Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-10-25, n. 201704917
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Pubblicato il 25/10/2017
N. 04917/2017REG.PROV.COLL.
N. 03275/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3275 del 2017, proposto da:
G M, R V e L L, rappresentati e difesi dagli avvocati P D C, A B e F B, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Liegi, n. 35/b;
contro
Comune di Battipaglia, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato G L, domiciliato ex art. 25 cod. proc. amm. presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
nei confronti di
C Fe, rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
Giuseppe Bovi, Rossella Speranza, Ada Caso, Elda Morini e Stefano Romano, rappresentati e difesi dall’avvocato Gennaro Maione, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sara Di Cunzolo, in Roma, via Aureliana. n. 63;
Roberto Cappuccio, Vincenzo De Sio e Pietro Cerullo, rappresentati e difesi dall’avvocato Sara Di Cunzolo, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Aureliana, n. 63;
Francesco Marino e Isidoro Amendola, rappresentati e difesi dagli avvocati Mario Sanino e Marco Di Lullo, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Parioli, n. 180;
Valerio Longo e Gerardo Zaccaria, rappresentati e difesi dall’avvocato Salvatore Di Pardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sara Di Cunzolo, in Roma, via Aureliana, n. 63;
Angelo Cappelli e Francesca Napoli, rappresentati e difesi dall’avvocato Giuliano Di Pardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Sara Di Cunzolo, in Roma, via Aureliana, n. 63;
Francesco Falcone, Antonio Sagarese, Alfonso Baldi, Alessio Cairone, Egidio Mirra, Luigi D'Acampora, Oreste Vassalluzzo, Cesare Mancusi, Gianluca Barile, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO, SEZIONE I, n. 809/2017, resa tra le parti, concernente una domanda di annullamento della delibera del consiglio comunale di Battipaglia per la salvaguardia degli equilibri di bilancio 2016 e degli atti conseguenti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Battipaglia e dei signori C Fe, Giuseppe Bovi, Rossella Speranza, Ad Caso, Elda Morini, Stefano Romano, Roberto Cappuccio, Vincenzo De Sio, Pietro Cerullo, Francesco Marino, Isidoro Amendola, Valerio Longo, Gerardo Zaccaria, Angelo Cappelli e Francesca Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati P D C, G L, Gennaro Maione, Sara Di Cunzolo, Mario Sanino e Giuliano Di Pardo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Napoli - i consiglieri del Comune di Battipaglia, sig.ri E L, G M, R V e L L, impugnavano la delibera del consiglio comunale di salvaguardia degli equilibri di bilancio per il 2016 ex artt. 193 e 194 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (delibera n. 68 del 4 agosto 2016).
2. I ricorrenti ne deducevano l’illegittimità:
- perché adottata in assenza del previo esame obbligatorio delle commissioni consiliari permanenti competenti sull’affare, in relazione alla quale era impugnato anche l’art. 12, comma 1, del regolamento disciplinante il funzionamento del consiglio comunale, laddove in esso si prevede che la conferenza dei capi-gruppo – che aveva esaminato la proposta di delibera nella seduta del 27 luglio 2016, stante la mancata costituzione delle commissioni consiliari - « costituisce, ad ogni effetto, Commissione consiliare permanente »;
- per mancato rispetto del termine perentorio previsto dal citato art. 193, comma 2, del medesimo testo unico;
- per violazione dell’art. 55, comma 4, del medesimo regolamento, a causa del fatto che alla proposta di delibera non era stata allegata la proposta di costituzione di un ufficio di staff del sindaco ai sensi dell’art. 90 d.lgs. n. 267 del 2000 (nota di prot. 50486 dell’11 luglio 2016).
In relazione a quest’ultima censura i consiglieri comunali ricorrenti impugnavano quindi per illegittimità derivata dalla delibera consiliare di salvaguardia degli equilibri di bilancio i decreti sindacali di conferimento di incarichi di collaborazione a supporto del sindaco (decreti nn. di prot. 56759 e 56899 del 5 e 8 agosto 2016).
3. L’adito tribunale, sez. I, con la sentenza segnata in epigrafe, dichiarava il ricorso inammissibile, sul presupposto che gli atti impugnati non avessero leso il « diritto all’ufficio dei consiglieri ricorrenti ».
In tal senso il giudice di primo grado attribuiva rilevanza decisiva alla circostanza che questi ultimi « tutti capigruppo, hanno partecipato il 27.7.2016 alla Conferenza dei capi gruppo e sono stati resi edotti sul contenuto della proposta che poi è stata approvata con la deliberazione del Consiglio Comunale n. 68 del 4.8.2016, in questa sede impugnata ». Al medesimo riguardo il tribunale soggiungeva che in quella sede i ricorrenti avevano « votato a favore sia della convocazione del consiglio in data 4.8.2016, sia in relazione all’argomento da porre all’ordine del giorno rappresentato dalla salvaguardia del bilancio » ed avevano inoltre « ricevuto tempestivamente l’avviso di convocazione dell’assemblea ».
4. Il giudice di primo grado escludeva peraltro che la mancata acquisizione del parere delle commissioni consiliari competenti potesse comportare una lesione dello ius ad ufficium dei consiglieri ed evidenziava che, in ogni caso, avendo partecipato alla conferenza dei capi-gruppo del 26 luglio 2016, gli stessi « non potevano non essere consapevoli che la delibera sarebbe intervenuta senza previo passaggio alle commissioni consiliari ».
5. Del pari era escluso che qualsiasi lesione alle prerogative dell’incarico elettivo potesse derivare dalla violazione dell’art. 193, comma 2, t.u.e.l., dedotta nel secondo motivo di ricorso.
6. Per la riforma della pronuncia di primo grado hanno proposto appello i signori G M, R V e L L, originari ricorrenti (il quarto originario ricorrente, sig. E L, è deceduto nelle more).
7. Si sono costituiti in resistenza il Comune di Battipaglia e i consiglieri comunali indicati in epigrafe.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello è censurato il capo della sentenza di primo grado che ha escluso che il mancato esame della proposta di delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio da parte delle commissioni consiliari permanenti competenti si ripercuota sulle prerogative della carica di consigliere comunale. Gli appellanti sostengono, richiamando un precedente di questa Sezione (sentenza 19 aprile 2013, n. 2213), che questa omissione configura un vizio del procedimento deliberativo direttamente incidente sulla funzione di consigliere.
2. Nel motivo in esame si censura anche il rilievo dato dal giudice di primo grado alla partecipazione dei ricorrenti alla conferenza dei capi gruppo del 26 luglio 2016, in cui la proposta di delibera è stata rimessa all’esame dell’assemblea con il voto favorevole dei medesimi ricorrenti: si sottolinea per contro che in quest’ultima sede i consiglieri di minoranza hanno fatto espressa richiesta di rinviare la seduta e di sulla proposta di delibera acquisire i pareri di regolarità tecnica e contabile ex art. 49 d.lgs. n. 267 del 2000.
3. Inoltre gli appellanti sostengono che l’equiparazione sancita dall’art. 12, comma 1, del regolamento disciplinante il funzionamento del consiglio comunale, della conferenza dei capi-gruppo alle commissioni consiliari permanenti « vale a definire la natura dell’organo (Conferenza dei capigruppo), non a individuarne la composizione o i compiti che, al contrario, sono nettamente diversificati rispetto a quelli delle Commissioni consiliari permanenti ». Dacché viene dedotto l’interesse di essi consiglieri ad impugnare in sede giurisdizionale le delibere dell’organo di appartenenza adottate senza l’apporto di organi interni al consiglio comunale « fondamentali nel procedimento decisionale di quest’ultimo ».
4. In via subordinata, i consiglieri comunali appellanti deducono che le prerogative inerenti alla loro carica sono state lese a causa della violazione del termine perentorio del « 31 luglio di ciascun anno » per l’approvazione della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all’art. 193, comma 2, d.lgs. 267 del 2000 e contestano la contraria statuizione emessa sul punto dal tribunale.
5. Nell’appello è quindi riproposta la censura di violazione dell’art. 55, comma 4, del regolamento disciplinante il funzionamento del consiglio comunale, in relazione ai consequenziali decreti
sindacali di conferimento incarichi di collaborazione impugnati nel presente giudizio. Nel motivo in esame si ribadisce che la proposta di assunzione di personale di staff del sindaco ai sensi dell’art. 90 t.u.e.l., di cui alla nota di prot. 50486 dell’11 luglio 2016, menzionata nel preambolo della delibera n. 68 del 4 agosto 2016), non era stata allegata agli atti relativi a quest’ultima.
6. Tutte le censure come sopra sintetizzate sono infondate. Si può dunque prescindere dall’esame delle numerose eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti appellate.
7. Si deve premettere che questa Sezione intende dare continuità all’indirizzo espresso nel proprio precedente, citato dagli appellanti a suffragio dei loro assunti, e cioè la sentenza 19 aprile 2013, n. 2213.
In tale pronuncia si è in particolare affermato che i consiglieri comunali sono legittimati ad agire in giudizio e promuovere così un conflitto di carattere intersoggettivo con l’ente locale di cui fanno parte, ogniqualvolta gli atti del consiglio di cui sono componenti siano stati adottati con modalità procedimentali diverse da quelle previste ed in concreto lesive del mandato elettivo.
Con specifico riguardo alla fattispecie controversa nel presente giudizio, nel precedente in esame si è stabilito che l’omesso esame da parte delle competenti commissioni consiliari, « laddove previste dalla normativa interna sull’organizzazione ed il funzionamento dell’ente », di una delibera consiliare di variazione di bilancio, comportante l’autorizzazione di nuove spese, determina una lesione del munus di consigliere comunale. Ciò sul rilievo che tali commissioni « costituiscono organi fondamentali nel procedimento decisionale » previsto per gli atti del consiglio comunale « essendo loro attribuito il necessario esame ed approfondimento istruttorio dei progetti di delibera, così da concentrare l’attività del plenum sui contenuti fondamentali, e dunque appalesandosi come la sede nella quale il singolo consigliere può prendere adeguata cognizione circa le scelte che l’organo di cui fa parte intende assumere ».
Inoltre nella sentenza richiamata si è escluso che il mancato esame della proposta di delibera consiliare da parte delle competenti commissioni possa essere supplito da quello svolto dalla conferenza dei capi-gruppo in consiglio, a causa del fatto che quest’ultimo organo interno ha funzioni limitate alla sola « programmazione dei lavori del consiglio » e non invece estendentisi « all’istruttoria delle proposte di delibera che vengono portate all’esame dell’organo nella sua composizione totalitaria ».
8. Tutto ciò precisato, nel caso oggetto del presente giudizio si registra una differenza di fatto tale da impedire l’applicazione dei principi di diritto affermati nel precedente finora esaminato.
9. La fondamentale differenza in questione è data dall’esistenza di una norma interna al Comune di Battipaglia che ha equiparato in modo pieno la conferenza dei capi-gruppo alle commissioni consiliari permanenti.
Questa equiparazione è in particolare sancita dal sopra citato art. 12, comma 1, del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale. Tale disposizione, dopo avere definito la funzione della conferenza: « è organismo consultivo del Sindaco e/o del Presidente del Consiglio Comunale, concorrendo a definire la programmazione ed a stabilire quant’altro risulti utile per il proficuo andamento dell’attività del Consiglio »;stabilisce appunto che essa « costituisce, ad ogni effetto, Commissione Consiliare permanente ».
Una simile equiparazione non era stata invece nemmeno prospettata nel caso deciso dalla sentenza di questa Sezione 19 aprile 2013, n. 2213.
10. Quanto alla portata di tale previsione regolamentare, che gli appellanti assumono limitata alla « natura dell’organo » e non già alle relative funzioni, occorre osservare che, al di là del fatto che una simile distinzione quand’anche praticabile in concreto si traduce nella privazione di ogni portata precettiva della norma, il senso fatto palese dalla espressioni letterali impiegate per la sua formulazione depone chiaramente per una totale fungibilità della conferenza dei capi-gruppo alle commissioni consiliari.
La previsione in esame è più precisamente destinata ad operare in casi in cui queste ultime articolazioni interne al consiglio comunale non siano state ancora costituite al fine di assicurare la continuità dell’organo elettivo e delle sue modalità di funzionamento in situazioni contingenti in cui non è stata ancora completata tutta la struttura di supporto.
11. Ebbene ciò è proprio quanto avvenuto nel caso di specie.
Infatti, all’indomani della proclamazione degli eletti all’esito delle ultime elezioni consiliari (delibera n. 55 del 13 luglio 2016) si è posta per il Comune di Battipaglia la necessità di approvare entro la scadenza di legge del 31 luglio, ai sensi del sopra citato art. 193, comma 2, t.u.e.l., la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio (come peraltro rappresentato dalla Prefettura di Salerno, con note prot. nn. 70003 del 4 luglio e 55099 del 29 luglio del 2016).
Nella descritta situazione di urgenza, in cui le commissioni consiliari permanenti non erano ancora state costituite, il Comune ha dunque legittimamente approvato, ai sensi dell’art. 12, comma 1, del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale, sopra esaminato, la proposta di delibera in sede di conferenza dei capi-gruppo, e quindi deciso in quella sede di rimetterla all’assemblea (seduta del 27 luglio 2016).
12. Alla luce delle considerazioni finora svolte perdono rilievo le questioni ulteriormente dedotte dai consiglieri comunali nel motivo d’appello in esame e relative alla volontà da loro espressa nella conferenza dei capi-gruppo, e cioè se essa sia stata assenziente o meno alla proposta, poi approvata, di rimettere lo schema di delibera ex art. 193 t.u.e.l. all’ordine del giorno della seduta del consiglio del 4 agosto 2016.
Peraltro, ad ulteriore confutazione delle critiche formulate nei confronti della sentenza di primo grado, va sottolineato che il verbale della conferenza dei capi-gruppo in data 27 luglio 2016, oltre a dare atto della presenza dei consiglieri odierni appellanti sig.ri Motta, Vicinanza e Liguori, menziona la decisione - assunta « all’unanimità » - di tenere il successivo 4 agosto il consiglio comunale per adottare la delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio. Da ciò si trae pertanto la prova che l’esame della proposta di delibera nella conferenza dei capi-gruppo non ha in alcun modo leso le prerogative dei consiglieri in questione e che la ragione di inammissibilità del ricorso individuata al riguardo dal Tribunale amministrativo è immune da qualsiasi censura.
Anche sotto questo profilo si ravvisa una differenza decisiva rispetto al precedente di questa Sezione di cui alla più volte citata sentenza 19 aprile 2013, n. 2213, in cui non vi era stato alcun voto favorevole dei consiglieri comunali ricorrenti.
13. Infondato è il secondo motivo d’appello, con cui il mandato elettivo di consigliere comunale si assume leso a causa del mancato rispetto del termine del 31 luglio di ciascun anno previsto dal comma 2 della disposizione del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000 poc’anzi citata per deliberare gli equilibri di bilancio del Comune. Questa previsione di legge non è infatti posta a garanzia delle prerogative del munus di consigliere comunale, ma dell’ordinata gestione del bilancio e della connessa programmazione economico – finanziaria dell’attività dell’ente locale.
14. All’argomento svolto sul punto dagli appellanti, secondo cui il mancato rispetto di questo termine comporterebbe lo scioglimento dell’ente e dunque sotto questo profilo si ripercuoterebbe sullo ius ad officium , in virtù dell’equiparazione sancita dal comma 4 del medesimo art. 193 tra la l’inutile « decorso del termine previsto dal testo unico » e la mancata approvazione del bilancio di previsione ai sensi dell’art. 141, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 267 del 200, è sufficiente contrapporre il rilievo che tale equiparazione è in realtà sancita per l’ipotesi di « mancata adozione (…) dei provvedimenti di riequilibrio » (così il comma 4 dell’art. 193). Esula pertanto da questa fattispecie il mero ritardo – verificatosi nel caso di specie – per il mancato rispetto del termine acceleratorio in questione, il quale non è del resto assistito da alcuna qualificazione di perentorietà e connessa comminatoria di decadenza del potere deliberativo del consiglio comunale.
15. Con l’ultimo motivo d’appello si ripropone la censura di illegittimità dei decreti sindacali di nomina di collaboratori ex art. 90 d.lgs. n. 267 del 2000, in via derivata rispetto alla presupposta delibera consiliare di salvaguardia degli equilibri di bilancio, e consistente nella mancata allegazione allo schema di delibera della proposta di assunzione di soggetti componenti l’ufficio di supporto del sindaco, in violazione dell’art. 55, comma 4, del regolamento disciplinante il funzionamento del consiglio comunale.
16. Il motivo, non esaminato dal giudice di primo grado, è comunque infondato.
Questa censura suppone l’esistenza di un onere economico per il Comune di Battipaglia, sul quale non sarebbe stata possibile alcuna consapevole deliberazione in consiglio comunale, ed è avvalorata dal richiamo nel preambolo della delibera, poi approvata, della « nota prot. 50486 del 11/07/2016 (…) avente ad oggetto, tra l’altro, l’assunzione a tempo determinato di personale ex artt. 90 e 110 (d.lgs. 267 del 2000;n.d.e.) , nonché la prima variazione al Bilancio di Previsione 2016/2018 ».
Questa ricostruzione del tenore del motivo di impugnazione si trae dalla doglianza in esso contenuto, secondo cui per effetto di questa omissione sarebbe « ignoto (…) lo stanziamento per la costituzione dell’Ufficio di collaborazione del Sindaco ».
17. Tuttavia in contrario va innanzitutto rilevato che dagli atti di conferimento degli incarichi contestati nel presente giudizio non risulta essere stata sostenuta alcuna spesa. Nei decreti di nomina in questione si prevede infatti in modo espresso che tali attività verranno svolte a titolo gratuito e si richiama a tal fine l’art. 14, comma 7, « del regolamento comunale » (non ulteriormente precisato).
18. Da tale quadro probatorio non è pertanto possibile ricavare alcuna lesione delle prerogative della carica di consigliere. In particolare – al di là del fatto che al riguardo è stata eccepita l’inammissibilità del ricorso originario per superamento dei limiti entro i quali è consentito proporre ricorso cumulativo – dalla formulazione della censura in esame e dagli atti e documenti ad essa relativi non è possibile stabilire un rapporto di consequenzialità tra la delibera consiliare n. 68 del 4 agosto 2016 impugnata e i provvedimenti sindacali di conferimento degli incarichi in questione parimenti censurati, in via derivata, dagli odierni appellanti.
Pertanto la mancata acquisizione della proposta di assunzione di personale ex artt. 90 e 110 t.u.e.l., oltre che di variazione del bilancio di previsione, può al più essere qualificata come mera irregolarità, che non ha tuttavia determinato alcuna alterazione del processo decisionale dell’organo deliberativo per gli aspetti dedotti nel presente giudizio. Ne consegue che anche con riguardo a questi ultimi provvedimenti non è ravvisabile alcuna lesione delle prerogative connesse alla carica di consigliere comunale.
19. In conclusione l’appello deve essere respinto.
La peculiarità delle questioni controverse giustifica tuttavia la compensazione delle spese di causa tra tutte le parti.