Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-11-28, n. 201206030

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-11-28, n. 201206030
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201206030
Data del deposito : 28 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10457/2005 REG.RIC.

N. 06030/2012REG.PROV.COLL.

N. 10457/2005 REG.RIC.

N. 08412/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2005, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. L F, A O, S M, con domicilio eletto presso S M in Roma, via Costabella N.26;

contro

Ministero della Difesa;



sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2007, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. L F, S M, con domicilio eletto presso L F in Roma, via Costabella, 26;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. -OMISSIS- del 2005:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma - Sezione I Bis n. -OMISSIS-/2005, resa tra le parti, concernente aspettativa d'ufficio per motivi sanitari;

quanto al ricorso n. -OMISSIS- del 2007:

della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma - Sezione I Bis n. -OMISSIS-/2006, resa tra le parti, concernente collocamento in congedo con effetto immediato per aver superato il periodo di aspettativa per malattia non dipendente da causa di servizio.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2012 il Cons. G V e uditi per le parti gli avvocati L F e Carlo Maria Pisana, Avvocato dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. -OMISSIS-, vicebrigadiere dei Carabinieri, il 2/4/2003 era colto da un malore durante il servizio. Rifiutava di sottoporsi a visita medico psichiatrica, ma ciò nonostante era temporaneamente giudicato non idoneo al servizio militare per “disturbo dell’umore con note di eccitamento e manifesta sospettosità” (venivano dati 15 gg. di licenza straordinaria “d’ufficio”) con obbligo di presentarsi, alla scadenza, al CMO di Roma. Quest’ultima fissava la visita psichiatrica per il 5/5/2003, alla quale il sig. -OMISSIS- si presentava, continuando tuttavia ad opporre un rifiuto in ordine alla concreta visita. La CMO, senza averlo sottoposto a visita refertava comunque“reattività ansiosa ambientale” con conseguente temporanea inidoneità per ulteriori giorni 20.

Il 27 maggio, riconvocato, non si presentava, e la CMO redigeva verbale di constatazione dell’assenza, senza effettuare alcuna diagnosi. Il successivo 30 maggio, gli uffici della CMO comunicavano che il sig. -OMISSIS- era da considerare temporaneamente inidoneo sino a quando non si fosse sottoposto ad accertamenti.

Superato nel frattempo il limite massimo di 45 gg., l’amministrazione collocava il sig. -OMISSIS- in aspettativa per motivi sanitari.

Tale ultimo provvedimento era gravato dinanzi al TAR Lazio

Nel frattempo il -OMISSIS- si sottoponeva a visita medica presso la CMO (alla quale esibiva un’attestazione medica già rilasciata da struttura pubblica) e veniva giudicato idoneo alla ripresa del servizio.

Il TAR dichiarava improcedibile la domanda di annullamento (su dichiarazione dello stesso interessato, stimolata dal nuovo giudizio di idoneità e dall’avvenuta riammissione in servizio) e procedeva all’esame della connessa domanda risarcitoria;
la rigettava evidenziando l’inoppugnabilità del provvedimento di collocamento in aspettativa, a motivo della mancata tempestiva impugnazione dei verbali e delle comunicazioni precedenti, considerati atti autonomamente lesivi.

Il sig. -OMISSIS- proponeva appello domandando al contempo l’inibitoria dei provvisori effetti della sentenza gravata;
domanda che veniva però respinta dalla Sezione.

Nelle more l’appellante accumulava ulteriori 65 gg di malattia così superando il periodo massimo di malattia nel biennio, ragion per cui l’amministrazione lo collocava in congedo.

Anche quest’ultimo provvedimento è stato impugnato per vizi derivati (non si sarebbero dovuti – secondo il ricorrente - computare i giorni di aspettativa oggetto di contenzioso) e per vizi autonomi (decorso il periodo massimo, sarebbe occorsa una ulteriore e specifica visita medica).

Il TAR Lazio ha respinto con sentenza breve, pure gravata.

Entrambi i giudizi sono stati assunti in decisione alla pubblica udienza del 16 ottobre 2012.

Ragioni di evidente connessione ne impongono in questa sede la trattazione congiunta.

A - L’originario appello, avverso il collocamento in aspettativa è infondato, con conseguente rigetto della domanda risarcitoria, sia pur per motivi in parte diversi da quelli indicati dal Giudice di prime cure.

Quest’ultimo, dopo aver dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse la domanda di annullamento, ha rigettato quella risarcitoria per assenza di illegittimità del provvedimento posto a base della fattispecie risarcitoria: in particolare, il Giudice di prime cure ha accertato in via incidentale la legittimità del provvedimento, non in relazione al quadro normativo o al corretto uso del potere, ma in ragione della mancata tempestiva impugnazione degli atti sanitari pregressi, considerati autonomamente lesivi.

L’appellante, in proposito, articola convincenti motivi di gravame imperniati sulla natura non provvedimentale degli accertamenti sanitari – eccezion fatta per quelli aventi ad oggetto un giudizio definitivo di inidoneità - e comunque, sull’assenza di una intelligibile ed immediata lesività tale da far sorgere un onere di immediata impugnazione. Insiste sulla domanda risarcitoria, ma omette di gravare il capo della sentenza che ha dichiarato improcedibile la domanda annullatoria, sul quale è quindi calato il giudicato.

Il giudicato sull’improcedibilità della domanda di annullamento non inibisce tuttavia lo scrutinio, in via incidentale, dell’illiceità del comportamento dell’amministrazione, del quale l’illegittimità dell’atto costituisce solo una componente.

Può quindi ancora accertarsi se il citato comportamento integri gli estremi dell’illecito aquiliano.

La risposta è affermativa. L’amministrazione ha collocato l’appellante in aspettativa per malattia senza averlo mai visitato, sulla base di una fictio per la quale, la mancata sottoposizione a visita equivale al perdurare dello stato di malattia. Trattasi invero di un episodio scolastico di sviamento di potere: anziché far valere la responsabilità disciplinare del dipendente per la mancata sottoposizione alla visita medica, lo si è sanzionato considerandolo inidoneo ad oltranza.

Sbaglia il giudice di primo grado laddove ritiene le sopradette valutazioni inibite dalla tardività dell’impugnazione, poichè la logica dell’autonomia della tutela risarcitoria, predicabile anche ante codice (Cfr. Adunanza Plenaria, -OMISSIS-) impone di non tener conto di profili attinenti all’ammissibilità e tempestività dell’azione demolitoria, diversamente finendosi per riproporre surrettiziamente la tesi della pregiudiziale, ormai espunta dall’ordinamento.

Se l’accertamento incidentale dell’illegittimità e l’indubbia sussistenza della colpa sono sufficienti ad integrare la fattispecie aquiliana, ciò non vale però ad assicurare il ristoro del danno che il danneggiato avrebbe potuto evitare utilizzando l’ordinaria diligenza, ex art. 1227 C.c.

L’amministrazione ha chiaramente manifestato, sin da subito l’intenzione di agire nel modo sopra stigmatizzato, ed il ricorrente, non solo non ha tempestivamente contestato la comunicazione, ma non si è prontamente sottoposto a visita nè ha ripreso il servizio, così concorrendo in modo assorbente alla produzione del danno (giova in proposito osservare che quando il ricorrente ha finalmente deciso di sottoporsi a visita, è stato giudicato idoneo).

B - Quanto al congedo assoluto per superamento del periodo massimo di malattia – oggetto del secondo giudizio - l’appello è invece fondato.

Non si può considerare il lungo lasso temporale intercorso tra il verbale di mancata sottoposizione a visita e la ripresa del servizio, quale assenza per “malattia”. La comunicazione, a mente della quale, in caso di mancata sottoposizione a visita, deve ritenersi persistente lo stato di inidoneità, avvalora infatti una presunzione di continuità dello stato di malattia che non ha fondamento alcuno dal punto di vista medico.

Il periodo di malattia da computare nel periodo biennale è solo quello qualificato tale da certificazioni mediche contenenti l’indicazione di una patologia che impedisce lo svolgimento del servizio, nonchè i giorni necessari per la guarigione, id est, con riferimento al caso di specie, un periodo complessivo pari a giorni 35 (15 dati dal sanitario dell’ufficio e 20 dalla CMO).

Tanto è sufficiente ad accogliere l’appello, con conseguente annullamento del provvedimento di congedo.

Per completezza si osserva che non è invece condivisibile la diversa censura, basata sulla necessità di un ulteriore accertamento clinico successivo al decorso del periodo massimo. Sul punto non può che richiamarsi la giurisprudenza della Sezione, secondo la quale il provvedimento di cessazione dal servizio dei militari, adottato al termine del biennio di aspettativa per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio, ha natura assolutamente vincolata, tanto che i suoi effetti si producono in modo automatico al compimento del periodo massimo di aspettativa, sicchè l'Amministrazione non deve effettuare un ulteriore accertamento clinico delle condizioni di salute del militare (in termini, Sez. IV, -OMISSIS-).

In relazione all’esito dei giudizi, le spese possono essere compensate.

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