Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-09, n. 201104752

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2011-08-09, n. 201104752
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104752
Data del deposito : 9 agosto 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07864/2007 REG.RIC.

N. 04752/2011REG.PROV.COLL.

N. 07864/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7864 del 2007, proposto da:
Ministero dell’Interno,
in persona del Ministro p.t.,
ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,

contro

V F G,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’avv.to P M ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. R L, in Roma, via Mazzini, 145,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - n. 00332/2007, resa tra le parti, concernente REVOCA LICENZA DI PORTO DI FUCILE PER USO CACCIA.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;

Vista l’Ordinanza n. 5771/2007, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 6 novembre 2007, di accoglimento della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 20 maggio 2011, la relazione del Consigliere S C;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Aurelio Vessichelli dello Stato per l’appellante e l’avv. R L, in sostituzione dell’avv. Alfredo Russo, per l’appellato;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con l’appello all’esame, l’Amministrazione dell’Interno chiede la riforma della sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli – Venezia Giulia, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha annullato le seguenti determinazioni aventi l’odierno appellato come destinatario:

- il decreto emanato dal Prefetto di Gorizia, prot. n. 20040016677, Area 1, dd. 10.12.2004, con cui è stato vietato al ricorrente di detenere armi e munizioni;

- il decreto del Questore di Gorizia dd. 24.11.2004, di revoca della licenza di porto di fucile ad uso venatorio.

L’Amministrazione ribadisce in questa sede la legittimità dei provvedimenti per cui è causa, adottati sulla base di specifici comportamenti del titolare del porto d’armi (consistenti nell’abuso di sostanze alcoliche, che hanno portato all’accertamento nei suoi confronti di tre specifiche violazioni dell’art. 186 del Codice della Strada - guida in stato di ebbrezza), all’ésito di un giudizio prognostico di pericolosità e non affidabilità dell’interessato nell’uso delle armi, in relazione al quale, si afferma, “l’Autorità di pubblica sicurezza dispone di un ampio potere di apprezzamento discrezionale, in funzione della particolarità dell’attività soggetta ad autorizzazione e della delicatezza degli interessi pubblici coinvolti” ( pag. 5 app. ).

Si è costituito in giudizio, per resistere, l’appellato.

Con Ordinanza n. 5771/2007, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 6 novembre 2007, è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 20 maggio 2011.

L’appello è fondato e mérita accoglimento.

Condivisibili, invero, devono ritenersi le argomentazioni svolte dall’Amministrazione appellante circa la logicità e ragionevolezza delle valutazioni da essa espresse nei provvedimenti oggetto del giudizio a fronte dei fatti ivi richiamati ( dai quali risulta un ripetuto abuso di sostanze alcoliche, peraltro confermato dalla stessa valutazione psicodiagnostica prodotta in giudizio dall’interessato ), certamente sufficienti a comprovare la ritenuta scarsa affidabilità dell’appellato nell’uso delle armi.

Infatti, pur non risultando nella fattispecie accertato quell’abuso continuativo di sostanze alcoliche che solo, secondo il T.A.R., avrebbe potuto costituire sufficiente presupposto dei contestati provvedimenti, non v’è dubbio, ad avviso del Collegio, che la condotta globalmente considerata del titolare di titoli autorizzatorii alla detenzione ed all’uso delle armi deve essere esente da mende o da indizii tali da poter fare anche solo dubitare della sicura affidabilità del soggetto circa il buon uso delle armi;
e, ferma l’ampia discrezionalità del potere di valutazione affidato all’Autorità di P.S. delle circostanze di fatto che possano consigliare l’adozione del provvedimento di divieto o di révoca dell’autorizzazione alla detenzione di armi, risponde ai canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo della sufficienza motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, l’aver assunto, quali circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto viene ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi ( Cons. St., IV, 5 luglio 2000, n. 3709 ), ripetuti episodi, abbastanza ravvicinati nel tempo, di accertato abuso di sostanze alcoliche ( che, come opportunamente sottolineato nell’atto di appello, “notoriamente, oscura la piena e perfetta padronanza dei comportamenti, richiesta a fortori nella detenzione di armi, per l’uso incontrollato che se ne può fare in condizioni di non perfetto equilibrio psico-fisico” ) quali indizii significativi della inaffidabilità del soggetto e cioè della sua incapacità di offrire garanzie circa il corretto uso delle armi ( vedasi, in proposito, il combinato disposto degli articoli 11, comma 2, del TULPS, secondo cui "le autorizzazioni di polizia possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell'autorizzazione" e 43, comma 2, dello stesso Testo unico, secondo cui "la licenza può essere ricusata... a chi non dà affidamento di non abusare delle armi" ).

La Sezione ritiene conclusivamente di dover accogliere l’appello dell’Amministrazione, con conseguente reiezione, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado.

Sussistono giustificati motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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