Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-01-19, n. 201000159

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-01-19, n. 201000159
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000159
Data del deposito : 19 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06251/2004 REG.RIC.

N. 00159/2010 REG.DEC.

N. 06251/2004 REG.RIC.

N. 07605/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6251 del 2004, proposto da:
Impresa Pelucca Samuele S.r.l. in Pr. e Q.Le Cap.Mand.Ati, rappresentato e difeso dall'avv. M B V, con domicilio eletto presso Pasquale Di Rienzo in Roma, viale G. Mazzini N.11;
A.T.I. Impresa Lunghi S.r.l.;

contro

Capaldo International S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. P V, con domicilio eletto presso Arturo Leone in Roma, Lungotevere A. Da Brescia 9;

nei confronti di

Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali, Soprintendenza B.A.P.P.S.A. Demoetnoantropologico Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ope legis domiciliato presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi n. 12;



Sul ricorso numero di registro generale 7605 del 2004, proposto da:
Ministero Per i Beni e le Attivita' Culturali, Soprintendenza B.A.P.P.S.A. Demoetnoantropologico Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, ope legis domiciliato presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi n. 12

contro

Impresa Capaldo International S.r.l.;

nei confronti di

S.R.L. Pelucca Samuele, Impresa Lunghi S.r.l.;

Entrambi i suindicati ricorsi proposti per la riforma

della sentenza del Tar Umbria - Perugia n. 00205/2004, resa tra le parti, concernente ATTI DI GARA PER LAVORI DI RESTAURO E AMPLIAMENTO ROCCA PAOLINA.


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2009 il Cons. F T e uditi per le parti gli avvocati Paolo Stella Richter per delega dell'avv.to Busiri Vici e l'avv.to dello Stato Paola Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1)ricorso n. 6251/2004;

Il Tar dell’ Umbria con la decisione in epigrafe ha accolto il ricorso proposto dall’odierna appellata Impresa Capaldo International SRL e volto ad ottenere l’annullamento degli atti di una gara bandita dall’appellante amministrazione consistenti nell’ammissione e valutazione dell’offerta dell’ATI Pelucca- Lunghi e nell’aggiudicazione in favore di quest’ultima.

Era stata chiesta dall’odierna appellata (classificatasi al secondo posto della graduatoria) la esclusione della prima classificata ATI Pelucca- Lunghi (che in quanto prima in graduatoria, si era resa aggiudicataria della gara), in quanto l’offerta di quest’ultima era stata presentata dopo la scadenza del termine fissato dal bando.

Il termine di scadenza era fissato alle ore 13.00 del 30.9.2003: il plico contenente l’offerta della ATI Pelucca- Lunghi era stato recapitato a mezzo posta celere alle ore 13.10 e, pertanto, tardivamente.

L’appellata aveva altresì prospettato ulteriori due motivi di ricorso.

Il primo di essi (censura n. 2 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) postulava la necessità della doverosa esclusione della impresa aggiudicataria, a cagione della circostanza che quest’ultima non aveva corredato la propria offerta dei documenti prescritti dagli artt. 37, 214, 41 del DPR 554/1999.

Il secondo, (censura rubricata al n. 3 del ricorso al Tar ) era volto a criticare l’insufficienza dei giudizi resi dalla Commissione, sotto il profilo dell’assenza di motivazione dei medesimi.

Il Tar ha esaminato – ed accolto- il primo motivo del ricorso di primo grado, ritenendo assorbiti in tale delibazione gli ulteriori profili di doglianza.

La violazione della prescrizione della lex specialis in punto di recapito dell’offerta era, secondo il Tar, pienamente integrata, e neppure poteva essere invocata la (sotto il profilo interpretativo problematica) disposizione di cui all’art. 36 del regolamento postale emanato con dpr n. 655/1982.

La prescrizione del bando per cui il mancato recapito dell’offerta rimaneva ad esclusivo rischio del mittente militava vieppiù per l’accoglimento del ricorso di primo grado, e per l’esclusione dell’offerta presentata (tardivamente) dall’aggiudicataria.

L’appellante Ati Pelucca-Lunghi, originaria aggiudicataria della selezione concorsuale, ha impugnato la suindicata decisione ed ha proposto un articolato appello sottoponendo a rivisitazione critica l’intero impianto della sentenza di primo grado.

Ha negato – in carenza di apposita previsione del bando- che il rispetto dell’orario di recapito dei plichi fosse stato previsto a pena di esclusione;
ha postulato l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 36 del regolamento postale;
ha escluso che la lex specialis consentisse la consegna a mano, siccome inesattamente affermato dal Tar;
ha escluso che l’ammissione dell’offerta della impresa risultata poi aggiudicataria avesse a questa arrecato un ingiusto vantaggio consistente nel maggior tempo per la preparazione dell’offerta, ovvero avesse in altro modo alterato la par condicio dei concorrenti

La sentenza appellata non aveva colto tali aspetti e doveva pertanto essere annullata.

Con memoria depositata il 29 maggio 2009 ha puntualizzato le proprie doglianze, facendo presente che il plico in oggetto era nella disponibilità dell’amministrazione postale sin dal giorno antecedente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte previsto nel bando, di guisa che nessuna responsabilità poteva ad essa imputarsi a cagione del non tempestivo (10 minuti di ritardo, appena) recapito del plico medesimo.

L’appellata società non si è costituita nel giudizio di appello.


2) ricorso n. 7605/2004


La difesa erariale dell’appellante amministrazione, ha impugnato la suindicata decisione del Tar Umbria per le medesime motivazioni contenute nell’appello proposto dalla Ati Pelucca-Lunghi, originaria aggiudicataria della selezione concorsuale e di cui si è dianzi esposto il contenuto.

In particolare, si è rilevato che la prescrizione del bando aveva addossato alle partecipanti il rischio del mancato recapito (intendendosi con tale termine esclusivamente il “passaggio” della consegna all’ufficio postale), e non anche quello del materiale ritardo della consegna del plico.

Il plico era stato recapitato all’amministrazione postale tempestivamente (in data 29.09.2003): in ogni caso, a tutto concedere, ci si sarebbe trovati al cospetto di una irregolarità sanabile.

Posto che la consegna del plico all’amministrazione appaltante dipendeva dall’operato di terzi (amministrazione postale, ovvero agenzia di recapito autorizzata) non poteva ritenersi che il bando avesse addossato alle partecipanti un rischio dipendente dall’attività di soggetti che esse non potevano in alcun modo controllare.

Anche il passaggio interpretativo motivazionale secondo cui nel caso di specie era ammessa la consegna a mano dei plichi (oltre a quella a mezzo di agenzia di recapito), in quanto non espressamente vietata dal bando, non era meritevole, secondo l’ appellante difesa erariale, di condivisione.

Al contrario, doveva ritenersi che, ai termini del bando, la consegna a mano non fosse contemplata tra le modalità di inoltro dell’offerta.

Alla camera di consiglio del 30 luglio 2004 fissata per l’esame dell’istanza cautelare di sospensione della esecutività della sentenza appellata la Sezione, con l’ordinanza n. 3744/2004 ha respinto l’appello cautelare, ritenuto privo di fumus boni juris , in relazione al tenore della lex specialis che ha posto il rischio del mancato recapito del plico contenente l’offerta a carico del mittente.

Alla pubblica udienza del 13 ottobre 2009 le cause sono state poste in decisione e la Sezione, previo motivato provvedimento di riunione dei suindicati appelli, ha emesso ordinanza mercè la quale ha onerato la Soprintendenza al deposito di copia delle deduzioni presentate dall’appellante con le quali la medesima chiedeva di non essere esclusa dalla procedura (si veda il riferimento alle medesime contenuto nel primo cpv della pag II del verbale della Commissione di gara del 13.1.2004), nonché, ove formato, copia del processo verbale di ricezione della offerta recapitata dalla predetta appellante, oltre ogni altro atto, chiarimento o documento ritenuto utile ai fini della pronuncia sull’appello in esame.

L’amministrazione ha ottemperato agli incombenti istruttori disposti dal Collegio, depositando la richiesta documentazione in suo possesso (ed altresì depositando il contratto stipulato, a seguito della sentenza del Tar impugnata, con la appellata impresa Capaldo)e facendo presente che non era stato rinvenuto in atti il verbale di ricezione dell’offerta presentata dall’ATI Pelucca-Lunghi odierna appellante.

Parte appellante ha depositato una memoria, in data 10.12.2009, ribadendo la tempestività della propria offerta.

DIRITTO

I riuniti appelli sono fondati e devono essere accolti nei termini della motivazione che segue.

Deve in via preliminare procedersi a perimetrare il thema decidendum indicando le questioni sulla quali il Collegio è chiamato a pronunciarsi.

A tal uopo si rammenta che il ricorso di primo grado proposto dalla appellata impresa Capaldo ed accolto dal Tar si affidava a tre distinte censure postulanti la esclusione dell’aggiudicataria impresa Pelucca odierna appellante, ed il Tar si è pronunciato, accogliendola, soltanto sulla prima di essa, con assorbimento degli ulteriori due motivi del ricorso di primo grado.

Parte appellata non ha riproposto le cesure assorbite in primo grado, neppure con semplice memoria.

L’esame delle medesime, pertanto, è precluso al Collegio, in adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l”'onere di riproposizione dei motivi rimasti assorbiti dalla decisione di primo grado appellata esige, per il suo rituale assolvimento, che la parte appellata indichi specificamente le censure che intende siano devolute alla cognizione del giudice di secondo grado, all'evidente fine di consentire a quest'ultimo una compiuta conoscenza delle relative questioni ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse, con la conseguenza che un indeterminato rinvio agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, si rivela inidoneo ad introdurre nel thema decidendum del giudizio d'appello i motivi in tal modo dedotti, salva la possibilità che la riproposizione stessa avvenga mediante semplice memoria difensiva non soggetta, quindi, alle forme e ai termini dell'appello incidentale.” (si veda, ex multisi, Consiglio Stato , sez. V, 24 gennaio 2007, n. 250, ma anche Consiglio Stato , sez. V, 02 ottobre 2006, n. 5733).


La (unica) questione su cui interrogarsi attiene, quindi, alla (ritenuta dal Tar) legittimità della conseguenza (espulsiva) discendente dalla omessa osservanza della prescrizione del bando e, a monte, in ordine alla stessa sussistenza della inottemperanza medesima.

Al riguardo non appare seriamente contestabile, ad avviso del Collegio, la natura perentoria del termine di presentazione delle offerte, che è deducibile non solo dalla lettera degli atti di indizione della gara, ma dallo stesso carattere delle pubbliche gare che presuppongono tempi certi di svolgimento, non immaginabili senza termini perentori, e costante applicazione, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dei principi della par condicio dei concorrenti, il che del pari fa concludere per l'utilizzo di scansioni temporali vincolanti per tutti.

A voler ragionare diversamente se ne dovrebbe concludere che ognuno potrebbe inviarle nel tempo che ritiene più opportuno, stante il carattere meramente ordinatorio del termine relativo, e l'amministrazione appaltante non potrebbe mai sapere quando dare inizio all'ammissione delle offerte.

Ovvero dovrebbe affermarsi che, rispettato il termine da alcuni concorrenti, altri potrebbero tenerlo in non cale: conclusioni, queste ultime, palesemente inaccoglibili.

Sia le esigenze dell'amministrazione che quelle della par condicio militano pertanto nel senso della perentorietà dei termini di presentazione dell’offerta, siccome peraltro espressamente disposto dal bando di gara.

E’ palesemente infondata, quindi la tesi appellatoria postualante la non perentorietà del termine di presentazione dell’offerta

Ovviamente non incide sulla validità di tale tesi la circostanza concernente la (modesta come nel caso di specie, ovvero rilevante) discrasia temporale: una volta ammessosi, per avventura, che la irregolarità sia “sanabile” in ipotesi di discrepanza temporale di minima entità, si aprirebbe il varco agli stessi inconvenienti dianzi menzionati, con grave vulnus ad esigenze di certezza ed obiettività nella applicazione della lex specialis che in materia costituiscono un valore assoluto.

La verifica deve allora spostarsi sulla condotta dell’appellante (offerente aggiudicataria in via provvisoria e definitiva) e sulla prescrizione di cui all’art. 36 comma III del regolamento postale, al fine di accertare se tale disposizione fosse applicabile alla gara in esame e se, conseguentemente, fosse possibile escludere, sotto il profilo concreto, la rilevanza della contestata irregolarità “ascritta” dal Tar all’impresa appellante.

La disposizione del DPR n. 655 del 1982, art. 36 comma III,così recita:

“Sono distribuite in ufficio le corrispondenze fermo posta, quelle dirette alle amministrazioni dello Stato, quelle dirette agli uffici pubblici od a località non servite da portalettere e tutte le altre che, per qualunque ragione, non possano essere recapitate a domicilio.”.


Tale norma, pertanto, prescrive che tutta la corrispondenza indirizzata ad enti pubblici - e quindi anche le offerte di gara - debba intendersi pervenuta presso l'Amministrazione destinataria nel momento in cui sia recapitata presso l'ufficio postale dal quale la stessa Amministrazione deve provvedere al ritiro.


E’ evidente che, ove la medesima disposizione dovesse trovare applicazione nel caso di specie, siccome sostenuto nei riuniti ricorsi in appello, l’offerta presentata dall’appellante poteva dirci tempestiva (e di conseguenza dovrebbe considerarsi ingiusta l’esclusione, ed errata la sentenza che tale esclusione ha dichiarato doverosa, in accoglimento del ricorso proposto dalla seconda graduata).

Non ignora la Sezione che sia la giurisprudenza di primo grado che quella del Consiglio di Stato hanno costantemente subordinato l’operatività della citata disposizione al ricorrere di due condizioni: la carenza di specifiche ipotesi derogatorie, e la circostanza che l'Amministrazione non abbia consentito la presentazione a mano presso i propri uffici delle offerte relative a pubbliche gare.

L’orientamento giurisprudenziale – infatti, richiamato ed applicato dal Tar- è quello per cui “nel caso in cui il bando di gara preveda come termine per la presentazione delle offerte le ore dodici del giorno precedente a quello fissato per lo svolgimento della gara e che rimanga esclusivo rischio del mittente ogni possibile disguido dovuto a mancato o ritardato recapito, non è invocabile l'art. 36 D.P.R. 29 maggio 1982 n. 655, che dispone che raccomandate si abbiano per inoltrate con il deposito del plico presso l'ufficio postale, poiché la regola speciale di gara non può essere integrata con disposizioni legislative o regolamentari incompatibili” (Consiglio di Stato Sezione V n. 709/2002).

Analogo orientamento è stato di recente espresso dal Consiglio di Stato , sez. V, con la decisione del 21 novembre 2006, n. 6797 ove si è precisato che in siffatte evenienze (in punto di fatto la vicenda era analoga a quella per cui è causa) “deve ritenersi infondata anche la violazione del principio del "favor partecipationis".

Ad avviso del Collegio tale orientamento esalta oltremisura la circostanza della previsione di forme alternative di recapito e non tiene al contempo conto della questione concernente il giudizio di rimproverabilità che gli ordinamenti processuali sottendono, nella generalità dei casi, (ed a differenza di ciò che accade nel diritto sostanziale, in ogni ramo dell’ordinamento, laddove è indifferente l’indagine sell’elemento psicologico in capo al soggetto rimasto inerte) alle disposizioni che contemplano eventi preclusivi dell’esercizio di un diritto sottesi all’infruttuoso decorrere del tempo.

Deve premettersi che il Collegio concorda con la tesi (neppure la difesa erariale dell’amministrazione ciò nega) che in considerazione della circostanza che il bando non vietava espressamente la consegna a mano essa doveva considerasi consentita dovendosi rammentare, all’uopo, che anche la decisione del Consiglio di Stato , sez. V, 27 settembre 1999, n. 813, prendendo in esame tale evenienza, fornisce una risposta coincidente con quella resa dal Tar Umbria.

Sebbene la ammissibilità della consegna a mano non fosse espressamente affermata dal bando, essa doveva considerarsi possibile (si veda, in proposito, la decisione del Consiglio Stato , sez. V, 16 gennaio 2002, n. 226, ma anche la giurisprudenza pretoria in tema di equiparazione del “corriere non autorizzato” al corriere autorizzato)

Il punto della appellata decisione che il Collegio ritiene invece non condivisibile, riposa invece in una altra circostanza, sottovalutata dal Tar: anche laddove l’amministrazione abbia ammesso modalità alternative di consegna (ivi compreso, per le anzidette ragioni, la consegna a mano), queste ultime sono equiparate ad ogni effetto alla spedizione a mezzo posta.

Non è espressa, cioè, alcuna “preferenza”, dell’amministrazione verso l’una o l’altra forma di recapito delle offerte all’amministrazione: dal che ne discende, di necessità, la perfetta equivalenza dell’una rispetto all’altra, e la libera facoltà dell’offerente di ricorrere ad una qualsiasi tra quelle contemplate (e/o, con riguardo alla consegna a mano, non precluse) dal bando.

Le valutazioni, pertanto, con le quali i primi Giudici hanno irrobustito la motivazione della sentenza appellata facendo riferimento alle condotte tenute dalle altre partecipanti alla gara (difformi da quella dell’appellata, ed asseritamente improntate a canoni di più penetrante prudenza) sono senz’altro distoniche rispetto agli atti di causa .

Il profilo dal quale è necessario muovere, ad avviso del Collegio, riposa nella necessità che un giudizio di “rimproverabilità” di una condotta, (quantomeno sotto il profilo di non essersi conformati ai canoni di normale prudenza) debba necessariamente assistere qualsiasi ”sanzione” ricollegabile a comportamenti umani.

Ovviamente il principio non opera allorchè intercorrano rapporti negoziali liberi, per definizione regolati dalla libera determinazione delle parti (purché le intese non travalichino i limiti dell’ordine pubblico, del buon costume, e quelli fissati comunque da norme inderogabili imperative di natura pubblicistica).

Nel caso di specie, avuto riguardo agli interessi che le singole disposizioni ed i principi generali in materia evidenziale sono chiamati a soddisfare (libertà di concorrenza, parità delle parti, individuazione del contraente maggiormente affidabile per l’amministrazione, etc) tale assoluta libertà non ricorre.

Una sanzione espulsiva, quindi, quale è quella prevista dal bando, non può essere applicata se non omogeneizzando la medesima con le disposizioni legislative o regolamentari che disciplinano la fattispecie (nel caso di specie: recapito plichi) e perseguendo il canone per cui laddove la parte abbia fatto quanto in proprio potere, con l’ordinaria diligenza, per adempiere al precetto, nessuna conseguenza negativa ne possa discendere sulla propria sfera giuridica.

D’altro canto il superiore canone informa di se l’intera materia;
non è dato comprendere per quale motivo dovrebbe potervisi derogare in tema di recapito di plichi per pubblici incanti.

La nota decisione della Corte Costituzionale n. 477/2002 in ordine al perfezionamento della notifica per il soggetto notificante al momento del recapito all’agente (come è noto la Consulta ha affermato che la data della successiva consegna da parte del messo, e l’eventuale ritardo della medesima sono ininfluenti) risponde proprio alla logica di esonerare il notificante dai rischi successivi al’espletamento da parte di questi, delle condotte che rientrano nella propria sfera giuridica d’imputabilità atteso che sarebbe incongruo addossargli conseguenze riconducibili a condotte (il ritardo da parte dell’agente notificatore) sulle quali egli non può in alcun modo interferire.

Allo stesso modo, la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato, con riferimento all’attività provvedimentale della pubblica amministrazione soggetta a termini perentori per il suo esercizio (si veda Consiglio Stato , sez. VI, 22 giugno 2007, n. 3453 in tema di provvedimento repressivo della soprintendenza reso ex dall'art. 82 comma 9, d.P.R. n. 616 del 1977) la necessità di scindere la fase dell’adozione della statuizione da quella della comunicazione della medesima (ricorrendo al concetto di non ricettizietà dell’atto).

Analogo principio è costantemente applicato dalla giurisprudenza penalistica (si veda in proposito, esemplificativamente Cassazione penale , sez. II, 23 novembre 2004, n. 42).

Se non si rinvengono, nel sistema, referenti normativi che consentano di affermare che la richiamata disposizione del codice postale si ponga in termini “antagonistici” ed eccezionali rispetto al complesso normativo, e se, al contempo, il bando di gara non stabiliva una “preferenza” verso l’uno o l’altro dei metodi di recapito ivi menzionati, è doveroso farne discendere una conseguenza.

La disposizione in questione non può essere considerata incompatibile rispetto alla prescrizione di perentorietà del termine indicata dal bando che, al contrario, alla stessa si deve saldare, in guisa da ricomprenderla.




Sotto tale aspetto le doglianze contenute nel ricorso in appello devono essere accolte (ed è addirittura ininfluente sotto tal profilo interrogarsi sulla ammissibilità -o meno- della consegna a mano delle offerte, a termini di bando) a ciò non ostando la tassatività della prescrizione del bando relativa all’accollo in capo al partecipante del rischio del mancato tempestivo recapito dell’offerta.

Allorchè sia prevista la consegna a mezzo posta, unitamente, e senza espressione di preferenza alcuna, verso modalità alternative di consegna, ed una offerente se ne sia giovata, opera il principio espresso dal richiamato art. 36 del c.d. “codice postale”: la prescrizione del bando relativa all’accollo in capo al partecipante del rischio del mancato tempestivo recapito dell’offerta, non può intendersi riferita alla omessa osservanza di tale disposizione, ma ad altre e diverse fattispecie (quali ad esempio lo smarrimento del plico, non pervenuto all’ufficio di destinazione, etc,)non verificatesi nel caso di specie.

Alla stregua delle superiori considerazioni l’offerta di parte appellante doveva ritenersi essere tempestivamente pervenuta, e non si sarebbe dovuto procedere all’esclusione della gara dell’aggiudicataria medesima.

In accoglimento dei riuniti appelli, pertanto, la decisione appellata deve essere riformata, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado e salvezza degli atti impugnati.

Devono essere compensate le spese processuali sostenute dalle parti sussistendo le condizioni di legge riposanti, tra l’altro, nelle oscillazioni giurisprudenziali in tema di interpretazione delle suindicate disposizioni di legge.

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