Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2020-08-26, n. 202001441

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2020-08-26, n. 202001441
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001441
Data del deposito : 26 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00094/2020 AFFARE

Numero 01441/2020 e data 26/08/2020 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 4 marzo 2020




NUMERO AFFARE

00094/2020

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dalla -OMISSIS-

contro

-OMISSIS-, per l'annullamento, «previa sospensione, dell'ordinanza -OMISSIS-del 5 dicembre 2017 prot. n. -OMISSIS-, con la quale detto Istituto ha ingiunto alla -OMISSIS- di pagare una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad € 77.030,70».

LA SEZIONE

Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 1516 del 28 gennaio 2020 con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Paolo Carpentieri;


Premesso:

1. Con il ricorso in trattazione, notificato il 29 marzo 2018, la società ricorrente ha impugnato l’ordinanza del 5 dicembre 2017 prot. n. -OMISSIS- con la quale l’-OMISSIS-ha irrogato la sanzione pecuniaria di euro 77.030,70 per le 31 violazioni agli artt. 47 del d.lgs. n. 209 del 2005 e 47 del regolamento ISVAP n. 5 del 2016 contestate con precedente atto del 26 luglio 2016, relative alle ritardate rimesse dei "sospesi broker" e all’utilizzo in compensazione di somme rivenienti da riscatti e/o liquidazioni di polizze di altri clienti, come fatto rilevare dalla compagnia assicuratrice -OMISSIS-

2. I ricorrenti lamentano che, nonostante le memorie depositate e le giustificazioni fornite nel corso dell'audizione, l’Istituto abbia ritenuto sussistenti le violazioni contestate, ancorché rideterminate nel minore numero di 13, ed abbia ritenuto di erogare una sanzione di € 77.000,00, giudicata dai ricorrenti “ ingiusta e decisamente sproporzionata ”.

3. La ricorrente ha affermato di avere più volte chiarito, anche in sede di audizione, di essersi accorta con ritardo non imputabile che i due collaboratori della società -OMISSIS- avevano accumulato notevoli e numerosi ritardi nel versamento dei premi che gli stessi avevano riscosso e puntualmente comunicato all'Agenzia e di aver utilizzato somme incassate da alcuni clienti (assicurati) in pagamento di polizze agli stessi intestate al fine di sanare la situazione critica di polizze di altri clienti creatasi a causa dei suddetti “sospesi”. La ricorrente si è dunque riportata alla memoria depositata nel corso dell’istruttoria, trascritta testualmente nel ricorso, ed ha aggiunto di avere depositato un esposto presso la Procura della Repubblica di presso il Tribunale di Pesaro e Urbino al fine di far procedere l'Autorità Giudiziaria nei confronti dei soggetti che realmente sono stati autori dei fatti in questione.

4. Con la elazione prot. n. 1516 del 28 gennaio 2020 la Presidenza del Consiglio dei Ministri, riferendo ampiamente delle difese svolte -OMISSIS-, ha concluso per l’infondatezza e per il rigetto del ricorso.

Considerato:

1. Il ricorso è in parte inammissibile, quanto alla domanda di riduzione della sanzione pecuniaria irrogata, e per la restante parte infondato, quanto alla domanda di annullamento.

2. È inammissibile la domanda, proposta in via gradata, di « riformare l'atto impugnato applicando alla luce dei motivi suesposti una sanzione diversa e soprattutto meno afflittiva in danno dell'esponente ». Come fondatamente eccepito -OMISSIS-, il rimedio del ricorso straordinario al Capo dello Stato, alternativo a quello giurisdizionale, ha natura esclusivamente impugnatoria ed è dato solo per l’annullamento dei provvedimenti amministrativi definitivi, con esclusione e conseguente inammissibilità di ogni diversa domanda di accertamento, di condanna o di riforma nel merito degli atti impugnati [e ciò diversamente da quanto eccezionalmente consentito, in sede giurisdizionale, dall’art. 134 del codice del processo amministrativo, ove, tra le controversie nelle quali il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito, sono indicate anche quelle (lettera c ) concernenti “ le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti e quelle previste dall'articolo 123 ”, norma evidentemente applicabile solo nella sede propria della ora detta giurisdizione amministrativa, ma non anche in sede di ricorso straordinario];

3. È invece infondata la seconda – e più radicale – eccezione di inammissibilità pure dedotta -OMISSIS-, diretta a evidenziare l’assenza, nel ricorso, di « alcuna denuncia dei vizi dell'atto gravato, risultando in esso una mera descrizione dello svolgimento degli eventi, senza neppure accennare ai profili di fatto e di diritto da cui deriverebbe illegittimità dell'atto impugnato », e ciò in violazione dell’art. 40 c.p.a., che, al comma 1, lettera d ), richiede, quale contenuto necessario dell’atto introduttivo, l’indicazione dei motivi specifici su cui si fonda il ricorso. È invero consentito, nella redazione del ricorso straordinario, a differenza di quello giurisdizionale, un meno rigoroso formalismo, tenuto conto della possibilità, che costituisce nel rimedio giustiziale la regola e non l’eccezione, di non avvalersi del patrocinio e dell’assistenza di un avvocato e di predisporre e presentare personalmente il ricorso. Ciò non rende ammissibile, come chiarito da numerosi pareri di questo Consiglio (sez. III, 17 aprile 2007, n. 185, 13 febbraio 2007 n. 4718) “ un ricorso che non contenga censure, o contenga generiche lamentele, senza dedurre puntuali vizi dell’atto ”, non essendo il ricorso straordinario “ un rimedio equitativo per por fine a “ingiustizie” diverse dall’illegittimità provvedimentale ”, così come resta vero che deve considerarsi inammissibile un ricorso che contenga censure inerenti al merito amministrativo (Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2007 n. 400). Nondimeno le caratteristiche storiche del rimedio e la circostanza che il ricorrente, di solito, è privo di assistenza di un legale nella redazione del ricorso, inducono il Consiglio di Stato ad una maggiore indulgenza nell’interpretare l’onere della specificità dei motivi, rispetto ad un ricorso giurisdizionale, sicché si ritengono ammissibili anche censure “confuse”, purché siano indicati con sufficiente chiarezza i parametri normativi che si assumono violati (Cons. Stato, sez. III, 6 febbraio 2007, n. 4335). Nel caso di specie in esame, pur non essendo formalmente “rubricati” specifici motivi di censura, articolati nella deduzione di puntuali ipotesi di violazione di legge o di eccesso di potere, è tuttavia possibile focalizzare comunque, in modo sufficientemente chiaro, la sostanza delle contestazioni mosse dalla parre ricorrente e i correlativi vizi di legittimità di cui si ritiene affetto l’atto gravato, sicché, sotto questo profilo, il ricorso può giudicarsi ammissibile.

4. Il ricorso è tuttavia infondato nel merito, poiché, come ampiamente argomentato e dimostrato nelle difese -OMISSIS-, fatte proprie nella relazione illustrativa della Presidenza, l’Istituto di vigilanza intimato ha svolto legittimamente la sua funzione di vigilanza e sanzionatoria, all’esito di un articolato procedimento, nel quale sono state date alla parte incolpata tutte le doverose garanzie partecipative e di contraddittorio, e dunque sulla base di una completa e approfondita istruttoria, che ha consentito un sufficiente accertamento dei fatti contestati, che ha consentito di pervenire, infine, secondo un percorso logico e conseguenziale, all’irrogazione di una sanzione che si configura come ragionevole e proporzionata rispetto agli addebiti contestati.

5. Per una migliore comprensione della fattispecie, occorre esporre brevemente i termini della vicenda dalla quale ha tratto origine la sanzione impugnata.

5.1. Con comunicazione del 31 marzo 2016, pervenuta all'-OMISSIS-il 21 aprile 2016, la compagnia assicuratrice -OMISSIS- ha trasmesso la documentazione giustificativa della revoca per giusta causa del mandato agenziale intimata alla società -OMISSIS-

5.2. L’IVASS, con nota prot. n. 147569/16 del 26 luglio 2016, ha contestato alla società agenziale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 326, comma 1, del codice delle assicurazioni private di cui al d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, e dell’art. 6 del regolamento -OMISSIS-n. 1 dell'8 ottobre 2013, la violazione del combinato disposto di cui agli artt. 183 del codice delle assicurazioni private e 47 del reg. ISVAP n. 5/2006 (mancato rispetto delle regole di comportamento nei confronti dei contraenti e degli assicurati), in relazione alle seguenti condotte: « 1) sospesi broker (ossia “ premi, derivanti da contratti assicurativi intermediati da broker ed emessi dall'agenzia, riscossi dal broker e comunicati all'agenzia, ma non rimessi tempestivamente ”) non autorizzati dall'impresa mandante -OMISSIS- per premi non rimessi a cassa, per complessivi euro 1.008.241,67, di cui euro 897.273,29 riferiti a -OMISSIS-;
euro 105.276,88 riferiti a -OMISSIS- ed euro 5.691,50, infine, riferiti a -OMISSIS-(n. 3 illeciti);
2) utilizzo di euro 332.374,64 - derivanti da 27 operazioni di riscatti totali o parziali di polizze vita, effettuati all'insaputa dei clienti - al fine di regolarizzare parte dei sospesi broker di cui al punto 1) (n. 27 illeciti);
3) contabilizzazione dell'ulteriore somma di euro 269.469,32 derivante da premi corrisposti da clienti per nuovi contratti o in relazione a reinvestimenti, al fine di compensare sospesi broker fuori termine (n. 1 illecito)
».

5.3. In ordine ai medesimi fatti l’-OMISSIS-ha avviato due distinti procedimenti disciplinari nei confronti dei sigg.ri -OMISSIS-, in qualità di responsabili dell'attività di intermediazione della società agenziale, entrambi conclusi con l'irrogazione della sanzione disciplinare della censura, non impugnata.

5.4. Seguiva, infine, il provvedimento sanzionatorio qui impugnato, prot. n. -OMISSIS- del 5 dicembre 2017, con il quale è stata irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 324 del d.lgs. n. 209 del 2005, complessivamente quantificata in euro 77.030,70.

6. La società ricorrente non contesta i fatti addebitati (la mancata rimessa dei premi incassati dai broker per complessivi euro 1.008.241,67, c.d. " sospesi broker ", l'utilizzo di euro 332.374,64 derivanti da riscatti totali o parziali effettuati dall'agenzia all'insaputa dei clienti intestatari delle polizze riscattate, al fine di regolarizzare parte dei sospesi broker , e la contabilizzazione dell'ulteriore somma di euro 269.469,32 derivante da premi corrisposti da clienti per nuovi contratti o in relazione a reinvestimenti, al fine di compensare sospesi broker ). Si limita a sostenere che tali condotte sarebbero state poste in essere, all’insaputa degli amministratori e responsabili dell’agenzia, da taluni operatori della società di brokeraggio -OMISSIS-, dilungandosi nella descrizione delle particolari vicende e difficoltà che hanno via via segnato negativamente questo rapporto commerciale. Vi sarebbe stata, in conclusione, solo una responsabilità per omessa vigilanza, già sanzionata con la censura, sicché, a detta della ricorrente, sarebbe « impensabile condannare al pagamento di una tale somma due agenti ai quali è stata inflitta la sanzione disciplinare della censura per non aver vigilato su una truffa peraltro a loro danno! Di cui erano vittime e che hanno collaborato a smascherare. Anche denunciando ì fatti penalmente ».

7. La censura non ha pregio e non può ricevere accoglimento. Come evidenziato -OMISSIS-, occorre mantenere distinti i due diversi piani della responsabilità del singolo professionista, in quanto persona fisica, colpita per la sua negligente vigilanza con la sanzione della censura, dalla responsabilità dell’agenzia. Come confermato anche dalla giurisprudenza di questa Sezione (parere 7 luglio 2016, n. 1592/2016), i due procedimenti sanzionatori, pecuniario e disciplinare, sebbene possano trarre origine da uno stesso fatto, sono dotati di rispettiva autonomia, sono ontologicamente diversi e perseguono differenti finalità: la finalità dell'azione disciplinare è costituita dalla valutazione della condotta dell'agente sotto lo specifico profilo della deontologia professionale, mentre la sanzione pecuniaria colpisce la società che riveste la funzione di agenzia (lì dove, invece, il procedimento disciplinare colpisce la persona fisica che riveste nella società il ruolo di responsabile dell'attività d'intermediazione). Tali procedimenti, dunque, pur potendo avere a fondamento la stessa condotta illegittima, ben possono fisiologicamente condurre a soluzioni non del tutto convergenti.

8. Riguardo alla proporzionalità della sanzione pecuniaria irrogata, persuadono le considerazioni difensive svolte -OMISSIS- che ha sottolineato la notevole gravità delle violazioni accertate, anche in relazione all'ingente ammontare delle somme coinvolte. Gli addebiti trovano ampia e documentata evidenza sia nei verbali della compagnia (sottoscritti senza riserve da entrambi i soci dell'agenzia), sia nella lettera con la quale l'impresa mandante ha comunicato il recesso per giusta causa, sia nello stesso contegno assunto dalla ricorrente, che non ha mai contestato la sussistenza e l'entità dell'ammanco (quantificato in ben 1,008.241,67 di euro), e ha ammesso, nella lettera inviata alla compagnia -OMISSIS-e nella memoria difensiva presentata nel corso del procedimento amministrativo, di avere distratto le somme versate dai clienti in pagamento dei premi o derivanti da riscatti parziali e totali di polizze vita, effettuati dall'agenzia all'insaputa dei clienti intestatari delle polizze riscattate. La consistenza lesiva dei fatti ascritti all'intermediario ricorrente trova ulteriore conferma nel gravissimo disordine organizzativo e contabile attinente alla gestione delle rimesse dei premi assicurativi incassati a mezzo dei broker , che risulta palese dalla ricostruzione dei fatti, tenuto altresì conto del fatto che gli accordi di collaborazione stipulati con i tre broker non erano stati ratificati dalla compagnia mandante, ma che ciò nondimeno l'Agenzia ha comunque impostato i rapporti con i broker come se questi fossero autorizzati all'incasso, procedendo alla registrazione dei titoli sulla base di una loro comunicazione (ossia prima e indipendentemente dalla percezione dei premi), senza provvedere all'anticipazione personale delle relative somme e omettendo di dare immediata comunicazione alla Compagnia del mancato incasso. Tale prassi - in spregio alle istruzioni impartite dalla Compagnia e alle regole che presiedono all'attività di intermediazione assicurativa - è proseguita per lungo tempo con piena consapevolezza dei rischi ad essa connessi. Per sua stessa ammissione, l'Agenzia, accortasi dell'ammanco e temendo una reazione della Compagnia, ha arbitrariamente distratto le somme derivanti da riscatti parziali e/o totali di polizze per coprire il proprio debito, pur essendo pienamente consapevole della gravità del proprio operato.

9. Coglie nel segno altresì l’ulteriore argomentazione difensiva spesa -OMISSIS-, intesa a evidenziare come “ anche ove si volesse accedere alla tesi difensiva che attribuisce la responsabilità delle mancate rimesse ai broker, la violazione delle regole di comportamento rimarrebbe assai grave, avendo consentito alla suddetta società di brokeraggio (o ai suoi collaboratori) di accumulare notevoli ritardi nel versamento dei premi, senza effettuare i doverosi controlli ed in palese contrasto con le regole di condotta imposte agli intermediari, e, soprattutto, avendo posto in essere azioni ancor più gravi e illegittime (quali la disdetta di polizze all'insaputa degli interessati o la distrazione dei premi incassati da altri contraenti) rispetto alle violazioni attribuite ai broker medesimi e a "rimedio" delle stesse ”.

10. Sostiene poi la società ricorrente che vi sarebbe sproporzione nella sanzione impugnata anche in considerazione del fatto che, per la medesima vicenda, nel corrispondente procedimento disciplinare a carico dei due agenti, sigg.ri -OMISSIS-, è stata inflitta la sanzione della censura in quanto “ l'addebito che è possibile muovere al -OMISSIS-è quello di omessa vigilanza sulla tempestività dei versamenti alla Agenzia da parte dei predetti collaboratori intermediari ”. L’assunto non è condivisibile, poiché tende a sovrapporre la vicenda disciplinare, conclusasi con la censura, con quella, qui oggetto di esame, relativa all’irrogazione della sanzione pecuniaria all’agenzia, vicende che, come chiarito sopra, non devono e non possono essere confuse e devono essere tenute distinte. Sulla congruità della sanzione - determinata dall'art. 324 del codice delle assicurazioni private tra un minimo di euro 1.000,00 e un massimo di euro 10.000,00 - occorre considerare che l’-OMISSIS-ha nella fattispecie riconosciuto ampio spazio alle giustificazioni allegate dalla ricorrente rideterminando in riduzione il numero degli illeciti sanzionati in accoglimento dell'istanza della ricorrente [dai 27 illeciti indicati alla lettera b) dell'atto di contestazione ai 9 indicati a pagina 7 dell'ordinanza ingiunzione], con il dichiarato intento " di temperare il rigore dell'intervento afflittivo derivante dall'effetto moltiplicativo della sanzione applicata a ciascun illecito e di valorizzare l'esigenza di adeguare il mezzo adoperato alla tollerabilità della restrizione " (pag. 7 del provvedimento impugnato). Inoltre il provvedimento impugnato ha correttamente rilevato tutte le circostanze rilevanti ai fini della determinazione delle sanzioni (la qualità di professionista dell'intermediario assicurativo, che esige una diligenza qualificata, la particolare pericolosità connessa alla distrazione delle somme percepite a titolo di premi assicurativi, il danno potenziale arrecato agli assicurati), tenendo conto anche del notevolissimo ammontare delle somme (oltre un milione di euro) relative alla mancata rimessa dei premi, nonché della durata della condotta illecita accertata (protrattasi tra il 2010 e il 2015).

11. Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve giudicarsi infondato nel merito e, assorbita la trattazione della domanda cautelare, dovrà essere conseguentemente respinto. Le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

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