Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-06-20, n. 201803779

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-06-20, n. 201803779
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201803779
Data del deposito : 20 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2018

N. 03779/2018REG.PROV.COLL.

N. 04354/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4354 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato C B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia, 109;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per la durata di mesi uno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2018 il Cons. P U e uditi per le parti gli avvocati C B e l'Avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti dell’odierna appellata, ispettore della Polizia di Stato, con decreto del Capo della Polizia in data 3 dicembre 2002 è stata irrogata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per un mese.

2. La sanzione è stata inflitta per non avere (il giorno 25 giugno 2001, durante il turno di servizio h 19/24 presso il Commissariato -OMISSIS-in Roma) informato l’Ufficio del Pubblico Ministero, né svolto ulteriori attività in merito ad una denunzia/querela presentata da un cittadino nei confronti dei medici del -OMISSIS-, asseritamente responsabili del decesso della madre.

3. L’odierna appellata, sostenendo che, una volta acquisita la denunzia, attesa l’ora e le dinamiche del fatto denunziato, aveva inserito l’atto di p.g. nella cartella “urgenti”, nella convinzione che gli ulteriori incombenti sarebbero stati svolti la mattina successiva dalla collega subentrante nel turno di servizio, ha impugnato la sanzione dinanzi al TAR del Lazio.

4. Il TAR Lazio, con la sentenza appellata (I-ter, n. -OMISSIS-) – sottolineando che la conoscenza dei fatti di rilevanza disciplinare da parte dell’amministrazione era avvenuta in data prossima al 25 giugno 2001, comunque non oltre il giorno 27 giugno 2001 con la ripresentazione ad altro Commissariato della denunzia da parte dell’interessata - ha accolto il ricorso ed ha annullato il provvedimento disciplinare, in ragione della riscontrata violazione dell’art. 103, comma 2, del d.P.R. 3/1957, atteso che la contestazione disciplinare era avvenuta ad oltre un anno dai fatti contestati.

5. Appella il Ministero dell’interno, sostenendo che:

- l’art. 103, comma 2, del d.P.R. 3/1957, nel prescrivere che la contestazione degli addebiti debba avvenire “subito”, non mira a vincolare l'Amministrazione dall'osservare un termine rigido, il cui decorso comporti la decadenza dello stesso potere disciplinare;
indica, invece, una regola di ragionevole prontezza e tempestività, da valutarsi caso per caso in relazione alla gravità dei fatti e alla complessità degli accertamenti preliminari, nonché allo svolgimento effettivo dell'iter procedurale;
ciò che, infatti, la norma vuole salvaguardare è la certezza del rapporto tra l'impiegato e l'Amministrazione, la quale verrebbe inficiata (anche per i profili consequenziali inerenti allo sviluppo di carriera e alle relative valutazioni periodiche), “nel caso in cui il dipendente restasse esposto, sine die, per ingiustificata inerzia dell'Amministrazione stessa, alla qualificazione come infrattivi di determinati comportamenti” (cfr. tra le altre, Cons. Stato, VI, n. 5418/2006 e n. 2723/2008);

- ciò premesso, i tempi osservati devono considerarsi congrui, e ciò sia in relazione al momento in cui l'Amministrazione appellante ha preso piena conoscenza dei fatti costituenti illecito disciplinare, sia in relazione alla proporzione tra la gravità e complessità della contestazione da effettuare e il tempo impiegato per istruire il relativo procedimento disciplinare;

- infatti, una volta ricevuta notizia dell'esistenza di un procedimento penale nei confronti dell'appellata, mediante la nota del Commissariato -OMISSIS-in data 14 maggio 2002, l'Amministrazione ha dato prontamente impulso alla procedura disciplinare.

6. Resiste, controdeducendo, l’appellata.

7. Il Collegio osserva come sia pacifico anche tra le parti che, in forza del richiamo operato dall’art. 31 del d.P.R. 737/1981, occorra fare riferimento al criterio di tempestività enunciato dall'art. 103, comma 2 del d.P.R. 3/1957, come interpretato dalla giurisprudenza consolidata, correttamente ricordata nell’appello.

Tuttavia, rileva che la prospettazione dell’appello parte da presupposti non condivisibili.

Infatti, secondo la ricostruzione dei fatti offerta dalla stessa Amministrazione:

- due giorni dopo la presentazione della prima denuncia, il 27 giugno 2001, la denunciante, non avendo ottenuto alcun esito dalla denuncia presentata presso il Commissariato -OMISSIS-, ne ha presentata un'altra, analoga, presso il Commissariato -OMISSIS-;
quest'ultimo ha chiesto al Commissariato -OMISSIS-, come disposto dal P.M. procedente, di conoscere le generalità dell'ufficiale di p.g. che aveva ricevuto la denuncia di reato il precedente 25 giugno;

- il 18 luglio 2001, la Sezione di p.g. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, su delega del P.M., ha chiesto al Commissariato -OMISSIS-di accertare le ragioni per cui non era stata data comunicazione all'autorità giudiziaria della ricezione della denuncia;

- il 10 maggio 2002 la Procura ha chiesto l'esito di eventuali provvedimenti disciplinari a carico dell’odierna appellante e della collega incaricata del turno di servizio successivo;

- con nota del 14 maggio 2002, il Commissariato -OMISSIS-ha segnalato all'Ufficio Personale della Questura di Roma la posizione delle due ispettrici, quali "indagate" nel procedimento penale per il reato di cui all' art. 361 c.p. (omessa denuncia di reato da parte di pubblico Ufficiale).

Il Ministero appellante sottolinea che solo a seguito di quest'ultima comunicazione, l'Ufficio Personale della Questura di Roma è venuta a conoscenza dell'illecito disciplinare e dell'esistenza di un procedimento penale a carico della dipendente, potendo così attivarsi per ottenere dalla Procura il nulla osta all'utilizzo degli atti del procedimento penale e conseguentemente avviare l'inchiesta disciplinare con la nomina del funzionario istruttore (3 giugno 2002) e formulare la contestazione degli addebiti (10 giugno 2002).

Il Collegio non è di questo avviso.

Non rileva il momento nel quale l’organo competente a promuovere l’azione disciplinare sia venuto a conoscenza dei fatti, bensì quello in cui l’Amministrazione - nel complesso dei suoi organi in grado di operare una prima valutazione dell’accaduto ed avviare i conseguenti adempimenti, a cominciare dalla segnalazione all’organo competente per il procedimento disciplinare - abbia avuto detta conoscenza, e con essa la possibilità di attivare il procedimento disciplinare.

Rispetto a tale parametro di riferimento, la contestazione degli addebiti è avvenuta soltanto nel giugno 2002 (un mese dopo la richiesta da parte della Procura della Repubblica di Roma circa l'esito di eventuali provvedimenti disciplinari a carico delle ispettrici sottoposte a procedimento penale), vale a dire a circa undici mesi di distanza dalle richieste con cui la P.G. della Procura aveva chiesto ai Commissariati suindicati elementi informativi in ordine ai fatti accaduti, così rendendoli edotti (se ce ne fosse stato ulteriore bisogno) dei fatti che meritavano considerazione.

Posto che l’avvio del procedimento disciplinare avrebbe dovuto essere valutato a prescindere dai tempi e modi dell’iniziativa del P.M., e che nessuna complessità emerge dagli atti riguardo ai fatti da accertare (che riguardano soltanto la condotta dell’appellante nel gestire il seguito della denuncia, e non certo la vicenda che aveva originato la denuncia stessa) a tal fine, la valutazione del TAR circa la non conformità del periodo trascorso rispetto alla previsione dell’art. 103, comma 2, del d.P.R. 3/1957, deve ritenersi corretta.

Può aggiungersi che il procedimento penale attivato nei confronti dell’odierna appellata risulta conclusosi in data 10 novembre 2002 (RG GIP n. -OMISSIS-) con un decreto di archiviazione del GIP su conforme richiesta del P.M. per “totale infondatezza della denunzia”.

8. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

9. Considerata la natura e la peculiarità della controversia, le spese del grado di giudizio possono essere compensate.

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