Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-10-28, n. 201907341

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-10-28, n. 201907341
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907341
Data del deposito : 28 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2019

N. 07341/2019REG.PROV.COLL.

N. 05814/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5814 del 2018, proposto da
C C, F S, rappresentati e difesi dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Tempio di Giove 21;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 06324/2018, resa tra le parti, concernente

1 Determinazione Dirigenziale prot. QI/103087/2016 del 01.06.2016, notificata ai ricorrenti in data12.07.2016, con la quale è stata respinta l'istanza di sanatoria avanzata dalla parte ricorrente;

2 della Determinazione Dirigenziale prot. QI/103084/2016 del 01.06.2016, notificata ai ricorrenti in data 12.06.2016, con la quale è stata respinta l'istanza di sanatoria avanzata dalla parte ricorrente;

3 della Determinazione Dirigenziale prot. QI/103085/2016 del 01.06.2016, notificata ai ricorrenti in data 12.06.2016, con la quale è stata respinta l'istanza di sanatoria avanzata dalla parte ricorrente


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati F S e S S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 6324 del 2018 con cui il Tar Lazio aveva respinto l’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento delle determinazioni dirigenziali prot. nn. QI/103084/2016, QI/103087/2016 e QI/103085, datate 1 giugno 2016, di rigetto delle istanze di condono edilizio, formulate “ai sensi della legge 326 del 24/11/03”, per chiedere ed ottenere la sanatoria dei seguenti abusi edilizi, realizzati all’interno del Parco della Marcigliana nel febbraio 2003: a) la “trasformazione di un fienile in una struttura per agriturismo per una superficie utile di Mq. 199,63”, con la specifica che “mancano finiture interne”;
- b) la trasformazione di un “deposito attrezzi agricoli in una struttura per agriturismo per una superficie comp. Utile di Mq. 177,86”, con la medesima specifica;
c) la “trasformazione di un ovile in struttura per agriturismo per una superficie utile di Mq. 216,21”, del pari carente di “finiture interne”.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello sull’erroneità della sentenza e comportanti la riproposizione dei vizi di prime cure, in specie con riferimento alla carenza della contestata abusività originaria delle opere, alla qualificazione di queste ultime come di carattere meramente interno ovvero di manutenzione straordinaria.

L’amministrazione appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 3973 del 2018 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza, nelle more del necessario approfondimento di merito.

Alla pubblica udienza del 24 ottobre 2019 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità per genericità del gravame in quanto l’appello è prima facie infondato.

Come noto, nel processo amministrativo il giudice, per ragioni di economia processuale, può legittimamente rinunciare a definire le eccezioni d'inammissibilità e/o irricevibilità del ricorso, se lo stesso è nel merito palesemente infondato (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 9 luglio 2015, n. 3443).

2. I provvedimenti oggetto di contestazione riguardano le opere abusive, riassunte nella narrativa in fatto, realizzate in area vincolata;
quest’ultima, infatti, risulta rientrare pacificamente all’interno del Parco della Marcigliana, sulla scorta delle norme e dei conseguenti provvedimenti applicativi del vincolo, compiutamente richiamati negli stessi atti in contestazione.

3. Conseguentemente, il diniego di condono appare coerente al dato normativo scaturente dal c..d terzo condono (art. 32 comma 27 lett. d, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in l. 24 novembre 2003,n. 326, nonché ex art. 3 l.r. 12 del 2004, a mente del quale “le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora …d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”

A fronte di tale rigorosa e chiara disciplina, il diniego in contestazione appare coerente sia con la norma, sia con la natura eccezionale del condono e di stretta interpretazione della relativa disciplina, in termini di straordinaria sanabilità di abusi edilizi (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. V 3 giugno 2013 n. 3034 e sez. VI 12 ottobre 2018 n. 5892).

Ai sensi della normativa richiamata quindi devono intendersi escluse dalla sanatoria le opere edilizie realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima dell'esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (cfr. ex multis Consiglio di Stato sez IV, 29 marzo 2017 , n. 1434).

4. Anche aderendo all’orientamento invocato da parte appellante, sulla scorta della reputata qualificazione degli abusi quali opere minori, la condonabilità è da escludere, necessitando, in caso di opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli (ambientale, paesistico, dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali), il ricorrere congiuntamente delle seguenti condizioni: a) opere realizzate prima della imposizione del vincolo;
b) seppure realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, debbono essere conformi alle prescrizioni urbanistiche;
c) opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria);
d) esistenza del previo parere dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo;
in ogni caso, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 agosto 2017, n. 4007). Nel caso di specie infatti il vincolo risulta pacificamente preesistente alle modifiche in contestazione, con conseguente insussistenza del primo necessario presupposto.

5. Peraltro, pur dinanzi alla ostatività della stessa legislazione statale, in termini ulteriormente limitativi, correttamente richiamati dagli atti impugnati, l’art. 3 della legge regionale attuativa della disciplina statale del condono, alla lettera b) del comma 1 detta una ulteriore specifica esclusione per gli abusi realizzati su aree di vincolo imposto a tutela dei parchi;
ciò in termini ammissibili , rispetto alla stessa legislazione statale, secondo l’insegnamento della Consulta (cfr. ad es. sentenza n. 225 del 2012).

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi, a fronte della consistenza anche qualitativa delle opere, per compensare le spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi