Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-13, n. 202308978

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-13, n. 202308978
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308978
Data del deposito : 13 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/10/2023

N. 08978/2023REG.PROV.COLL.

N. 00476/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 476 del 2020, proposto da
C R, rappresentato e difeso dall'avvocato A M D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo n. 156;

contro

Comune di Massa Lubrense, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Enrico Califano in Roma, piazza dei Consoli 11;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 02640/2019, resa tra le parti, Edilizia - demolizione e ripristino dello stato dei luoghi


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Massa Lubrense;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2023 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati A M D L e Mario Palma in sostituzione dell'avv. E F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Sig. C R è proprietario di un immobile sito nel Comune di Massa Lubrense, località Sant’Agata, alla Via Pontone a S. Agata n. 10, distinto in catasto al Foglio 10, part. 1465, edificato in virtù di licenza edilizia n. 70/1981 e successivamente interessato da ulteriori interventi edilizi oggetto di istanza di condono (pratica 1444/c prot. 16743 del 30.09.1986) presentata ai sensi della l. 47/1985 e non ancora definita.

A seguito di un sopralluogo effettuato in data 16.10.2018, con verbale n. 21638 il Comune constatava la realizzazione delle seguenti opere:

“a) un piano terra, costituito da due alloggi ed un locale deposito/lavanderia a cui si accede dall’attigua corte di pertinenza e giardino, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere;

b) un piano primo costituito da due alloggi, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere, di questi uno trae accesso da una scala esterna scoperta, l’altro dall’attigua corte di pertinenza retrostante all’alloggio;

opere varie di sistemazioni esterne: muri, muretti, scale e vialetti, delimitati da passamani in legno, fioriere, etc. »;

Con ordinanza n. 6 del 08.01.2019, prot. n. 21638 – 520/19, il Comune di Massa Lubrense ordinava a R C la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi in relazione alle suddette opere.

Avverso tale provvedimento l’appellante ha proposto ricorso lamentando: i) la violazione degli artt. 31 e 33 D.P.R. 380/01 nonché dell’art 3 l. 241/90 in quanto dalla lettura dell’ordine di demolizione non emergeva con chiarezza quali fossero le opere oggetto dell’ordine di demolizione né la disciplina applicabile;
ii) la violazione dell’art 38 l. 47/1985 in quanto il Comune aveva ordinato la demolizione nonostante sui medesimi abusi pendesse una domanda di condono.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, con la sentenza qui appellata, ha rigettato il ricorso motivando sulla base delle seguenti considerazioni: i) dall’analisi dell’ordinanza di demolizione emerge chiaramente che la norma applicabile è l’art 31 D.P.R. 380/01;
ii) le opere oggetto dell’ordine di demolizione non sono comprese nella domanda di condono, come emerge dall’analisi del verbale di sopralluogo;
ed invero “in tale verbale si legge che «agli atti di ufficio si rileva i seguenti titoli edilizi: … b) – domanda di condono, in ditta R C, presentata ai sensi della legge 47/85, acquisita in atti prot. 16743 del 30.09.1986, con allegati n.ro 5 bollettini di versamento – pratica 1444/c e relative integrazioni in atto prot. 12220 del 12.07.1994, 12369 del 14.07.1994, 12784 del 25.07.1994 “attestazioni bollettini di versamento”, che si allega, relativa ad un corpo di fabbrica su due livelli per una superficie complessiva di mq. 188,15 e mq. 67,98.»;
che, tuttavia, come si prosegue nello stesso verbale, allo stato l’immobile in questione si compone di: «a) un piano terra, costituito da due alloggi ed un locale deposito/lavanderia a cui si accede dall’attigua corte di pertinenza e giardino, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere;
b) un piano primo costituito da due alloggi, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere, di questi uno trae accesso da una scala esterna scoperta, l’altro dall’attigua corte di pertinenza retrostante all’alloggio;
c) opere varie di sistemazioni esterne: muri, muretti, scale e vialetti, delimitati da passamani in legno, fioriere, etc. »;
iii) successivamente alla presentazione della domanda di condono edilizio e prima che quest'ultima sia decisa, il proprietario non può eseguire alcun lavoro di completamento o ampliamento dell'immobile abusivo, pertanto le ulteriori opere eseguite dopo la presentazione dell'istanza di condono, ancorché interne o di non grande entità, devono dirsi abusive.

Il sig. Ruoppo ha proposto appello chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza.

Si è costituito in giudizio il Comune di Massa Lubrense per resistere all’appello.

Alla pubblica udienza del 12 ottobre 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato relativamente all’assorbente profilo, di cui al secondo motivo di appello, della coincidenza fra le opere oggetto della domanda di condono e quelle oggetto dell’ordine di demolizione.

L’immobile per cui è causa è stato interessato dai seguenti titoli edilizi:

- la concessione edilizia n. edilizia n. 70/1981;
relativamente a tale titolo edilizio il Comune osserva nel verbale di sopralluogo che “ per questa risulta traccia nei registri cartacei e non è stata rinvenuta in archivio comunale, pertanto in ordine alla legittimità dell’immobile preesistente non è possibile eseguire verifica e/o comparazione ”;
nella relazione allegata all’istanza di condono si legge invece che tale concessione edilizia “ prevedeva la realizzazione di un fabbricato su un unico livello, l’attuale piano terra sui grafici allegati. Tale piano doveva ospitare una sola unità immobiliare ”;

- l’istanza di condono (pratica 1444/c prot. 16743 del 30.09.1986) presentata ai sensi della l. 47/1985 e non ancora definita, avente ad oggetto la realizzazione, nel medesimo fabbricato, di volumetrie pari a circa 188 mq e 67 mq, realizzate su due piani fuori terra (compreso il piano seminterrato) per un totale di quattro unità abitative.

Successivamente, in data 16.10.2018 il Comune accertava il seguente stato dei luoghi: “ a) un piano terra, costituito da due alloggi ed un locale deposito/lavanderia a cui si accede dall’attigua corte di pertinenza e giardino, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere; b) un piano primo costituito da due alloggi, che si compongono di diversi ambienti, completamente ultimati nelle finiture e nella pavimentazione, impianto elettrico e sanitari arredato ed in uso, adibiti ad attività di affittacamere, di questi uno trae accesso da una scala esterna scoperta, l’altro dall’attigua corte di pertinenza retrostante all’alloggio;
opere varie di sistemazioni esterne: muri, muretti, scale e vialetti, delimitati da passamani in legno, fioriere, etc.
”.

Nonostante la diversa terminologia utilizzata nell’istanza di condono (dove si parla di un piano terra e di un piano seminterrato) e nel verbale di sopralluogo (ove si fa riferimento ad un piano terra e ad un primo piano), i locali accertati in sede di sopralluogo sono gli stessi oggetto della domanda di condono, posto che in entrambi i casi si dà atto dell’esistenza di quattro unità abitative, realizzate su due piani;
inoltre nel verbale di sopralluogo non vi è alcun riferimento alla volumetria totale, sicché non vi è prova allo stato che tali locali abbiano subito ulteriori interventi edilizi. Al contrario nel verbale si sopralluogo si dà atto che “ agli atti dell’ufficio per tale unità immobiliare nella sua attuale consistenza plano-volumetrica, come già detto si rileva domanda di condono, in ditta R C, presentata ai sensi della legge 47/85, acquisita in atti prot. 16743, del 30.09.1986, allo stato non integrata e non definita (…) al momento del sopralluogo non vi erano lavori in corso e le opere si presentavano di non recente realizzazione ”.

Ne deriva che il Comune ha agito in violazione degli artt. 38 e 44 l. 47/85, interpretati dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che “ Va ribadita l'illegittimità degli ordini sanzionatori di demolizione di opere abusive emessi in pendenza del termine o in presenza della già avvenuta presentazione della istanza di condono edilizio, poiché l'art. 44, ultimo comma, della l. 28 febbraio 1985 n. 47 dispone che, in pendenza del termine per la presentazione di tali domande, tutti i procedimenti sanzionatori in materia edilizia sono sospesi. Nei medesimi termini, l'art. 38 l. 47 cit. prevede che la presentazione della domanda di condono sospende il procedimento per l'applicazione di sanzioni amministrative. Ne consegue che, nella pendenza della definizione di tali domande, non può essere adottato alcun provvedimento di demolizione ” (Consiglio di Stato, sez. VI, 15/01/2021, n.488; cfr . anche Consiglio di Stato sez. VI, 29/11/2016, n.5028: “ L'art. 38 l. 28 febbraio 1985 n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive) prevede che la presentazione della domanda di condono sospende il procedimento per l'applicazione di sanzioni amministrative. Ne consegue che, nella pendenza della definizione di tali domande, non può essere, tra l'altro, adottato alcun provvedimento di demolizione. Tale disposizione si applica anche ai condoni presentati ai sensi dell'art. 32 d.l. 30 settembre 2003 n. 26 ”).

Peraltro, anche accedendo in ipotesi alla tesi comunale, in ordine alla realizzazione di opere ulteriori, trattandosi di difformità sul medesimo immobile, in ogni caso occorreva preliminarmente, rispetto all’adozione del provvedimento sanzionatorio, la definizione del procedimento di condono, anche attraverso la verifica della non condonabilità proprio a cagione della realizzazione di lavori ulteriori rispetto a quanto posto a base delle istanze di sanatoria speciale. In proposito, come noto, la legislazione statale in materia di condono presuppone la permanenza dell'opera da condonare nel corso del procedimento di condono;
in pendenza di tale procedimento, sono ammessi solo lavori di completamento dell'opera stessa, come risulta dalla chiara formulazione dell' art. 35, comma 12, l. n. 47 del 1985 ;
non è invece ammissibile la sua sostituzione con un nuovo manufatto, anche se identico dal punto di vista volumetrico, della sagoma e della superficie (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. II , 28/05/2019 , n. 3471).

Dai principi son qui richiamati emerge all’evidenza l’onere per il Comune della previa definizione delle domande di condono, attraverso l’applicazione della relativa disciplina peculiare, anche con riferimento ai lavori ulteriori. All’esito di tale doverosa attività residueranno, in relazione alle opere in esame, gli obblighi di sanzione derivanti dalla ordinaria disciplina sulla vigilanza edilizia

Quanto sopra osservato depone altresì per la fondatezza del primo motivo di ricorso, posto che il Comune non ha specificato (né con il provvedimento impugnato, né con i suoi atti difensivi) quali sono gli interventi edilizi non ricompresi nella domanda di condono e realizzati dopo la presentazione della stessa dei quali viene ordinata la demolizione, né la normativa applicabile – che non può prescindere dalla loro individuazione e qualificazione dal punto di vista edilizio.

Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, l’appello va accolto sotto i profili predetti e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.

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