Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-25, n. 202305146
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Testo completo
Pubblicato il 25/05/2023
N. 05146/2023REG.PROV.COLL.
N. 01787/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1787 del 2018, proposto da
DI soc. coop. a r.l., in proprio e nella qualità di mandataria di Ati con La Decima soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Daniele Vagnozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giunio Bazzoni, 3;
contro
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Biblioteca Nazionale Centrale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 09531/2017, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Biblioteca Nazionale Centrale, nonché l’appello incidentale dagli stessi proposto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2023 il Cons. Alberto Urso e preso atto delle richieste di passaggio in decisione depositate in atti dagli avvocati Vagnozzi e dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’Ati capeggiata dalla DI soc. coop. a r.l. riceveva in affidamento dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Biblioteca Nazionale Centrale di Roma la prestazione del servizio di pulizia dei locali della stessa Biblioteca Nazionale per il periodo di due anni, dal 6 marzo 2006 al 5 marzo 2008, successivamente prorogato sino al 16 aprile 2012.
Con il ricorso di primo grado la DI lamentava che l’amministrazione affidante non le aveva mai riconosciuto né corrisposto, all’epoca dei rinnovi contrattuali, alcun importo a titolo di revisione del canone ex art. 115 d.lgs. 163 del 2006 (e già ex art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993 e art. 44 l. n. 724 del 1994), nonostante le diffide e i solleciti inviati dalla stessa DI, cui il Ministero non aveva risposto; per questo domandava il riconoscimento della suddetta revisione con corrispondente condanna di pagamento a carico dell’amministrazione.
Con successivi motivi aggiunti la DI impugnava la nota del 4 novembre 2015 con cui il Ministero, dopo avere in precedenza manifestato l’intenzione di avviare l’istruttoria revisionale, respingeva illegittimamente le richieste avanzate dalla stessa DI.
Deduceva al riguardo, in sintesi, l’erroneità dell’istruttoria svolta dal Ministero e della valutazione circa l’inesistenza del diritto invocato dalla DI; l’amministrazione aveva in specie negato la revisione sulla base di motivi inconferenti e di profili irrilevanti attinenti al regime della cd. “ spending review ”. Perciò la ricorrente domandava il riconoscimento dell’importo revisionale e la condanna dell’amministrazione alla relativa corresponsione, per un importo pari a € 123.166,23, o alla diversa somma da determinare in corso di giudizio.
2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza del Ministero e della Biblioteca Nazionale, dichiarava in parte improcedibile il ricorso, in relazione alla domanda avverso il silenzio, stante l’intervenuto provvedimento di rigetto del Ministero; nel merito, respingeva le domande della ricorrente in relazione al periodo di proroga “atecnica” del contratto, intercorso tra il 5 marzo 2010 e il 16 aprile 2012, mentre le accoglieva in relazione al periodo anteriore ( i.e. , dal 5 marzo 2007 al 5 marzo 2010) annullando il provvedimento di diniego e dichiarando il diritto della ricorrente alla revisione prezzi dal marzo 2007 al marzo 2010, con nuova istruttoria da compiere dalla stazione appaltante (prendendo a riferimento, per la stessa istruttoria, l’indice cd. “FOI”), oltre interessi di mora dal dovuto al soddisfo, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2002.
3. Avverso la sentenza ha proposto appello la DI deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 l. n. 537 del 1993, dell’art. 44 l. n. 724 del 1994 e dell’art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006; erroneità, illogicità e contraddittorietà della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 23 l. n. 62 del 2005; violazione dei principi di affidamento e buona fede; violazione dell’art. 97 Cost.
4. Resistono al gravame il Ministero e la Biblioteca Nazionale, i quali interpongono a loro volta appello incidentale - cui la DI resiste - con cui invocano la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del contratto d’appalto che regolava il rapporto tra le parti, dell’art. 2 della lettera d’invito e degli art. 1334 e 1335 Cod. civ.
5. All’udienza pubblica del 27 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari stante il rigetto nel merito di entrambi gli appelli.
2. Con l’unico motivo del gravame principale la DI si duole dell’errore che il giudice di primo grado avrebbe commesso nell’equiparare indebitamente le (distinte) fattispecie del rinnovo contrattuale e della proroga; nella specie non sarebbe intercorsa alcuna nuova pattuizione o negoziazione delle condizioni di contratto fra le parti, ma con le varie comunicazioni susseguitesi l’amministrazione si sarebbe limitata a deliberare la proroga del termine finale del contratto, specificando nell’ultima nota del 21 dicembre 2010 anche la necessità di attendere l’aggiudicazione della nuova gara.
Alla luce di ciò, erroneamente il giudice avrebbe negato il diritto alla revisione per il periodo successivo al marzo 2010, considerato che siffatta revisione spetta di per sé in caso di proroga, come nella specie disposta.
D’altra parte, le proroghe concesse dall’amministrazione sono ben da considerare, nella specie, quali proroghe tecniche e legittime, giammai equiparabili a rinnovi contrattuali, né la stessa DI avrebbe del resto potuto sottrarsi alle stesse.
In ogni caso, un’eventuale illegittimità di tali proroghe non potrebbe inficiare di per sé il diritto alla revisione prezzi.
In tale prospettiva, la sentenza sarebbe anche contraddittoria - nella misura in cui ammette essa stessa che in caso di cd.