Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-12-23, n. 201908737

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-12-23, n. 201908737
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908737
Data del deposito : 23 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/12/2019

N. 08737/2019REG.PROV.COLL.

N. 03259/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3259 del 2014, proposto da M P, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesca Attina', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P M in Roma, corso D'Italia, 102;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, via Sabotino, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sezione II n. 01165/2013.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Calabria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Cons. Umberto Maiello e udito per l’appellante l’avvocato Raffaella Chiummiento su delega dell’avvocato Francesca Attinà;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso al T Calabria, sede di Catanzaro, la parte ricorrente esponeva che:

- con istanza n. 22723/2 del 9.9.1999, aveva chiesto alla Regione Calabria un finanziamento per il miglioramento di terreni di sua proprietà, impiantati a bosco, da realizzarsi in aree ubicate nei Comuni di Belcastro-Petronà-Andali-Marcedusa (Cz) – San Giovanni in Fiore (Cs), ai sensi del Regolamento CEE n.2080/92;

- con decreto prot. n. 35144 del 30.12.1999, la Regione Calabria - Dipartimento Agricoltura, concedeva il finanziamento richiesto, per un importo complessivo di £.1.555.513.500, pari ad €. 802.839,22, per cui parte ricorrente, dopo avere ottenuto l’autorizzazione forestale, eseguiva i lavori previsti, in relazione ai quali la direzione dei lavori rilasciava il certificato di regolare esecuzione dell’anno 2003;

- aveva presentato, presso la Regione Calabria, l’istanza prot. n. 5479/09 del 21.5.2003 per ottenere il collaudo dei lavori, ai sensi del D.M. 18.12.1998 n.494.

1.1. Evidenziava, inoltre, che la Regione Calabria, Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione, con nota prot. n.12057 del 5.4.2011 (intervenuta allorquando era spirato il termine quinquennale di impegno e verifica sul finanziamento, previsto dal Regolamento CEE n.2080/92), informava parte ricorrente dell’avvio dell’attività di verifica in ordine alla regolarità amministrativa dei finanziamenti erogati, cui il ricorrente replicava con lettera prot. 0218380 del 21.6.2011, con la quale evidenziava la non sussistenza di irregolarità amministrative o tecniche.

1.2. Lamentava, dunque, che, a distanza di oltre un anno, l’Amministrazione provvedeva alla revoca del rapporto e di ogni atto riconducibile al beneficio concesso ai sensi del Regolamento CEE n.2080/92.

2. A sostegno del proprio gravame, l’odierna parte appellante deduceva:

a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies e nonies della legge 7.8.1990 n.241 – eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche – violazione del principio del legittimo affidamento – violazione dei principi di trasparenza e buon andamento;

L’atto di revoca, sopraggiunto a distanza di sette anni dal pagamento del finanziamento erogato nel dicembre 2005, non terrebbe conto dell’avvenuto consolidamento della situazione soggettiva del destinatario e del “ principio di affidamento” .

Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche nel caso in cui lo si volesse considerare alla stregua non di un atto di revoca (come testualmente definito dalla P.A.), ma di un atto di annullamento, per contrasto con l’art. 21-nonies della l. n.241/90;

b) violazione e/o falsa applicazione di legge artt. 3 e 10 L. n. 241/1990 – difetto di motivazione – omessa istruttoria- eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche – violazione dei principi di trasparenza e buon andamento;

Non sarebbe stata espletata idonea istruttoria in sede di verifica, come dimostrerebbe il fatto che, nel provvedimento impugnato, le somme liquidate per il beneficio concesso sarebbero state erroneamente indicate in € 519.635,81, anziché in € 511.051,43 con una differenza di €.8.584,38 mai liquidate.

c) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche – contraddittorietà- violazione della Delibera di G.R. n. 34/2012.

Il decreto n. 14011/12 sarebbe stato adottato senza tener conto della delibera di G.R. n. 34 del 2012, indirizzata al Dipartimento n. 6, che avrebbe statuito di procedere alla ricognizione delle pratiche ivi indicate ed alla regolarizzazione per quanto concerne la mancata inclusione nell’elenco allegato al decreto n. 464/99.

2.1. Resisteva in giudizio la Regione Calabria evidenziando che parte ricorrente avrebbe fondato la sua pretesa al mantenimento del finanziamento sulla base non di un atto di ammissione al finanziamento, ma della mera comunicazione, resa con nota prot. n. 35144 del 30.12.1999, nella quale si farebbe riferimento al Decreto Dirigenziale n. 464 del 30.12.1999.

3. Il giudice di prime cure, con ordinanza n. 42 del 11.1.2013, ordinava incombenti istruttori, che venivano eseguiti con acquisizione della relazione del Comando Regionale della Guardia di Finanza, e, con la decisione qui appellata, respingeva il ricorso, concludendo che la fattispecie dedotta in giudizio era sussumibile, sotto il profilo civilistico, nell’ipotesi di indebito oggettivo prevista dall'art. 2033 cc., in base alla quale chi ha ricevuto un pagamento sine causa è tenuto a restituire il relativo importo.

La verifica ed il recupero, da parte della Amministrazione, costituivano, dunque, atti dovuti in ossequio alla normativa comunitaria, e, in particolare, al Regolamento CE n.2080/92, attuato in Italia con il D.M. n. 494 del 1998, atti immediatamente precettivi per gli Stati membri, senza che la buona fede del percipiens potesse costituire ostacolo all'esercizio del potere-dovere di recuperare le relative somme fatte salve, comunque, le modalità del recupero, che non avrebbero potuto essere eccessivamente onerose.

3.1. Il T soggiungeva che, non risultando dagli atti versati in giudizio alcun accordo fraudolento fra parte ricorrente ed organi della P.A e/o terzi, dovesse presumersi la esistenza della buona fede della parte ricorrente, di cui occorreva tener conto ai fini della decorrenza degli interessi sulle somme erogate, ai sensi dell'art. 2033, ultimo periodo, del codice civile.

Conseguentemente per il T la ricorrente era tenuta alla corresponsione degli interessi soltanto a decorrere dalla data della domanda di restituzione dell'indebito, data da identificarsi in quella del provvedimento impugnato.

3.2. Per quanto riguarda le somme percepite, costituenti la cosiddetta “ sorte capitale ”, il T riteneva che, avendo l’Amministrazione esercitato con molto ritardo il potere-dovere di procedere alle opportune verifiche, con ciò concorrendo a determinare il protrarsi della situazione di irregolarità, la buona fede dell’ accipiens rilevasse ai fini dell'individuazione dei tempi e delle modalità di restituzione dell'indebito, che dunque andava effettuato con un congruo “ piano di rateizzazione ”, possibilmente concordato, che tenesse conto di tutte le circostanze della fattispecie, ivi comprese le condizioni economiche di parte ricorrente.

Le spese del giudizio venivano compensate.

4. Con il mezzo qui in rilievo l’appellante critica le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice deducendo che:

a) la decisione appellata violerebbe il disposto di cui all’articolo 112 c.p.c., eludendo i motivi di censura proposti con il ricorso introduttivo del giudizio avendo, peraltro, il TAR del tutto irritualmente integrato la motivazione dell’atto impugnato;

b) la mancata inclusione del nominativo della ricorrente nell’elenco allegato al decreto n.464/1999 sarebbe dovuta ad un mero errore di protocollazione degli atti presso la struttura regionale in quanto la domanda della ricorrente, presentata unitamente ad altre istanze, non era stata protocollata singolarmente;

c) l’errore commesso al momento della predisposizione dell’elenco non avrebbe avuto conseguenze perché la Regione aveva comunicato alla ricorrente, con nota del DG 35144/99, l’approvazione del progetto presentato e l’ammissione al finanziamento;

d) il decreto n.464/99 nella parte in cui non contemplava il nominativo della appellante era affetto da un vizio formale sanabile attraverso una semplice integrazione all’elenco dei beneficiari, sussistendo tutti i requisiti formali e sostanziali per l’ammissione al finanziamento;

e) il decreto regionale impugnato è stato adottato in violazione del legittimo affidamento, né vi era un interesse pubblico alla revoca del finanziamento dopo 11 anni dalla ammissione al beneficio comunitario e dopo che le risorse ricevute erano state impiegate per la realizzazione del progetto presentato;

f) nessuna responsabilità aveva avuto la ricorrente nella mancata protocollazione della propria domanda;

g) l’art. 21 nonies della legge n.241 del 1990, il principio dell’affidamento e la buona fede della parte ricorrente sarebbero prevalenti rispetto al principio di legalità essendosi consolidata la situazione di vantaggio acquisita per effetto del decorso del tempo;

h) l’atto impugnato sarebbe carente di motivazione e di istruttoria e sarebbe stato adottato senza tenere conto della delibera GR n.34 del 2.2.2012 che aveva dato opportune indicazioni al Dipartimento regionale riferibili ai casi come quello in esame, in cui mancava il provvedimento autorizzativo;

i) violazione del Regolamento comunitario 796/04 nella parte in cui disciplina i presupposti e limiti per la ripetibilità degli emolumenti non dovuti e prescrizione del credito azionato.

4.1. Si è costituita la Regione Calabria insistendo per la conferma della sentenza del T.

4.2. Con ordinanza n. 2662 del 23.5.2014 questa Sezione ha disposto approfondimenti istruttori ed, all’esito, con ordinanza n. 5237 del 13.11.2014, ha accolto l’istanza cautelare limitatamente alla prospettata esigenza di rateazione della restituzione dei contributi ove non già disposta dalla Amministrazione.

5. L’appello è infondato e, pertanto, va respinto.

5.1. Va, anzitutto, evidenziato, in apice, che non ha fondamento la doglianza introduttiva del mezzo qui in rilievo circa una pretesa omessa pronuncia del giudice di prime cure sui profili di censura veicolati nella domanda introduttiva del presente giudizio con abnorme sconfinamento dai limiti delle sue attribuzioni, avendo con la propria motivazione offerto addirittura una integrazione al corredo motivazionale del provvedimento impugnato.

Di contro, il TAR, in ossequio al principio metodologico di privilegiare la cd. ragione più liquida, ha incentrato la propria traiettoria argomentativa sui profili dirimenti che fondano la statuizione di rigetto ed in cui, attesa la loro portata vincolante, restano assorbite le ulteriori questioni dedotte.

Peraltro, occorre soggiungere che, procedendo in tal modo, il TAR nemmeno si è sovrapposto al contenuto precettivo del provvedimento impugnato, limitandosi a qualificare la fattispecie da esso regolata esclusivamente sotto il profilo giuridico, sussumendola nell’ipotesi di indebito oggettivo di cui all’articolo 2033 c.c.

5.2. Quanto al merito, ed in aderenza ad un indirizzo espresso da questa Sezione in relazione a controversie di analogo contenuto, deve rilevarsi che la decisione di primo grado si rivela immune dalle doglianze qui formulate, dovendo, anzitutto, precisarsi, in premessa, che non possono qui trovare ingresso gli ultimi due motivi di gravame con i quali l’appellante lamenta la violazione del Regolamento 796/04 nella parte in cui disciplina i presupposti ed i limiti per la ripetibilità degli emolumenti non dovuti.

Ed, invero, tali motivi, che evidenziano profili di illegittimità ulteriori degli atti impugnati, non erano contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio e, come tali, incorrono nel divieto dei cd. nova ex articolo 104 c.p.a.

6. Tanto premesso, deve qui ribadirsi che l’azione di recupero avviata dalla Regione Calabria riposa sulla premessa di fondo a mente della quale la ricorrente non era beneficiaria di alcun atto di regolare ammissione, né la nota di trasmissione poteva ritenersi idonea, sul piano formale e sostanziale, a supportare il riconoscimento del beneficio trattandosi di una mera comunicazione, ma non della ammissione al finanziamento.

6.1. Nel decreto dirigenziale che costituisce il provvedimento amministrativo con il quale, nell’apposito elenco ad esso allegato, vengono individuati nominativamente i soggetti beneficiari del contributo e viene quantificato l’ammontare ad essi spettante, l’appellante non figura;
pertanto non sussisteva alcun provvedimento formale di concessione e conseguentemente alcun diritto alla sovvenzione.

7. In siffatta evenienza, ed in aderenza ad un orientamento già espresso dalla Sezione in fattispecie del tutto analoghe (cfr. CdS III Sezione n. 201 del 21.1.2015;
CdS, III Sezione, n. 550 del 4.2.2015), allo stato degli atti processuali, appare insuperabile la mancanza di un atto formale di ammissione al beneficio da parte regionale, il che induce il Collegio a concordare con quanto statuito dal primo giudice sul fatto che si verte, non nell’ambito dell’autotutela e degli istituti della revoca o dell’annullamento di ufficio del beneficio già concesso, bensì più semplicemente in quelli della percezione di somme non dovute e dunque nell’ambito dell’istituto civilistico della ripetizione d’indebito.

7.1. Del resto l’appellante non nega la inesistenza del provvedimento amministrativo di ammissione al beneficio, incentrando le proprie difese su un asserito errore di protocollazione che di per sé non può assumere rilievo o sulla asserita esistenza in astratto di tutti i requisiti per godere del beneficio in questione tenuto conto della esecuzione dei lavori cui era destinata la sovvenzione, tutti elementi, questi, che non sono idonei a radicare il diritto della appellante, né a sanare ex post la mancata, formale concessione del contributo la cui erogazione invece avrebbe presupposto la complessiva e puntuale disamina di tutta la documentazione necessaria da parte degli uffici regionali.

7.2. Sull’affidamento che si sarebbe radicato in capo alla appellante, si richiama la rigorosa giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ha rilevato che in caso di indebita erogazione di denaro pubblico l’affidamento del percettore delle somme e la stessa buona fede non sono di ostacolo all’esercizio, da parte dell’amministrazione, del potere-dovere di recupero, in linea con il canone costituzionale di buon andamento, né l’amministrazione è tenuta a fornire un’ulteriore motivazione sull'elemento soggettivo riconducibile all’interessato o all’interesse pubblico al recupero che è rinvenibile in re ipsa , dovendo qui, peraltro, ribadirsi che la doverosità del recupero non incontra nemmeno i limiti mutuabili dalla disciplina che governa l’esercizio del potere di autotutela, atteso che, nel caso in esame, difetta, in apice, un atto amministrativo da ritirare.

7.3. Di conseguenza, il solo temperamento al principio dell'ordinaria ripetibilità dell’indebito, è rappresentato dalla regola per cui le modalità di recupero devono essere non eccessivamente onerose in relazione alle condizioni di vita del debitore (cfr. Cons. Stato, V, 18 dicembre 2012, n. 6505;
III, 10 dicembre 2012, n. 6287;
IV, 20 settembre 2012, n. 7043), circostanza questa messa in rilievo dal primo giudice nella sentenza appellata, sia con riferimento agli interessi che con riferimento alla restituzione della sorta capitale.

8. Deve, infine, soggiungersi che, a seguito e per effetto della ordinanza istruttoria emessa dal Collegio, è emerso che, così come previsto dalla deliberazione di Giunta Regionale n.34 del 2.2.2012, gli uffici regionali hanno sottoposto a la verifica della posizione “..dei soggetti idonei ad essere ammessi all’aiuto…pur non compresi negli elenchi.”, tra cui l’odierno appellante.

8.1. Dalle relative risultanze è emerso, quanto agli adempimenti curati dalla Regione Calabria, che:

- la documentazione agli atti del fascicolo dell’appellante è riconducibile ad annualità successive sia alla domanda che all’ammissione a beneficio, è complessivamente carente e presenta anomalie di forma e di sostanza;

- cinque domande presentano un medesimo protocollo (p.llo 22723 del 9.9.1999);
tutte con progettazione curata dal medesimo tecnico, intestata a Pullano Teresa (non essendovi traccia della ditta dell’odierno appellante nel protocollo ufficiale dell’Ente);

- le singole comunicazione di ammissione al beneficio parimenti recano un medesimo protocollo;
sotto il numero di protocollo 35144 del 30.12.1999 risulterebbe protocollata una comunicazione “a ditte varie”;

- per quattro delle suddette ditte anche il collaudo ha un medesimo protocollo.

Sulla scorta delle divisate emergenze gli uffici regionali concludevano per l’insussistenza dei presupposti per addivenire ad una valutazione positiva di ammissione nei termini fissati dalla delibera n. 34/2012, con la conseguente doverosità del recupero ed obbligo di segnalazione per la valutazione di eventuali condotte illecite.

8.2. Del pari, il Comando Generale della GDF, parimenti compulsato con ordinanza istruttoria in relazione agli accertamenti svolti sulla procedura in argomento, evidenziava:

a) anomale situazioni, in punto di contestuale e multipla protocollazione di istanze di ammissione al beneficio disciplinato dal Regolamento CE n. 2080/1992, nonché di apparente invio manuale delle stesse, nonostante il bando ne prescrivesse l'esclusivo invio postale o telematico;

b) apparenti ritardi nella presentazione delle istanze rispetto al termine ultimo previsto dal bando (30 agosto 1999), poiché le istanze delle Ditte Individuali Foresta, Lupia e Maglio risultano protocollate, rispettivamente, il 31 agosto, il 7 settembre ed il 9 settembre del 1999;

c) apparente mancata autentica delle firme in calce alle medesime istanze, nonostante il bando di ammissione al beneficio ne prevedesse, espressamente, l'obbligo, pena l'irricevibilità delle stesse;

d) emissioni di comunicazioni individuali, da parte del Dirigente Generale pro - tempore, senza riscontro dei nominativi nei decreti presupposti, ovvero riferentesi a decreti inesistenti;

e) palese violazione del Punto 8 del bando allegato alla Delibera della Giunta Regionale n. 2999 del 27.07.1999, concernente "Istruttoria delle domande ed assegnazione degli aiuti" poiché, in disparte la pure doverosa e non risultante attività di istruttoria preliminare, la circostanza che i nominativi delle ditte menzionate non figurassero nei decreti presupposto, debitamente registrati presso la Giunta Regionale, ipso facto , ha impedito a quest'ultima la valutazione, necessariamente preventiva rispetto all'autorizzazione all'esecuzione dei lavori, sul complessivo impegno di spesa e la conseguente approvazione delle proposte di finanziamento.

Il suindicato organo concludeva la propria relazione evidenziando plurimi indizi di similitudine fra le dinamiche osservate negli accertamenti relativi alle istanze qui in rilievo ed altra vicenda già sottoposta all’attenzione dell’A.G.

9. Dev’essere, allora, ribadito che: a) a fronte dell’erogazione di finanziamenti a soggetti non inclusi nell’elenco dei beneficiari allegato al provvedimento di concessione del finanziamento, da valersi quale provvedimento costitutivo del diritto all’aiuto, la Regione era obbligata al recupero delle somme erogate senza titolo;
b) la comunicazione di un provvedimento (mai adottato nei confronti dell’appellante) è sprovvista di qualsiasi valenza provvedimentale e resta, quindi, del tutto inidonea a costituire un titolo valido ed efficace alla percezione del contributo;
c) la materiale erogazione del finanziamento ed il positivo espletamento del collaudo delle opere realizzate non valgono in alcun modo a sanare il carattere indebito della corresponsione degli importi, in difetto di un legittimo titolo di ammissione al beneficio comunitario

10. Né il suddetto impianto argomentativo è scalfito dalle osservazioni censoree compendiate nel mezzo qui in rilievo, atteso che:

- la mancanza del nome del ricorrente nel provvedimento di ammissione al beneficio indica, in maniera univoca, la volontà dell’Amministrazione di non concedere l’aiuto all’interessato, in mancanza di allegazioni direttamente significative del carattere di errore materiale della relativa omissione;

- la prova dell’avvenuta presentazione dell’istanza risulta del tutto ininfluente, ai fini del giudizio di legittimità del provvedimento di revoca, posto che le conclusioni circa la sua correttezza si fondano sul rilievo del difetto di un atto di ammissione al beneficio, e non della mancanza della domanda di aiuto;

- non compete a questo Giudice l’accertamento del diritto all’aiuto, restando il presente giudizio circoscritto alla disamina della legittimità dell’impugnato provvedimento di revoca, e che, comunque, dall’istruttoria espletata risulta che l’istanza fosse carente della documentazione prescritta.

11. Né possono sostenersi l’irripetibilità delle somme erogate o, comunque, l’intervenuta prescrizione del relativo diritto sulla base del disposto dell’art.73 del Regolamento CE n.796/04, sia in quanto tali motivi vanno dichiarati inammissibili, per violazione dell’art. 104 c.p.a., siccome formulati per la prima volta con il ricorso in appello (non risultando la loro articolazione nel ricorso di primo grado), sia perché, in ogni caso, questa Sezione li ha già ritenuti infondati, attesa l’estraneità degli aiuti in questione all’ambito applicativo del Regolamento invocato per come definito al suo art.1 (cfr. sul punto CdS, III Sezione, n. 550 del 4.2.2015).

Conclusivamente, l’appello va respinto.

Quanto all’importo del contributo fatto oggetto di ritiro il Collegio precisa che, pur avendo la Regione disposto la revoca per l’intero ammontare del contributo, trattandosi di indebito oggettivo, il concreto recupero non può che ritenersi esigibile nei limiti delle sole somme (incrementate dagli accessori come già indicato dal giudice di prime cure) effettivamente erogate alla ricorrente e che la Regione avrà cura di verificare. Eventuali errori materiali e/o di calcolo, suscettivi di immediata ed obiettiva rilevazione, potranno essere emendati – come già evidenziato dal giudice di prime cure – attraverso una mera rettifica di eventuali irregolarità, senza bisogno di procedere ad attività istruttoria in questa sede.

Le spese, in considerazione della peculiarità della vicenda scrutinata, e segnatamente della condotta complessivamente tenuta dall’Amministrazione in sede procedimentale, vanno compensate.

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