esito dell’istanza stessa ». Diversamente opinando, qualsivoglia esplicitazione di elementi preesistenti non afferenti al piano documentale finirebbero per risolversi in una indebita rimessione in termini per impugnare l’atto presupposto (e lesivo) con riferimento ai quali essi sono ormai irrimediabilmente spirati.

13. Né d’altro canto merita considerazione la seconda censura (rubricata sub a) ed esplicitata sub II), laddove si sostiene che il diniego di riammissione in servizio quale atto presupposto di quello di transito nei ruoli civili, è stato espressamente impugnato unitamente a quest’ultimo. Nel caso di specie, infatti, la negata “riattivazione” del rapporto di servizio dopo la sua volontaria interruzione, in quanto alla base di qualsivoglia rivendicazione che ne presuppone invece la continuità, già aveva per ciò solo autonoma portata lesiva, che come tale ne imponeva l’impugnazione nei termini di legge. Ciò a tacere del fatto che avverso lo stesso, motivato con l’insussistenza dei presupposti previsti dall’art. 42 del più volte richiamato d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, non è stata mossa alcuna specifica censura, sicché l’intera costruzione del ricorrente si baserebbe solo sulla sua automatica caducazione giusta la rivendicata reviviscenza dell’istanza di transito nei ruoli civili dell’11 febbraio 2015, una volta appurata la nullità della rinuncia alla stessa. Quanto detto senza preoccuparsi minimamente né delle conseguenze economiche dell’opzione proposta, che “riportando” l’appellante nello status quo ante alla rinuncia, renderebbe indebite tutte le erogazioni pensionistiche percepite, né, men che meno, dell’ulteriore profilo di inammissibilità costituito dall’omessa impugnativa (anche) del decreto ministeriale del 3 maggio 2016, che ha disposto la dispensa dal servizio « per infermità e per compimento del periodo massimo di aspettativa a decorrere dal 16 gennaio 2015 », previa archiviazione, peraltro, del relativo procedimento.

14.

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