Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-06-11, n. 201303225

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-06-11, n. 201303225
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303225
Data del deposito : 11 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00438/2002 REG.RIC.

N. 03225/2013REG.PROV.COLL.

N. 00438/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 438 del 2002, proposto da G E, G M, G F e V V v G, tutte quali eredi di G U, rappresentate e difese dagli avvocati F L e P M L, con domicilio eletto presso l’avvocato F L in Roma, via del Viminale n. 43;

contro

Comune di Firenze in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso lo Studio Tonucci in Roma, Via Principessa Clotilde n. 7;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo della Toscana, Sezione II, n. 1015 del 7 giugno 2001.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Firenze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2013 il Cons. Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Lorenzoni e Pratini, per delega dell'avvocato Viciconte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Toscana, rubricato al n. 607/1992, il sig. U G, dipendente del Comune di Firenze, inquadrato nell’ottava qualifica funzionale, in base all’art. 40, d.P.R. n. 347 del 1983, dal 5 maggio 1986, esponeva di avere svolto fin dal 1981 mansioni di dirigente.

In particolare ha evidenziato che:

a) con deliberazione consiliare n. 6177/87, in materia di inquadramenti del personale in applicazione di detto decreto, il Comune ha previsto un procedimento di revisione degli inquadramenti iniziali per i casi in cui si fosse accertata la non corrispondenza, al 31 dicembre 1982, delle prestazioni effettive con il profilo professionale formalmente posseduto;
con istanza in data 10 dicembre 1984 ha quindi domandato l’inquadramento nella prima qualifica dirigenziale;

b) nell’ambito del procedimento in parola, il Comune ha nominato una commissione, la quale ha tuttavia espresso parere negativo sull’istanza del ricorrente e conseguentemente il Comune con deliberazione della Giunta Municipale n. 513 del 30 gennaio 1992 ha respinto la domanda di reinquadramento nella prima qualifica dirigenziale;
con deliberazione del medesimo organo n. 727 del 30 gennaio 1992 egli è stato reinquadrato (con decorrenza 1.1.1983) nella qualifica ottava, anziché prima dirigenziale.

Il sig. Golino ha quindi proposto il ricorso suddetto con il quale ha impugnato le deliberazioni appena citate nonché la deliberazione della Giunta municipale di Firenze n. 5596 del 18 settembre 1990, modificata con successivo atto del medesimo organo n. 6958 del 15 novembre 1990, con la quale è stata nominata una commissione tecnica per l’esame delle domande di reinquadramento;
in subordine ha chiesto la condanna dell’Amministrazione al pagamento della retribuzione corrispondente alle funzioni svolte, dalla data di entrata in vigore del d.P.R. n. 347/83.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

a) eccesso di potere per mancanza d istruttoria e di motivazione, errore e travisamento dei fatti, illogicità manifesta. Violazione dei principi generali in materia di reinqudramento funzionale del personale;

b) violazione dell’art. 40 del d.P.R. 347 del 1983;

c) ulteriore violazione dell’art. 40 cit.;

d) violazione dell’art. 53 della legge 8.6.1990 n. 142;
eccesso di potere per mancanza di motivazione.

2. Con la sentenza in epigrafe, n. 1015 in data 7 giugno 2001, il Tribunale amministrativo della Toscana, Sezione II, respingeva il ricorso.

2.1. Avverso la predetta sentenza le eredi del signor U G, nel frattempo deceduto, propongono il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 438/02, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

2.2. Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze chiedendo il rigetto dell’appello.

2.3. Le parti hanno scambiato memorie.

2.4. La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 14 maggio 2013.

3. L’appello è infondato.

3.1. Deve essere premesso che l’art. 40, d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347, dispone l’inquadramento del personale degli enti locali nei diversi livelli dell’articolazione ivi prevista sulla base del raffronto fra la declaratoria del profilo professionale formalmente attribuito a ciascuno e la declaratoria dei profili inseriti nei vari livelli istituiti dallo stesso d.P.R., senza che possa darsi alcun rilievo alle eventuali mansioni superiori svolte.

L’assunto è da tempo pacifico, essendo stati da tempo superati i dubbi emersi nella fase di applicazione nella giurisprudenza dei tribunali amministrativi (da ultimo C. di S., V, n. 1924 del 2013 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

E’ vero che il Comune di Firenze ha posto in essere una complessa procedura preordinata, appunto, a dare rilievo alle mansioni superiori a quelle proprie della qualifica svolte dai dipendenti al fine dell’inquadramento nei livelli previsti dal d.P.R. richiamato, e che tali deliberazioni non sono impugnate.

Peraltro, appare evidente che le relative deliberazioni – anche superando ogni problema di disapplicazione – hanno un contenuto marcatamente eccezionale, per cui sono suscettibili solo di stretta interpretazione.

Alla luce di tali osservazioni, deve essere rilevato come l’originario ricorrente abbia preteso di essere inquadrato in un profilo professionale inesistente.

L’originario ricorrente, ed ora le appellanti, sminuiscono il significato di tale fatto, attribuendogli una valenza solo formale, ma la tesi non può essere condivisa.

Invero, i casi eccezionali nei quali la normativa regolante lo stato giuridico dei dipendenti pubblici ammette la rilevanza dell’esercizio di mansioni superiori si basano sul presupposto che l’Amministrazione abbia di fatto ricevuto un vantaggio dalla preposizione del dipendente a compiti di maggiore impegno di quelli di sua spettanza;
nel caso in cui le mansioni di cui si tratta non sono riconducibili ad un preciso profilo professionale è dimostrato che tale presupposto non ricorre, in quanto l’Amministrazione non ha riconosciuto l’utilità delle mansioni di cui si tratta inquadrandole in un preciso profilo professionale.

L’applicabilità del principio appena riassunto al caso che ora occupa è ulteriormente sottolineata dal fatto che, come rilevato anche dal primo giudice, le deliberazioni con le quale il Comune intimato ha disciplinato le operazioni di reinquadramento del proprio personale hanno previsto, fra i criteri per l’attribuzione del beneficio, il fatto che le mansioni siano state svolte su posto vacante.

E’ evidente, infatti, che se non può essere attribuito rilievo a mansioni svolte su posto non vacante, a maggior ragione non può essere dato rilievo a mansioni svolte su posto inesistente e di cui, quindi, l’Amministrazione non ha ravvisato la necessità.

Occorre inoltre osservare, per mero completamento d’indagine, che l’ascrivibilità delle mansioni svolte dall’originario ricorrente alla declaratoria della prima qualifica dirigenziale, per la quale egli non disponeva del titolo di studio necessario per l’accesso dall’esterno, è affermata in termini sostanzialmente assiomatici.

3.2. Le censure riguardanti l’applicazione dell’art. 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142, non sono state riprodotte in appello.

3.3. Allo stesso modo, non è stata espressamente riprodotta in appello la domanda volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alle differenze retributive corrispondenti alle vantate mansioni superiori, peraltro in palese contrasto con pacifico orientamento giurisprudenziale (a partire da C. di S., A.P., 17 novembre 1995, n. 30;
da ultimo C. di S., V, 19 aprile 2013, n. 221, cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

4. Il gravame deve, in conclusione, essere respinto.

5. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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