Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-08, n. 202005974

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-08, n. 202005974
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005974
Data del deposito : 8 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/10/2020

N. 05974/2020REG.PROV.COLL.

N. 04526/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4526 del 2011, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato G T e dall’avvocato G L ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in Roma, alla Via Orazio n. 12;

contro

- Ministero delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore;
- Comando Generale della Guardia di Finanza – I Reparto, in persona del Comandante pro tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Toscana (Sezione I) -OMISSIS-, con la quale sono stati respinti il ricorso N.R.G. -OMISSIS-e il successivo ricorso per motivi aggiunti, promossi dall’odierno appellante, avverso – rispettivamente – il provvedimento del Comando Generale della Guardia di Finanza del 21 luglio 2006 ed il provvedimento del Comando Provinciale della Guardia di Finanza prot. n. -OMISSIS-marzo 2008;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2020 il Cons. R P;
nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso N.R.G. -OMISSIS-, proposto innanzi al T.A.R. della Toscana, il signor -OMISSIS- chiedeva l’annullamento del provvedimento del Comando Generale della Guardia di Finanza del 21 luglio 2006, con il quale il Comandante in Seconda determinava di sospenderlo “precauzionalmente dall'impiego, a titolo discrezionale, a decorrere dal 22 luglio 2006”.

A sostegno della proposta impugnativa, ha dedotto i seguenti profili di censura:

- violazione e/o erronea applicazione dell'art. 20 della legge n. 599/1954, come coordinato con l'art. 117 del D.P.R. n. 3/1957, nonché eccesso di potere per travisamento e/o erronea valutazione dei fatti, per illogicità ed ingiustizia manifesta (l’illegittimità dell’atto conseguirebbe alla natura preventiva attribuita dalla legge alla sospensione precauzionale, avuto riguardo al fatto che la determinazione era stata emessa a distanza di quasi due anni dalla richiesta della Procura della Repubblica di Firenze di rinvio a giudizio);

- violazione dei principi costituzionali di non colpevolezza (sino alla condanna definitiva) e del diritto di difesa di cui agli artt. 27 e 24 della Costituzione (dal momento che l'Amministrazione si era limitata a richiamare, nel provvedimento impugnato, i reati per i quali vi era stata richiesta di rinvio a giudizio);

- violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990, per carenza assoluta di adeguata motivazione.

Nelle more del giudizio instaurato dinanzi al T.A.R., il procedimento penale giungeva a conclusione con sentenza del G.I.P. del Tribunale di Firenze, che dichiarava il non luogo a procedere, per insussistenza del fatto, in relazione al capo F della imputazione (ossia per i reati di cui agli art. 648 c.p., con l’aggravante ex art. 61 n. 9 c.p., e 326 c.p.), capo che costituiva il presupposto delle altre imputazioni.

La nuova istanza cautelare dalla parte proposta dinanzi all’adito T.A.R. veniva da quest’ultimo respinta.

Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Prato, con provvedimento in data 14 marzo 2008, rigettava l’istanza di revoca in autotutela del provvedimento di sospensione, confermando la sospensione precauzionale del Maresciallo -OMISSIS-.

Tale atto veniva dall’interessato gravato con motivi aggiunti, recanti articolazione di censure riproduttiva di quanto esposto con l’atto introduttivo del giudizio.

L’istanza cautelare incidentalmente proposta con il mezzo di tutela da ultimo indicato, veniva respinta dall’adito Tribunale, con ordinanza confermata, poi, da questo Consiglio.

2. Costituitasi l’Amministrazione intimata, il giudizio veniva definito con sentenza n. -OMISSIS- del 22 marzo 2010, con la quale venivano respinti il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in € 3.000,00, oltre oneri accessori come per legge.

3. Avverso tale pronuncia, il signor -OMISSIS- ha interposto appello, sostenendo che l’avversata pronunzia sia inficiata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 74 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione.

Il Tribunale avrebbe omesso di esaminare un profilo di diritto dedotto dal ricorrente, relativo alla necessaria sospensione del procedimento disciplinare ai sensi dell’art. 117 del D.P.R. n. 3/1957;
limitandosi, piuttosto, a statuire che la qualità di imputato si acquisisce soltanto con la richiesta di rinvio a giudizio ex art. 60 c.p.p., con conseguente irrilevanza di quanto disposto dall’Amministrazione prima di tale momento (dimostrandosi, per l’effetto, legittimo il provvedimento di sospensione precauzionale).

Secondo la parte, posto che l’azione penale deve intendersi promossa con la richiesta di rinvio a giudizio di cui all’art. 416 c.p.p., tale da fare assumere alla persona, prima indagata, la qualità di imputato, l’Amministrazione non avrebbe dovuto e potuto adottare il provvedimento di sospensione precauzionale de quo , dal momento che il procedimento disciplinare non poteva essere definito fino a che non fosse giunto a conclusione quello penale.

La sentenza gravata sarebbe, altresì, erronea, laddove ha ritenuto sufficientemente motivato il provvedimento di sospensione, sul presupposto che le gravi imputazioni, ove dimostrate, avrebbero portato alla perdita del grado.

Nell’osservare come, quanto al caso in esame, ricorra la fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 20 della legge n. 599/1954 (e, quindi, l’adozione di un provvedimento di sospensione, essendo facoltativa, rivelandosi espressione di un potere ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, che, come tale, presuppone una specifica motivazione che ne giustifichi l’esercizio), assume parte appellante l’insufficienza del mero riferimento ai reati per i quali vi sia stato rinvio a giudizio (ed alla gravità dei medesimi) per giustificare l’adozione della misura precauzionale della sospensione dal servizio.

Quanto, poi, al provvedimento impugnato con i motivi aggiunti, il T.A.R. si sarebbe sostituito all’Amministrazione, introducendo una motivazione che, se pur inidonea per la tipologia di provvedimento, avrebbe, di fatto, “sanato” una totale mancanza della stessa (in proposito, sostenendosi che i reati per i quali non era intervenuto proscioglimento, nell’integrare la presenza di fatti gravi, non irragionevolmente hanno indotto l’Amministrazione alla conferma del provvedimento di sospensione).

Piuttosto, l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare se la diminuzione dei capi di imputazione, derivante dalla sentenza di parziale proscioglimento, avesse determinato una nuova situazione (considerato che il capo di imputazione per il quale era intervenuta la sentenza di proscioglimento era presupposto degli altri reati), tale da far venire meno il pericolo che l'impiegato potesse reiterare i comportamenti per cui era stato rinviato a giudizio;
o, viceversa, da non eliminare un tale pericolo.

E ciò sul presupposto che, ai fini della sospensione cautelare, non sia sufficiente la semplice indicazione dei capi di imputazione, senza che vi sia motivazione alcuna in ordine ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche da questi eventualmente emerse.

Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

4. In data 16 giugno 2011, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio.

5. In vista della trattazione nel merito del ricorso entrambe le parti hanno svolto difese scritte.

5.1. L’appellata Amministrazione, con atto depositato il 2 luglio 2020, nel richiamarsi alla memoria difensiva depositata nel giudizio di primo grado, ha contestato la fondatezza delle doglianze articolate con l’appello all’esame.

5.2. Parte appellante ha depositato in atti (alla data del 29 luglio 2020), conclusiva memoria, con la quale, ripercorso l’iter argomentativo già articolato con l’atto introduttivo, ha insistito per l’accoglimento del proposto mezzo di tutela.

5.3 Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed il Comando Generale della Guardia di Finanza, con memoria depositata il 4 settembre 2020, hanno replicato alle considerazioni dalla parte appellante svolte con la memoria di cui al precedente punto 5.2, nuovamente sollecitando il rigetto del ricorso.

La parte appellante, con memoria depositata il successivo 9 settembre, ha, a sua volta, replicato alle argomentazioni dalle Amministrazioni svolte con l’atto anzidetto.

6. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 29 settembre 2020.

DIRITTO

1. Giova, preliminarmente alla disamina dei motivi di doglianza articolati con il presente appello, procedere alla ricognizione dei contenuti motivazionali dell’avversata sentenza del T.A.R. Toscana.

Tale pronunzia:

- nel respingere il primo motivo del ricorso introduttivo, “poiché, … ai sensi dell'art. 60 c.p.p. la qualità di imputato si acquisisce solo con il rinvio a giudizio e pertanto risulta inconferente, ai fini della presente controversia, quanto disposto dall'Amministrazione prima di tale momento. Essa infatti non avrebbe potuto legittimamente disporre la contestata sospensione dal servizio prima del rinvio a giudizio”;

- e nel dare atto della corretta motivazione del provvedimento impugnato “alla luce delle gravi imputazioni che incombono sul ricorrente”, le quali, ove “dimostrate, porterebbero alla perdita del grado”;

ha evidenziato che “l’atto gravato dà conto degli elementi, quali la gravità della condotta di un soggetto militare e la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria dallo stesso rivestita, che hanno indotto l'Amministrazione a disporre la sospensione”; rappresentando che “trattasi di un giudizio che non appare irragionevole ed è supportato da elementi di fatto che vengono rappresentati nel provvedimento”.

Lo stesso giudice di prime cure, sulla base dei riferimenti giurisprudenziali escludenti “l’onere di esporre una particolare motivazione in ordine all’inopportunità di trattenere in servizio un militare sottoposto a procedimento penale per un’imputazione da cui possa derivare la perdita del grado, essendo sufficiente che dal provvedimento emerga con chiarezza la valutazione per cui, durante lo svolgimento del processo penale, deriverebbe discredito all’Arma se il militare inquisito continuasse a svolgere le sue funzioni”, ha parimenti disatteso “anche il ricorso per motivi aggiunti, poiché se è vero che il ricorrente è stato prosciolto dall'imputazione di ricettazione, tuttavia il rinvio a giudizio ha riguardato i reati di cui agli artt. 391-321, 473, 474 e 640 del codice penale”, integranti la presenza di “fatti gravi, specialmente se compiuti da un militare, che sono suscettibili di portare alla perdita del grado e non irragionevolmente hanno quindi indotto l'Amministrazione a respingere la richiesta di revoca dell’irrogata sospensione dal servizio”.

2. Alla luce di quanto come sopra riportato, l’appellata sentenza merita conferma.

I primi due commi dell’art. 20 della legge 31 luglio 1954, n. 599, stabiliscono che

- “il sottufficiale che sia sottoposto a procedimento penale per imputazione da cui possa derivare la perdita del grado, o che sia sottoposto a procedimento disciplinare per fatti di notevole gravità, può essere sospeso precauzionalmente dall'impiego, a tempo indeterminato, fino all'esito del procedimento penale o disciplinare”;

- “tale provvedimento è sempre adottato nei confronti del sottufficiale a carico del quale sia stato emesso ordine o mandato di cattura o che si trovi comunque in stato di carcerazione preventiva”.

La prima delle due fattispecie normativamente individuate pertiene all’ipotesi di sospensione dal servizio c.d. “facoltativa”, suscettibile di accedere alla mera sottoposizione del militare a procedimento penale;
laddove, la seconda di esse, avente carattere obbligatorio, consegue all’applicazione di misura restrittiva della libertà personale.

La previsione normativa sopra riportata è, oggi, sostituita dalle disposizioni:

- di cui all’art. 916 del Codice dell’ordinamento militare (di cui al D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che prevede, in tema di “sospensione precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale” che la stessa “può essere applicata nei confronti di un militare se lo stesso è imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado”;

- di cui al precedente art. 915, quanto alla sospensione precauzionale obbligatoria.

3. Quanto ai presupposti per l’adozione della misura di che trattasi, il carattere “precauzionale”, ovvero “cautelare”, nella stessa rinvenibile, esclude la ravvisabilità di una valenza disciplinare o sanzionatoria, in quanto prescinde da qualsiasi accertamento in ordine alla responsabilità dell'inquisito e non implica, quindi, alcuna valutazione, neppure approssimativa e provvisoria, circa la colpevolezza dell'interessato, non arrecando pregiudizio all’integrale reintegrazione del dipendente nelle funzioni e negli assegni non percepiti;
ponendosi, piuttosto, quale rimedio provvisorio a tutela del superiore interesse pubblico dell'Amministrazione, il cui perseguimento risulta compromesso dalla permanenza del dipendente al quale vengono contestati fatti che assumono rilievo penale, con pregiudizio del regolare svolgimento del servizio.

Tale misura, pertanto, non richiede la certezza della esistenza dei fatti contestati e del grado di imputabilità degli stessi al dipendente, essendo al riguardo sufficiente una sommaria cognizione dei fatti, atteso che la ratio della sospensione cautelare è ravvisabile nell'interesse pubblico rivolto ad evitare il pregiudizio per la regolarità del servizio e per il prestigio dell’Amministrazione che deriverebbe dalla permanenza in servizio del dipendente, al quale sono attribuiti i fatti di reato.

In tale senso, anche gli orientamenti in materia maturati da questo Consiglio.

E quindi:

- è sufficiente il rinvio al titolo del reato contestato, ove questo si riferisca a fatti specificamente attinenti alla sfera dell’Amministrazione che traggono origine proprio dalla funzioni esercitate in seno ad essa;

- l'obbligo motivazionale di un provvedimento di sospensione cautelare non può spingersi fino all'esternazione di considerazioni che, costituendo espressione del comune buon senso e riflettendo il comune sentire, discendono come corollari obbligati dalle ragioni addotte dall’Amministrazione a fondamento della scelta effettuata, e cioè l'inopportunità di mantenere in servizio un dipendente imputato di reati gravissimi e al tempo stesso non utilizzabile in ragione della qualifica rivestita in altro ambiente di lavoro (cfr. Sez. V, 24 febbraio 1999 n.199);

- l'unica motivazione richiesta per il provvedimento di sospensione facoltativa consiste nell’esternazione del pregiudizio che subirebbe l’Amministrazione dalla permanenza in servizio del dipendente, non occorrendo esporre analiticamente gli episodi illeciti addebitati, ma dovendosi, al contrario, evitare la pubblicizzazione di tali fatti che costituiscono oggetto d'accertamento da parte dell'A.G. penale (cfr. Sez. V, 3 ottobre 2003 n.

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