Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-25, n. 202307275

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-25, n. 202307275
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307275
Data del deposito : 25 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/07/2023

N. 07275/2023REG.PROV.COLL.

N. 01036/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1036 del 2017, proposto dalle signore G R e D B, rappresentate e difese dagli avvocati R C e G A D M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A B in Roma, via Sestio Calvino, n. 33;

contro

la signora S D L, rappresentata e difesa dagli avvocati N P e R R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N P in Roma, via Barnaba Tortolini n.34;
il Comune di Vicenza, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Veneto, Sezione II, n. 1128 del 2016, resa tra le parti;


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora S D L;

Visto l’appello incidentale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2023 il consigliere Silvia Martino;

Uditi gli avvocati R C, G A D M, N P e Loretta Checchinato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’originaria ricorrente in primo grado, signora S D L, è nuda proprietaria nel Comune di Vicenza di parte di un fabbricato in condominio con un’altra parte di proprietà delle signore G R e D B.

Queste ultime hanno realizzato, avvalendosi della normativa di cui alla legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, sul c.d. “piano casa”, un ampliamento consistente in una nuova costruzione ad un piano addossata alla parte della parete condominiale corrispondente alla proprietà dell’originaria ricorrente (alla quale è stata collegata mediante una porta interna), da adibire ad autorimessa al piano terra e a studio al primo piano;
quest’ultimo sovrastato da una terrazza accessibile da una scala esterna, sulla quale è prevista la collocazione di pannelli solari.

1.1. L’originaria ricorrente, ritenendo l’intervento illegittimo sotto vari profili, con nota del 22 giugno 2015, richiedeva al Comune un intervento in autotutela.

1.2. A fronte dell’inerzia del Comune, con il ricorso di primo grado, la signora D L chiedeva al T.a.r. per il Veneto, ai sensi degli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., l’accertamento dell’illegittimità dell’inerzia dell’Amministrazione e dell’obbligo di pronunciarsi sull’istanza presentata.

1.3. Nelle more della definizione del giudizio sul silenzio, il Comune con nota prot. n. 87274 del 7 agosto 2015, respingeva l’istanza ritenendola generica.

1.4. Tale provvedimento veniva impugnato con un primo atto di motivi aggiunti, articolato sulla base di quattro censure (estese da pag. 3 a pag.12)

1.5. Il Comune, con nota prot. n. 128416 del 16 novembre 2015, respingeva nuovamente l’istanza di provvedere in autotutela con una più estesa motivazione.

1.5. Con un secondo atto di motivi aggiunti anche tale nota veniva impugnata, sulla base di sei censure (estese da pag. 3 a pag. 16).

2. Nella resistenza del Comune di Vicenza e delle odierne appellanti, il T.a.r.:

- ha dichiarato improcedibili il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti, per sopravvenuta carenza di interesse;

- ha respinto il primo e il secondo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti;

- ha accolto il terzo e il quinto motivo e annullato l’atto impugnato.

4. L’appello delle signore R e B è affidato ai seguenti motivi.

I. Error in judicando : violazione ed erronea applicazione di norma di legge: violazione ed erronea applicazione degli Articoli 2, comma I^, 6, comma I^ e 9, comma VIII^, della legge della Regione Veneto, 8 luglio 2009 n. 14 e successive modifiche ed integrazioni (cc.dd. Piano Casa della Regione Veneto).

Le appellanti ripropongono la tesi, respinta dal T.a.r., secondo cui il “Piano Casa” è una legge di carattere straordinario e prevale sulle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, ivi compresi i piani ambientali dei parchi regionali.

Pertanto, le distanze previste dai regolamenti edilizi sono tutte derogabili e si devono rispettare solamente le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa vigente di fonte statale.

La disciplina statale è contenuta nell’art. 873 del Codice civile che prevede esclusivamente la distanza di tre metri dalla costruzione posta su fondo finitimo (sia esso privato che pubblico), con la possibilità di arrivare anche a confine se oltre il confine a distanza inferiore a tre metri non è presente alcun edificio.

In tal senso è anche la norma di interpretazione autentica di cui alla l.r. n. 30 del 2016, art. 64.

II. Error in judicando : violazione ed errata applicazione di norma di legge: Violazione dell’Articolo 1120 C.C. in connessione con gli articoli 2, comma I^, 6, comma I^ e 9, comma VIII^, della L.R.V 8 luglio 2009 n. 14 e successive modifiche ed integrazioni (cc.dd. Piano Casa della Regione Veneto).

Il primo giudice ha sostenuto che l’intervento che le appellanti intendono realizzare “ esuli da quelle fattispecie enucleate dalla giurisprudenza nelle quali si ritiene possibile per il singolo condomino apportare modificazioni senza necessità del consenso degli altri partecipanti alla comunione ”.

Esse hanno in contrario richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il singolo condomino ha la facoltà di eseguire opere che, ancorché incidano su parti comuni dell’edificio, siano strettamente pertinenti alla sua unità immobiliare, sotto i profili funzionale e spaziale, con la conseguenza che egli va considerato come soggetto avente titolo per ottenere a nome proprio l’autorizzazione o la concessione edilizia relativamente a tali opere.

Il consenso dei condomini è inoltre previsto dal Regolamento comunale che, tuttavia, sarebbe derogabile sulla base del c.d. “Piano casa” regionale.

Le appellanti ribadiscono comunque che il muro su cui poggia il nuovo manufatto è bensì perimetrale ma di “pertinenza” della lor proprietà esclusiva.

5. Si è costituita per resistere la signora D L che ha proposto altresì appello incidentale, riproponendo criticamente i motivi che sono stati respinti dal T.a.r.

6. Le parti hanno depositato memorie in vista della pubblica udienza del 12 gennaio 2023 alla quale l’appello è stato rinviato per trattazione congiunta con l’appello n. 3753 del 2020.

7. Dopo il deposito di ulteriori memorie, l’appello è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 25 maggio 2023.

8. In via preliminare, deve essere dichiarata inammissibile, per violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a., la produzione documentale delle appellanti principali in data 30 novembre 2022.

9. Nel merito la sentenza di primo grado, nonostante la fondatezza del primo motivo dell’appello principale (per le ragioni che si diranno appresso), merita conferma seppur con diversa motivazione.

9.1. L'art. 64 della legge della Regione Veneto n. 30 del 2016, stabilisce al comma 1: “ le norme di deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali di cui all’articolo 2, comma 1, e di prevalenza sulle norme dei regolamenti degli enti locali e sulle norme tecniche dei piani e regolamenti urbanistici di cui all’articolo 6, comma 1, della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 “Intervento regionale a sostegno del settore edilizio e per favorire l'utilizzo dell'edilizia sostenibile e modifiche alla legge regionale 12 luglio 2007, n. 16 in materia di barriere architettoniche” e successive modificazioni, devono intendersi nel senso che esse consentono di derogare ai parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini, previsti dai regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti urbanistici e territoriali, fermo restando quanto previsto all'articolo 9, comma 8, della medesima legge regionale 8 luglio 2009, n. 14 con esclusivo riferimento a disposizioni di emanazione statale ”.

Per effetto di questa interpretazione autentica, la clausola di inderogabilità delle distanze, posta dall'art. 9, comma 8, della legge reg. Veneto n. 14 del 2009, secondo la quale « sono fatte salve le disposizioni in materia di distanze previste dalla normativa statale vigente », è stata ristretta alla sua dizione letterale, precludendo l’interpretazione, affermatasi presso la giurisprudenza amministrativa, che ne aveva esteso la portata alle distanze di fonte comunale, in ragione del loro carattere integrativo rispetto alla disciplina del codice civile.

9.2. Al riguardo, nelle more della definizione del giudizio di appello, è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 119 del 2020, secondo cui la testé riportata disposizione è pienamente legittima.

Per quanto qui interessa, la Corte ha sottolineato che in tale normativa “non è dato riscontrare alcuna violazione della competenza statale in materia di ordinamento civile, e quindi alcuna violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost .”.

Nello specifico la Corte costituzionale ha sottolineato che “ la disciplina delle distanze, che ha la sua collocazione anzitutto nella Sezione VI del Capo II del Titolo II del Libro III del codice civile, attiene in via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi, sicché non si può dubitare che tale disciplina, per quanto concerne i rapporti suindicati, rientri nella materia dell'ordinamento civile, di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 41 del 2017, n. 6 del 2013 e n. 232 del 2005). Nondimeno, si è altresì sottolineato che, poiché i fabbricati insistono su di un territorio che può avere, rispetto ad altri - per ragioni naturali e storiche -, specifiche caratteristiche, la disciplina che li riguarda - e in particolare quella dei loro rapporti nel territorio stesso - esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici, la cui cura deve ritenersi affidata anche alle Regioni, perché attratta all'ambito di competenza concorrente del governo del territorio (sentenze n. 41 del 2017, n. 134 del 2014, n. 6 del 2013 e n. 232 del 2005) ”.

La Corte ha soggiunto che “ nel determinare il punto di equilibrio tra la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. e la potestà legislativa concorrente della Regione in materia di governo del territorio ex art. 117, terzo comma, Cost., questa Corte ha messo in luce come alle Regioni non sia precluso fissare distanze in deroga a quelle stabilite nelle normative statali, purché la deroga sia giustificata dal perseguimento di interessi pubblici ancorati all'esigenza di omogenea conformazione dell'assetto urbanistico di una determinata zona, non potendo la deroga stessa riguardare singole costruzioni, individualmente ed isolatamente considerate (ex plurimis, sentenze n. 13 del 2020, n. 50 e n. 41 del 2017, n. 134 del 2014 e n. 6 del 2013). E tale delimitazione è stata recepita dal legislatore statale, il quale, con l'introduzione dell'art.

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