Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-08-05, n. 202105759

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-08-05, n. 202105759
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105759
Data del deposito : 5 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/08/2021

N. 05759/2021REG.PROV.COLL.

N. 01327/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1327 del 2021, proposto da
Comune di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avvocati S D, S M e G F, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio S D in Catanzaro, via Giovanni Jannoni, 68;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;

nei confronti

Comune di Soverato, Comune di Lamezia Terme, Comune di Pentone, Associazione Italiana Spastici Onlus Sez Cetraro, Associazione Costruire il Domani Onlus, Lumen Coop. Sociale A R.L., Società La Forza della Vita Coop. Sociale Onlus, Esperia Onlus non costituiti in giudizio;
Società Social Service, Società Cooperativa Onlus Crisalide, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dall'Avvocato Antonio Torchia, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Saverio Menniti in Roma, viale Parioli, 74;
Gratal S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Giuseppe Pitaro, con domicilio eletto presso lo studio c/o De Filippo Scandurra Pitaro Giuseppe in Roma, via Ezio, 24;

e con l'intervento di

ad opponendum :
Associazione Strutture Sanitarie Sociali Assistenziali Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati Roberto Previte, Claudia Parise, con domicilio digitale come da PEC indicata in atti;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) n. 1356/2020, resa tra le parti, pubblicata il 20 luglio 2020, non notificata, con la quale era respinto il ricorso R.G. 1972/2019, integrato da motivi aggiunti, per l'annullamento

con il ricorso principale:

1) della delibera della Giunta regionale del 9 settembre 2019, n. 423;

2) degli allegati a suddetta delibera (“Regolamento per le procedure di autorizzazione, accreditamento e vigilanza delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale socio assistenziali, nonché dei servizi domiciliari, territoriali e di prossimità”;
“Requisiti generali strutturali, professionali, organizzativi delle strutture socio assistenziali, tipologia di utenza capacità ricettiva e modalità di accesso/dimissioni”;
“Tipologie strutture – rette – modalità di calcolo”);

3) di ogni altro atto presupposto, prodromico, connesso e conseguenziale;

con i primi motivi aggiunti:

4) della delibera della Giunta della Regione della Calabria n. 503 del 2019, avente ad oggetto: “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali. Legge 8 novembre 2000, n. 328 e Legge Regionale 26 novembre 2003, n. 23 e s.m. e i.”;

5) del regolamento n. 22 del 2019;

6) e per quanto di ragione della nota del 30 dicembre 2019, prot. 443808, con la quale la Regione preannunciava il trasferimento, ai Comuni capo ambito, delle somme per come ripartite nell’apposita tabella;

con i secondi motivi aggiunti:

7) del decreto del dirigente del Dipartimento lavoro formazione e politiche sociali Settore 07 – Politiche sociali assistenziali inclusive e familiari, economia sociale volontariato del 21 gennaio 2020, n. 360, avente ad oggetto “Riorganizzazione dell’assetto istituzionale del sistema integrato degli interventi in materia di servizi e politiche sociali. Legge 8 novembre 2000, n. 328 e Legge Regionale 26 novembre 2003, n. 23 e s.m. e i.. Approvazione linee di indirizzo per la pianificazione territoriale in regione Calabria “Piani di Zona triennio 2020-2022”;

8) dell’allegato: “Linee di indirizzo per la pianificazione territoriale in Regione Calabria “Piani di Zona triennio 2020-2022”;

9) dell’allegato schema tipo piano di zona;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’art. 6, comma 1, lett. e) del d.l. 1 aprile 2021 n. 44, con il quale è stato prorogato il regime per lo svolgimento delle udienze da remoto fino alla data del 31 luglio 2021;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria, della Società Social Service, della Gratal S.r.l. e della Società Cooperativa Onlus Crisalide;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza con modalità da remoto del giorno 15 luglio 2021 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati S D, A M, Antonio Torchia, Giuseppe Pitaro e Claudia Parise;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I – La presente controversia si inserisce in un complesso contenzioso relativo agli atti impugnati, già venuto all’esame della Sezione sotto i diversi profili della partecipazione degli Enti e delle Associazioni interessati e conclusosi con la dichiarazione, da parte di questo Collegio, di improcedibilità alla luce degli atti sopravvenuti a seguito della pronunzia del primo giudice e della riedizione del potere da parte della Regione Calabria.

In questa sede vengono all’esame, sostanzialmente, le doglianze del Comune di Catanzaro quanto alla ripartizione del finanziamento dei servizi sociali.

II - In primo grado il Comune attuale appellante deduceva numerosi profili di violazione di legge con riferimento alla l. n.328/2000 e agli artt. 81, 97, 117, 119 Cost., nonché al d.P.R. n. 267/2000, (artt. 183 e 191), ed ancora la violazione del principio di equilibrio di bilancio quanto alla mancata o insufficiente copertura finanziaria e all’omesso trasferimento di risorse finanziarie e delle risorse umane e patrimoniali, la violazione dell’art. 32, 38, 39 l. reg. Calabria n. 23/2003, con riguardo alla

mancata e/o contraddittoria indicazione dei criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni del sistema integrato, sulla base dei criteri indicati nel Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, il difetto di istruttoria, ed ancora la violazione dell’art 15 della l. reg. n. 24 del 18/07/2008, l’incompetenza ed il difetto di istruttoria, l’eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti, dell’illogicità e della contraddittorietà manifesta.

Deduceva solo incidentalmente le questioni dell’illegittimo trasferimento di competenze dalla Regione ai Comuni e con i motivi aggiunti denunziava l’illegittimità derivata per sussistenza dei medesimi vizi degli atti presupposti.

Inoltre deduceva che le linee di indirizzo farebbero menzione di piano e delibere non più efficaci.

La sentenza di primo grado – dichiarato l’interesse del Comune di Catanzaro, la tempestività dei motivi aggiunti, l’inammissibilità dell’intervento del Comune di Lamezia terme e l’ammissibilità dell’intervento degli operatori del settore – respingeva il ricorso ed i motivi aggiunti per i seguenti profili:

- i dubbi di legittimità sollevati sulla ripartizione dipenderebbero da una non condivisibile interpretazione del quadro normativo, per la quale i Comuni non sarebbero chiamati a compartecipare alla spesa per gli interventi e i servizi sociali e la quantità di interventi e servizi sociali erogati è una variabile dipendente soltanto dai bisogni manifestati dall’utenza, senza che su di essa possano agire elementi ulteriori quali i vincoli di bilancio.

Invece – secondo il giudice di primo grado – alla luce della lettura della l. 328 del 2000 e della l. reg. 23 del 2003 il sistema integrato dei servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, Enti locali, Regioni e Stato. In particolare, sarebbero a carico dei Comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità (art. 4 l. n. 328 del 2000);
per sostenere tali spese, i Comuni utilizzano le risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.

Ciò sarebbe confermato dagli artt. 33 e 34 l.r. n. 23 del del 2003, per i quali il sistema integrato di cui si tratta si realizza avvalendosi, tra l’altro, delle risorse degli Enti Locali.

Quanto al secondo profilo, il sistema degli interventi e dei servizi sociali sarebbe – contrariamente a quanto sostenuto dal comune istante - strutturato in maniera tale da garantire il contemperamento tra vincoli di bilancio e soddisfacimento dei diritti sociali (alla luce anche dei principi evidenziati dalla Corte costituzionale, con la pronunzia 16 ottobre 1990, n. 455).

L’erogazione degli interventi e dei servizi sociali, così come l’erogazione delle prestazioni sanitarie, non sarebbe dunque incondizionata.

Spetterebbe ai Comuni capo ambito, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili, individuare i soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare i servizi sociali tra quelli autorizzati, accreditati e iscritti all’apposito albo (art. 23 del regolamento impugnato).

Il meccanismo delineato sarebbe dunque teso a definire la quantità degli interventi e dei servizi sociali erogati all’utenza in dipendenza dalle risorse che gli Enti locali avranno a disposizione, tra quelle trasferite e quelle proprie, tenuto conto della quota di compartecipazione ai costi dell’utenza che – in concreto – sarà corrisposta.

Su tale meccanismo non inciderebbero, poi, le vicende relative all’approvazione del bilancio da parte della Regione Calabria, in quanto l’esercizio provvisorio non impedisce, nei limiti degli stanziamenti di spesa dell’ultimo bilancio, l’assolvimento degli obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge.

Che i criteri per calcolare la compartecipazione dell’utenza ai costi siano stati dettati con un allegato al regolamento e non con una direttiva della Giunta regionale si risolverebbe in una questione meramente nominalistica, non in grado di comportare l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione regionale.

Quanto ai rapporti tra la l. 23 del 23 e la l.r. n. 24 del 2008, pur evidenziato il difetto di coordinamento, il primo giudice ha individuato il fondamento del sistema di autorizzazione e accreditamento nella l. n. 328 del 2000.

D’altro canto, la possibilità di disciplinare con norma di rango regolamentare tali attività amministrative trova il fondamento nell’art. 11 l.r. n. 23 del 2003, che attribuisce alla Regione la funzione (definita amministrativa) di “definizione, sulla base dei requisiti minimi definiti dallo Stato, dei criteri per l’autorizzazione, l’accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi sociali a gestione pubblica, ONLUS e del Terzo settore e/o privata”.

Quanto al fabbisogno sarebbe stato rilevato in base al criterio del costo storico, sicché non sarebbe fondata la critica per la quale non sarebbero intellegibili le modalità di sua rilevazione.

Inoltre, il termine del 28 febbraio 2020 per la rendicontazione troverebbe il suo fondamento nel d.i. del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell’Economia e delle Finanze, recepito con Intesa in Conferenza Unificata dell’1 agosto 2019, relativo alla ripartizione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per l’annualità 2019.

Il parere della Commissione consiliare Sanità, Attività sociali, culturali e formative di cui all’art. 32 l.r. n. 23 del 2003 prima dell’emanazione da parte della Giunta dei criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni del sistema integrato, risulterebbe rilasciato, mentre non sarebbe richiesto il parere della Commissione bilancio ai sensi dell’art. 87 del Regolamento consiliare,

Quanto alle questioni attinenti alle modalità di pubblicazione degli atti impugnati sul BURC, non inciderebbero sulla legittimità ma semmai sull’efficacia.

Infine, quanto alla la previsione che ai fini della determinazione della quota di compartecipazione dell’utenza ai costi del servizio si debba tener conto di tutti i documenti disponibili, la deduzione sarebbe generica.

I secondi motivi aggiunti sarebbero inammissibili, in quanto le linee di indirizzo per la pianificazione territoriale nella Regione Calabria non sarebbero oggetto di specifici motivi di ricorso, ma risulterebbero impugnate in quanto rivelerebbero retrospettivamente l’illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con i motivi aggiunti.

III – In questa sede, in via generale premette il Comune di Catanzaro che l’irrazionalità degli atti adottati si evincerebbe dal succedersi di circolari correttive. Con la circolare pervenuta al prot. dell’Ente al n. 51360 del 9 giugno 2020, la Regione derogava all’applicabilità della scelta delle strutture da convenzionare, mediante procedura ad evidenza pubblica, suggerendo di stipulare convenzioni con le strutture già convenzionate con la Regione, in attesa dell’approvazione del Piano di Zona degli Ambiti che presuppone l’approvazione del piano di Zona Regionale, mancante alla data di approvazione degli atti impugnati e adottato solo con la delibera n.502 del22 dicembre 2020.

Deduce di aver scoperto che le somme trasferite sarebbero destinate a rimanere invariate anche per gli anni successivi, rimanendo l’incertezza sulle modalità previste per fronteggiare l’aumento del fabbisogno.

Relativamente al Comune di Catanzaro non sarebbero stati assunti impegni di spesa, in violazione della previsione dell’erogazione di una quota pari al 20% delle risorse, entro il 30 ottobre 2020.

Infine sarebbe del 1° febbraio 2021 il decreto dirigenziale n. 914 con il quale, asseritamente in mancanza di competenza, la Regione avrebbe autorizzato il funzionamento di una struttura.

IV – Specificamente deduce, dunque, i motivi di appello di seguito indicati.

Error in iudicando : errata applicazione dell’art. 23 del Regolamento n. 22/2019;
mancata

applicazione degli artt . 1 co. 3 l. n. 328/2000, 4 co.4, 13, 34-co.1 lettera a), 38, art. 39 co. 3 l. reg. Calabria n. 23/2008;
mancata applicazione dell’art. 8 l. n. 328/2000;
mancata applicazione artt. 81,97,117 e 119, Cost.;
mancata applicazione degli artt.183 e 191 d.P.R. n. 267/2000;
mancata applicazione degli artt. 72 e 85 del Regolamento interno del Consiglio Regionale di cui alla deliberazione n. 5 del 27 maggio 2005 ed inesatta applicazione dell’art 87 stessa deliberazione;
errata applicazione dell’art 32 l. n. 23/2008.

Le risorse stanziate dovrebbero essere idonee a monte ad assicurare la copertura della spesa. La Regione, al contrario, non avrebbe compiutamente stabilito gli effetti finanziari da far gravare sul proprio bilancio e sugli esercizi futuri, ponendoli, quali imprevisti, su quello del Comune Capo Ambito.

Le somme sarebbero state erogate in ritardo. Il T.A.R. avrebbe confuso la date della erogazione con quella rendicontazione.

2) Carenza e/o insufficienza di motivazione;
contraddittorietà tra parte motiva e ricostruzione normativa.

3) Omessa pronuncia - violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Ai sensi dell’art. 72 del Regolamento interno del Consiglio Regionale (e non l’art 87 richiamato dal giudice di primo grado) sarebbe previsto che tutte le proposte implicanti entrate o spese debbano essere assegnate contemporaneamente alla Commissione competente per materia e alla Commissione bilancio e programmazione per il parere sulle conseguenze di carattere finanziario e su quelle riguardanti il programma economico regionale ed il parere deve essere sempre allegato alla relazione scritta per l'Assemblea.

Non sarebbe dunque stata garantita neppure la pubblicazione della rendicontazione dei lavori della commissione.

Inoltre Piano di Zona Regionale sarebbe stato adottato il 22 dicembre 2020 cioè a distanza di un anno dalla adozione dei provvedimenti impugnati.

Ai fini dell’effetto devolutivo dell’appello, il Comune ripropone i motivi dedotti con il ricorso principale integrato da motivi aggiunti pugnati.

Si è costituita la Società SOCIAL SERVICE sostenendo che le risorse indicate negli impugnati provvedimenti coprirebbero totalmente il fabbisogno così come verificato, mentre controparte non fornirebbe alcuna prova della affermata insufficienza finanziaria.

Non vi sarebbe alcuna imprecisione o approssimazione, né tantomeno risulterebbero violati gli artt. 38 e 39 della l. 23/2008, che prevedono che la copertura finanziaria sia a carico totale del bilancio regionale. A tal proposito andrebbe considerato che sia la delibera quanto il regolamento non impongono alcun onere alle casse comunali, ma soltanto la necessità che gli ambiti e quindi non ogni singolo Comune provvedano alla costituzione degli Uffici di Piano.

Risulterebbe, dunque, rispettata ogni previsione in materie contenuta nel T.U.E.L..

Ancora, i provvedimenti impugnati sarebbero stati adottati nel rispetto del Regolamento interno del Consiglio Regionale, atteso che la Commissione competente a rendere il parere in merito al regolamento è la III Commissione Consiliare che discute ed esamina tutti i provvedimenti nella materia delle Politiche Sociali.

Non vi sarebbe competenza alcuna della Commissione Bilancio e Programmazione, che può intervenire esclusivamente con riferimento alle proposte e/o ai disegni di legge e non, come nel caso di specie, nell’esercizio della potestà regolamentare della Giunta Regionale.

L’adozione delle Linee Guida sarebbe avvenuta di seguito ad un attento monitoraggio del fabbisogno esistente nelle strutture operanti sul territorio, corredato altresì da una puntuale relazione del Settore Servizi Sociali.

Non si comprenderebbe, pertanto, perché il Comune di Catanzaro ritenga inesistente una verifica del fabbisogno e soprattutto perché ritenga non valido il Piano Sociale.

Quanto al trasferimento delle risorse, la Regione Calabria, coerentemente con gli impegni assunti, avrebbe adottato i provvedimenti necessari per l’impegno e la liquidazione delle risorse in capo agli ambiti dei Comuni che ad oggi avrebbero la piena disponibilità sui propri conti correnti delle somme necessarie a dare attuazione alla riforma del welfare.

Rimarrebbero, infatti, a carico dei Comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità (art. 4 l. n. 328 del 2000);
per sostenere tali spese, i Comuni utilizzano le risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.

Pertanto, il sistema degli interventi e dei servizi sociali dovrebbe essere strutturato in maniera tale da garantire il contemperamento tra vincoli di bilancio e soddisfacimento dei diritti sociali a riguardo, Corte Cost. 455/90).

Si è costituita Gratal S.r.l. rilevando l’inammissibilità dell’appello e l’infondatezza sulla base di quanto argomentato dal primo giudice.

Si è costituita la Regione Calabria, precisando l’inammissibilità e genericità ed infondatezza del gravame, perché, dopo aver trasferito, con i decreti n. 5817 del 26 maggio 2020 e n. 5871 del 27 maggio 2020, ai Comuni capo-fila degli Ambiti fondi in misura pari al 60 % della somma di € 43.000.000,00 stanziata a copertura della spesa per l’anno 2020, e dopo aver provveduto, con il decreto dirigenziale n.14559 del 30 dicembre 2020 , ad impegnare la somma di € 2.432.418,69 pari ad un ulteriore 20% delle risorse disponibili, da ultimo, con il decreto n. 3873 del 14 aprile 2021, avrebbe liquidato agli Ambiti la somma di € 2.085.363,10 a copertura delle spese per l’anno 2020. Ulteriormente ha evidenziato che:

- la DGR 503, per come sopra specificato, prevede una terza ed una quarta erogazione pari ciascuna al 20 % della quota spettante a ciascun Ambito;

- dagli accertamenti e verifiche effettuate da parte dell’ufficio regionale, successivamente al 31 dicembre 2020 e fino alla data di emissione del provvedimento (14 aprile 2021), sarebbe stato rilevato che:

1. alcuni ambiti territoriali non hanno provveduto alla stipula di tutte le convenzioni con le strutture di competenza e, pertanto, per tali ambiti non si procede in questa fase a liquidare ulteriori somme;

2. diversi ambiti hanno documentato di non avere necessità di ulteriori somme per il pagamento delle rette anno 2020, in relazione al non adeguamento delle strutture ai nuovi requisiti professionali/organizzativi e, pertanto, per tali ambiti non si procede ad ulteriori liquidazioni;

3. alcuni ambiti hanno proceduto alle liquidazioni dei primi mesi dell’anno 2020 alle strutture, indicando, per come richiesto dagli uffici, il fabbisogno previsto per la copertura delle rette per l’intero anno di riferimento e, per- tanto, per tali ambiti si procede a liquidare una ulteriore somma pari al 20 % del totale spettante all’ambito, ai sensi della d.G.R. 503/2020;

4. alcuni ambiti hanno documentato un fabbisogno in relazione alle convenzioni stipulate ed all’applicazione delle nuove rette, nonché alle esigenze conseguenti a provvedimenti giudiziari, pertanto, per tali ambiti è necessario procedere, in base alle risorse ancora disponibili a seguito delle ripartizioni di cui ai punti precedenti, a liquidare una ulteriore somma pari al 40 % del totale spettante agli ambiti medesimi” (decreto n. 3873, pagg. 2 e 3).

Pertanto, a fronte della somma pari ad € 36.610.781,09 (€ 43.000.000,00 - € 6.600.000,00, quale quota di compartecipazione degli utenti) prevista dalla d.G.R. n. 503/2019 per la copertura delle spese degli Ambiti per il 2020, ad oggi sarebbe stata trasferita la somma totale di € 24.051.831,7 corrispondente alle spese effettivamente rendicontate.

L’anzidetto decreto non avrebbe previsto alcun nuovo trasferimento per l’Ambito di Catanzaro, poiché, dalle comunicazioni di cui alla nota prot. 42470 del 19 aprile 2021 ed alla nota prot. n. 49823 del 6 maggio 202, sarebbe emerso che, alla data del 5 maggio 2021, l’ufficio di Piano del Comune ha proceduto ad accreditare 13 strutture sulle 18 di competenza, convenzionandone 6, con una spesa rendicontata, relativamente all’anno 2020, pari a complessivi € 496.641,54, a fronte della somma di € 2.793.323,43 già liquidata all’Ente con il già citato decreto n. 5871 del 27 maggio 2020.

Successivamente, con la d.G.R. n. 171 del 3 maggio 2021, la Regione Calabria, da un lato, prendendo atto della riduzione della quota del Fondo Nazionale per le politiche sociali attribuita alla Calabria per gli anni 2020 e 2021, avrebbe, invece, proceduto al riequilibrio finanziario a norma della d.G.R. n. 503/2019, considerate le economie rilevate in sede di rendicontazione in relazione alla spesa preventivata per l’anno 2020, rivelatasi – per come precisato - sovrastimata, dando indicazioni in merito all’utilizzo di siffatte economie e prevedendo il riparto delle risorse in relazione alla spesa complessiva accertata e/o preventivata da ciascun Ambito per l’anno 2020, con la possibilità di ulteriori trasferimenti, nei limiti di capienza dei Fondi, in caso di rendicontazione di maggiori spese.

Così, relativamente all’anno 2021, con i decreti n. 5483 e n. 5484 del 27 maggio avrebbe anche provveduto a trasferire agli Ambiti la somma complessiva di € 17.490.000,00, pari al 60% delle somme a valere sul Fondo Regionale per le Politiche Sociali e sulla quota regionale del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per l’anno 2021. In particolare, all’Ambito di Catanzaro sarebbe stata trasferita la somma di € 2.802.000,00.

Gli anzidetti provvedimenti dimostrerebbero, dunque, l’infondatezza delle deduzioni relative all’assunta assenza di copertura dei provvedimenti impugnati e all’insufficienza dei fondi in relazione al fabbisogno.

Il costo della riforma del welfare sarebbe interamente coperto dalle risorse stanziate con la d.G.R. n. 503/2019 in modo più che sufficiente. La spesa prevista per il 2019, parametrata al fabbisogno storico sarebbe stata coperta con le risorse dei Fondi nazionale e regionale per le politiche sociali allocate negli appositi capitoli del bilancio regionale richiamati nel provvedimento senza alcun onere per gli Ambiti, neppure in termini di rendicontazione.

La spesa per l’anno 2020 (risultata inferiore a quella preventivata, poiché calcolata tenendo conto delle nuove più alte tariffe stabilite per l’acquisto delle prestazioni dall’Allegato 1 della d.G.R. n. 503/2019, di fatto non applicabili nella maggior parte dei casi in quanto gran parte delle strutture operanti sul territorio non si sarebbe ancora adeguata ai nuovi requisiti) sarebbe stata anch’essa interamente coperta con le risorse stanziate.

Lo stesso, per la spesa relativa al 2021, da coprirsi con le risorse dei Fondi nazionale e regionale per le politiche sociali allocate negli appositi capitoli di bilancio, nonché con le risorse non sfruttate per la spesa del 2020.

Inconferente sarebbe la richiesta rivolta dalla Regione Calabria a tutti gli Ambiti di procedere alla rendicontazione delle risorse trasferite negli anni precedenti. Infatti, nell’ambito del potere/dovere di controllo, vigilanza e programmazione, la Regione Calabria già nella seconda metà dell’anno 2020 avrebbe avviato un’analisi dei dati e delle informazioni provenienti dagli Ambiti relativamente all’utilizzo delle risorse trasferite dai vari fondi nazionali e regionali. Successivamente con la nota prot. SIAR n. 32047 del 26 gennaio 2021, al fine di rendere più efficiente il sistema, la Regione riferisce di aver invitato gli Ambiti ad utilizzare, a partire da gennaio 2021, la piattaforma dedicata al Welfare “SISRC – Sistema Informativo Sociale” per il caricamento di tutta la documentazione a supporto delle spese sostenute a valere sui vari fondi.

Non sarebbe previsto, poi, che eventuali economie o somme non ancora spese sui fondi oggetto della richiesta di rendicontazione siano utilizzate a copertura delle spese di cui alla d.G.R. n. 503/2019.

Sui singoli motivi precisa:

- i criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni erano definiti con l’Allegato 1, che, in quanto parte integrante delle delibere n. 423 e n. 503, era stato oggetto di istruttoria al pari degli altri allegati;

- la competenza relativa alle autorizzazioni ed agli accreditamenti delle strutture che erogano i servizi sociali sarebbe espressamente attribuita ai comuni dall’art. 13 della l.reg. n. 23/2003;
sul punto alcun rilievo avrebbe l’intervenuta abrogazione degli artt. 24 e 25 della l. reg. n. 24/2008 regolanti le modalità per il rilascio delle autorizzazioni e degli accreditamenti nel settore sanitario, sottoposto a differente e specifica disciplina, poiché, nel settore socio-assistenziale la definizione dei criteri per l’autorizzazione e l’accreditamento sarebbe una potestà amministrativa attribuita dall’art.11, comma 1, lett. d) della l. reg. n. 23/2003 alla Regione Calabria e, nella specie, esercitata proprio attraverso l’adozione dei provvedimenti oggetto del presente giudizio;

- la data del 28 febbraio quale termine ultimo per effettuare la rendicontazione relativa ai servizi resi sarebbe conseguenza del fatto che - per espressa previsione del d.i. menzionato (MLPS/MEF) recepito con Intesa in Conferenza Unificata 1 agosto 2019 Rep. Atti n. 91/CU (Intesa, ai sensi dell’articolo 46, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sullo schema di decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, recante il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, annualità 2019) relativo alla ripartizione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali per l’annualità 2019, l’erogazione delle risorse del Fondo spettanti alle Regioni sarebbe subordinata alla rendicontazione di almeno il 75% delle somme già erogate entro il 28 febbraio dell’anno successivo;

- la l.r. n. 23/2003 non prevedrebbe alcun trasferimento di risorse umane agli Ambiti, stabilendo, invece, all’art. 31, in capo alla Regione il dovere di provvedere alla formazione ed all’aggiornamento del personale coinvolto, dovere a cui la Regione Calabria avrebbe ottemperato nel corso del 2020 organizzando svariati incontri con i Comuni al fine di fornire ogni utile supporto alla loro attività;

- la l. reg. n. 23/2003 non prevedrebbe la creazione di un organismo per la gestione contabile nè di un conto dedicato per la ricezione dei fondi regionali, mentre rientrerebbe nell’autonomia di ciascun ente la creazione di appositi capitoli di bilancio in entrata ed in uscita per la gestione dei fondi del sociale;

- il richiamo all’art. 72 del Regolamento del Consiglio regionale n. 5/2005 e s.m.i. (all. 15 nel fascicolo di primo grado, n. 2020001774) sarebbe errato poiché siffatto articolo disciplinerebbe l’attività di esame delle proposte di legge e dei regolamenti di competenza del Consiglio e non si applicherebbe al caso di specie che sarebbe, invece, regolato dall’art. 87 del Regolamento, inerente alla procedura da seguire per i pareri da rendere su provvedimenti della Giunta e non prevede il coinvolgimento della Commissione Bilancio;

- l’impugnazione del d. n. 360 del 21 gennaio 2020, avente ad oggetto le “Linee di Indirizzo per la pianificazione territoriale in Regione Calabria – Piani di Zona Triennio 2020-2022” e lo “Schema Tipo – Piano di Zona”, sarebbe inammissibile per carenza di interesse e, comunque, tardiva;
trattandosi di un atto che mira semplicemente a fornire linee di indirizzo ai diversi Ambiti per uniformarne l’azione, il richiamo agli artt. 6 l. n. 328/2000, 16, comma 5, e 19 l.r. n. 23/2003, afferenti gli atti di programmazione (Piano regionale e Piani di Zona), sarebbe altresì inconferente;

- gli atti impugnati sarebbero stati adottati in presenza di un Piano Regionale, approvato con deliberazione n. 364/2009 (all. n. 19 al modulo di deposito dell’8 marzo 2021, n. atto 2021021789), che sarebbe dunque pienamente efficace, a norma dell’art. 18, co. 5 l. reg. n. 23/2003, che dispone che il Piano regionale, una volta adottato, “conserva la sua efficacia dopo la scadenza fino all’approvazione di quello successivo”.

Il Comune ha depositato una memoria per controdedurre.

Con memoria di replica la Regione ha eccepito l’inammissibilità in ordine alla questione dell’“abrogazione tacita” dell’art. 13 della l. reg. n. 23/2003 ad opera del legislatore del 2008, in ogni caso oggetto di altri giudizi.

Con atto di intervento ad opponendum l’A.S.S.S.A. Calabria (Associazione Strutture Sanitarie Sociali Assistenziali Calabria) deduce che il proprio interesse si rispecchia nell’interesse di tutte quelle altre associazioni e strutture operanti nel settore socio-assistenziali, il cui intervento ad opponendum in primo grado è stato ritenuto ammissibile dal T.A.R. Calabria. Deduce l’inammissibilità dell’appello per violazione del divieto di ius novorum e violazione del principio di specificità delle censure. Afferma, poi, l’infondatezza nel merito.

Con l’ultima memoria il Comune rileva, a conferma delle proprie affermazioni, che per il 2021 le somme non sarebbero più completamente disponibili e sarebbero ridotte.

La Regione, di seguito, ribadisce le proprie ragioni.

ASSA e Social service hanno proposto istanza di discussione.

A seguito dell’udienza di discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

V – L’appello è infondato nel merito, potendosi prescindere per il principio della ragione più liquida dalle eccezioni di inammissibilità proposte in via preliminare.

VI – In primo luogo, osserva il Collegio, da un punto di vista generale, che non può che trovare condivisione quanto affermato dal primo giudice nella ricostruzione dell’assetto ordinamentale.

Nel sistema delineato dalla riforma avviata nel 2000 la gestione associata costituisce il modo per garantire i servizi uniformemente sul territorio nazionale e a tale logica rispondono i piani di zona e la delega ai comuni capofila.

In tale ambito le fonti di finanziamento derivano principalmente dai contributi sociali e dalla fiscalità generale.

Alle Regioni sono demandate per lo più funzioni legislative, attraverso la fissazione di principi e indirizzi, ed il coordinamento degli interventi sul territorio da parte degli enti locali, a cui ripartiscono le risorse del Fondo regionale, costituito da stanziamenti provenienti dai fondi speciali statali, integrati da stanziamenti di bilancio regionale.

Ai Comuni spettano le funzioni amministrative attuative dei servizi attraverso le risorse destinate dalle Regioni e dallo Stato, tuttavia integrate da propri stanziamenti di bilancio.

A tali finanziamenti si aggiungono i Fondi strutturali europei, che costituiscono gli strumenti finanziari della politica regionale dell’Unione europea, per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale dei paesi aderenti EU, riducendo le disparità di sviluppo, attraverso un sostegno allo sviluppo e l'organizzazione strutturale delle economie regionali.

Al finanziamento dei servizi in argomento contribuisce, poi, la partecipazione dell’utenza privata, secondo i criteri reddituali.

Risulta smentito, dunque, l’assunto di parte appellante circa l’esclusione del concorso degli enti al finanziamento delle attività in argomento.

VII – Ciò posto, nel caso che occupa, l’Amministrazione regionale ha documentalmente provato che la spesa per il 2019 è stata stimata sulla base di un criterio oggettivo, certo e consolidato, e che essa risulta coperto dagli stanziamenti dei fondi, richiamati nei provvedimenti gravati attraverso gli appostiti capitoli del bilancio regionale (ciò costituisce premessa al deliberato di cui alla d.G.R. n. 423 del 2019);
risulta peraltro previsto l’adozione di eventuali provvedimenti di riequilibrio finanziario al fine di garantire la copertura finanziaria per il futuro.

Se è vero che nella affermazione della eventualità di un riequilibrio si menziona l’attivazione di ulteriori risorse a carico della Regione, ed anche la partecipazione comunale e la compartecipazione degli utenti, ciò trova, per un verso, giustificazione normativa nel sistema integrato voluto dalla riforma del welfare sopra menzionata, per altro verso è prospettato dalla delibera n. 423 in moro meramente ipotetico.

VIII – Quanto alla corretta stima del fabbisogno, l’allegato 1 alla d.G.R. n. 423 reca l’aggiornamento delle tariffe, conseguenti all’adeguamento ai requisiti.

Per la prospettata insufficienza delle risorse per il futuro, la censura oltre a manifestarsi inammissibile per genericità, invade – senza riferimento concreto - gli spazi di programmazione regionale quanto all’analisi delle esigenze e d alla programmazione.

Nessun conflitto, dunque, con le invocate disposizioni della Costituzione.

Peraltro, al Regione ha documentato la mancata attivazione da parte del comune appellante delle procedure idonee all’accreditamento ed al convenzionamento delle strutture sulla base dei requisiti attuali, con conseguente ridimensionamento delle risorse utilizzate.

La deliberazione n. 423 in esame, peraltro, dà atto, che strutture socio assistenziali debbano conformarsi alle disposizioni dettate dal Regolamento (come da allegato alla deliberazione medesima) a decorrere dal 31 dicembre 2020.

Complessivamente, le risorse indicate sembrano, dunque, idonee a realizzare gli obiettivi come previsto dalla l. 328/2000, secondo un’istruttoria ed una stima che risulta esplicitata nell’all. 1 al regolamento impugnato.

IX – Né assume rilievo la censura di ordine meramente formale relativa alla formulazione della compartecipazione degli utenti attraverso un allegato al regolamento, che comunque fa riferimento alla competenza della Giunta regionale, senza che il nome assegnato all’atto possa in qualche modo intaccarne la legittimità.

X – Con riferimento al riparto delle competenze, ad un attento esame del succedersi della normativa regionale, ed in disparte la possibilità di delega da parte delle Regioni, risulta convincente la lettura da parte dal giudice di primo grado. In quanto a fronte dell’abrogazione degli artt. 24 e 25 della l. n. 23 del 2003, ad opera della l. n. 24 del 2008, rimane fermo l’assetto di cui ali artt. 11 e 13 della l. reginale, che peraltro risulta corrispondente a quello delineato dal legislatore nazionale.

Una diversa lettura farebbe perdere di coerenza la disciplina regionale rispetto a quella nazionale sì da infrangere il fondamentale canone ermeneutico, che vuole che una norma sia interpretata come inserita nell’ordinamento complessivamente considerato.

XI – Altresì, trova conferma – secondo il richiamo della Regione, recepito dal giudice di primo grado - la necessità della rendicontazione nella fonte nazionale con riguardo alla politiche sociali già dal 2019 e comunque finalizzato alla corretta programmazione della spesa sanitaria, nel necessario bilanciamento tra risorse e copertura del fabbisogno ai fini della garanzia di tutela della salute e delle richieste da parte della popolazione relative ai servizi sociali.

Nessuna confusione, pertanto, – a differenza di quanto censurato da parte appellante – è rinvenibile nel percorso argomentativo del giudice di primo grado (punto 19 della sentenza).

XII – Infondato anche il terzo motivo di appello, in quanto il parere della commissione bilancio è previsto nel regolamento del Consiglio regionale e non con riferimento ai lavori Giunta.

L’art. 87 poi dispone che in caso di specifiche disposizioni legislative i pareri delle Commissioni possano essere richiesti in caso di delibere o regolamenti della Giunta.

La deliberazione impugnata è assunta – come da premessa della stessa – sulla base della legge di stabilità regionale 2019 e del bilancio di previsione finanziario della Regione per gli anni 2019-2021, nonché dei conseguenti documenti tecnici e del bilancio gestionale già deliberati dalla giunta regionale.

Ciò non può che rilevare ai fini della riferibilità del parere della Commissione bilancio agli atti prodromici.

Sul punto, vale ricordare, comunque, che la sentenza di primo grado si è espressamente pronunziata al punto 20.

Mentre la delibera risulta trasmessa al Consiglio regionale e all’esame della terza commissione competete per materia, come documentato attraverso il richiamo ai resoconti dei lavori.

Ancora, in relazione peraltro al cospicuo contenzioso, a cui si è già fatto richiamo, è stato assunto il parere della Conferenza permanente per la programmazione socio-assistenziale regionale.

XIII – Le ulteriori deduzioni richiamate in forza dell’effetto devolutivo e contenute nei motivi aggiunti, in realtà non fanno che reiterare i profili già ampiamente esaminati e confutati sin qui.

Ne discende che, in virtù del criterio di sinteticità, può rinviarsi a quanto sinora ritenuto.

IX - Solo deve precisarsi che quanto alle risorse umane e patrimoniali, non è svolta censura specifica, rimanendo la deduzione meramente generica in assenza di una specifica previsione normativa come evidenziato dalla Regione.

X – l’infondatezza delle censure sin qui esaminata determina la conseguente reiezione delle censure di illegittimità derivata.

XI – Quanto infine alla mancanza del piano regionale, deve condividersi quanto precisato dalla Regione appellata, che ha richiamato l’art. 18 comma 5 della l. n. 23 del 2003, ai sensi del quale “Il Piano regionale conserva la sua efficacia dopo la scadenza fino all’approvazione di quello successivo”.

Mentre ciò non rileva ai fini della completezza della istruttoria, alla luce di quanto già evidenziato sui criteri di determinazione del fabbisogno 8 e documentato in primo grado sulla base dei rilievi dei dati storici del 2017).

XII – Invece, l’inammissibilità delle censure contenute nei secondi motivi aggiunti con riferimento alle linee di indirizzo per la pianificazione territoriale, come affermata dal giudice di primo grado in assenza di censure specifiche ed in quanto orientata alla futura pianificazione dei vari ambiti.

XIII – In definitiva, l’appello deve essere respinto.

XIV – Tuttavia, la complessità della controversia esaminata giustifica la compensazione del presente grado di giudizio.

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