Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-09, n. 201600527

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-09, n. 201600527
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600527
Data del deposito : 9 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04208/2015 REG.RIC.

N. 00527/2016REG.PROV.COLL.

N. 04208/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4208 del 2015, proposto da:
P s.r.l., in persona del presidente e legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati R R, E M, A M, F P, con domicilio eletto presso F P in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, 118;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro in carica, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ufficio Circondariale Marittimo di Pmbino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli del Porto di Pmbino s.c.a r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Maria Carbone, Francesco Munari, Federico Sorrentino, con domicilio eletto presso quest’ultimo difensore in Roma, lungotevere delle Navi, 30;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Toscana - Firenze: Sezione I n. 00249/2015, resa tra le parti, concernente diniego accesso a documenti relativi al regolamento per il servizio di ormeggio e battellaggio portuale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Ufficio Circondariale Marittimo di Pmbino e di Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli del Porto di Pmbino s.c.a r.l.

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1° dicembre 2015 il Cons. G C e uditi per le parti gli Avvocati Mozzati, l'Avvocato dello Stato Pizzi e Munari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società P s.r.l. svolge attività nel settore dei servizi portuali nel porto di Pmbino.

La società espone che nel medesimo porto opererebbe il Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli (d’ora in poi: Gruppo) che - oltre a gestire in esclusiva il servizio di interesse generale di ormeggio e battellaggio previsto dall’art. 14, comma 1 bis , della legge 22 luglio 1994, n. 84 - effettuerebbe ulteriori prestazioni in gran parte coincidenti con quelle indicate nell’oggetto sociale di P ed eseguite anche da quest’ultima. Tali attività sarebbero svolte dal Gruppo in regime di libera concorrenza, anche al di fuori del porto di Pmbino.

P sostiene che lo svolgimento di prestazioni sul libero mercato da parte del Gruppo violerebbe l’art. 8, comma 2 bis , della legge 10 ottobre 1990, n. 287, secondo cui “le imprese di cui al comma 2” (“imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato”) “qualora intendano svolgere attività in mercati diversi da quelli in cui agiscono ai sensi del medesimo comma 2, operano mediante società separate”.

P si troverebbe dunque a subire la concorrenza di un operatore che, usufruendo del regime di monopolio, potrebbe offrire condizioni economiche più vantaggiose sul libero mercato.

Per tale ragione ha sollecitato più volte l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che avrebbe avviato procedimenti e accertato la violazione da parte del Gruppo della normativa di tutela della concorrenza per non avere operato la necessaria separazione societaria.

La società ricorda di avere chiesto all’Ufficio circondariale marittimo di Pmbino di accedere alle autorizzazioni che il Comandante del porto avrebbe dovuto rilasciare al Gruppo per svolgere le prestazioni non riservate a norma dell’art. 21, comma 3, del regolamento per il servizio di ormeggio e battellaggio nel porto e nella rada di Pmbino e Tor del Sale (c.d. “regolamento ormeggiatori”).

Con note del 28 agosto e del 28 novembre 2014 il Comandante del porto ha negato l’accesso alla documentazione richiesta.

P ha impugnato tali provvedimenti, assieme agli atti connessi, con ricorso principale e motivi aggiunti, che il T.A.R. per la Toscana, sez. I, ha respinto con sentenza 12 febbraio 2015, n. 249.

In sintesi, il Tribunale regionale ha ritenuto che la richiesta di accesso non fosse riconducibile a un interesse tutelabile (sarebbe insufficiente la previsione nell’oggetto sociale di determinate attività, non concretamente poste in essere, né la qualità di operatore del settore) ed esprimesse piuttosto la volontà di realizzare un controllo generalizzato sull’attività svolta dall’Amministrazione nei riguardi del Gruppo.

Contro la sentenza la società ha interposto appello.

A) In tema di legittimazione all’accesso, P contesta la sentenza in punto di diritto e in punto di fatto.

1. In punto di diritto, essa avrebbe un reale interesse a vedere ripristinato un corretto andamento concorrenziale per le attività non riservate, al fine di poter estendere e ampliare le attività già svolte.

In punto di fatto, la società avrebbe eseguito negli anni svariate attività fuori riserva, che vengono dettagliatamente illustrate: lavori subacquei, trasporto merci e provviste di bordo, manutenzione straordinaria di beni e/o strutture in ambito portuale, manutenzione di parabordi e strutture di ormeggio, ulteriori attività extra riserva.

2. La circostanza poi che l’oggetto sociale dell’appellante ricomprenda tutte le attività, cui si riferirebbero le autorizzazioni in discorso, sarebbe idonea a sostenere la richiesta di accesso che, per il suo oggetto puntualmente circostanziato, non potrebbe intendersi come volta a un controllo generalizzato sull’azione amministrativa.

B) La società ripropone la censura di difetto di motivazione della nota del Comandante di Porto del 28 novembre 2014, alla quale il T.A.R. avrebbe dato una risposta non convincente rinviando agli atti del procedimento per esplicitare le ragioni del provvedimento e citando giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che sarebbe invece non pertinente.

C) P ripropone infine i motivi dell’impugnativa di primo grado, che articolano variamente la violazione di legge e l’eccesso di potere. In definitiva, sarebbe incontestabile la titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale ad acquisire la documentazione richiesta.

Per resistere all’appello si sono costituiti in giudizio il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l’Ufficio circondariale marittimo di Pmbino come pure il Gruppo ormeggiatori e battellieri del porto di Pmbino s.c.a r. l.

L’Amministrazione osserva che P:

opererebbe in regime di monopolio all’interno del porto di Pmbino, in specifici e limitati settori afferenti a servizi di interesse economico generale, in base a concessioni rilasciate dall’Autorità portuale;

pertanto, essa non potrebbe operare in altri ambiti se non costituendosi in società separata;

non avrebbe dunque titolo a interessarsi a servizi diversi da quelli gestiti in esclusiva;

non svolgerebbe attività sovrapponibili o coincidenti con quelle del Gruppo;

non sarebbe legittimata a svolgere attività di provveditore navale, non essendo a tal fine sufficienti le autorizzazioni ex art. 68 cod. nav., che avrebbero valore ai soli fini di polizia marittima e di per sé non costituirebbero alcun diritto in capo all’interessato;
in definitiva, non sarebbe autorizzata a svolgere alcuna delle attività per cui avrebbe chiesto di conoscere gli atti.

L’Amministrazione svaluta la portata del contenzioso fra l’A.G.C.M. e il Gruppo e aggiunge che le autorizzazioni previste dall’art. 21 del regolamento non avrebbero forza legittimante rispetto a servizi complementari, ciascuno dei quali avrebbe richiesto il proprio titolo specifico, e servirebbero non ad assicurare la tutela della concorrenza - come intenderebbe l’appellante - ma ad evitare che il Gruppo possa lasciare sguarnito il principale servizio istituzionale.

Peraltro, il quadro normativo locale sarebbe cambiato integralmente a seguito dell’ordinanza del Comandante di porto n. 10 del 28 marzo 2015 che, modificando il regolamento di ormeggio alla luce delle mutate circostanze di fatto, avrebbe:

- chiarito definitivamente l’oggetto del servizio di battellaggio;

- attribuito al Gruppo anche il disimpegno delle attività “strettamente funzionali all’ormeggio e al battellaggio”, le quali altro non sarebbero che una diretta estensione - dettata da esigenze di sicurezza, urgenza ed essenzialità - delle attività riservate;

- interdetto al Gruppo lo svolgimento di ogni altra attività anche “complementare”.

Ne sarebbe in definitiva seguita l’integrale abrogazione del regime delle autorizzazioni ex art. 21, oggetto del contenzioso.

Dal canto suo il Gruppo, ricostruita la vicenda, sostiene l’improcedibilità (alla luce del nuovo regolamento di ormeggio), l’inammissibilità, l’infondatezza dell’appello.

P ha replicato con memoria depositata il 20 novembre 2015.

La società avanza il dubbio che le autorizzazioni in questione non siano mai state rilasciate, sollecita il Collegio a chiedere alle Amministrazioni intimate chiarimenti sul punto, ritiene che il proprio interesse all’accesso permanga per il periodo antecedente all’emanazione dell’ordinanza n. 10/2015 (peraltro ritenuta illegittima e impugnata con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) in vista dell’avvio di eventuali azioni giudiziarie nei confronti dell’Amministrazione o del Gruppo o di iniziative non giudiziali innanzi alla Commissione europea o all’A.G.C.M.

P risponde infine agli argomenti delle controparti.

Alla camera di consiglio del 1° dicembre 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare, il Collegio rileva che la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio.

Ancora in limine , va detta infondata l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello (o del ricorso introduttivo) a seguito delle modifiche apportate all’art. 21 del regolamento di ormeggio dall’ordinanza n. 10/2015.

In disparte la questione della contestata legittimità di tale ordinanza, P ha facile gioco nel ribattere che il suo interesse permane tuttavia quanto meno per il periodo antecedente all’entrata in vigore della nuova regolamentazione.

Egualmente è infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, perché da una serena lettura delle carte non appare affatto - contrariamente a quanto il Gruppo ipotizza - che P abbia, con domanda nuova, inteso contestare non il diniego di accesso, ma l’atto di regolazione del servizio di ormeggio e battellaggio.

Nel merito, la società appellante censura il doppio rifiuto opposto dall’Autorità portuale alle proprie richieste di accesso alle autorizzazioni (ove esistenti) rilasciate in favore del Gruppo per svolgere prestazioni ulteriori al servizio generale di ormeggio e battellaggio.

Come detto in narrativa, il T.A.R. ha respinto il ricorso, ritenendo che la richiesta di accesso non fosse collegata a un diritto soggettivo o a un interesse legittimo, ma fosse piuttosto rivolta a esercitare un controllo generalizzato sull’operato della P.A.

Si tratta di una prospettazione che il Collegio non condivide.

E’ indubbio che P e Gruppo sono operatori economici di rilievo, che forniscono servizi nel porto di Pmbino. E a questo proposito è irrilevante il punto, sollevato dall’Amministrazione, se anche P, per fornire legittimamente servizi oltre l’ambito delle concessioni rilasciate, debba - come il Gruppo, che peraltro nel frattempo ha provveduto - operare attraverso una società separata (P contesta l’esistenza dell’obbligo di separazione societaria, appoggiandosi a un parere dell’A.G.C.M.: v. pagg. 12-13 della memoria depositata il 20 novembre scorso).

Al di là delle minuziose descrizioni dei servizi prestati, su cui le parti si diffondono, è evidente che gli ambiti di attività dei due soggetti si sovrappongono almeno parzialmente, in potenza se non anche in atto (e l'esercizio di un’attività specifica nel settore nel quale gli atti da conoscere possono esplicare effetti e quindi produrre un'interferenza fonda la legittimazione ad agire della società appellante: cfr. Cons. Stato, sez. V, 31 luglio 2007, n. 404).

Da ciò nasce precisamente il presente contenzioso.

P sostiene che nel rilasciare (o nell’omettere di rilasciare) le autorizzazioni previste dall’art. 21 del regolamento di ormeggio l’Amministrazione avrebbe danneggiato i suoi interessi, che si riserva di tutelare in sede giurisdizionale o anche attraverso iniziative non giudiziali. La stessa memoria dell’Avvocatura generale evoca “la litigiosità che a un tratto aveva cominciato a manifestare P” (pag. 9).

Valgono dunque le disposizioni dell’art. 22, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 1990, n. 41 (che per l’accesso richiede “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”) e dell’art. 24, comma 7, primo periodo, della medesima legge (secondo la quale “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”).

Se l’accesso è almeno potenzialmente correlato alla posizione che la società richiedente intenda far valere in giudizio o comunque di fronte a pubbliche Autorità, nazionali o europee, la ricordata disposizione dell’art. 24 ne assicura l’integrale soddisfazione. Il soggetto pubblico richiesto non può andare oltre una valutazione circa il collegamento dell’atto - obiettivo o secondo la prospettazione del richiedente - con la situazione soggettiva da tutelare e circa l’esistenza di una concreta necessità di tutela, senza poter apprezzare nel merito la fondatezza della pretesa o le strategie difensive dell’interessato (giurisprudenza consolidata;
cfr. per tutte Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55;
Id., sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461;
Id., sez. V, 23 marzo 2015, n. 1545).

Nella specie, l’Amministrazione è almeno potenziale controparte della società in una lite, nell’economia della quale possono assumere rilievo gli atti richiesti (P si riserva un’azione risarcitoria nei riguardi dell’Amministrazione, oltre che del Gruppo). Dunque l’esigenza, di rilievo costituzionale, di assicurare la parità delle armi nel processo vale a rendere ancora più solida la pretesa della parte appellante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1211).

Dalle considerazioni che precedono, discende che l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e accoglimento del ricorso di primo grado.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate come da dispositivo.

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