Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-07-02, n. 201203860

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-07-02, n. 201203860
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201203860
Data del deposito : 2 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06679/2011 REG.RIC.

N. 03860/2012REG.PROV.COLL.

N. 06679/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6679 del 2011, proposto da:
Comune di Ceva, rappresentato e difeso dagli avv. B S e G C, con domicilio eletto presso l’avv. G C in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, 63;

contro

Provincia di Cuneo, rappresentato e difeso dagli avv. B C D T e M C, con domicilio eletto presso l’avv. B C D T in Roma, via di Porta Pinciana, 6;

nei confronti di

Piemonte Eguzki 3 Srl, rappresentato e difeso dagli avv. Valentino Fiorio e Paolo Pittori, con domicilio eletto presso l’avv. Paolo Pittori in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24;
Anas Spa, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato , domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 00451/2011, resa tra le parti, concernente REALIZZAZIONE DI PARCO FOTOVOLTAICO.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Cuneo e di Piemonte Eguzki 3 Srl e di Anas Spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Contaldi, Collevecchio, Bifulco, per delega dell'Avvocato Pittori, e Bruni dell'Avvocatura Generale dello Stato;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sez. I, con la sentenza n. 451 del 4 maggio 2011, ha respinto il ricorso proposto dall’odierno Comune appellante per l’annullamento della deliberazione di Giunta provinciale in data 24.8.2010, n. 276, con cui l'Amministrazione provinciale ha espresso giudizio positivo di compatibilità ambientale in merito al parco fotovoltaico CN10a Ceva localizzato nel Comune di Ceva, al Fg. 3, mappali 15-16-86-100-118, presentato da parte di Piemonte Eguzki 3 s.r.l. e contestualmente ha autorizzato la costruzione e l'esercizio dell'impianto, dando altresì atto che tale provvedimento costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto presentato e costituisce variante allo strumento urbanistico e delle determinazioni assunte nelle due sedute della Conferenza dei servizi svoltesi in data 4.2.2010 ed in data 14.6.2010.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che, in attesa dell’adozione delle linee guida nazionali prescritte dal d.lgs. 387/2003, il Comune di Ceva aveva adottato una variante del piano regolatore che vietava la realizzazione degli impianti in oggetto sui terreni agricoli di capacità d’uso dei suoli dalla I alla V classe;
pertanto, su tutti i territori comunali esistenti.

Secondo il TAR, la Provincia avrebbe motivatamente superato il dissenso del Comune di Ceva, espresso in conferenza di servizi, coerentemente con la disciplina nazionale e comunitaria degli impianti per la produzione di energie rinnovabile , segnatamente, per il fotovoltaico;
la motivazione fa perno, per il TAR, sul fatto che il corretto fine e onere di tutelare il paesaggio non può tradursi in un indifferenziato o generalizzato divieto di installazione di impianti nella totalità delle aree agricole del Comune, prescindendo da peculiarità specifiche delle aree, poiché tali impianti sono comunque oggetto di particolari discipline incentivate a più livelli che non possono tollerare un divieto così ampio e generalizzato.

Peraltro, osserva il TAR, la soluzione è anche coerente con le linee guida nazionali adottate in materia di autorizzazione agli impianti di produzione di energie alternative e recepite dalla Regione Piemonte, per consentire una omogenea e razionale tutela ambientale in armonia con la contrapposta ma importante esigenza di favore lo sviluppo di queste fonti energetiche. E’ pur vero che tale disciplina, osserva il TAR, non è applicabile al caso di specie in quanto sopravvenuta, ma la soluzione significativamente limita la possibilità di installazione degli impianti fotovoltaici dei soli terreni classificati in classe I e II e non anche quelli classificati in classe III, come avviene nel caso di specie, o in classe ancora più bassa, così confermando un principio già immanente nel sistema che esclude un divieto generalizzato per un’intera tipologia di terreni come possono essere quelli agricoli.

Il TAR, quindi, motivatamente rigettando gli ulteriori profili di doglianza proposti dal Comune primo grado (violazione di legge con riferimento alle direttive contenute nella d.G.R. 28.9.2009 n. 30-1221, nonché nella d.G.R.

8.2.2010 n. 88-per la classificazione dell’area oggetto di intervento in classe III;
violazione di legge con riferimento all’art. 3 della l. regionale n. 63/1978 perchè le strade dell’area oggetto di intervento siano state beneficiarie di finanziamenti nell’ambito del piano di sviluppo rurale, finanziamenti che si giustificano solo con la persistente destinazione agricola dell’area;
violazione di legge con riferimento all’art. 12 del d.lgs. 387/2003 per la non corretta acquisizione dei prescritti nulla osta da parte di ANAS e RFI;
violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387/2003 per difetto, prima dell’autorizzazione ed al momento del suo rilascio, della disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto.

L’appellante contestava la sentenza del TAR chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Si costituivano la Provincia di Cuneo e l’impresa controinteressata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 14 febbraio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato nel merito, così prescindendosi dall’esame dell’eccezione preliminare di rito formulata dalla controinteressata Piemonte Eguzki 3 s.r.l.

Deve essere premesso, come evidenziato anche in parte narrativa, che il dissenso comunale alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico da parte della società controinteressata si basa sulla delibera di variante al P.R.G. n. 3/2010, in base al quale sui terreni agricoli del Comune di Ceva appartenenti alle classi I, II, III, IV e V era posto un divieto generale di installazione di impianti fotovoltaici.

Tale divieto generale è indubbiamente in contrasto con i principi comunitari e nazionali che regolano la costruzione degli impianti fotovoltaici.

In particolare, il Collegio rileva come la Direttiva 2001/77/CE, adottata per favorire lo sviluppo e l’incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili, ha assegnato, significativi obiettivi agli Stati membri per il raggiungimento di tale finalità;
in particolare, l’art. 6 della Direttiva, rubricato “procedure amministrative”, ha assegnato agli Stati membri il compito di valutare l’attuale quadro legislativo e regolamentare delle procedure di autorizzazione applicabili agli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, allo scopo di ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti rinnovabili, razionalizzare ed accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo, garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili.

Lo Stato italiano, recependo tali obiettivi con il d.lgs n. 387/2003, all’art. 12, così come modificato dalla L. 244-07, ha, infatti, previsto che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica, alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, siano soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione o dalle Province delegate dalla Regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela ambientale, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico;
a tale fine è convocata una Conferenza dei servizi.

Dal quadro generale, rammentato sinteticamente, emerge indubbiamente l’intenzione del legislatore nazionale e comunitario di promuovere ed incentivare al massimo la realizzazione di impianti di generazione di energia da fonte rinnovabile, tanto da rimuovere gli ostacoli normativi che potrebbero ostacolare la realizzazione di tale obiettivo.

E’ chiaro che un divieto come quello in esame, così generalizzato entra immediatamente in tensione con le esigenze evidenziate.

Peraltro, gli ostacoli posti dal Comune sono ancora più estranei alla logica del sistema delle fonti rinnovabili, in relazione al riparto di competenze normative che la Corte Costituzionale è stata chiamata a definire.

In particolare la Consulta ha qualificato la citata norma statale quale espressione della competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale, specificando che l’indicazione da parte delle Regioni dei luoghi ove non è possibile costruire impianti di energia rinnovabile può avvenire solo a seguito della approvazione delle linee guida nazionali ex art. 12, comma 10 del D.lgs. 387/2003, (Corte Cost. sentenza 26 marzo 2010, n. 119 e 26 novembre 2010, n. 344).

Dunque, non è consentito alle Regioni e, a fortiori nemmeno ai Comuni, in considerazione del preminente interesse di tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa (Corte Cost. 29 maggio 2009, n. 166).

Come è evidenziato e non contestato in causa, le linee guida nazionali sono state approvate soltanto con il D.M. 10 settembre 2010.

Il Comune di Ceva, dunque, non avrebbe potuto vietare la realizzazione di impianti fotovoltaici sui terreni agricoli del proprio territorio, in assenza delle predette linee guida e delle conseguenti determinazioni regionali, neppure con atti a valenza urbanistica, come la variante parziale al P.R.G., poiché i divieti sarebbero privi del loro presupposto essenziale che ne è fondamento e limite, ovvero le indicazioni delle suddette Linee Guida.

Con riferimento, invece, al motivo di appello con cui il Comune sostiene che il predetto terreno apparterrebbe alla classe II di capacità d’uso e che la predetta classificazione rileverebbe in quanto i criteri E.R.A. (fissati con D.G.R. n. 30-1221 del 28 settembre 2009) escluderebbero i suoli agricoli di maggior pregio (classi I e II) dalla localizzazione degli interventi di impianti fotovoltaici, il Collegio deve evidenziare che la Provincia in sede di conferenza si servizi ha, invece, dato per presupposto l’appartenenza dell’area alla classe III.

Peraltro, si deve premettere che i criteri E.R.A., come emerge dalla suddetta D.G.R., non hanno alcun valore cogente ai fini della classificazione dell’area.

Tale classificazione, invece, è avvenuta in quanto la società controinteressata, con una redazione validata dall’IPLA (Istituto per le piante da legno e l’ambiente) basata su una classificazione dei suoli aggiornata dalla Regione nel settembre 2009, ha fornito la prova della circostanza che l’area in questione era stata declassata dalla classe II alla classe III, sulla base di accertamento obiettivi, compiti in modo omogeneo e con tecniche omogenee, come è evidenziato nella nota della Direzione Agricoltura della Regione Piemonte del 12 gennaio 2010, prot. 492 (doc. 8 del fascicolo della controinteressata).

E’ la stessa Regione, dunque, che ha accertato l’appartenenza del suolo alla classe II e tale accertamento, se non contestato con idonee, specifiche e circostanziate controdeduzioni di tipo tecnico da parte del Comune, nella specie inesistenti, si impone anche agli Enti Locali territoriali e segnatamente ai Comuni.

Non sussistendo tale tipologia di contestazioni non è neppure ammissibile la CTU richiesta dall’appellante, CTU che non è un mezzo di ricerca della prova, ma un mezzo a disposizione del giudice per valutare sotto il profilo tecnico una prova comunque già acquisita in causa.

Sarebbe, peraltro, incongruo ed illogico ritenere che ogni ente possa, con metodologie autonome e con accertamenti disomogenei, classificare le aree agricole in classi diverse, pur avendo le medesime caratteristiche omogenee, caratteristiche che non possono che essere uniche per tutto il territorio, quantomeno il territorio regionale, come chiarito di recente dalla stessa Regione Piemonte, con nota del 3 agosto 2011, prot. n. 18735 (doc. n. 3 Provincia), che ha stabilito che, ai fini di un’esatta classificazione, risultano indispensabili analisi specifiche e cartografie di dettaglio (in scala 1:50.000), quali quelle utilizzate con l’accertamento 2010 della Regione Piemonte e dell’ I.P.L.A., analisi che evidenzino determinate concentrazioni di fertilità e caratteristiche dei terreni, meglio specificate negli atti regionali.

L’appellante, infine, censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto che, nel caso di specie, il contratto preliminare di superficie allegato all’istanza di autorizzazione unica fosse titolo idoneo a provare “la disponibilità del suolo” ai sensi dell’ art. 12 del d.lgs. 387-03.

Agli atti risulta all’evidenza, in primo luogo, che la Provincia di Cuneo non ha mai chiesto il titolo di proprietà per il rilascio dell’autorizzazione unica, bensì soltanto il titolo di disponibilità che è legittimamente integrato dal contratto preliminare del diritto di superficie.

Peraltro, si deve osservare che, in una logica imprenditoriale un imprenditore, in sede di richiesta di autorizzazioni a carattere edilizio-urbanistico-ambientale, utilizza contratti preliminari anziché definitivi, al fine di verificare preventivamente la possibilità di essere autorizzato dalla pubblica amministrazione alle attività che intende svolgere sul terreno oggetto del preliminare, in modo da riservarsi la possibilità di recedere dal preliminare nel caso in cui l’attività non venga autorizzata in un sistema del tutto condivisibile di efficienza nell’allocazione delle sue risorse.

Pertanto, salvo ovviamente che la legge specificamente non lo richieda espressamente, e nel caso di specie l’art. 12 del d.lgs. 387-03 si riferisce soltanto al titolo idoneo a provare “la disponibilità del suolo”, non è esigibile da un imprenditore la prova che sia proprietario di una dato terreno su cui deve svolgersi l’attività oggetto di autorizzazione: è invece sufficiente la prova della effettiva disponibilità del terreno.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi con riferimento ad ANAS s.p.a.;
con riferimento alle altre parti del giudizio, le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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