Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-03-03, n. 201001254

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-03-03, n. 201001254
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001254
Data del deposito : 3 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05012/2009 REG.RIC.

N. 01254/2010REG.SEN.

N. 05012/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 5012 del 2009, proposto dalla società
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv. G C e L L, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria 2,

contro

l’Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Napoli, Ministero dell'Interno, Sottosegretario di Stato c/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri in qualità di Preposto all’Emergenza Rifiuti in Campania, costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi 12,

nei confronti

-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., n.c.,

per la riforma

della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, Sezione I, -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI IMPIANTO TRATTAMENTO RIFIUTI-PROVVEDIMENTO INTERDITTIVO ANTIMAFIA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in delle Amministrazioni appellate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza della Sezione 1° dicembre 2009, n. 113;

Relatore, nell'udienza pubblica del 26 gennaio 2010, il Cons. P B;

Uditi, per le parti, l’avv. Lentini e l' Avvocato dello Stato Fiduccia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1) - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento, quanto al ricorso principale: della nota del Prefetto di Napoli n. I/27162/Area/I/Ter/O.S.P. del 20 marzo 2008;
della nota del Commissario di Governo prot. n. 9216 del 12 maggio 2008;
della nota della -OMISSIS- s.p.a. prot. n. 444/08/RM del 14 maggio 2008;
nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
e per la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni;
quanto ai motivi aggiunti: della nota della Prefettura-UTG di Napoli prot. n.2156/AREAIII quater/leg. del 10 luglio 2008;
degli atti nella precedente richiamati, ivi compresi il verbale G.I.A. del 18 marzo 2008;
della nota prefettizia p.n. del 21 marzo 2008 e delle missive del Commissario di Governo dell'8 gennaio 2008 e del Comando provinciale dei Carabinieri del 23 gennaio 2008;
ed ove esistenti, delle informative istruttorie dell'Arma dei Carabinieri, del G.I.C.O., della Questura di Napoli;
nonché per il risarcimento dei danni.

Il TAR ha, preliminarmente, esaminato l’eccezione sollevata dalla difesa erariale secondo cui, in forza dell'art. 3, comma 2-bis, del decreto legge n. 245 del 2005, la controversia riguardante un provvedimento commissariale, adottato in situazione di emergenza dichiarata ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992, sarebbe devoluta in via esclusiva alla competenza di primo grado del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma;
al riguardo hanno osservato, i primi giudici, che, atteso il carattere eccezionale e di stretta interpretazione della suddetta disposizione, l'incompetenza funzionale del TAR adito era da ritenersi circoscritta alla cognizione sull’impugnativa e sui vizi dedotti contro gli atti emanati dal Commissariato di Governo per l'emergenza rifiuti, mentre andava riconosciuta la competenza dello stesso Tribunale a pronunciarsi sull’impugnativa del provvedimento prefettizio di interdittiva, atteso che tale determinazione era immediatamente e direttamente lesiva e quindi autonomamente impugnabile.

Il TAR ha, poi, rigettato il ricorso nel merito.

Il TAR ha rilevato, in particolare, che l’interdittiva impugnata poggiava sui seguenti elementi:

- frequentazioni con pregiudicati, ritenuti affiliati a clan camorristici, di un socio, titolare della società ricorrente unitamente alla figlia;

- presenza di alcuni dipendenti gravati da precedenti penali, controllati in compagnia di soggetti ritenuti contigui a sodalizi criminali;

- rapporti commerciali della società ricorrente con imprese gravate da provvedimenti ostativi antimafia.

In ordine alle contestazioni mosse dalla ricorrente i primi giudici hanno rilevato che:

- il fatto che la società ricorrente avesse, con la società S., un rapporto qualificabile o meno come subappalto, era circostanza ininfluente, poiché ciò che veniva ritenuto rilevante ed addebitato alla società ricorrente erano, in generale, rapporti commerciali con siffatte ditte;

- per quanto concerneva la posizione della medesima società S., risultava che, successivamente alla sospensiva concessa dal TAR Lazio con ordinanza n. 784 del 19/6/2008 nelle more della trattazione della causa nel merito, la tutela cautelare era stata conclusivamente respinta con ordinanza dello stesso giudice n. 5388 del 19/11/2008, confermata dal Consiglio di Stato, con ordinanza della sez. VI, n. 6855 del 19/12/2008;

- il fatto che la società ricorrente fosse stata costituita solo nel 2005 non escludeva la plausibilità che, nell’apprezzamento discrezionale dell’autorità prefettizia, le anteriori frequentazione di un socio, risalenti peraltro ad un’epoca non remota, potessero assumere rilevanza sotto il profilo della prevenzione antimafia;

- la circostanza del reclutamento di soggetti vicini ad ambienti malavitosi, sia pure con mansioni non direttive, poteva essere considerata come indicativa della continuità ed attualità di quelle relazioni;

- i rapporti di parentela tra i soci risultavano indicativi di una impresa a carattere familiare, per cui non era irragionevole la rilevanza attribuita agli elementi relativi a GV;

- né era illogico, in siffatto contesto, che venisse dato credito alle segnalazioni delle forze di polizia.

In definitiva, l’impugnativa dell’interdittiva, per il TAR, si palesava infondata, con il conseguente rigetto del ricorso.

2) – Per l’appellante società la sentenza sarebbe erronea e dovrebbe essere riformata, anzitutto, in quanto il provvedimento impugnato poggia, essenzialmente, sui rapporti dell’appellante stessa con la società S. s.p.a. nei confronti della quale era stata emessa, il 18 marzo 2008, informativa interdittiva;
avendo il TAR ritenuto che il semplice contatto commerciale con detta impresa da parte della deducente fosse idoneo a giustificare l’atto impugnato, ne consegue il venir meno di un presupposto logico essenziale dell’atto stesso, l’accertamento negativo di infiltrazione mafiosa sul conto di S. s.p.a., reso dal giudice amministrativo, riverberandosi necessariamente, si assume, in termini invalidanti, sul provvedimento impugnato in primo grado, di cui qui si discute e che su tale accertamento poggiava.

In ogni caso, la semplice pendenza di rapporti negoziali, tra l’altro, tutt’altro che intensi, con la predetta società S. s.p.a. (avente, tra l’altro, in corso anche contratti con il Commissario per l’emergenza rifiuti), non potrebbe costituire elemento rilevante, in grado, di per se, di giustificare l’interdittiva, anche tenuto conto del fatto che, secondo la deducente, la circostanza della pendenza di un’interdittiva nei confronti di S. s.p.a. (tra l’altro, di soli due giorni antecedente rispetto al provvedimento oggetto del presente giudizio) non sarebbe stata conoscibile e, quindi, non avrebbe potuto indurre la medesima a risolvere i propri ordinari rapporti commerciali con la stessa S. s.p.a.;
non senza contare, poi, che non sarebbero stati addotti elementi in grado di dimostrare la sussistenza di uno stabile collegamento tra le due società o l’esistenza di interferenze rilevanti tra le sfere decisionali delle due imprese.

Ad avviso dell’appellante, infine, neppure gli altri elementi addotti nell’informativa in parola potrebbero giustificarne l’adozione (e, cioè, le frequentazioni di un socio o l’assunzione di due autisti), in quanto privi di ogni significativa rilevanza oggettiva;
comunque, l’Amministrazione non avrebbe valutato una serie di elementi favorevoli che militavano a favore della piena legalità societaria.

Non viene ribadita, in questa sede, alcuna pretesa risarcitoria.

Si è costituita resistendo l’Amministrazione appellata.

Con ordinanza 1° dicembre 2009, n. 113, è stata disposta, dal Collegio, l’acquisizione, ai fini della completezza istruttoria, di copia della nota 10 luglio 2008, prot. n. 21567, AREA III QUATER/LEG./ANT. della Prefettura – UTG di Napoli, diretta all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, della nota del Commissario di Governo per l’Emergenza Rifiuti nella Regione Campania in data 8 gennaio 2008 e delle note 23 gennaio 2008 del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli e del verbale della riunione GIA del 18 marzo 2008.

Espletato detto incombente, con deposito in data 19 gennaio 2009, la causa torna all’esame del Collegio.

3) – L’appello è fondato.

Con il provvedimento principalmente impugnato (informativa del 20 marzo 2008) e atti ad esso presupposti, si addebitavano, anzitutto, al sig. G.V., (quale titolare della società appellante unitamente alla figlia) negative frequentazioni;
risultava, inoltre, che nell’organico dell’impresa erano presenti alcuni dipendenti gravati da pregiudizi penali, “controllati in compagnia di soggetti contigui a sodalizi criminosi locali”;
che, infine, la società stessa risultava avere rapporti commerciali con imprese gravate da provvedimenti ostativi antimafia.

Detti elementi, peraltro, al contrario di quanto ritenuto dai primi giudici, non sono in grado di sorreggere il provvedimento interdittivo impugnato.

Ritiene, invero, il Collegio che, nell’esporre gli elementi che ostavano al rilascio di un’informativa liberatoria da parte del Prefetto, avrebbe dovuto essere ricostruito un quadro più completo e preciso delle vicende che interessavano la società appellante, i suoi amministratori e il personale dipendente

È vero, infatti, che le misure interdittive vengono emesse sulla base di accertamenti sommari e probabilistici, che non raggiungono, né possono raggiungere, le certezze che scaturiscono dai giudizi penali;
non di meno, esse debbono poggiare su quadri indiziari sufficienti, in cui l’Autorità preposta deve precisare tutti gli elementi a sua conoscenza in grado di incidere sugli apprezzamenti in corso di definizione.

Ebbene, come dedotto dall’appellante, uno degli elementi centrali sui quali poggiava la contestata misura interdittiva era offerta dai contatti commerciali (che sarebbero stati di subappalto per l’UTG e sarebbero stati, invece, ordinari e circoscritti rapporti commerciali secondo la medesima appellante) correnti tra essa ed una società terza, la S. s.p.a., gravata da interdittiva antimafia.

Tali rapporti commerciali non possono, peraltro, assumere quel valore pregnante che l’Amministrazione (e il TAR) hanno ad essi assegnato;
ciò in quanto non solo non è stato offerto, dall’Amministrazione, un quadro di rapporti costanti e continuativi nel tempo, implicanti anche un condizionamento, sul piano decisionale, di un’impresa rispetto all’altra, ma, soprattutto, non si è tenuto conto del fatto che la società appellante non poteva essere a conoscenza delle implicazioni antimafia che avevano investito la S. s.p.a. ;
e ciò in quanto l’interdittiva relativa a quest’ultima era stata adottata appena due giorni prima rispetto a quella della ricorrente P. s.p.a. che, quindi, non era in grado di modulare le proprie scelte in funzione di tale sopravvenuto elemento critico;
né è senza significato, sul piano sintomatico, il fatto che l’informativa interdittiva di cui la stessa società S. s.p.a. è stata gravata è stata annullata con sentenza n. 4137/2009 del TAR del Lazio, sede di Roma, che non risulta impugnata;
e ciò sebbene il quadro indiziario che investiva detta società risultasse – come può evincersi dalla documentazione acquisita in sede interlocutoria – molto più articolato rispetto a quello concernente l’odierna appellante.

In tale contesto, i normali rapporti commerciali tra le due aziende - peraltro, neppure puntualmente indicati, così da poterne inferire la reale portata - non possono assurgere, in definitiva, ad elementi altamente probanti, sul piano indiziario, dell’asserita contaminazione mafiosa.

4) - Quanto agli altri elementi pure posti a supporto dell’impugnata informativa (e desumibili anche dalla documentazione istruttoria acquisita), può, poi, osservarsi che il sig. -OMISSIS-., le cui frequentazioni sarebbero state significative sotto il profilo antimafia, risultava socio della società appellante, ma con un controllo azionario pari solo al 5%, mentre titolare del 95% delle quote azionarie e amministratore unico era la figlia del medesimo;
e, in una situazione siffatta, avrebbe dovuto quanto meno essere addotta la circostanza di un effettivo controllo di fatto dello stesso -OMISSIS-sulla società;
sotto tale profilo nulla emerge dagli atti impugnati, sebbene fosse un dato di fatto centrale per verificare se effettivamente il centro decisionale della società facesse capo o meno a un soggetto strettamente legato (secondo l’assunto della P.A.) al mondo della malavita organizzata e da questa condizionabile o condizionato.

Anche il legame del predetto -OMISSIS-con esponenti della locale malavita organizzata, così come rinvenibile negli atti di causa, poggia, peraltro, su elementi indiziari estremamente labili;
risulta, infatti, che il medesimo, in data 7 gennaio 2004, è stato controllato unitamente ad -OMISSIS- e -OMISSIS-.;
e che -OMISSIS- è fratello di -OMISSIS-. la cui moglie è titolare di una ditta gravata da informativa interdittiva;
che lo stesso -OMISSIS-. era noto “accompagnarsi con pregiudicati” e che all’inizio degli anni ’80 apparteneva alla NCA (e, all’epoca, era stato sottoposto a misure di prevenzione).

Sennonché, del controllato -OMISSIS-. non è stato addotto alcun elemento “critico”;
quanto ad -OMISSIS-, è stato segnalato un solo “controllo” (peraltro remoto e che non aveva dato adito, in precedenza, ad alcuna misura antimafia), per giunta non con un soggetto gravato di misure antimafia o, almeno, sospetto di appartenenza a gruppi malavitosi, ma solo con il fratello di un personaggio che oltre un quarto di secolo addietro era esponente di un’organizzazione malavitosa da tempo sgominata, di cui non sono state neppure addotte successive attività o frequentazioni delinquenziali o tentativi di controllare l’azione societaria dell’odierna appellante;
così come privo di ogni rilievo, in mancanza di elementi chiarificatori, appare il fatto che il citato -OMISSIS-. fosse marito della titolare di una società gravata da informativa interdittiva, dal momento che una circostanza siffatta avrebbe potuto, in estrema ipotesi, assumere rilevanza solo nel caso in cui tra la dette società fosse stata in qualche misura affermata una situazione di controllo dell’una verso l’altra o, comunque, di condizionamento.

Già il venir meno di ogni significativo apporto (almeno allo stato degli atti) da parte degli elementi ora detti – costituenti aspetti centrali degli atti in esame - comporta il travolgimento del provvedimento impugnato;
ma anche le ulteriori circostanze indicate prestano il fianco a rilievi critici se non accompagnate da apporti sostanziali più probanti.

Al riguardo, è da notare che, nell’informativa impugnata (e atti presupposti) si fa riferimento al fatto che nell’organico dell’odierna appellante erano presenti alcuni dipendenti gravati da pregiudizi penali, controllati in compagnia di soggetti ritenuti contigui a sodalizi criminosi locali;
sennonché, i personaggi ai quali viene fatto riferimento sono semplicemente due autisti di camion, di cui non viene neppure, in qualche misura, prospettata la capacità di influire sulle scelte societarie o, comunque, di condizionarle;
in ogni caso, il-OMISSIS- (gravato da non meglio precisati precedenti di polizia per reati, anche associativi, commessi tra il 1995 e il 1998), avrebbe fatto capo ad un clan (“-OMISSIS-”), da tempo sgominato, tanto che lo stesso capo clan è stato indicato, nell’informativa, quale attuale collaboratore di giustizia;
mentre è mancata ogni informazione in ordine al permanere del predetto-OMISSIS-, negli anni successivi agli anni ’90, nell’orbita della malavita organizzata;
quanto all’altro autista, -OMISSIS-., è risultato controllato una sola volata insieme a tale -OMISSIS-., gravato, peraltro, da non precisati precedenti di polizia per omicidio, furto, rapina etc., ma senza riferimento a contatti con ambienti camorristici o a precedenti azioni criminose commesse in tale contesto malavitoso.

5) – Per tali motivi l’appello in epigrafe appare fondato e va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata e in accoglimento del ricorso di primo grado, va annullata la nota informativa del Prefetto di Napoli n. I/27162/Area/I/Ter/O.S.P. del 20 marzo 2008.

Restano salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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