Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-07, n. 201001990

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-07, n. 201001990
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001990
Data del deposito : 7 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06391/2008 REG.RIC.

N. 01990/2010 REG.DEC.

N. 06391/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6391 del 2008, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
Ministero dell'Interno;

contro

Ballaro' Gaetano, rappresentato e difeso dall'avv. M S, con domicilio eletto presso M S in Roma, piazza Oreste Tommasini N. 20;
G V, G S, Iera Teresina, P G, P M, rappresentati e difesi dagli avv. D O S, M Z, con domicilio eletto presso Natale Polimeni in Roma, vicolo Casalumbroso 82;
Z Dnica, Presto Natale Orazio, Catanoso Francesco;

per la riforma

della sentenza del TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA n. 00009/2008, resa tra le parti, concernente SFRATTO E DESTINAZIONE IMMOBILI A FAVORE DELLA POLIZIA DI STATO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2010 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, su delega di M S, M Z e l'Avvocato dello Stato Antonio Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria i ricorrenti, inquilini di un medesimo complesso immobiliare dal quale dovevano essere sfrattati per destinare il medesimo complesso alla Polizia di Stato, agivano verso gli atti, tutti del 17 dicembre 1998, aventi ad oggetto lo sfratto dal complesso immobiliare denominato Condominio Calabria sito in Reggio Calabria via Sbarre Centrali traversa privata n.18, nonché del D.M. 31599 del 13 agosto 1998 con cui era sancita la destinazione degli appartamenti dei ricorrenti in favore della Polizia di Stato.

Si trattava di struttura acquisita al patrimonio dello Stato in esito ad una confisca;
tutte le unità erano state lasciate nella disponibilità dei relativi conduttori, che continuavano a versare i canoni mensili di locazione all’amministratore giudiziario, e avevano sempre manifestato l’intenzione di acquistare gli alloggi;
pertanto essi impugnavano sia lo sfratto che il decreto ministeriale di destinazione per finalità di ordine pubblico ad alloggi di servizio della Polizia di Stato.

Il primo giudice accoglieva il ricorso, sostenendo che è illegittimo l’ordine di sgombero dell’immobile nei confronti di locatari titolari di validi contratti di locazione che risultano redditizi per la gestione. Il primo giudice riscontrava inoltre la illegittimità nel fatto che non risultavano sufficientemente esplicitate le finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile alle quali la legge (art. 2 undecies L.575 del 1965) subordina il mantenimento al patrimonio dello Stato degli immobili confiscati, con conseguente illegittimità della scelta di preferire i dipendenti di servizio della Polizia di Stato da alloggiare, piuttosto che soggetti che hanno interessi abitativi e anche commerciali in quella zona della città.

Avverso la suddetta sentenza propongono appello le Amministrazioni statali, come sopra rappresentate, che deducono la legittimità della scelta dell’amministrazione, in quanto l’art. 2 undecies L.575 del 1965 prevede una doppia fase, la prima di destinare il bene confiscato a finalità di ordine pubblico, la seconda di effettiva destinazione, nella quale non è necessaria una effettiva (e nuova) ponderazione con gli interessi dei conduttori.

L’appello difende anche la natura di destinazione a finalità di ordine pubblico della utilizzazione dei locali oggetto dello sfratto ad alloggio delle forze di Polizia, in quanto nella nozione di finalità di ordine pubblico debbono essere comprese tutte le attività, anche strumentali, direttamente o indirettamente collegate, allo svolgimento del servizio.

Si sono costituiti gli appellati chiedendo il rigetto dell’appello.

E’ intervenuta ad opponendum la signora P M, vedova del signor N O P, alla quale è stato assegnato l’alloggio del marito, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 23 marzo 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è fondato e, in conseguenza, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso originario, dovendosi ritenere legittima l’attività posta in essere dalla amministrazione statale.

La confisca di un bene ai soggetti indicati nella l. 31 maggio 1965 n. 575, recante disposizioni contro la mafia, ha lo scopo precipuo di sottrarre tali beni ai soggetti medesimi, determinando il trasferimento della proprietà allo Stato, il quale dovrà poi utilizzarli per i fini previsti, assegnando ai medesimi beni una particolare destinazione socialmente utile;
pertanto, la destinazione del bene confiscato è un elemento ulteriore rispetto alla confisca e rappresenta una scelta che l'amministrazione è tenuta a fare dopo aver ponderatamente valutato la situazione in concreto.

La scelta della destinazione è quindi, da un lato, vicenda successiva all'acquisizione del bene, e, dall'altro, rappresenta un fatto interno all'amministrazione e non certo una condizione di procedibilità della confisca del bene e del suo concreto apprendimento.

Pertanto, una volta che il bene sia stato confiscato e sia entrato nella disponibilità giuridica dello Stato, la p.a. ha il potere di disporre tutte le misure concrete per la sua acquisizione materiale, ivi compreso quello relativo alla liberazione dalle persone che lo occupano (Consiglio Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006 , n. 6169).

Si è affermato (Consiglio Stato, IV, 31 marzo 2000, n.1877) che nella ipotesi di confisca di beni immobili ai sensi della legge 31 maggio 1965 n.575 è illegittimo l’esercizio del potere autoritativo di rilascio, in mancanza della adozione del distinto ed ulteriore provvedimento di destinazione finale dei beni confiscati, in presenza di contratti di locazione stipulati con l’amministrazione e in difetto di inadempimento dei conduttori.

Tuttavia, allorquando sia stata impressa la ulteriore destinazione speciale e caratterizzante il regime pubblicistico dell’immobile (destinazione a finalità di ordine pubblico, sia pure specificate nel senso di destinazione alla costituzione di alloggi per i dipendenti della Polizia di Stato) non vi è luogo ad alcuna possibilità di contemperamento o comparazione di diversi interessi parimenti valutabili, ma si è in presenza di valutazione e decisione già avvenuta rispetto al sacrificio dei diritti dei conduttori.

Se quindi, anteriormente alla destinazione formalmente attribuita, non è configurabile una incompatibilità con la ordinaria locazione, la fissazione della destinazione imprime il regime pubblicistico dell’immobile, e lo caratterizza.

Risulta, perciò, evidente che una volta che il bene sia stato confiscato e sia entrato nella disponibilità giuridica dello Stato, la pubblica amministrazione ha il potere di disporre sullo stesso tutte le misure concrete per la sua acquisizione materiale, ivi compreso quello relativo alla liberazione dalle persone che lo occupano, come è stato nel caso di specie a mezzo di un atto autoritativo c.d.di sfratto (ordine di liberare), per effetto di un contratto di locazione intervenuto con il precedente proprietario e, peraltro, ormai scaduto.

L'appello va, pertanto, accolto;
conseguentemente, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso originario.

Tuttavia, la particolarità della fattispecie consente di compensare integralmente fra le parti le spese e gli onorari di giudizio per entrambi i gradi.

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