Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-01-17, n. 201400198

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-01-17, n. 201400198
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400198
Data del deposito : 17 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04514/2011 REG.RIC.

N. 00198/2014REG.PROV.COLL.

N. 04514/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4514 del 2011, proposto da A Service s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti L F e A C, e con domicilio eletto presso L F in Roma, via Cosseria n. 5;

contro

- il Comune di San Vittore Olona, rappresentato e difeso dagli avv.ti M C e G Ctaldi, e con domicilio eletto presso G Ctaldi in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, n. 63;
- Agriverde di Ivan Chiapparini, non costituita;

nei confronti di

G &
C. srl, Ricam srl, F.Lli Romano', Due M di Mutti Matteo, Meneghin Massimo e Lorenzo Snc, Idraulico di Roberto Cozzi, Angolo Verde Sas di Auguardo R &
C;
non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE I - n. 00545/2011, resa tra le parti, con richiesta di risarcimento dei danni.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Vittore Olona;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 18 dicembre 2012 il Cons. G L;

Uditi per le parti gli avvocati L. Franzin e G. Contaldi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1 - Con deliberazione del Consiglio comunale n. 40 del 20 dicembre 2007 il Comune di San Vittore Olona ha deciso di acquisire da A Legnano s.p.a. una partecipazione azionaria per € 18.000,00 in A Service s.r.l., e con deliberazione n. 43 del 1° aprile 2008 la Giunta comunale, preso atto della partecipazione azionaria comunale alla società A Service s.r.l., definita società in house , ha espresso l’intendimento di affidare alla predetta società, in global service , i servizi di gestione della manutenzione degli immobili comunali, della conduzione e manutenzione degli impianti termici dei suddetti immobili, della manutenzione del verde pubblico e dell’arredo urbano, della manutenzione delle strade, marciapiedi e aree di pertinenza comunale, della manutenzione della segnaletica stradale e installazione di segnaletica temporanea, del servizio di sgombero della neve e spargimento di prodotti antighiaccio sulle strade, del servizio di reperibilità a tutela della sicurezza e della incolumità pubblica.

Nella stessa delibera si dava atto che la regolamentazione dei suddetti servizi sarebbe stata rinviata a successivo atto con cui approvare i contratti di servizio e relativi capitolati tecnici e dare regolare mandato al Responsabile dell’Area tecnica.

Quest’ultimo, previa determinazione n. 587 del 9 dicembre 2008, sottoscriveva il contratto in data 16 dicembre 2008 con affidamento per cinque anni e con impegno della spesa complessiva di € 414.930,00.

1.2 - In occasione della contestazione di una fattura emessa da A Service s.r.l. il Responsabile dell’Area lavori pubblici e il Sindaco hanno adottato la nota prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009, con cui, in sintesi, hanno affermato la non vincolatività del citato contratto in data 16 dicembre 2008 in quanto sottoscritto dall’arch. S, all’epoca Responsabile dell’Area tecnica, senza il preventivo impegno pluriennale di spesa da parte dell’organo competente;
ed hanno comunicato alla società affidataria che, di conseguenza, tutte le pretese economiche dovevano essere azionate direttamente nei confronti dell’indicato funzionario;
hanno altresì intimato l’immediata sospensione dei servizi e la riconsegna, entro 30 giorni, di tutta la documentazione.

La citata nota prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009 è stata impugnata dall’attuale appellante A Service s.r.l. al Tar per la Lombardia con ricorso n. 407 del 2010.

Nel relativo giudizio è stata resa la ordinanza cautelare n. 252 del 18 marzo 2010, che - ravvisando fumus boni iuris nel quarto motivo di ricorso, con cui l’atto impugnato era stato censurato per il vizio di incompetenza - ha sospeso l’efficacia della suddetta nota prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009.

1.3 – Dall’esame della documentazione richiesta ad A Service s.r.l. l’Amministrazione ha rilevato diverse irregolarità contabili e gestionali, tra cui numerosi affidamenti in subappalto non autorizzati, ed ha pertanto avviato, in contraddittorio con A, una istruttoria per le necessarie verifiche, all’esito della quale – e successivamente alla citata ordinanza di sospensione n. 252 del 18 marzo 2010 nel frattempo emessa dal Tar - sono state adottate la delibera di Giunta n. 46 del 23 marzo 2010 che ha proposto al Consiglio comunale di “valutare la perdurante opportunità-convenienza e legittimità dell’affido diretto dei servizi pubblici ad A” e la delibera consiliare n. 13 del 9 aprile 2010 che ha statuito in senso conforme, procedendo, per sopperire ai servizi di gestione di cui sopra, con appalti di servizi.

Ha fatto seguito la nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 con cui il Responsabile dell’Area lavori pubblici, richiamando le precedenti deliberazioni consiliari e di Giunta, ha rinnovato il “recesso contrattuale”, dando atto che l’interruzione dei diversi servizi era intervenuta già alla fine del 2009.

La delibera di Giunta n. 46 del 23 marzo 2010, e la delibera consiliare n. 13 del 9 aprile 2010, la nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 sono stati impugnati da A Service s.r.l. con dei primi motivi aggiunti al citato ricorso n. 407 del 2010, depositati presso il Tar in data 10 maggio 2010.

1.4 – Con successivi motivi aggiunti, depositati presso il Tar in data 30 settembre 2010, A Service s.r.l. ha impugnato i singoli affidamenti di durata annuale assentiti con cottimo fiduciario dal Comune per la continuità di ciascuno dei citati servizi di gestione.

2.1 – L’appellata sentenza n. 545/2011 si è pronunciata sul gravame A Service s.r.l. dichiarandolo in parte inammissibile e improcedibile, e respingendolo nella restante parte;
e condannando la ricorrente alla rifusione, in favore del Comune di San Vittore Olona, di spese e competenze del giudizio.

2.2 - Il presente appello reca otto mezzi di gravame, qui di seguito sintetizzati.

1) Errroneamente il Tar ha ritenuto che il ricorso introduttivo andava dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

2) Erroneamente il Tar ha declinato la propria giurisdizione sulla censura del ricorso di primo grado la quale ha escluso le irregolarità gestionali A: le censure svolte in primo grado in relazione ai suddetti aspetti “gestionali” sono state svolte in quanto questi aspetti sono stati considerati nell’ambito degli atti amministrativi di revoca/annullamento dell’affidamento del servizio. Conseguentemente le censure ritenute inammissibili in primo grado per difetto di giurisdizione vengono ora riproposte in sede di appello.

3) Essendo stata emanata la pregressa deliberazione della Giunta comunale n. 43 del 1° aprile 2008 erroneamente l’appellata sentenza ha rilevato l’assenza di un previo impegno di spesa;
anche perché vi era anche stato l’impegno di spesa di cui alla determinazione del Responsabile dell’Area tecnica n. 587 del 9 dicembre 2008;
e la giurisprudenza amministrativa (Tar Bari, 23 gennaio 1995, n. 27) ha ritenuto in analoga fattispecie che l'Amministrazione non può addurre a fondamento del provvedimento di revoca l'eventuale omissione dell'impegno di spesa, in quanto detta mancanza evidenzia, semmai, l'illegittimità dell'operato dell'Amministrazione ma non è idonea a radicare la legittimità della revoca.

4) Il Comune ha di fatto revocato/annullato il contratto in favore dell'attuale appellante senza che ne ricorressero i presupposti a tal fine previsti dalla vigente normativa e in violazione degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e violando quelle disposizioni e i relativi principi sotto vari profili;
ed erroneamente il Tar ha ritenuto trattarsi di annullamento anziché di revoca.

5) Erroneamente il Tar ha ravvisato la inammissibilità delle censure (formulate nei primi motivi aggiunti al ricorso in primo grado) avverso il provvedimento del Responsabile dell’Area lavori pubblici del 16 aprile 2010, ritenendo che si trattasse di semplice comunicazione del rinnovo di recesso contrattuale avente contenuto soltanto riepilogativo dei precedenti atti;
e altresì erroneamente ritenendo che la relativa censura fosse inammissibile per difetto di giurisdizione qualora quell'atto fosse inteso come vero e proprio recesso dal contratto.

6) Erroneamente l'appellata sentenza ha ritenuto l'inammissibilità per carenza di interesse delle censure in primo grado, contenute nei secondi motivi aggiunti, contro i vari atti di affidamento mediante cottimo fiduciario disposti in conseguenza del venir meno del rapporto con A.

7) L'istanza risarcitoria non è stata valutata correttamente dal Tar;
pertanto in questa sede essa viene integralmente riproposta.

8) Si chiede la riforma della sentenza appellata quanto alla condanna alle spese.

2.3 - Il Comune si è costituito.

Entrambe le parti hanno depositato memorie e documenti.

La causa è passata in decisione alla udienza pubbica del 18 dicembre 2012.

DIRITTO

La controversia trae origine dall’atto con cui il Comune di San Vittore Olona, preso atto della propria partecipazione azionaria (stabilita con deliberazione del Consiglio comunale n. 40 del 20 dicembre 2007) alla società A Service s.r.l. (in prosieguo A), definita società in house , ha espresso l’intendimento di affidarle, in global service , i servizi di gestione della manutenzione degli immobili comunali, della conduzione e manutenzione degli impianti termici dei suddetti immobili, della manutenzione del verde pubblico e dell’arredo urbano, della manutenzione di strade, marciapiedi e aree di pertinenza comunale, della manutenzione della segnaletica stradale e della installazione di segnaletica temporanea, del servizio di sgombero della neve e spargimento di prodotti antighiaccio sulle strade, del servizio di reperibilità a tutela della sicurezza e della incolumità pubblica.

La relativa delibera (delibera di Giunta n. 43 del 1° aprile 2008) dava atto che la regolamentazione di quei servizi sarebbe stata rinviata a successivo atto con cui approvare i contratti di servizio e i relativi capitolati tecnici e dare regolare mandato al Responsabile dell’Area tecnica.

Quest’ultimo - previa determinazione n. 587 del 9 dicembre 2008 - sottoscriveva il contratto in data 16 dicembre 2008, affidando ad A per cinque anni i servizi di cui sopra con un impegno di spesa di complessivi € 414.930,00.

Gli ulteriori sviluppi pre-contenziosi e contenziosi della vicenda sono quelli esposti nella parte in fatto di questa sentenza.

Ciò premesso, l'appello va respinto.

1.1 - A lamenta in primo luogo che erroneamente il Tar ha ritenuto che il ricorso introduttivo in primo grado dovesse dichiararsi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Il rilievo è infondato.

Il ricorso introduttivo in primo grado aveva impugnato la nota - assunta dal Responsabile dell’Area lavori pubblici e dal Sindaco - prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009, la quale aveva intimato ad A di “ interrompere con effetto immediato lo svolgimento di qualsivoglia servizio o prestazione nei confronti del Comune di San Vittore Olona ”.

In proposito quella nota prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009 originariamente impugnata aveva:

- affermato la non vincolatività del citato contratto in data 16 dicembre 2008 sottoscritto fra A e l’arch. S, all’epoca Responsabile dell’Area tecnica (perché contratto privo del preventivo impegno pluriennale di spesa da parte dell’organo competente);

- comunicato ad A che, di conseguenza, tutte le pretese economiche dovevano essere azionate direttamente nei confronti del suddetto arch. S;

- intimato l’immediata sospensione dei servizi e la riconsegna, entro 30 giorni, di tutta la documentazione.

La nota era stata impugnata da A col ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al Tar, ma gli accadimenti successivi hanno effettivamente superato quella nota;
e le successive determinazioni della P.A., impugnate da A con i primi e secondi motivi aggiunti al ricorso di primo grado, hanno fatto sì che l’interesse a dolersi da parte di A si trasferisse sui successivi deliberati del Comune.

In particolare:

- a seguito di esame, da parte dell’Amministrazione, della documentazione di riferimento, ed in esito a Relazioni espresse sull’argomento dal Segretario generale e dal Responsabile dell’Area lavori pubblici, è stata adottata la deliberazione di Giunta n. 46 del 23 marzo 2010 (impugnata con i primi motivi aggiunti), la quale ha proposto al Consiglio comunale di “ valutare la perdurante opportunità-convenienza e legittimità dell’affido diretto dei servizi pubblici ad A ”;

- in esito a quella deliberazione di Giunta n. 46/2010 è stata adottata la delibera del Consiglio comunale n. 13 del 9 aprile 2010 (pure impugnata con i primi motivi aggiunti). Con essa l’Amministrazione, ripercorsa e rivalutata l’intera questione in oltre tre pagine di considerazioni motivazionali [relativamente a: oggetto dell'originario contratto e suo mancato rispetto quanto ai servizi gestiti (il Consiglio comunale ha rilevato che A non ha gestito direttamente quattro servizi, e solo marginalmente gli altri servizi);
assenza, conseguentemente, di vantaggi gestionali per l'Amministrazione;
assenza, negli atti pregressi e nel pregresso contratto, di un piano economico, finanziario e industriale tale da giustificare la convenienza dell'affidamento diretto di una pluralità non omogenea di servizi ad A;
irregolarità contabili e inadeguatezze gestionali;
affidamento in via diretta ad A anche di prestazioni non oggetto del contratto originario;
espletamento di servizi anche anteriormente al contratto del 16 dicembre 2008;
rinvio a separato successivo procedimento quanto alle varie questioni connesse alla non corretta procedura di impegno di spesa e di stipula del contratto;
assenza di documentazione circa natura, entità, caratteristiche delle prestazioni svolte;
mancata effettuazione nel 2008 di numerose prestazioni definite nel contratto;
non fondate richieste da parte di A di corrispettivi;
rinvio a separati procedimenti quanto a inadempienze di omesso controllo del Responsabile del contratto;
assenza di rapporti adeguati per forma e contenuto tra A e Comune quanto a trasparenza, efficienza, economicità, rispetto delle norme disciplinanti i lavori e servizi pubblici;
mancata effettuazione anche nel corso del 2009 di numerose prestazioni definite nel contratto e nei capitolati;
richiamo alla normativa di riferimento (articolo 23 bis del decreto-legge n. 112/2008 e successive modifiche e integrazioni), con l'indicazione che " la forma ordinaria di gestione dei servizi pubblici locali, prediletta dal legislatore salvo ipotesi assolutamente eccezionali, è l'affidamento a terzi selezionati con gara, salva la possibilità di effettuare una scelta motivata fra la formula dell'appalto e la formula del contratto societari o", con conseguente natura residuale della gestione diretta a mezzo di società a totale capitale pubblico], ha ritenuto: non convenienti gli affidamenti diretti disposti in favore di A né sotto il profilo economico né sotto il profilo della qualità delle prestazioni (e relativi controlli e verifiche), né sotto il profilo delle modalità di organizzazione, programmazione e relazione tra Ufficio tecnico e A, né sotto il profilo dell'oggetto dell'affidamento;
non percorribile una formula di affidamento dei servizi diversa dalle procedure di raffronto o concorsuali di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

- alle due delibere ora citate ha fatto seguito la nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 (anch’essa impugnata con i primi motivi aggiunti) con cui il Responsabile dell’Area lavori pubblici, richiamando quelle precedenti deliberazioni e “ ritenuto che, sulla base di tutto quanto sopra esposto e di tutta la documentazione del procedimento, il contratto stipulato fra l'architetto S e A service srl in data 15 dicembre 2008 non risulta conveniente per l’Ente né sotto il profilo economico, né sotto il profilo della qualità delle prestazioni e della loro verifica e controllo, né sotto il profilo delle modalità di organizzazione, programmazione e relazione fra all'Ufficio tecnico e A service srl, né sotto il profilo dell'oggetto dell'affidamento, esteso a servizi privi di interesse per l’Ente, come il servizio di reperibilità, e non omogenee tra loro ”, ha rinnovato il “recesso contrattuale”, dando atto che l’interruzione dei diversi servizi era intervenuta già alla fine del 2009.

Risulta dunque che i tre atti sopra indicati (deliberazione di Giunta n. 46/2010, delibera del Consiglio comunale n. 13/2010, nota del Responsabile dell’Area lavori pubblici datata 16 aprile 2010) hanno espresso, rispetto alla nota prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009 (con cui il Sindaco e il Responsabile dell’Area lavori pubblici e dal Sindaco avevano intimato ad A di interrompere con effetto immediato lo svolgimento di qualsivoglia servizio o prestazione nei confronti del Comune) una completa rivisitazione della vicenda, così recando determinazioni finali tali da eliminare l'interesse alla impugnazione di quella originaria comunicazione di recesso del 16 dicembre 2009.

Trattasi di rivisitazione che concerne l’intera pregressa vicenda Comune-A. Sicché anche le specifiche pretese risarcitorie in primo grado (espressamente richiamate nel presente motivo d’appello) perdono interesse quanto al ricorso introduttivo, per trasferirsi sulle determinazioni oggetto dei motivi aggiunti (v. in proposito il successivo capo 1.7 della presente sentenza).

Condivisibile è dunque l’assunto del TAR secondo cui i provvedimenti impugnati con il ricorso principale sono stati superati dagli atti successivamente adottati dall’Amministrazione. Dall’esame della documentazione prodotta tale circostanza risulta pienamente confermata atteso che, con la delibera n. 13 del 9 aprile 2010 . il Consiglio comunale, facendo propria la relazione del Responsabile dell’Ufficio tecnico ha preso atto che l’affidamento diretto ad A Service s.r.l. dei servizi gestiti in forza di contratto del 16 dicembre 2008 non è né conveniente né opportuno, ritenendo doversi individuare nell’appalto di servizi la forma corretta per la gestione dei pubblici servizi locali e dando mandato al Responsabile dell’Area tecnica di provvedere agli adempimenti conseguenti, rinviando a successiva deliberazione le decisioni inerenti al pacchetto azionario di A Service s.r.l. detenuto dal Comune .

1.2.1 - Il secondo motivo d’appello lamenta in primo luogo che erroneamente il Tar ha declinato la propria giurisdizione sulle censure di primo grado che hanno escluso le irregolarità gestionali di A;
e conseguentemente ripropone in questa sede le censure ritenute inammissibili in primo grado per difetto di giurisdizione.

Il rilievo non risulta fondato, poiché in effetti il contenuto di quelle specifiche censure (conformità dei subappalti contestati dall’Amministrazione al contratto sottoscritto tra le parti;
cattiva contabilizzazione;
conformità, esaustività e regolare e tempestiva esibizione al Comune della documentazione A) attiene al concreto espletarsi del rapporto contrattuale tra A e Comune, e dunque esula dalla cognizione del giudice amministrativo (v., per tutte: Cass. civ. SS.UU. ordinanza 5 aprile 2012, n. 5446) e non incide sulla definizione della proritaria (come si dirà) questione circa la legittimità dell’annullamento in autotutela dell’originario affidamento.

Sotto quest’ultimo profilo vanno condivise le puntuali argomentazioni del Tar, che il Collegio ritiene utile riportare.

I provvedimenti adottati dal Comune nella vicenda per cui è causa, al di là del diverso nomen iuris di volta in volta enunciato, vanno inquadrati non già quali espressione di una revoca, ma come atti di annullamento di ufficio con i quali, ai sensi dell’art. 21nonies della L. 241/90, l’atto illegittimo poteva e doveva essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, ragionevole essendo il termine dell’intervento in via di autotutela e ponderati gli interessi della destinataria e del Comune.

Per principio consolidato, presupposti dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio con effetti ex tunc sono l'illegittimità originaria del provvedimento, l'interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione, diverso dal mero ripristino della legalità, l'assenza di posizioni consolidate in capo ai destinatari (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291).

Nel caso di specie tali presupposti risultano tutti rispettati, atteso che è pacifica l’illegittimità originaria del provvedimento, mancando la deliberazione circa la durata pluriennale dell’affidamento;
l’interesse pubblico alla rimozione dell’atto è ravvisabile dal punto di vista formale, nella mancanza dell’impegno di spesa e, dal punto di vista sostanziale, nella non convenienza di “convalidare” l’atto illegittimo, proseguendo una gestione che si sarebbe prospettata ben più onerosa rispetto a un diverso affidamento;
quanto al possibile consolidamento di posizioni tutelabili in capo ad A deve osservarsi che alla data dell’intimata cessazione del rapporto era trascorso soltanto un anno dalla sottoscrizione del contratto, il che attesta la piena ragionevolezza dell’atto di ritiro.

L’evidenziato interesse pubblico all’annullamento si profilava, del resto, indubbiamente prevalente rispetto a quello privato della ricorrente, la cui eventuale ignoranza dei rilevati vizi procedimentali e la stipula, pur recente, del contratto non possono giustificare la permanenza in vita di un affidamento di tal fatta .

Dalle considerazioni che precedono discende che non è ravvisabile neanche il denunciato difetto di motivazione: per regola generale, infatti, la motivazione di un atto di autotutela deve far emergere la comparazione tra l'interesse pubblico all'adozione dell'atto di annullamento e gli interessi privati sacrificati, che deve essere tanto più approfondita e stringente quanto più questi ultimi si siano consolidati per effetto del tempo trascorso (cfr. T.A.R. Molise, sez. I, 10 dicembre 2010, n. 1540), il che nella specie non è comunque avvenuto

1.2.2 - Il secondo motivo d’appello lamenta anche la omessa pronuncia del Tar su alcune censure proposte in primo grado, che A ripropone in questa sede.

Anch’esse, peraltro, risultano da respingere, come di seguito specificato:

- sostiene A (ribadendo espressamente quanto affermato alle pagine 19 e 20 dei primi motivi aggiunti in primo grado) che – diversamente da quanto asserito dal Comune - l’impegno di spesa per l’anno 2009 vi era stato con la citata determinazione del Responsabile dell’Area tecnica n. 587 del 9 dicembre 2008, prodromica al pure citato contratto in data 16 dicembre 2008. Questa censura – rileva il Collegio - va respinta perché la contestazione degli atti impugnati con i primi motivi aggiunti circa il mancato impegno di spesa si riferisce all’anno 2008 e non all’anno 2009;

- l’appello lamenta altresì (ribadendo espressamente quanto asserito in primo grado alla pagina 24 dei primi motivi aggiunti), con riferimento alla cessazione automatica, sostenuta dal Comune, dell’affidamento in house , che A “ aveva contestato e contesta che al momento dell’assunzione degli atti in contestazione il termine del 31 dicembre 2010 né tanto meno quello del 31 dicembre 2011 era scaduto e che conseguentemente il riferimento a ipotetiche date di cessazione automatica appariva del tutto pretestuoso ed inconferente ”. Questa censura – rileva il Collegio - risulta inammissibile per genericità: essa, da come formulata, sembra relativa all’asserzione, contenuta nell’ultima parte della motivazione dell’atto prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 (impugnato con i primi motivi aggiunti che parrebbero qui ribaditi), circa “la interruzione dell’attività compiutamente operativa da tempo”;
ma in proposito il citato atto n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010, descrive le date di riferimento relative alla interruzione di ognuna delle attività oggetto dei vari servizi in dettaglio;
sicché a fronte di quella dettagliata descrizione la locuzione ora in esame, non consentendo di comprendere il suo specifico oggetto, risulta generica e quindi inammissibile;

- da ultimo il presente secondo motivo d’appello sostiene (ribadendo espressamente quanto asserito in primo grado alle pagine 34, 35, 38 e 39 dei primi motivi aggiunti) che con riferimento al citato provvedimento prot. n. 3861/LL.PP/2010 assunto in data 16 aprile 2010 dal Responsabile dell’Area lavori pubblici e recante un presunto "rinnovo del recesso", l'attuale appellante AMGA non si è limitata a contestare - come sostenuto dal giudice di primo grado (pagina 10 della sentenza) - che quel rinnovo del recesso sarebbe illegittimo in quanto mai esercitato prima e in quanto adottato senza il prescritto preavviso contrattuale di 180 giorni: invece A – sostiene la presente censura d’appello - ha anche rilevato l'incompetenza da parte del Responsabile dell’Area lavori pubblici ad assumere quel provvedimento, poiché quest'ultimo non è stato preceduto da idonea delibera da parte del Consiglio comunale o della Giunta comunale, ed inoltre le precedenti originarie delibere del Consiglio comunale n. 40 del 20 dicembre 2007 (che aveva statuito di acquisire da A Legnano s.p.a. una partecipazione azionaria per € 18.000,00 in A Service s.r.l.: n.d.r.) e della Giunta comunale n. 43 del 1° aprile 2008 (che aveva espresso l’intendimento di affidare ad A, in global service , i servizi di gestione in argomento: n.d.r.) non sono state oggetto di specifica revoca o annullamento. Pertanto – secondo A - su questi profili vi sarebbe stata illegittima carenza di pronuncia da parte della sentenza appellata, visto che il Tar, con la precedente ordinanza cautelare n. 252 del 18 marzo 2010, aveva correttamente ritenuto meritevole di accoglimento la medesima censura di incompetenza relativamente al primo provvedimento di revoca assunto il 16 dicembre 2009. Questa censura, rileva il Collegio, è infondata perché – premesso che l’ordinanza del Tar n. 252/2010 non può, data la sua natura cautelare, essere presa a parametro di legittimità della successiva sentenza che ha definito il processo - la vicenda giuridico-fattuale (sopra esposta nel capo 1.1) mostra che i tre successivi atti comunali di segno opposto alle qui invocate delibere n. 40/2007 e n. 43/2008 (deliberazione di Giunta n. 46/2010, delibera del Consiglio comunale n. 13/2010, nota del Responsabile dell’Area lavori pubblici prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010) sono stati adottati con adeguata motivazione circa lo ius poenitendi da essi esercitato.

1.3 – Il terzo mezzo di gravame, formulato con riferimento alla questione relativa al mancato rituale impegno di spesa per l’originario contratto in data 16 dicembre 2008, rileva che la citata pregressa deliberazione della Giunta comunale n. 43 del 1° aprile 2008 (con cui la Giunta comunale aveva espresso l’intendimento di affidare ad A, in global service , i servizi di gestione in argomento) aveva individuato, ridefinendoli, servizi da affidare direttamente ad A, differendone ad un successivo atto la regolamentazione complessiva (aspetti tecnici, economici e formali), e sostiene che, alla luce di quella deliberazione, erroneamente l'appellata sentenza avrebbe affermato << In realtà tale successivo atto è mancato, per cui il Responsabile dell’Area Tecnica ha adottato la determinazione n. 587 del 9 dicembre 2008 con cui, sul presupposto errato che la Giunta comunale, con la delibera n. 43/2008, avesse dato “mandato all’Area Tecnica per il perfezionamento del suindicato affidamento mediante la stipula dei relativi contratti di servizio” (cfr. doc. 3 del fascicolo del Comune), ha approvato lo schema del contratto quadro di servizio, senza che lo stesso fosse allegato né sottoscritto da A Service s.r.l. e senza approvare né allegare i capitolati speciali.>> ;
e che altrettanto erroneamente il Tar avrebbe affermato, con riferimento al citato Responsabile dell’Area Tecnica che ha adottato la determinazione n. 587 del 9 dicembre 2008, << egli ha così affidato per cinque anni i servizi in premessa ad A Sevice s.r.l., senza che il Consiglio comunale avesse deliberato l’affidamento pluriennale, impegnando la spesa, “già stanziata nei capitoli di bilancio per il 2008” (cfr. pag. 3, id.) di € 414.930,00, per il solo anno 2008, ripartita secondo lo schema ivi contenuto >>.

In definitiva, sostiene l'appellante, la citata delibera n. 43 del 1° aprile 2008 aveva espressamente dichiarato la volontà di affidarle il servizio, e aveva altresì dato atto che la regolamentazione dell'affidamento in esame sarebbe stata determinata da successivo contratto di servizio, dando regolare mandato al Responsabile dell’Area tecnica;
sicché erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che a fronte di un affidamento privo di impegni di spesa e di copertura finanziaria il Comune non poteva far altro che applicare la disciplina di cui all'articolo 191 del decreto legislativo n. 267/2000.

Il rilievo è infondato.

La invocata delibera di Giunta n. 43/2008 era atto che in sé non comportava spesa (v. la motivazione della stessa delibera) e aveva soltanto, testualmente, “ espresso l’intendimento di voler affidare ” ad A la gestione di servizi in argomento, dando atto e precisando ” sarà definita, con successivo atto, la regolazione degli stessi servizi di pubblica utilità a mezzo della stipula dei relativi contratti di servizio e capitolati tecnici di riferimento, dandone regolare mandato al Responsabile dell’Area tecnica ”. E il Consiglio comunale non ha successivamente deliberato l’affidamento pluriennale, impegnando la spesa [v. artt. 42, lettera c), 191 e 183 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267].

1.4 – Il quarto mezzo d’appello ripropone la censura dei primi motivi aggiunti secondo cui il Comune avrebbe di fatto revocato/annullato il contratto in favore di A senza che ne ricorressero i presupposti di legge e in violazione degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241;
ed asserisce che erroneamente il Tar ha ritenuto trattarsi di annullamento anziché di revoca.

Nella fattispecie non si sarebbe verificato nessun mutamento, nella situazione di fatto o nella valutazione dell’interesse pubblico, tale da giustificare la revoca/annullamento dell’affidamento dei servizi ad A. Né - come già esposto nel terzo motivo d’appello - vi sarebbe stata carenza di deliberazione circa la durata pluriennale dell'affidamento e dell'impegno di spesa.

Inoltre, trattandosi di revoca/annullamento di un accordo contrattuale, l’atto di ritiro sarebbe stato attivabile solo se finalizzato al conseguimento di un risparmio o alla diminuzione di un onere finanziario, ai sensi dell’art. 1, comma 136, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

L'Amministrazione, altresì, si sarebbe limitata ad affermare che l'esercizio da parte dell'appellante non era più conveniente, senza indicare elementi di prova;
e in proposito il Tar avrebbe erroneamente ritenuto che l'Amministrazione non era incorsa in difetto di motivazione.

La scelta gestionale, poi, con cui il Comune ha affidato i servizi prima gestiti da A a diversi soggetti distinti per tipologia di prestazioni da svolgere, sarebbe tale da non consentire di comprendere su quali basi l'Amministrazione comunale abbia effettuato il raffronto con i servizi offerti dalla appellante;
e sarebbe tale da escludere che questa diversa opzione sia conveniente.

Questi rilievi sono da respingere.

In proposito è utile ripercorrere la vicenda, come già fatto nel precedente capo 1.1.

Dopo l’originario assenso in favore di A, espresso con la deliberazione della Giunta comunale n. 43 del 1° aprile 2008 (recante l’intendimento di affidare alla predetta società, in global service , i servizi di cui trattasi) e il successivo affidamento di quei servizi per cinque anni, con impegno della spesa complessiva di € 414.930,00 (determinazione del Responsabile dell’Area tecnica n. 587 del 9 dicembre 2008 e sottoscrizione del contratto in data 16 dicembre 2008) l’Amministrazione ha adottato provvedimenti di segno opposto.

In particolare (e limitandosi ad indicare gli atti che A ha interesse a impugnare: v. il precedente capo 1.1):

- a seguito di esame, da parte dell’Amministrazione, della documentazione di riferimento, ed in esito a Relazioni espresse sull’argomento dal Segretario generale e dal Responsabile dell’Area lavori pubblici, è stata adottata la deliberazione di Giunta n. 46 del 23 marzo 2010 (impugnata in primo grado con i primi motivi aggiunti), la quale ha proposto al Consiglio comunale di “ valutare la perdurante opportunità-convenienza e legittimità dell’affido diretto dei servizi pubblici ad A ”;

- in esito a quella deliberazione di Giunta n. 46/2010 è stata adottata la delibera del Consiglio comunale n. 13 del 9 aprile 2010 (pure impugnata in primo grado con i primi motivi aggiunti). Con essa l’Amministrazione, ripercorsa e rivalutata l’intera questione in oltre tre pagine di considerazioni motivazionali ha ritenuto: non convenienti gli affidamenti diretti disposti in favore di A né sotto il profilo economico né sotto il profilo della qualità delle prestazioni (e relativi controlli e verifiche), né sotto il profilo delle modalità di organizzazione, programmazione e relazione tra Ufficio tecnico e A, né sotto il profilo dell'oggetto dell'affidamento;
non percorribile una formula di affidamento dei servizi diversa dalle procedure di raffronto o concorsuali di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

- alle due delibere citate ha fatto seguito la nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 (anch’essa impugnata con i primi motivi aggiunti) con cui il Responsabile dell’Area lavori pubblici, richiamando quelle precedenti deliberazioni e “ ritenuto che, sulla base di tutto quanto sopra esposto e di tutta la documentazione del procedimento, il contratto stipulato fra l'architetto S e A service srl in data 15 dicembre 2008 non risulta conveniente per l’Ente né sotto il profilo economico, né sotto il profilo della qualità delle prestazioni e della loro verifica e controllo, né sotto il profilo delle modalità di organizzazione, programmazione e relazione fra all'Ufficio tecnico e A service srl, né sotto il profilo dell'oggetto dell'affidamento, esteso a servizi privi di interesse per l’Ente, come il servizio di reperibilità, e non omogenee tra loro ”, ha rinnovato il “recesso contrattuale”, dando atto che l’interruzione dei diversi servizi era intervenuta già alla fine del 2009.

L’ excursus testé indicato, rapportato all’appellata sentenza, mostra l’infondatezza del presente motivo, infatti l’appellata sentenza ha rilevato (vedine il capo 4.2) che il mutato e sfavorevole orientamento del Comune poggia: 1) sulla “ irritualità dell’affidamento del dicembre 2008 avvenuto senza un regolare impegno di spesa e, comunque, senza che ne ricorressero i presupposti di legge, dubitandosi, in ogni caso, che i servizi affidati siano qualificabili come servizi pubblici locali e ritenendoli quindi meri servizi strumentali ”;
2) sulla individuazione di una serie di irregolarità gestionali A;
3) su una valutazione di non convenienza della prosecuzione del rapporto contrattuale;

- al di là delle espressioni formali, correttamente il Tar ha rilevato trattarsi di non scindibili determinazioni di contenuto complesso, in cui però - dati l’originaria illegittimità dell’affidamento, l’interesse pubblico prevalente, i tempi relativamente brevi della determinazione di ritiro - traspare la valenza predominante della valutazione di legittimità propria dell’annullamento d’ufficio (“ l’irritualità dell’affidamento del dicembre 2008 avvenuto senza un regolare impegno di spesa e, comunque, senza che ne ricorressero i presupposti di legge, dubitandosi, in ogni caso, che i servizi affidati siano qualificabili come servizi pubblici locali e ritenendoli quindi meri servizi strumentali ”);

- parimenti errato, alla luce dell’ exursus di cui sopra, cui è sufficiente fare rinvio, risulta il rilievo d’appello secondo il quale nella fattispecie non si sarebbe verificato, nella situazione di fatto o nella valutazione dell’interesse pubblico, nessun mutamento tale da giustificare la revoca/annullamento dell’affidamento dei servizi ad A;

- il medesimo rinvio è sufficiente a mostrare la infondatezza del rilievo secondo cui l'Amministrazione si sarebbe limitata ad affermare che l'esercizio del servizio da parte dell'appellante non era conveniente, senza indicare elementi di prova né motivare: dall’esame degli atti contestati con primi motivi aggiunti del ricorso di primo grado risulta che correttamente l'appellata sentenza ha ritenuto le nuove determinazioni del Comune (emesse a seguito della documentazione di riferimento, ed in esito a Relazioni espresse sull’argomento dal Segretario generale e dal Responsabile dell’Area lavori pubblici, e concretatesi nella deliberazione di Giunta n. 46 del 23 marzo 2010, nella delibera del Consiglio comunale n. 13 del 9 aprile 2010, nella finale nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 del Responsabile dell’Area lavori pubblici) supportate di adeguata motivazione.

- quanto all’assunto secondo il quale, trattandosi di revoca/annullamento di un accordo contrattuale, l’atto di ritiro sarebbe stato attivabile, ai sensi dell’art. 1, comma 136, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), solo se finalizzato al conseguimento di un risparmio o alla diminuzione di un onere finanziario, esso è infondato, poiché la disposizione invocata (“ Al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere disposto l'annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l'esecuzione degli stessi sia ancora in corso. L'annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante ”) non riguarda tutti indistintamente gli atti di ritiro ma si riferisce soltanto alla ipotesi, estranea al caso di specie, in cui venga disposto un annullamento d'ufficio allo specifico fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari;

- quanto ai rilievi concernenti la scelta gestionale con cui il Comune ha affidato i servizi prima gestiti da A a diversi soggetti distinti per tipologia di prestazioni, trattasi di rilievi inammissibili. Si rinvia in proposito al successivo capo 1.6 della presente sentenza.

1.5 – Secondo un ulteriore motivo d’appello il Tar avrebbe erroneamente ravvisato la inammissibilità delle censure (formulate in primo grado nei primi motivi aggiunti) avverso il provvedimento del responsabile dell'Area lavori pubblici prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010, ritenendo che trattasse di semplice comunicazione del rinnovo di recesso contrattuale avente contenuto soltanto riepilogativo dei precedenti atti. E il Tar avrebbe errato anche nel ritenere che, qualora quell'atto fosse inteso come vero e proprio recesso dal contratto, la relativa censura sarebbe inammissibile per difetto di giurisdizione.

La censura è infondata.

L'evolversi dei fatti, come descritto nello stesso atto prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 ora in esame, aveva visto, per la parte che qui interessa:

- l’atto di interruzione dell'attività (e di contestuale avvio del procedimento ai sensi degli articoli 191 e 194 del decreto legislativo n. 267/2000) prot. n. 13167/UT/fc del 16 dicembre 2009, comunicato ad A e da essa ricevuto tramite fax e raccomandata;

- l’interruzione da tempo dei vari servizi, come descritto nel suddetto atto di "rinnovo di recesso" prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 ora in argomento, con relativa riconsegna da parte di A di tutto il materiale tecnico e amministrativo, contabile, certificativo e comunque pertinente all'espletamento dei servizi;

- la relativa consegna delle chiavi di tutti i beni mobili ed immobili afferenti i servizi;

- la partecipazione A in data 3 febbraio 2010 ai sopralluoghi agli impianti per la redazione degli stati di consistenza, con sottoscrizione senza riserve di tutti i relativi verbali.

Ne consegue che correttamente il Tar ha ravvisato nel citato "rinnovo di recesso" prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 natura riepilogativa dei precedenti atti relativi alla cessazione dei servizi, e dunque assenza di autonoma lesività.

.

1.6 - Sostiene pure l’appellante che erroneamente il Tar ha ritenuto l'inammissibilità, per carenza di interesse, delle censure, proposte in primo grado nei secondi motivi aggiunti, contro i vari atti di affidamento mediante cottimo fiduciario (determinazioni dirigenziali e i relativi contratti con cui i singoli servizi oggetto di recesso sono stati affidati per un anno, in via d’urgenza, a diverse imprese: n. 147/LLPP del 18 dicembre 2009 e relativo contratto del 18 dicembre 2009;
n.148/LLPP del 18 dicembre 2009 e relativo contratto del 18 dicembre 2009;
n. 009/LLPP del 28 gennaio 2010 e relativo capitolato speciale d’appalto sottoscritto il 28 gennaio 2010;
n.014/LLPP del 15 febbraio 2010 e relativo contratto sottoscritto il 17 febbraio 2010;
n.003/LLPP del 18 gennaio 2010 e relativo contratto sottoscritto il 25 gennaio 2010;
n. 016/LLPP del 23 febbraio 2010 e relativo contratto sottoscritto il 23 febbraio 2010;
n. 018/LLPP del 24 febbraio 2010 e relativo contratto sottoscritto il 24 febbraio 2010;
n. 001/LLPP del 13 gennaio 2010 e relativo contratto sottoscritto il 13 gennaio 2010) disposti in conseguenza del venir meno del rapporto con A.

Anche questa censura va respinta.

In proposito l'appellante richiama il contenuto della propria memoria depositata in primo grado il 30 dicembre 2010 e nella quale era prospettato, in risposta ad eccezione di controparte, un interesse specifico e rilevante a veder annullati i predetti atti di affidamento mediante cottimo fiduciario, in quanto A era precedente titolare del cosiddetto global service e potendo essa stessa prendere parte ad una procedura ad evidenza pubblica per il loro affidamento ";
e ripropone pertanto il testo del quarto, quinto e sesto mezzo dei secondi motivi aggiunti.

Però le relative censure restano non supportate da interesse, giacché:

- la veste di precedente titolare del global service non ha rilievo per A, essendo stata questa titolarità legittimamente caducata dal Comune con gli atti oggetto dei primi motivi aggiunti al ricorso di primo grado (delibera di Giunta n. 46/2010, la delibera consiliare n. 13/2010, nota prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010);

- l'interesse, prospettato da A, a prender parte a una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento di quei servizi resta estraneo a quegli atti di affidamento mediante cottimo fiduciario, poiché essi erano provvisoriamente adottati al di fuori di una ordinaria procedura ad evidenza pubblica, in quanto erano di durata temporanea ed imposti proprio dal venir meno del rapporto del Comune con A.

1.7 – Il settimo mezzo d’appello lamenta che l'istanza risarcitoria non è stata valutata correttamente dal Tar, e perciò la ripropone sotto differenti profili, premettendo i parametri di calcolo.

Tutte le richieste risarcitorie, però, sono da rigettare, così come di seguito specificato:

- una prima richiesta risarcitoria sostiene la palese ed evidente illegittimità del primo provvedimento di revoca in autotutela prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009, sospeso dal Tar con l’ordinanza cautelare n. 252 del 18 marzo 2010, ed afferma che perciò deve essere riconosciuto ad A un risarcimento del danno relativamente al periodo di cinque mesi (dicembre 2009 - aprile 2010) che va dalla adozione di quel provvedimento sospeso dal Tar agli ulteriori atti e provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti. Questa richiesta è infondata perché si basa su una illegittimità soltanto adombrata in sede cautelare ai fini del necessario riscontro non già della effettiva fondatezza della relativa censura ma solo in sede di valutazione del fumus boni iuris del ricorso;
la illegittimità adombrata dal Tar, inoltre, non riguarda un vizio sostanziale ma solo un vizio di incompetenza, ed è stata superata dalle successive determinazioni dell’Amministrazione, che il Tar ha correttamente ritenuto legittime e assorbenti di quel precedente atto prot. n. 13.167 UT/fc del 16 dicembre 2009;

- un'ulteriore richiesta sostiene che qualora venga altresì sancita l‘illegittimità dei successivi provvedimenti emessi il predetto risarcimento deve essere esteso fino alla data di emissione della sentenza di accoglimento del ricorso e dei successivi motivi aggiunti. La richiesta va respinta, posto che i successivi provvedimenti emessi dal Comune sono stati correttamente ritenuti legittimi dalla sentenza appellata;

- l'appellante sostiene pure che, nella denegata ipotesi in cui i provvedimenti assunti nell'aprile del 2010 venissero considerati, anche in sede d'appello, legittimi e validi sino all'esercizio del diritto di recesso previsto dall'articolo 15 del contratto in esame, deve comunque essere riconosciuto il mancato preavviso di mesi sei a decorrere dal mese di aprile 2010 (quindi fino ad ottobre 2010). Anche quest'ultima pretesa è infondata, poiché, come rilevato in occasione dell'esame del quinto motivo d'appello, il provvedimento del responsabile dell'Area lavori pubblici prot. n. 3861/LL.PP/2010 del 16 aprile 2010 è stato correttamente qualificato nella sentenza appellata come atto avente contenuto soltanto riepilogativo dei precedenti atti di ritiro e non come formale esercizio di un diritto di recesso.

1.8 - Da ultimo A chiede la riforma della sentenza appellata quanto alla condanna alle spese.

Ciò in considerazione della complessità della vicenda e del fatto che con la citata ordinanza n. 252/2010 il Tar aveva accolto l'istanza di sospensione proposto dall’odierna appellante.

Il Collegio - considerato il principio della soccombenza (che nella fattispecie vi è stata sia in primo grado che in appello) di cui all'articolo 26 del codice del processo amministrativo e considerato il notevole dispendio di attività processuale spiegata dalla resistente Amministrazione, vittoriosa - non ritiene questa richiesta accoglibile.

Peraltro le considerazioni qui poste dalla ricorrente a sostegno della propria richiesta di riforma della condanna alle spese in primo grado possono essere valutate in questa sede in senso parzialmente favorevole, con la condanna della soccombente, quanto al giudizio d'appello, a un importo minore di quello oggetto di condanna in primo grado.

2. – In conclusione, l’appello va respinto.

Le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 5.000,00, seguono la soccombenza.

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