Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-31, n. 201001878

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-03-31, n. 201001878
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001878
Data del deposito : 31 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07484/1998 REG.RIC.

N. 01878/2010 REG.DEC.

N. 07484/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7484 del 1998, proposto da:
S.A.S. Alba Chiara di De Bonis Serafina (Gia' di Cesi Bruno), rappresentato e difeso dall'avv. G L, con domicilio eletto presso G L in Roma, viale B. Croce, 97;
S.A.S. El Burro di Di Marca Aurelio;

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso dall'Marco Brigato, domiciliata per legge in Roma, via del Tempio di Giove 21;

per la riforma

della sentenza del TAR LAZIO -

ROMA :

Sezione II BIS n. 01111/1997, resa tra le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE ABUSIVE.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2009 il Cons. N R e uditi per le parti gli avvocati nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 20.7.1998 e depositato l’8.8.1998 la “Alba Chiara s.a.s.” ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione II bis, n. 1111 del 26.6.1997, con la quale è stato respinto il ricorso dalla medesima proposto per l’annullamento dell’ordinanza del Presidente del Consiglio della VI Circoscrizione di Roma prot. n. 9035 emessa in data 23.3.1991, con cui si contestava al sig. Mauro Monti di aver eseguito opere - consistenti nella realizzazione di due manufatti prefabbricati coibentati, destinati rispettivamente ad ufficio e servizi igienici, nonché di un capannone di circa 180 mq. in lamiera e ferro - senza concessione edilizia su di un terreno di proprietà dell’appellante e se ne ordinava la demolizione e la rimozione entro 60 giorni, pena la demolizione d’ufficio con spese a carico dei trasgressori.

Avverso la prefata sentenza l’appellante deduce il seguente articolato motivo di gravame: “Violazione di legge n. 47 del 1985 e successive modificazioni – Violazione di legge ex artt. 2 e 3 legge n. 689/1981 – Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione – Erroneità ed illegittimità dei presupposti – Illogicità”.

Si è costituito il Comune di Roma, che ha chiesto il rigetto dell’appello, con conseguente conferma della sentenza impugnata e con vittoria delle spese di lite.

Prima dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative, insistendo per l’accoglimento delle domande, eccezioni e deduzioni articolate nei rispettivi scritti difensivi ed insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate.

Alla pubblica udienza del 18.12.2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

Con il primo motivo di impugnazione la società ricorrente ritiene non condivisibile quanto asserito dal giudice di prime cure con riguardo alla presunzione di corresponsabilità del proprietario dell’area unitamente all’autore dell’abuso edilizio.

L’oggetto della controversia verte sulla legittimità di un ordine di demolizione di opere abusive, che è stato intimato non solo all’autore materiale dell’abuso, ma anche al proprietario dell’area.

Il motivo è destituito di fondamento.

Il proprietario del suolo sul quale insiste la costruzione abusiva, infatti, è legittimato passivo ai sensi dell’art. 936 c.c., insieme al responsabile dell’abuso, dell’ordinanza di demolizione. A nulla rileva, come nel caso di specie, che l’immobile sia locato, o che il proprietario abbia eventualmente diffidato l’autore dell’abuso a rimuovere l’opera abusiva, dal momento che non viene meno il diritto di proprietà per accessione, almeno fino a quando il manufatto non sia stato effettivamente rimosso (cfr. Cass., Sez. Un., 8.9.1983, n. 5518).

Il proprietario o i proprietari di un fondo vanno, quindi, ritenuti responsabili dei manufatti abusivi eseguiti sul fondo stesso (cfr. C.G.A.R.S., 6.5.1994, n. 130) e l’ordine di demolizione di opere abusive è notificato al proprietario dell’area, che si presume, fino a prova contraria, quanto meno corresponsabile dell’abuso, non avendo l’Amministrazione l’obbligo di compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di individuare il proprietario catastale.

Quanto alla paventata acquisizione gratuita del terreno di proprietà dell’appellante, come correttamente osservato dal giudice di primo grado, la Corte Costituzionale, con sentenza 15.7.1991, n. 345, ha espressamente chiarito che “una misura sanzionatoria come quella dell’acquisizione, avente un’immanente funzione di prevenzione sociale e di coazione all’esecuzione spontanea della demolizione, non può operare, neppure con effetti parziali, nei confronti del proprietario estraneo all’abuso, che in quanto tale non è in grado di assolvere alla funzione che ne giustifica l’applicazione” (cfr. pure Cons. St., Sez. V, 13.2.1994, n. 1464).

L’acquisizione gratuita si riferisce, dunque, esclusivamente alle opere abusive compiute dal terzo responsabile dell’abuso, non potendo certo operare nella sfera di altri soggetti e, in particolare, nei confronti del proprietario dell’area;
ciò, tanto vero che, come ricordato dal giudice di prime cure, l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione è di norma seguita da un atto di accertamento costitutivo da notificarsi anche al proprietario dell’area, proprio per consentire a quest’ultimo di far valere l’eventuale illegittimità della relativa determinazione comunale in sede di impugnativa del provvedimento che disponga l’acquisizione, oltre che del manufatto abusivo, anche dell’area di sua proprietà.

L’ordine di demolizione è, dunque, legittimamente impartito anche al proprietario, ferma restando la non acquisibilità dell’area di sedime delle opere abusive, in danno del proprietario estraneo all’abuso.

L’appello in esame deve, pertanto, essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese della presente fase di gravame seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.




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