Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-11, n. 201401758

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-04-11, n. 201401758
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401758
Data del deposito : 11 aprile 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10352/2009 REG.RIC.

N. 01758/2014REG.PROV.COLL.

N. 10352/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10352 del 2009, proposto da:
Societa' Agricola San Giovannni S.n.c. di Arena Salvatore & C., rappresentato e difeso dagli avv. S C, O M, con domicilio eletto presso O M in Roma, via Arno, 6;



contro

Agenzia del Demanio - Filiale Calabria - Unita' Beni Confiscati, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, ope legis, domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti di

Comune di Isola di Capo Rizzuto;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. 01146/2009, resa tra le parti, concernente SGOMBERO TERRENI.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Agenzia del Demanio - Filiale Calabria - Unita' Beni Confiscati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2014 il Cons. N R e uditi per le parti gli avvocati Cavarretta, Morcavallo e l'Avvocato dello Stato Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

L’Agenzia del Demanio - Filiale Calabria - Ufficio Beni Confiscati intimava con nota prot. n. 17472 del 12 novembre 2008, alla Società Agricola San Giovanni S.n.c. di Arena Salvatore & C. lo sgombero dei terreni agricoli siti nel Comune di Isola Capo Rizzuto (censiti in catasto al foglio n. 24 p.lle 30, 215, 216, 217, 218, 17, 60, 81, 89, 100, 104, 285, 286, 341 e 342; al foglio n. 15 p.lle 199, 200, 201, 203, 207, 208, 209; al foglio n. 25 p.lle 178, 179 e 180; al foglio n. 24 p.lle 394, 395, 396, 212, 214, e 221), in considerazione del fatto che i predetti terreni erano stati oggetto di confisca definitiva ai sensi e per gli effetti della L. n. 575/1965 in danno di Arena Nicola e Corda Tommasina.

La Società Agricola San Giovanni S.n.c. di Arena Salvatore & C. impugnava tale provvedimento, rilevando di avere a suo tempo stipulato un contratto di fitto di fondo rustico, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1628 e ss. c.c. e della L. 3 maggio 1982 n. 203, e deducendo l’illegittimità dell’intimazione di sgombero.

Si costituiva in giudizio l’Agenzia del Demanio, Filiale Calabria, resistendo al ricorso.

Il giudice di prime cure con ordinanza n. 174 del 2 febbraio 2009 accoglieva la domanda cautelare proposta dal ricorrente, con sospensione del provvedimento impugnato fino al completamento della raccolta dei prodotti coltivati e, comunque, fino al 31 maggio 2009.

Successivamente, il Tar adito definitivamente pronunciandosi sul ricorso proposto lo rigettava, ritenendo le censure dedotte in parte infondate ed in parte inammissibili e compensando le spese di lite.

La Società Agricola San Giovanni S.n.c. di Arena Salvatore & C. propone appello, affidato a quattro motivi, con contestuale istanza di sospensione dell’esecutività.

Si è costituita l’Agenzia del Demanio nonché Agenzia Nazionale per la Gestione dei Beni Confiscati alla criminalità organizzata, tramite il patrocinio difensivo dell’Avvocatura Generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto del ricorso, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Con ordinanza n. 588/2010 la domanda cautelare è stata respinta, sul presupposto che “ad una sommaria delibazione, propria della fase cautelare, i motivi di appello non paiono muniti di apparente fondatezza e che, in ogni caso, il pregiudizio grave e irreparabile per come rappresentato, non pare sussistere”.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate.

Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.



DIRITTO

Con atto in data 1 febbraio 2001 la Società Agricola San Giovanni S.n.c. di Arena Salvatore & C., costituita il precedente 16 gennaio, stipulava con i signori Arena Nicola e Corda Tommasina contratto di fitto di fondi rustici, con annessi fabbricati, siti nel Comune di Isola Capo Rizzuto, Contrada San Giovanni, estesi complessivamente ettari 69.43.10.

La durata del contratto di fitto veniva stabilita in otto anni, decorrenti dall’8 febbraio 2001, con scadenza in data 31 gennaio 2009, con previsione di rinnovo tacito, in caso di mancata disdetta formulata almeno dodici mesi prima della scadenza fissata.

Con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, divenuto definitivo a seguito di sentenza del 12 dicembre 2007 della Corte di Cassazione, è stata disposta la confisca dei terreni in questione nei confronti di Arena Nicola e Corda Tommasina, ai sensi della legge n. 575/1965, recante disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso.

Con provvedimento in data 12 novembre 2008 (prot. n. 2008/17472) l’Agenzia del Demanio - Filiale Calabria - Ufficio Beni Confiscati ha intimato alla Società Agricola San Giovanni S.n.c. di Arena Salvatore & C. lo sgombero dei terreni agricoli siti nel Comune di Isola Capo Rizzuto, rilevando che l’utilizzo di tali beni è incompatibile con la ratio della legge n. 575/1965, in quanto gli stessi, in seguito alla confisca, sono stati sottratti alla disponibilità dei proprietari, che non possono goderne, neanche a mezzo di altri soggetti, quali gli affittuari.

La Società Agricola San Giovanni, nel sottoporre a gravame la sentenza di primo grado, di rigetto del ricorso avverso il provvedimento recante l’intimazione di sgombero, ripropone, innanzi tutto, la censure di violazione degli artt. 7 ed 8 della legge n. 241/1990, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e del principio di partecipazione procedimentale.

L’appellante ribadisce in questa sede che né l’Amministratore Giudiziario dei beni né l’Agenzia del Demanio avevano provveduto ad inviare la comunicazione di avvio del procedimento culminato nell’ingiunzione di sgombero, per cui alla stessa sarebbe stato inibito di esercitare il proprio diritto di difesa e di partecipazione attiva al procedimento stesso.

Tale comunicazione, come rimarcato dalla ricorrente, odierna appellante, non costituisce un mero adempimento burocratico, essendo finalizzata a garantire l’effettiva partecipazione al procedimento e l’instaurazione di un contraddittorio in ordine alle questioni di fatto e di diritto rilevanti.

Come correttamente statuito dal giudice di prime cure la censura è priva di fondamento, in quanto il provvedimento in questione costituisce esercizio del potere di autotutela, ai sensi dell’art. 823 c.c., di carattere rigidamente vincolato, riguardante un bene che ormai appartiene a titolo definitivo allo Stato, per cui qualunque affermazione concernente la titolarità di diritti in ordine ai beni oggetto di confisca non avrebbe comunque potuto trovare ingresso in sede amministrativa, con la conseguenza che non residuava alcuno spazio per un’attività partecipativa del privato e che un avviso ex art. 7 della legge n. 241/1990 non avrebbe avuto alcuna utilità.

Quanto ai successivi due motivi di ricorso, i primi giudici, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, hanno fatto puntuale applicazione dei principi in ordine all’estensione della giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle questioni concernenti gli atti di confisca ed i provvedimenti successivi, dal momento che hanno del tutto correttamente affermato, innanzi tutto, che sfuggono alla giurisdizione del giudice amministrativo le doglianze relative alla legittimità del provvedimento di confisca del giudice penale, la cui cognizione spetta al giudice stesso e, poi, hanno aggiunto, in maniera parimenti corretta, che, versandosi nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità, sfuggono, altresì, alla giurisdizione del giudice amministrativo le doglianze che non attengono propriamente al corretto esercizio del potere, ma che concernono piuttosto la titolarità di diritti sui beni oggetto di confisca, in quanto in tal caso la tutela ha ad oggetto posizioni di diritto soggettivo, la cui cognizione è riservata al giudice ordinario.

A tale ultimo riguardo i primi giudici hanno richiamato la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha precisato, al riguardo, che “...qualora il privato insorga avverso un ordine di rilascio di immobile, emanato dalla pubblica autorità sul presupposto della sua appartenenza al demanio, al fine di sentir negare la demanialità del bene ed accertare il proprio pieno e libero diritto di proprietà, la relativa controversia spetta alla cognizione del giudice ordinario, in quanto non investe vizi dell'atto amministrativo, ma si esaurisce nell'indagine sulla titolarità della proprietà e, quindi, è rivolta alla tutela di posizioni di diritto soggettivo” (Cass., SS.UU., 17 giugno 1996 n. 5522).

Il secondo ed il terzo motivo di appello possono esaminarsi congiuntamente.

Con il secondo motivo si deduce la violazione, falsa ed erronea applicazione e difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine ai profili di eccesso di potere dedotti in primo grado; in primo grado la ricorrente ha dedotto l’eccesso di potere per carenza di motivazione di istruttoria, erroneità del presupposto, contrasto con precedenti provvedimento, illogicità manifesta, contraddittorietà, omessa motivazione, sviamento di potere.

Il provvedimento impugnato sarebbe privo di idonea motivazione e non sarebbe stato preceduto da adeguata istruttoria, in quanto l’unica affermazione che si ritrova in esso e che l’utilizzo dei beni è incompatibile con la ratio della legge n. 575/65; ciò sarebbe in stridente contrasto con la legge istitutiva dell’Agenzia del Demanio (d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300) che attribuisce a tali Agenzie, fra l’altro la gestione dei beni confiscati. Da ciò discenderebbe che la risoluzione del contratto di fitto non opera “ope legis”, in quanto la gestione dei beni confiscati non escluderebbe un legittimo contratto di fitto, intercorrente non più con i coniugi Arena - Corda, ma con la stessa Agenzia.

La detenzione senza titolo dei beni, posta alla base del provvedimento di sgombero, sarebbe, pertanto, presupposto erroneo.

Il contrasto con precedenti provvedimenti sarebbe evidenziato dalla circostanza che l’Amministratore Giudiziario aveva in precedenza inviato disdetta della locazione, con richiesta

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