Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-01, n. 202401010

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-01, n. 202401010
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401010
Data del deposito : 1 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2024

N. 01010/2024REG.PROV.COLL.

N. 02277/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOE DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2277 del 2022, proposto dalla signora -O--, in qualità di Amministratore Unico e socio della -O-, e dalla signora -O-, in qualità di socio della -O-, rappresentati e difesi dall'avvocato C B, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell'interno e la Prefettura – UTG di Ravenna, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, -O-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento della Comunicazione di informazione Interdittiva Antimafia, emessa dall’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Ravenna in data 28 maggio 2019 ai sensi dell'art. 88, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la memoria depositata dalla parte appellante in data 2 maggio 2023;

Vista la memoria depositata dal Ministero dell’interno e dalla Prefettura di Ravenna in data 3 settembre 2023;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La -O-, costituita il 12 settembre 2017, è attiva nel ramo del soccorso stradale e del commercio in ogni forma possibile, comprese locazione, distribuzione, riparazione, manutenzione, custodia, rimessaggio e noleggio di macchinari, motoveicoli, autoveicoli e furgoni.

Socio di maggioranza (con l’85% delle quote) e Amministratore unico è la signora -O--;
il restante 15% delle quote societarie è in capo alla signora -O-, madre di -O--.

In data 28 maggio 2019 nei confronti della suddetta società la Prefettura di Ravenna ha adottato una informazione interdittiva antimafia, ai sensi degli artt. 84, commi 3 e 4, 89 bis, 91, comma 6, e 94, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Alla base della interdittiva è il deferimento, da parte della Stazione di Carabinieri di -O-(Ra), di -O-- per truffa in concorso con la madre -O-, nonché il collegamento con la Società cooperativa -O- (avente sede legale nel Comune di -O-e svolgente attività prevalente nel settore del commercio all’ingrosso di veicoli leggeri e pesanti, sia nuovi che usati) ora inattiva, nei confronti della quale la stessa Prefettura, in data 1° febbraio 2017 ha adottato Informazione interdittiva antimafia. -O- era Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa, mentre -O-- era socia, unitamente al padre -O-- e al fratello -O--.

2. L’informativa interdittiva è stata impugnata dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna, sede di Bologna, deducendo in primo luogo che la citata società cooperativa -O- già da diversi anni era inattiva;
che i fatti ascritti alle due socie erano risalenti nel tempo e non avevano a che fare con la gestione e le attività della -O-;
infine, che gli elementi raccolti dall’Ufficio antimafia, per emettere il provvedimento datato 28 maggio 2019, erano carenti di obiettività e comunque mancava la prova della sussistenza di un presunto ambiente di criminalità organizzata di stampo mafioso.

3. Con sentenza -O- la sez. I del Tar Bologna ha respinto il ricorso ritenendo che i seri indizi rilevati dalla Prefettura costituiscano un solido quadro indiziario, soprattutto rivelatore dell’oggettiva esistenza del legame tra la -O- e la Cooperativa -O-, già destinataria dell’informazione interdittiva antimafia, vicina alla malavita organizzata di stampo mafioso facente capo alla famiglia di n’drangheta “-O-”. Ad avviso del Tar a seguito dell’interdittiva adottata nei confronti della Cooperativa il 1° febbraio 2017 la famiglia -O-, tramite le signore -O- e -O--, ha ricostituito in -O- la fitta rete di intrecci e rapporti economici con soggetti vicini alla criminalità organizzata di tipo mafioso. E’, infatti, sostanzialmente immutato, nella nuova società, il centro decisionale e di gestione già presente nella Cooperativa -O-, rappresentato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione -O- e dalla socia -O--. Il T.A.R. ha, inoltre, rilevato diversi elementi (numerose segnalazioni e precedenti penali) accertati a carico di -O-- e di -O- (nei confronti della quale vi sono anche condanne penali) che appaiono atti a dimostrare l’attuale pericolosità sociale delle stesse.

4. Con appello notificato il 8 marzo 2022 e depositato il successivo 16 marzo la signora -O--, nella qualità di Amministratore Unico e socio della -O-, e la signora -O-, nella qualità di socio della stessa -O-, hanno impugnato la citata sentenza del Tar Bologna -O- riproponendo in chiave critica i motivi dedotti in primo grado e disattesi dal Tar.

5. Il Ministero dell'interno e la Prefettura – UTG di Ravenna si sono costituiti in giudizio affermando l’infondatezza dell’appello.

6. Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è impugnata dalla signora -O--, in qualità di Amministratore Unico e socio della -O-, e dalla signora -O-, in qualità di socio, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, -O-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento della informazione interdittiva antimafia, adottata in data 28 maggio 2019 dalla Prefettura di Ravenna, ai sensi degli artt. 84, commi 3 e 4, 89 bis , 91, comma 6, e 94, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 a carico della -O- (con sede legale in -O-- Ra), attiva dal 12 settembre 2017 nel ramo del soccorso stradale e del commercio in ogni forma possibile, comprese locazione, distribuzione, riparazione, manutenzione, custodia, rimessaggio e noleggio di macchinari, motoveicoli, autoveicoli e furgoni.

L’informazione interdittiva è stata emessa dal Prefetto di Ravenna a seguito di una istruttoria avviata nel dicembre 2018, dalla quale è risultato che la signora -O--, Amministratore Unico e socio (con capitale pari all’85% delle quote) della -O-, era stata deferita in stato di libertà dalla Stazione di Carabinieri di -O-(Ra) per truffa in concorso con la madre, -O- (socia della stessa -O- con il 15% delle quote) e con il fratello -O-- per una presunta vendita di un’automobile con chilometraggio non conforme. A carico della signora -O-risultavano anche imputazioni per violazione delle norme sull’immigrazione nonché per alcuni reati di falso, calunnia e ingiuria.

Nel provvedimento interdittivo è stato messo in luce anche il rapporto con la Cooperativa -O- (avente sede legale nel Comune di -O-) - svolgente attività prevalente nel settore del commercio all’ingrosso di veicoli leggeri e pesanti, sia nuovi che usati - della quale -O- era Presidente del Consiglio di Amministrazione, mentre -O-- era socia, unitamente al padre -O-- e al fratello -O--. La Cooperativa, in data 1° febbraio 2017, era stata destinataria di Comunicazione interdittiva antimafia, perchè vicina alla malavita organizzata di stampo mafioso facente capo alla famiglia di n’drangheta “-O-”.

2. L’appello è infondato.

Peso determinante, anche se non esclusivo, ha avuto, nella adozione della interdittiva, il collegamento tra la -O- e la Cooperativa -O-, di cui la prima società avrebbe di fatto preso il posto a seguito della interdittiva che ha colpito la seconda, svolgendo anche attività analoga nel settore del commercio all’ingrosso di veicoli.

La circostanza, quindi, che le due società abbiano il centro decisionale e di gestione in capo agli stessi soggetti (madre e figlia) - essendo mutato solo il ruolo di Amministratore unico, svolto nella Cooperativa dalla madre, signora -O-, e nella -O- dalla figlia -O-- - appare sufficiente ad estendere il giudizio di contiguità agli ambienti della criminalità organizzata già effettuato nei confronti della Cooperativa, con provvedimento giudicato legittimo sia dal Tar Bologna (sentenza della sez. I,-O-) che dalla Sezione (sentenza 31 gennaio 2024, n. -O-).

In particolare il giudice di appello ha condiviso le conclusioni alle quali era pervenuta la Prefettura di Ravenna (e poi il Tar Bologna), giudicando il quadro indiziario solido e tale da supportare le misure antimafia adottate nei confronti della Cooperativa.

Ha chiarito che le Comunicazioni - anche richiamando il verbale della riunione del 14 dicembre 2016 del Gruppo provinciale Interforze nonché gli accertamenti dei Comandi provinciali del Carabinieri e della Guardia di finanza – si incentrano sulla figura di -O-- (coniugato con la signora -O-) e di -O-- (figlio di -O-- e di -O-), rispettivamente già Presidente e Vice Presidente del Consiglio di amministrazione.

A carico di -O-- e di -O-- risultano una serie di procedimenti penali, alcuni dei quali conclusisi con condanna. Risultano poi avere entrambi frequentazioni con soggetti gravati da procedimenti penali per truffa, falso, reati in materia di stupefacenti, truffa per il conseguimento di appalto di opere pubbliche e -O- anche con soggetto colpito a sua volta da interdittiva antimafia.

-O-- ha, inoltre, collegamenti con il clan -O-. Tale conclusione trova supporto nella circostanza che nel 2008 aveva in uso l’autovettura -O-, che gli era stata ceduta da -O--, autovettura che in data 8 marzo 2006 era stata locata con regolare contratto d’affitto alla -O-dalla società finanziaria -O--O-e che il successivo 2 novembre 2007 era stata locata dalla stessa finanziaria ad -O--. -O-- è un pluripregiudicato affiliato, con il fratello -O-, alla cosca mafiosa -O-;
annovera pregiudizi penali per rapina aggravata, detenzione e porto abusivo di arma, truffa, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e associazione per delinquere. È stato sottoposto alla Sorveglianza Speciale con divieto di soggiorno nella Regione Calabria, tratto in arresto dalla Questura di Reggio Calabria per aver fatturato centinaia di milioni per la mafia dei TIR unitamente al fratello -O- ed altre 13 persone;
a suo carico anche i reati di minacce, lesioni, oltraggio, resistenza a Pubblico ufficiale, estorsione, ecc..

L’accertata contiguità della Cooperativa -O- agli ambienti della criminalità organizzata si estende alla società -O-, che si è avvicendata (ha infatti iniziato la propria attività in data 12 settembre 2017) alla Cooperativa dopo che la stessa è stata destinataria (in data 1° febbraio 2017) delle Comunicazioni antimafia ed ha cessato la propria attività;
la famiglia -O- compare, dunque, in entrambe le società e la sua vicinanza, secondo quanto sopra argomentato, al clan -O- porta a ritenere “più probabile che non” la contiguità a sodalizi malavitosi sia della Cooperativa -O- che della -O-.

3. Ad avviso del Collegio da quanto argomentato sub 2 può concludersi che anche solo con riferimento al legame tra la Cooperativa -O- e la -O- – e, quindi, prescindendo dai profili di rilevanza penale che attengono alle signore -O-e -O-) – gli indizi a carico della -O- sono sufficienti a fondare l’impugnata informativa, in applicazione del principio, costante nella giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui elemento fondante l’informazione antimafia è la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

La conseguente valutazione del Prefetto presuppone, dunque, l’acquisizione e la ponderazione di elementi in forza dei quali non sia illogico, secondo il criterio del “più probabile che non”, ritenere la sussistenza di un collegamento dell’impresa con organizzazioni mafiose tale che la stessa possa agevolare, attraverso la propria attività, anche indirettamente, le organizzazioni criminali ovvero esserne condizionata.

Giova aggiungere che l’esistenza del rischio di infiltrazione mafiosa non presuppone necessariamente stabili e perduranti relazioni economiche con i malavitosi, essendo sufficienti anche mere frequentazioni, situazioni di convivenza o di condivisione di interessi. Le stesse forme di contiguità con gli ambienti della criminalità organizzata possono perciò prescindere da ipotesi di dipendenza economica e trovare copertura in assetti gestionali d’impresa apparentemente ineccepibili (Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2023, n. 10308;
id. 14 ottobre 2020, n. 6208).

Ciò premesso, non è suscettibile di positiva valutazione il primo motivo di appello, con il quale si denuncia la mancanza di “presupposti certi” alla base della interdittiva, al fine di dimostrare l’esistenza di un coinvolgimento associativo di tipo mafioso fra l’-O- e la mala vita criminale. Come si è argomentato, infatti, trattandosi di una misura di prevenzione, si deve utilizzare il parametro del “più probabile che non”. Lo standard probatorio sotteso alla regola del "più probabile che non", nel richiedere la verifica della c.d. probabilità cruciale, impone infatti di ritenere, sul piano della tassatività processuale, più probabile l'ipotesi dell'infiltrazione mafiosa rispetto a "tutte le altre messe insieme", nell'apprezzamento degli elementi indiziari posti a base del provvedimento prefettizio, che attingono perciò una soglia di coerenza e significatività dotata di una credibilità razionale superiore a qualsivoglia altra alternativa spiegazione logica, laddove l'esistenza di spiegazioni divergenti, fornite di un qualche elemento concreto, implicherebbe un ragionevole dubbio (Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483), non essendo infatti necessario, in questa materia, l'accertamento di una responsabilità che superi qualsivoglia ragionevole dubbio, tipico delle istanze penali né potendo quindi traslarsi ad essa, impropriamente, le categorie tipiche del diritto e del processo penale, che ne frustrerebbero irrimediabilmente la funzione preventiva (Cons. Stato, sez. III, 31 ottobre 2023, n. 9357).

4. Privo di pregio è anche il quarto motivo atteso che, come già evidenziato, il provvedimento prefettizio impugnato motiva le ragioni del collegamento tra la Cooperativa -O- e la -O- con argomentazioni che il Collegio (e, prima ancora, il Tar) condivide e fa proprie. La motivazione alla base del provvedimento cautelare è tale da rendere imprescindibile la sua adozione e non configurabile l’ipotesi di preferire un “provvedimento che determinava un minor sacrificio per la -O- e le due socie nel rispetto del giusto equilibrio tra vari interessi coinvolti nella fattispecie concreta”, come richiesto da parte appellante con il terzo motivo.

5. Il peso determinante dato dalla vicinanza tra la Cooperativa -O- e la -O- – da solo in grado di supportare il provvedimento impugnato dinanzi al Tar Bologna – portano, come già chiarito sub 2, a ritenere non necessario l’esame dei profili di doglianza rivolti, con il primo ed il secondo motivo di appello, all’interdittiva nella parte in cui, tra le altre ragioni poste a suo fondamento, si fa riferimento ai precedenti penali della -O- e della -O-, che a tutto voler concedere rientrerebbero nella delinquenza comune e non sarebbero sintomo della contiguità alla malavita organizzata perchè non sarebbero annoverabili tra i cd. reati spia.

6. Non ha pregio neanche il rilievo, contenuto nella memoria depositata dall’appellante il 2 maggio 2023, secondo cui la -O- non poteva essere destinataria dell’interdittiva antimafia non avendo mai partecipato a gare pubbliche.

E’ sufficiente osservare che scopo di tale provvedimento cautelare è inibire la partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica di soggetti di cui sia “più probabile che non” la contiguità, attiva o soggiacente, a sodalizi criminali, partecipazione futura che non sarebbe da escludere in mancanza di un provvedimento interdittivo.

7. In conclusione, la lettura degli atti di causa e la disamina del ricorso in appello, nel loro complesso e nei singoli motivi di censura, conducono ad esprimere un giudizio di non accoglibilità, e ciò anche alla stregua dei noti, consolidati canoni di giudizio elaborati in subiecta materia dalla giurisprudenza costituzionale e amministrativa, condivisa dal Collegio, riguardo al modo del sindacato giurisdizionale logicamente esercitabile sull’ampia discrezionalità di apprezzamento riservata al Prefetto nell’adozione dell'interdittiva antimafia, sindacato che, pur pieno e profondo, non può spingersi fino a sostituire alle non illogiche deduzioni e valutazioni della competente Autorità amministrativa quelle dell’organo giudicante (Corte cost. 27 febbraio 2019, n. 24 e 24 luglio 2019, n. 195;
Cons. Stato, sez. III, 30 ottobre 2023, n. 9329;
id. 22 novembre 2023, n. 9982;
id. 17 ottobre 2023, n. 9016;
id. 18 luglio 2023, n. 7052;
id. 23 dicembre 2022, n. 11265;
id. 24 aprile 2020, n. 2651;
id. 5 settembre 2019, n. 6105;
id. 4 maggio 2018, n. 2655).

8. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

9. Per le ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale Emilia Romagna, sede di Bologna, sez. I, -O-.

10. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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