Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-01-19, n. 202100573
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Pubblicato il 19/01/2021
N. 00573/2021REG.PROV.COLL.
N. 09468/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9468 del 2019, proposto da
Comune di Quindici, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luigi Napolitano in Roma, via Girolamo Da Carpi n. 6;
contro
F G, rappresentato e difeso dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Liberato Santaniello, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Seconda, 14 ottobre 2019, n. 1756, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di F G;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2020 il Cons. Giorgio Manca e udito per le parti l’avvocato Ugo de Luca su delega di Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con deliberazione n. 31 del 14 luglio 2018, il Consiglio Comunale di Quindici, constatato che i consiglieri comunali Liberato Santaniello e F G erano risultati assenti, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive del Consiglio, ha proceduto a dichiarare la decadenza dalla carica dei predetti consiglieri, ai sensi dell’art. 43 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, TUEL), dello statuto comunale e del regolamento per il funzionamento del Consiglio Comunale di Quindici.
2. - I consiglieri comunali hanno impugnato la menzionata deliberazione innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, che con sentenza 14 ottobre 2019, n. 1756 – in parziale accoglimento del ricorso proposto dai consiglieri comunali – ha annullato la deliberazione del Consiglio Comunale di Quindici nella parte in cui ha dichiarato decaduto dalla carica il consigliere F G;ha respinto il ricorso per quanto concerne la posizione del consigliere Santaniello.
In particolare, con riferimento alla decadenza del consigliere F G, al quale venivano contestate tre assenze consecutive, risulterebbe giustificata la mancata presenza alla seduta consiliare del 12 aprile 2018, avendo il consigliere tempestivamente prodotto un certificato medico, che presenta quei canoni di oggettività e serietà che la giurisprudenza riconosce come necessari e sufficienti al fine di ritenere scusata l’assenza dai lavori dell’assemblea. Conseguentemente, il primo giudice ha accolto la censura di difetto di motivazione, con annullamento della deliberazione consiliare limitatamente alla posizione del consigliere G.
3. - Il Comune di Quindici ha proposto appello, chiedendo la riforma della sentenza.
4. – Resiste in giudizio il consigliere comunale F G, il quale eccepisce preliminarmente l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la consiliatura della quale faceva parte si è conclusa per decorso del termine quinquennale;e nelle elezioni effettuate il 20 e 21 settembre 2020 è stato eletto il nuovo Consiglio comunale. Nel merito, conclude per la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza.
5. - All’udienza del 22 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. - Si può prescindere dall’esame della questione di improcedibilità dell’appello, sollevata da parte appellata, stante l’infondatezza nel merito del gravame.
7. - Con il primo motivo d’appello, il Comune di Quindici deduce l’erroneità della sentenza per non aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso in primo grado, per la violazione dei principi processuali in tema di proposizione di un ricorso collettivo e cumulativo, sul presupposto che la deliberazione del Consiglio Comunale di Quindici n. 31 del 14 luglio 2018 debba essere qualificata come atto plurimo contenente due autonome e distinte dichiarazioni di decadenza dal Consiglio Comunale, tra le quali non sussiste alcuna connessione oggettiva e soggettiva.
7.1. - Il motivo è infondato.
7.2. - Nel processo amministrativo, per stabilire l’ammissibilità del ricorso collettivo è necessario verificare l'identità delle situazioni sostanziali e processuali, ossia, in altri termini, accertare che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi. Da tale accertamento discende l'assenza di un conflitto di interessi tra le parti ricorrenti, essenziale condizione di ammissibilità del ricorso collettivo ( ex multis , Cons. St., III, 1 giugno 2020, n. 3449).
7.3. - Nella fattispecie non è configurabile un conflitto di interessi in quanto entrambi i ricorrenti in primo grado hanno impugnato lo stesso atto (la deliberazione consiliare di decadenza) e hanno proposto la medesima domanda di annullamento integrale della deliberazione consiliare, censurata per gli stessi motivi di ricorso.
7.4. - Inoltre, nel caso in esame, considerato che – come già rilevato – l’impugnazione proposta col ricorso introduttivo ha avuto per oggetto la medesima deliberazione consiliare, deve escludersi anche la violazione dei principi in tema di ammissibilità di un ricorso cumulativo (in conformità al consolidato orientamento, riaffermato dall'Adunanza plenaria con la sentenza 27 aprile 2015, n. 5, secondo cui la regola generale del processo amministrativo impone che il ricorso abbia ad oggetto un solo provvedimento e che i motivi siano correlati strettamente a quest'ultimo).
8. - Con il secondo motivo, il Comune appellante deduce l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto che il provvedimento di decadenza del consigliere F G fosse viziato da un deficit motivazionale in relazione a una delle tre giustificazioni dallo stesso prodotte per le contestate assenze dalle sedute consiliari. Secondo l’appellante, risulterebbe evidente come nessuna delle predette giustificazioni abbia dato conto dell’esistenza di oggettivi e comprovati fatti impeditivi. Ciò varrebbe anche per l’assenza alla seduta del 12 aprile 2018, giustificata dal consigliere G attraverso la produzione di certificato medico attestante semplicemente che, a quella data ed all’orario della seduta consiliare, si era sottoposto a visita odontoiatrica: infatti, nulla è stato rappresentato in ordine alla indifferibilità della visita e, pertanto, l’assenza non avrebbe potuto ritenersi adeguatamente giustificata.
8.1. - Il motivo è infondato.
8.2. - In linea di fatto, è bene precisare che le assenze contestate al consigliere F G sono relative a tre consecutive sedute consiliari del 27 marzo, 12 aprile e 29 maggio 2018 (come risulta dalla nota del 21 giugno 2018 con la quale il Sindaco ha contestato al consigliere le predette assenze). In particolare, il consigliere ha spiegato le ragioni della mancata partecipazione alla seduta del 12 aprile 2018 con la necessità di sottoporsi, nella stessa giornata, a una visita odontoiatrica (fatto comprovato attraverso la produzione della relativa certificazione rilasciata dal medico presso il quale è stata effettuata la visita).
Il primo giudice ha ritenuto che il fatto allegato dal consigliere (in mancanza di una qualsivoglia contestazione, da parte dell’organo consiliare, sull’idoneità di tale certificazione a giustificare l’assenza della parte) integrasse quei canoni di oggettività e serietà, che la giurisprudenza riconosce come necessari e sufficienti al fine di ritenere scusata l’assenza dai lavori dell’assemblea.
8.3. - Tale valutazione, che va condivisa, non è smentita dall’argomento proposto dall’appellante secondo cui il consigliere avrebbe dovuto dimostrare l’impossibilità di partecipare alla riunione consiliare a causa della indifferibilità della visita medica.
8.4. - Occorre rilevare, anzitutto, che le norme sulla decadenza dalla carica di consigliere comunale non prevedono che, oltre alla giustificazione dell’assenza, il consigliere sia onerato della dimostrazione di un impedimento assoluto a presenziare alle sedute del Consiglio. Sulla scia dell’art. 43, comma 4, del TUEL (il quale, nel rinviare allo statuto comunale la disciplina dei casi di decadenza dal Consiglio, garantisce il diritto del consigliere «a far valere le cause giustificative» ), sia l’art. 18, comma 3, dello Statuto del Comune di Quindici ( «I Consiglieri comunali che non intervengono a tre sedute senza giustificato motivo sono dichiarati decaduti con deliberazione del Consiglio comunale» ) che l’art. 22, comma 6, del regolamento per il funzionamento del Consiglio (secondo cui i consiglieri comunali «possono decadere dalla carica in caso di mancata partecipazione a tre sedute consecutive senza giustificato motivo» ), si limitano, infatti, a richiamare l’onere del consigliere comunale di addurre e dimostrare la ragione dell’assenza. Il che è sufficiente a costituire il «giustificato motivo» anche quando la decisione di non partecipare alla riunione sia stata il frutto di una scelta del consigliere non dettata da situazioni di impossibilità.
8.5. - Né si può attribuire al Consiglio Comunale un potere di natura discrezionale, che troverebbe fondamento nel fatto che la norma non ricollega la decadenza per assenze ingiustificate a eventi tipizzati, per cui spetterebbe all’organo consiliare, cui è attribuito il potere di dichiarare la decadenza del consigliere, la «valutazione discrezionale delle giustificazioni prodotte dall'interessato in merito agli impedimenti dallo stesso addotti, in esito ad un procedimento finalizzato alla tutela del corretto funzionamento degli organi rappresentativi, suscettibile di essere compromesso dal comportamento di disinteresse per la carica manifestato da uno dei suoi componenti» (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, 22 marzo 2017, n. 3786). Un indirizzo che non può essere seguito né condiviso, per le ragioni ben espresse dalla Sezione in occasioni analoghe (cfr. Sez. V, 20 febbraio 2017, n. 743) in cui si è puntualmente sottolineato come le circostanze che giustificano l’esercizio del potere di decadenza vanno interpretate restrittivamente e con estremo rigore, data la limitazione che la decadenza comporta all'esercizio di un munus publicum e per la possibilità di un uso distorto del potere da parte del Consiglio Comunale, per ragioni di scontro politico (ferma restando, occorre aggiungere, la possibilità del Consiglio comunale di sindacare i casi in cui le ragioni addotte dal consigliere siano ictu oculi prive di qualsiasi spiegazione logica ovvero non siano supportate da alcuna documentazione o dimostrazione dei fatti affermati).
9. - L’appello, in conclusione, va respinto.
10. - Le spese di lite devono essere compensate tra le parti, in ragione della peculiarità della vicenda esaminata.