Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2009-12-29, n. 200908853
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Testo completo
N. 08853/2009 REG.DEC.
N. 00458/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 458 del 2009, proposto da:
Esso Italiana S.r.l. e Valiante Pasquale rappresentati e difesi dagli avv. R F, A M, con domicilio eletto presso R F in Roma, viale Regina Margherita 46;
contro
Comune di Notaresco, rappresentato e difeso dall'avv. D D C, con domicilio eletto presso Mariano Protto in Roma, via Domenico Chelini, 10;
nei confronti di
Comunita' Montana "Zona N" di Cermignano;
per la riforma
della sentenza del Tar Abruzzo - L'aquila n. 01210/2008, resa tra le parti, concernente REVOCA AUTORIZZAZIONE ESERCIZIO DI DISTRIBUZIONE CARBURANTI.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2009 il dott. G M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in appello in epigrafe specificato la Esso Italiana srl ed il sig. Valiante Pasquale chiedevano l’annullamento, previa sospensione, della sentenza n. 1210 del 2008 con la quale il Tar per l’Abruzzo, Sezione I, previa riunione dei ricorsi presentati in primo grado avverso atti di revoca dell’autorizzazione all’esercizio di distribuzione carburanti adottati dal Comune di Notaresco, aveva dichiarato inammissibile il ricorso n. 64 del 2007 ed improcedibile il ricorso n. 581 del 2007.
La vicenda giudiziale iniziava con la comunicazione n. 8464 del 2005 inviata dal Comune di Notaresco sia alla Esso quale titolare di autorizzazione petrolifera, sia al signor Pasquale Valiante, quale titolare dell’impianto di distribuzione carburanti sito nel predetto comune, attestante l’incompatibilità urbanistica di detto impianto e la possibilità di trasferirlo in altro sito entro il termine di due anni dal suo ricevimento.
Senza attendere il completo decorso del suddetto biennio, con provvedimento del 2 gennaio 2007 prot. 165, notificato sia al Sig Pasquale Valiante che alla soc.Esso, il Comune di Notaresco disponeva la revoca dell’autorizzazione all’esercizio di distribuzione carburanti, nonché la chiusura disattivazione e smantellamento dell’impianto medesimo con ripristino delle aree nella situazione originaria.
Avverso questo provvedimento insorgeva il sig. Pasquale Valiante con il primo ricorso, il quale otteneva una pronuncia cautelare favorevole ( di accoglimento ) con sospensione della revoca disposta fino e non oltre la scadenza dei due anni di cui alla predetta nota comunale n. 8464 del 2005.
La Esso, nelle more del decorso del suddetto termine, in data 2 agosto 2007 presentava allo sportello unico per le imprese presso la Comunità Montana Zona N di Cermignano, domanda, con allegato progetto, volta alla realizzazione dell’impianto stesso nel Comune di Notaresco ( Te ) sulla superstrada di collegamento funzionale tra la SS n. 80 ed il Casello autostradale di Monte S. Angelo, direzione Giulianova, al km 15+617, sul terreno di piena disponibilità della Esso, distinto al Catasto Terreni nel foglio n. 5 , particelle n. 272 ( porzione ) e n. 140.
Con un successivo provvedimento, impugnato con il secondo ricorso di primo grado, proposto unitamente dalla Esso e dal Valiante ( il n. 581/2007), il Comune di Notaresco, senza pronunciarsi espressamente su tale domanda di trasferimento dell’impianto, considerato che non era possibile stabilire una data certa di conclusione del procedimento ed attesa la circostanza che la domanda della Esso si poneva in concorrenza con quella di altri aspiranti alla medesima autorizzazione, disponeva la chiusura dell’esercizio carburanti sito in Piazza del Mercato e gestito dal Valiante.
La sentenza impugnata , riuniti i ricorsi, ha dichiarato inammissibile il primo ed improcedibile il secondo.
Il primo ricorso veniva dichiarato inammissibile perché proposto dal solo gestore non legittimato ad avanzare domanda di trasferimento dell’impianto.
In particolare poi il giudice di prime cure riteneva inammissibili le ragioni avanzate dal ricorrente Valiante perché non idonee sul piano logico-giuridico ad infirmare la motivazione dell’atto impugnato, che si basava in buona sostanza su due argomenti ossia sulla mancanza di legittimazione del Valiante a chiedere il trasferimento dell’impianto ( che avrebbe dovuto essere chiesta dal titolare dell’autorizzazione ossia dalla Esso) e sull’ attinenza del termine di due anni alle sole operazioni necessarie per il trasferimento materiale, fermo restando che , accertata l’incompatibilità relativa dell’impianto, il Comune aveva concesso soli sessanta giorni per formalizzare la richiesta di area alternativa ( non validamente presentata ).
Le censure del primo ricorso sono state ritenute generiche e quindi inammissibili perché non specificamente dirette a contrastare tali argomenti.
Quanto al secondo ricorso, proposto da entrambi gli odierni appellanti, ed incentrato sulla violazione dell’ordinanza cautelare, sul difetto di garanzie procedimentali e sul contraddittorio ricorso all’autotutela e sull’erronea applicazione della norma sull’incompatibilità assoluta degli impianti, il Tar rilevato che l’inammissibilità del primo ricorso determinava la caducazione dell’ordinanza considerava la vicenda sviluppatasi a partire da quell’ordinanza un’appendice procedimentale senza autonomo rilievo – perché posta in essere dall’amministrazione in stretto adempimento del pronunciato cautelare - rispetto al primo atto impugnato invano e dichiarava improcedibile il secondo ricorso.
Con l’odierno appello in primo luogo si sostiene la piena legittimazione del sig. Valiante ad impugnare il provvedimento di smantellamento dell’impianto, in quanto titolare del relativo contratto inerente la “cessione gratuita dell’uso di impianto di distribuzione di prodotti petroliferi”.
In ordine al secondo ricorso, poi, gli appellanti rilevano che il presupposto motivazionale da cui muove il giudice, ossia quello della contestata inutilità dei termini aggiuntivi concessi dal Tar, non trova riscontro alcuno nel provvedimento impugnato con il secondo ricorso.
Il provvedimento impugnato infatti si regge sulla circostanza dell’incertezza temporale relativa alla definizione della domanda di trasferimento presentata dalla Esso e sulla esistenza di una situazione di competitività fra diversi aspiranti di non facile soluzione.
Il Tar – secondo gli appellanti - ha totalmente omesso il proprio esame sulle censure proposte dagli appellanti in relazione all’irrazionalità ed illogicità della valutazione fatta dall’amministrazione circa l’istanza di trasferimento proposta dalla Esso.
Il giudice avrebbe dovuto considerare l’esistenza di tale domanda di trasferimento e la sua autonoma incidenza sul provvedimento di revoca del 29 novembre 2007 impugnato con il secondo ricorso di primo grado.
Si contesta la natura meramente ripristinatoria della seconda revoca fondata su autonome ragioni che vanno vagliate per sé sole.
Si contesta che gli atti a fondamento della seconda revoca siano una mera appendice procedimentale del primo procedimento perché aventi diverso oggetto ( ossia la nuova domanda di trasferimento presentata dalla Esso).
Si ripropongono poi le censure già avanzate in primo grado avverso l’atto impugnato in particolare la censura di eccesso di potere consistente nel far rivivere la prima revoca per il mero decorso del termine di due anni dall’ordinanza n. 114/2007 del Tar Abruzzo senza definire con provvedimento espresso il procedimento avviato dalla domanda di trasferimento presentata dalla Esso;la censura di violazione degli articoli 3 e 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, nonché di difetto assoluto di istruttoria e di motivazione per non aver l’amministrazione dato alcuna comunicazione di avvio del procedimento, né preavviso di rigetto, per aver omesso il contraddittorio con gli interessati, per ambulatorietà della stessa motivazione perplessa fra annullamento e revoca;sottolineandosi l’importanza, nonostante la natura vincolata del potere esercitato , della comunicazione di preavviso di rigetto della domanda e della acquisizione degli apporti istruttori dei privati non superabili mediante l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, trattandosi di incompatibilità relativa e non assoluta ;ed in ultimo la violazione della legge regionale n. 10 del 2005 per avere trasformato un’ipotesi di incompatibilità relativa in ipotesi di incompatibilità assoluta.
Resiste il Comune di Notaresco.
DIRITTO
L’appello merita il rigetto per quanto si espone di seguito.
Quanto al primo motivo di appello ( relativo al primo ricorso di primo grado ) esso è inammissibile e comunque infondato, poiché non investe in modo specifico i nodi argomentativi posti dalla sentenza di primo grado che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per genericità.
Va ricordato che nella specie non è in questione – come erroneamente opinano gli appellanti - la legittimazione processuale del Valiante, quale titolare del contratto di comodato gratuito dell’impianto, ad impugnare la revoca, ma solo la legittimazione del Valiante a presentare, sul piano sostanziale, la domanda di trasferimento dell’impianto in altra sede ( la domanda di trasferimento in altra sede fu, infatti , in un primo momento, presentata, inammissibilmente , dal solo Valiante – in data 21 novembre 2005 - e non dalla Esso che la presentava due anni dopo, solo a seguito dell’ordinanza del Tar n. 114 del 2007 ).
Su tale questione l’appello non contiene argomenti di sorta e , quindi, non supera i rilievi di genericità che hanno condotto il giudice di primo grado a pronunciare l’inammissibilità per genericità dei motivi di ricorso rispetto all’impianto argomentativo dell’atto impugnato.
Si deve concludere per l’inammissibilità e comunque per l’infondatezza di un appello che investa una sentenza di inammissibilità per genericità dei motivi proposti dal ricorrente di primo grado, proponendo solo argomenti a sostegno della legittimazione e dell’interesse ad agire del ricorrente.
Ne consegue la piena validità ed efficacia dell’atto del Comune di Notaresco datato 2 gennaio 2007 recante, con ampia motivazione, revoca dell’esercizio in questione, per mancato corretto esercizio alla rilocalizzazione da parte del legittimo titolare dell’impianto, nel rispetto dei termini fissati ai commi 2 e 3 dell’art. 19 della legge regionale n. 10 del 2005, e per l’indisponibilità di tale area da parte del titolare dell’impianto con l’obbligo degli atti conseguenti di disattivazione, smantellamento e ripristino delle aree in questione ( situate nel centro storico ).
In ordine agli articolati motivi con i quali si ripropongono le ragioni fatte valere con il secondo ricorso di primo grado, il n. 581 del 2007, ne va rilevata l’infondatezza.
Il Collegio rileva che in effetti gli atti del procedimento avviatosi con la domanda proposta dalla Esso a seguito della sospensiva concessa dal Tar, è , come rilevato dal giudice di primo grado, un’appendice procedimentale sorta in relazione al precetto provvisorio stabilito dall’ordinanza, sicchè, caducata l’ordinanza n. 114 del 2007 per effetto dell’inammissibilità del ricorso di primo grado n. 64 del 2007 pronunciata con la sentenza impugnata, ne vengono caducati anche gli atti posti in essere dall’amministrazione in stretto adempimento del precetto giudiziale.
Infatti l’atto di pretesa seconda autonoma revoca del 2 gennaio 2007, è una comunicazione secondo la quale, scaduto il termine di sospensione giurisdizionale senza l’avvenuta definizione del trasferimento, peraltro di incerta determinazione, si fa presente “che il provvedimento di revoca emesso in data 2 gennaio 2007 prot. 165 ha ripreso completa esecutività.”
E’ vero che la conferma "mera" si verifica solo nei casi in cui la nuova determinazione dell'amministrazione si limiti a ripetere il contenuto del precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto motivazionale e senza percorrere una rinnovata istruttoria delle circostanze ritenute rilevanti ai fini della valutazione dell'istanza proposta dal richiedente ( CdS V 25 febbraio 2009 n. 1115).
Secondo l’insegnamento costante - che si ribadisce - il provvedimento amministrativo ha natura confermativa quando, senza acquisizione di nuovi elementi di fatto e senza alcuna nuova valutazione, tiene ferme le statuizioni in precedenza adottate;invece, se viene condotta un'ulteriore istruttoria, anche per la sola verifica dei fatti o con un nuovo apprezzamento di essi, il mantenimento dell'assetto degli interessi già disposto ha carattere di nuovo provvedimento, poiché esprime un diverso esercizio del medesimo potere.
È, dunque, necessario, affinché possa escludersi che un atto venga considerato meramente confermativo del precedente, che la sua formulazione sia preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento. Giacché, solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure attraverso la rivalutazione degli interessi in gioco ed un nuovo esame degli elementi di fatto e diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può dar luogo ad un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dar vita ad un provvedimento diverso dal precedente e, quindi, suscettibile di autonoma impugnazione(Consiglio Stato , sez. V, 04 marzo 2008 , n. 797).
Ma qui il punto è diverso : anche a voler concedere che l’atto in esame – la c.d. seconda revoca – poggi su un proprio supporto motivazionale in parte diverso ed ulteriore rispetto alla prima, non per questo si deve concludere nel senso che l’atto sia un atto di conferma avente rilievo autonomo.
Quando infatti la motivazione è diretta, nella sostanza, a spiegare le ragioni della riviviscenza di un atto precedentemente adottato dalla stessa amministrazione l’atto può ritenersi comunque di “mera” conferma dell’atto precedente.
Infatti non è qualsiasi motivazione ulteriore o riepilogo dei fatti avvenuti ad implicare l’esistenza di una rinnovata volontà provvedimentale , ma solo l’ esistenza di atti o fatti che inducano a ritenere che l’esercizio del potere sia stato effettivamente rinnovato.
In primo luogo nella specie si è di fronte ad un atto che scaturisce da un incidente cautelare, caducatosi per il rigetto del ricorso con la sentenza di primo grado, e dove quindi , il nuovo esame istruttorio, con l’apertura di un procedimento sull’istanza di trasferimento avanzata dall’appellante, è stato effettuato in stretto adempimento del dictum giudiziale.
Poi l’ atto impugnato con il secondo ricorso di primo grado esprime l’ esclusiva volontà di ripristinare il primo provvedimento, del quale richiama gli estremi e sancisce l’esecutività , mostrando che la volontà dell’amministrazione è di far rivivere il primo provvedimento.
In questo quadro le argomentazioni utilizzate dall’amministrazione sono state quelle strettamente necessarie a far comprendere il perché della ritenuta reviviscenza e non sono nuove argomentazioni dovute ad un riesame della fattispecie ( tanto che proprio l’omesso esame dell’istanza di trasferimento della Essomedio tempore presentata e delle risultanze del nuovo procedimento – esame non dovuto a seguito della caducazione della misura cautelare - è dedotto quale vizio della determinazione adottata ).
Tale nuovo esame non ci è stato avendo l’amministrazione, in buona sostanza, dato rilievo al mero decorso del tempo ( ossia alla scadenza del termine fissato in ossequio alla normativa regionale per i casi di incompatibilità relativa al fine di consentire il trasferimento dell’impianto in zona periferica) per addivenire alla determinazione di reiterare l’ordine di smantellamento dell’impianto già impartito.
L’aver notato che entro il termine originariamente fissato ( anche quello più ampio concesso dal Tar) il procedimento non si era definito né che era vicina la sua definizione è solo argomento a sostegno della doverosità della riviviscenza della prima revoca alla luce degli sviluppi procedimentali e processuali intervenuti.
Ne consegue che sono inammissibili tutte le censure avanzate in relazione al mancato rispetto della legge sul procedimento amministrativo che – a tutto concedere - avrebbero dovuto essere proposte , al più tardi , avverso il primo atto di revoca.
Né sussiste alcuna ambulatorietà o contraddizione motivazionale, essendo evidente, per lo sviluppo del procedimento, che un’incompatibilità inizialmente relativa, è divenuta poi , per effetto delle inerzie degli interessati, presupposto di una revoca doverosa e di un’attività vincolata ( a seguito dell’evoluzione procedimentale ) , una volta scaduti invano i termini assegnati per la rilocalizzazione.
Ne deriva il rigetto dell’appello.
La peculiarità del caso impone la compensazione integrale delle spese del giudizio.