Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-09-26, n. 201704483
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Pubblicato il 26/09/2017
N. 04483/2017REG.PROV.COLL.
N. 01947/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 1947 del 2017, proposto da:
Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Venezia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati -OMISSIS- G, A B, A F, G P, con domicilio eletto presso lo studio -OMISSIS- G in 30038, viale Viareggio 3/A;
per la riforma
della sentenza del TAR Veneto - sez. I, n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Francesco Bellomo e uditi per le parti gli avvocati A B, A F, -OMISSIS- G e l'Avvocato dello Stato Tito Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto la -OMISSIS-domandava l’annullamento dell’interdittiva antimafia del -OMISSIS-e del preavviso di rigetto della richiesta di iscrizione alla white list emessi dalla Prefettura di Venezia.
A fondamento del ricorso deduceva plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si costituivano in giudizio per resistere al ricorso il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Venezia.
Con sentenza n. -OMISSIS-il TAR accoglieva il ricorso.
2. La sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Venezia, che contrastano le argomentazioni del giudice di primo grado.
Si è costituita per resistere all’appello la -OMISSIS-
La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 21 settembre 2017.
DIRITTO
1. La sentenza appellata ha individuato quattro gruppi di elementi fattuali posti a fondamento dell’interdittiva antimafia, qualificati come “segmenti del quadro indiziario”.
1.1 Il primo segmento è tratto dall’ordinanza cautelare in data -OMISSIS-del GIP del Tribunale di -OMISSIS-adottata nell’ambito del procedimento penale n. -OMISSIS-e dai risultati dell’indagine c.d. -OMISSIS-e riguarda il tipo di rapporto intrattenuto dalla società ricorrente ed il -OMISSIS-. Dalla documentazione extracontabile della -OMISSIS-sarebbero emersi “ consistenti versamenti a consiglieri del -OMISSIS- -OMISSIS-che avevano un ruolo rilevantissimo nelle procedure di assegnazione degli appalti per tutta una serie di lavori pubblici nell’ambito della -OMISSIS-. Tale circostanza dimostrerebbe la strumentalità delle condotte di frode fiscale sopradescritte rispetto alla creazione di fondi neri da mettere a disposizione di soggetti operanti nel -OMISSIS- -OMISSIS- ”. A conferma di tale impianto accusatorio vi le sentenze di patteggiamento della pena nei confronti di -OMISSIS- che a vario titolo hanno ricoperto il ruolo di Presidenti del CdA o consiglieri all’interno della -OMISSIS-, per i reati di cui agli artt. 2 e 8 della legge 74/2000 e per il reato di cui all’art. 353 c.p.
1.2 Il secondo segmento è tratto dal verbale relativo alla seduta del Gruppo Interforze del -OMISSIS-, dalla nota della DIA di Padova prot. n. -OMISSIS-, e, soprattutto dal decreto di confisca del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-. Dette fonti farebbero emergere “ condotte di contiguità con la criminalità organizzata ” tenute da -OMISSIS-.
In particolare, dal decreto di confisca si ricaverebbe che la società -OMISSIS-avrebbe partecipato all’ATI aggiudicataria dei “ lavori di completamento dei moli foranei e lavori di realizzazione delle banchine a ponente dello sporgente -OMISSIS- ” (gara indetta nel 2003, per un importo di € 1.935.744,19) insieme ad alcuni imprenditori contigui a -OMISSIS-(-OMISSIS-), e che i relativi lavori, seppur limitatamente alle attività eseguite dalla -OMISSIS-(gestita dai -OMISSIS-stessi), sarebbero stati difformi rispetto ai progetti di gara, integrando gli estremi del reato di frode in pubbliche forniture. Precisamente alla -OMISSIS--OMISSIS-sarebbero stati affidati lavori in subappalto per € 535.000,00 – superiore al 30% autorizzabile ai sensi dell’art. 141 del DPR 554/1999 ed anche per opere mai eseguite – mediante la sottoscrizione di contratti falsi: uno di subappalto recante l’importo di € 450.000,00 ed uno a latere per il nolo a freddo di altri macchinari per l’ulteriore importo di € 80.000,00. La società -OMISSIS--OMISSIS-avrebbe tenuto quindi del tutto consapevolmente un’attività agevolatrice nei confronti delle imprese dei -OMISSIS-, consentendo – mediante la propria partecipazione, unitamente ad altre società consortili, all’ATI suddetta – di far conseguire ai -OMISSIS-i requisiti necessari per le gare, “ che venivano artatamente aggiudicate in loro favore grazie all’intervento ” di un’organizzazione criminale di stampo mafioso. Tale quadro dei rapporti fra -OMISSIS-e -OMISSIS--OMISSIS-risulterebbe poi confermato dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia -OMISSIS-.
1.3 Il terzo segmento è tratto dalla nota della Prefettura di Latina prot. -OMISSIS-e dalla nota della DIA di Roma prot. -OMISSIS-.
In particolare sarebbe emerso che, nell’ambito dei lavori di adeguamento per il Porto Commerciale di -OMISSIS-(SR, per l’importo di euro 34.522.470,00, con contratto stipulato in data 5 settembre -OMISSIS-tra l’Autorità Portuale di -OMISSIS-e l’aggiudicataria -OMISSIS-la -OMISSIS--OMISSIS-è stata incaricata di eseguire alcuni lavori in subappalto. La -OMISSIS-sarebbe “ riconducibile ai fratelli -OMISSIS- ”, “ sospettati di collusioni con ambienti mafiosi fin dagli anni ‘80, allorquando venivano indicati tra i referenti del noto -OMISSIS-, uomo d’onore di Cosa nostra ”, all’epoca incaricato del controllo degli appalti pubblici in Sicilia da parte di -OMISSIS-. La società -OMISSIS-avrebbe poi continuato a intrattenere i rapporti con detta società anche dopo aver mutato il proprio organigramma.
1.4 Il quarto segmento evidenzia, sulla base della nota della DIA di Padova prot. n. -OMISSIS-, che 1’attuale governance della -OMISSIS--OMISSIS-sarebbe “ stata sempre legata direttamente o indirettamente a -OMISSIS- e, successivamente, al figlio -OMISSIS- ”. Quest’ultimo, in data -OMISSIS-, entrava a far parte del consiglio di amministrazione della -OMISSIS-, sottoposta a confisca ordinata dal Tribunale di -OMISSIS-. Nel medesimo consiglio di amministrazione figurava anche -OMISSIS--OMISSIS-. Inoltre, il collegio sindacale della -OMISSIS--OMISSIS-, anche negli anni -OMISSIS-e 2014, non avrebbe mai fatto riferimento alle vicende giudiziarie legate ai lavori nel territorio siciliano, così omettendo “ i propri doveri di vigilanza volti ad evitare alla società un danno, tenendo un comportamento di colpevole contiguità con gli amministratori di volta in volta in carica ”.
1.5 Nella prospettazione accusatoria la società ricorrente sarebbe esposta al pericolo di condizionamento mafioso, essendo qualificabile nella categoria dei c.d. imprenditori strumentali, che pur collocandosi al margine dell’organizzazione mafiosa, intrattiene rapporti di illecita collaborazione con il contesto criminale in cui opera la mafia. Peraltro, anche le modalità con cui la -OMISSIS--OMISSIS-avrebbe svolto il proprio ruolo nel -OMISSIS- -OMISSIS-, denoterebbero una permeabilità alle pressioni di gruppi criminali, stante le condanne intervenute per il reato di cui all’art. 353 c.p.
Il Tar ha disatteso questa conclusione, ritenendo che, tanto i singoli elementi, quanto il quadro complessivo, fossero inidonei a provare il pericolo di condizionamento mafioso, a causa dell’oggettiva incompletezza della valutazione e/o dell’istruttoria svolta. L’Amministrazione ha infatti omesso di tenere conto dello sviluppo giurisdizionale dei procedimenti penali ritenuti fondanti per la prognosi di infiltrazione mafiosa in concreto effettuata ed in particolare per l’enucleazione del ruolo di imprenditore strumentale, malgrado i relativi esiti, di segno opposto a quelli valorizzati nel provvedimento, fossero già conoscibili al momento dell’adozione dell’atto.
Con riferimento alla vicenda -OMISSIS-, il provvedimento impugnato non dà conto del fatto che la confisca disposta con decreto n. -OMISSIS- dal Tribunale di -OMISSIS- è stata revocata (anche nei confronti della -OMISSIS-) dalla Corte d’Appello di -OMISSIS-, con decreto n. -OMISSIS- depositato il -OMISSIS-. La Corte d’Appello ha escluso espressamente che i rappresentanti della -OMISSIS--OMISSIS-fossero consapevoli della presunta appartenenza degli imprenditori -OMISSIS-alla criminalità organizzata -OMISSIS-, ponendo persino in dubbio l’evidenza di legami con -OMISSIS-a carico dei -OMISSIS-stessi. Anche le dichiarazioni del -OMISSIS-sono state giudicate obiettivamente generiche e prive di sufficienti elementi di riscontro per far comprendere “ come, quando e attraverso quali specifici interventi dei funzionari statali addetti l’aggiudicazione sarebbe stata pilotata in favore del -OMISSIS- ”. In ordine, poi, alla supposta consapevolezza da parte della società ricorrente della cointeressenze con -OMISSIS-dei -OMISSIS-, la Corte d’Appello (argomentando sulla non indispensabilità della perizia richiesta in appello dalle parti) ha osservato: « ben si comprende come le sole violazioni di legge addotte dall’accusa facendo riferimento anche a quanto esposto nelle consulenze, ove accertate e persino tali da configurare indizi di turbative di gara, falsi e frodi nell’esecuzione di rilevanza penale, non potrebbero attestare collusioni mafiose e tantomeno la loro conoscenza da parte dei responsabili delle società costituitesi in ATI con la “-OMISSIS-” dei -OMISSIS-, potendo trattarsi di atti di criminalità economica e imprenditoriale per così dire comune, fondate su espedienti personali e complicità dei soli soggetti pubblici ».
Con riferimento al terzo segmento indiziario, relativo alla partecipazione al-OMISSIS-., ritenuto riconducibile a soggetti (-OMISSIS-) sospettati di collusioni con ambienti mafiosi, risulta carente di alcuni sviluppi processuali essenziali, già noti al momento dell’adozione dell’atto gravato, quali, fra le altre, la sentenza di assoluzione dall’imputazione di associazione mafiosa di -OMISSIS-, passata in giudicato).
Con riferimento al primo segmento indiziario, relativo ai procedimenti relativi al -OMISSIS- -OMISSIS-, pur sussistendo a carico delle persone che hanno ricoperto cariche gestionali nella -OMISSIS-le sentenze di patteggiamento per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 110, 319 e 321 c.p., art. 2 e 8 L. 74/2000, artt. 110 e 353 c.p., l’interdittiva si limita ad allegare gli elementi di prova posti a fondamento dell’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di -OMISSIS-in data -OMISSIS-nell’ambito del procedimento penale n. -OMISSIS-e quelli desunti dall’indagine denominata -OMISSIS-, senza tuttavia dare conto della parziale riforma della citata ordinanza operata dal Tribunale del riesame che ha riqualificato l’ipotizzato accordo corruttivo in un’azione di concussione posta in essere ai danni dell’odierna ricorrente, dissequestrando per l’effetto i beni confiscati a -OMISSIS- e a -OMISSIS-.
Il Tar ha concluso osservando che tali lacune non consentono di ritenere raggiunta la soglia del “più probabile che non” nella prova del pericolo di condizionamento mafioso, fissata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato.
2. Appella l’Amministrazione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 84 e 91 d.lgs. 159/2011 e 29, comma 2 del d.l. 90/2014, nonché difetto motivazione: l’omessa considerazione dei precedenti giudiziari non giustifica l’annullamento dell’interdittiva, come si evince analizzando ciascuno di essi.
2.1 Il decreto della Corte di Appello di -OMISSIS- di revoca della confisca.
Tale provvedimento affronta l’aspetto attinente alla buona fede del terzo imprenditore ritenendo non provato l’intento di agevolazione delle cosche mafiose da parte dei rappresentanti della -OMISSIS-, presupposto soggettivo a fondamento nell’irrogazione della confisca stessa. L’esame della Corte d’appello riguarda la verifica della consapevolezza in capo ai rappresentanti della -OMISSIS--OMISSIS-delle qualità mafiose, in quanto in concreto esplicate, dei -OMISSIS-. L’autorità giudiziaria non entra nel merito delle valutazioni relative all’appartenenza ad associazione mafiosa dei -OMISSIS-, facendo espresso rinvio ai relativi procedimenti penali.
2.2 Sentenza di assoluzione dal reato di associazione mafiosa di -OMISSIS-da parte della Corte d’Appello di -OMISSIS-, passata in giudicato.
Tale decisione non travolge automaticamente l’informativa antimafia annullata, che si fonda anche su elementi posteriori, in particolare quelli indicati alla nota della -OMISSIS-nella nota della DIA -OMISSIS-
Inoltre, a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS-avvenuto il -OMISSIS-, la Commissione di indagine ha evidenziato i legami tra -OMISSIS-– che rivestiva un ruolo centrale nel sistema dei lavori pubblici – e i -OMISSIS-.
2.3 Ordinanze del Tribunale del Riesame di -OMISSIS-n. -OMISSIS-di parziale riforma dell’ordinanza cautelare e di sequestro preventivo emessa dal Tribunale di -OMISSIS-in data -OMISSIS-(vicenda -OMISSIS-).
Gli elementi di prova acquisiti in sede istruttoria per il ruolo avuto dai-OMISSIS-nella vicenda -OMISSIS-, sono stati valutati quali elementi indizianti nell’ambito del quadro generale volto a ricostruire la condotta tenuta dalla società interdetta in contesti territoriali diversi e in rapporti contrattuali diversi, però con modalità ricorrenti.
Il Tribunale del Riesame, con le ordinanze del -OMISSIS-, ha valutato il ruolo avuto dal solo -OMISSIS- nella dinamica degli accordi criminosi, al fine di sostituire la misura cautelare irrogata con quella degli arresti domiciliari e revoca della confisca limitatamente alle somme costituenti il profitto di reato di corruzione. In particolare, il Tribunale del riesame affronta la questione della pena prevista per le diverse fattispecie del reato di corruzione e di concussione ai fini delle misure cautelati e patrimoniali irrogabili, mentre confermava la confisca delle somme costituenti il profitto di reati di natura fiscale.
I provvedimenti richiamati non tolgono valenza istruttoria alla condotta imprenditoriale degli amministratori della -OMISSIS-. In particolare, nel provvedimento del Tribunale del Riesame del -OMISSIS-si ribadisce che “ -OMISSIS-ha operato illecitamente a partire dagli anni 2005 / 2006, emettendo sin da allora fatture per operazioni inesistenti;la visita della Guardia di Finanza del 2008 non ha avuto alcun effetto deterrente in quanto le operazioni illecite, da allora, sono addirittura lievitate;neppure l’arresto del luglio -OMISSIS-ha convinto il-OMISSIS-a prendere nettamente le distanze dalla sua passata attività, tanto è vero che fino all’ultimo ha taciuto della retrocessione illegale commessa nel -OMISSIS-: sussistono quindi concreti pericoli di reiterazione dell’illecito ”.
Peraltro, il ruolo di-OMISSIS--OMISSIS- non è l’unico dato a sostegno della tesi accusatoria, poiché la complessa attività di gestione dei fondi extra contabili, ad opera degli amministratori della -OMISSIS-trovava riscontro negli esiti delle indagini della Guardia di Finanza.
2.4 L’appellante conclude richiamando tre principi operanti in materia di interdittiva antimafia:
- non occorre la prova di appartenenza all’associazione mafiosa, né di un condizionamento da parte della stessa, essendo sufficiente l’esistenza di indizi idonei a dimostrare un pericolo di condizionamento;
- la valutazione degli indizi deve essere globale e non atomistica;
- il sindacato giurisdizionale sull’interdittiva è di legittimità e non può tener conto di elementi sopravvenuti.
3. L’appellata contesta punto per punto la svalutazione dei precedenti giudiziari operata dall’appellante e conclude che il pericolo di condizionamento mafioso non emerge da alcuna delle vicende storiche oggetto dell’interdittiva.
Nella memoria conclusiva si sofferma sul criterio del più probabile che non, posto a fondamento dell’ordinanza del Consiglio di Stato che aveva riformato l’ordinanza cautelare di accoglimento del Tar, sostenendo che esso abbia assunto un significato diverso dall’ambito in cui è formato (che originata dalla celebre sentenza delle Sezioni Unite -OMISSIS- ) e prossimo, più che a una valutazione di probabilità logica, a un giudizio storico di natura indiziaria. Giudizio che nel caso in esame franerebbe, attesa l’emersione di elementi empirici – esistenti al momento dell’adozione dell’informativa o anche sopravvenuti se volti a illuminare fatti già noti a quel momento – che smentiscono la tesi accusatoria.
4. Il Collegio, proprio alla luce del precedente cautelare della Sezione (in cui si valorizzavano i rapporti tra la -OMISSIS--OMISSIS-e -OMISSIS- -OMISSIS-, nel quadro del criterio probabilistico) ritiene che gli snodi fondamentali siano, da un lato, l’esatta perimetrazione dello standard probatorio sotteso all’interdizione antimafia, che continua ad essere al centro di interpretazioni oscillanti da parte dei privati e dell’Amministrazione, dall’altro il decreto della Corte di appello di -OMISSIS-.
4.1 La regola “più probabile che non” si definisce per distinzione con il principio b.a.r.d. (“al di là del ragionevole dubbio”), che dunque occorre sinteticamente definire.
È oramai invalso nel pensiero giuridico occidentale l’impiego nell’indagine giudiziaria – sia penale (Cass. pen. sez. un. 11 settembre 2002, n. 30328, -OMISSIS- ), che civile (Cass. civ. sez. un. 11 gennaio 2008, n. 58111) – del metodo scientifico, che si fonda su un compromesso delle concezioni di H e di P, in forza del quale la probabilità (p) dell’ipotesi sul fatto (H) è proporzionale al grado di informazione coerente (K) introdotta nel processo attraverso l’acquisizione dei mezzi di prova, ed al crescere dell’informazione aumenta il grado di resistenza (r) alla falsificazione dell’ipotesi. In simboli: p(HK) = r.
Dal punto di vista logico, il ragionamento giudiziario – tradizionalmente ricondotto al sillogismo, in cui l’elemento noto (premessa minore o factum probans ) viene analizzato secondo una regola (premessa maggiore) e fornisce un risultato sul fatto ignoto (conclusione o factum probandum ) – segue il modello dell’abduzione e non della deduzione.
Cioè poiché nell’accertamento di un fatto – in sede civile, penale o amministrativa – si tratta di pensare a ritroso e l’impiego di leggi universali, ove disponibili, è limitato a singoli passaggi, sicché la conclusione provvisoria ha sempre natura probabilistica.
Nel processo l’abduzione si arricchisce grazie a una duplice operazione, rispettivamente di conferma e di verifica dell’ipotesi di partenza: la corroboration , che consiste nell’acquisire informazioni coerenti con quelle impiegate nella premessa minore dell’inferenza, e la cumulative redundancy , che consiste nel validare la bontà del risultato dell’inferenza, mercé la confutazione delle ipotesi alternative.
Secondo la tesi prevalente, sia in giurisprudenza che in dottrina, il procedimento di conferma – cd. evidence – ha natura induttiva ed è centrale nel ragionamento giudiziario, distinguendosi nettamente dalla fase di formulazione dell’ipotesi e da quella, subito posteriore, della generazione delle conclusioni provvisorie.
Più precisamente, l’abduzione è limitata al momento iniziale, in cui, sulla base di associazioni o analogie spontanee, l’interprete elabora una congettura esplicativa del fatto, sulla cui base prosegue l’indagine, salvo che la stessa non superi la fase della conferma e sia necessario il ritorno alla fase della formazione delle ipotesi (c.d. andamento ricorsivo del ragionamento).
Nella fase successiva si traggono deduttivamente le conclusioni suggerite dall’ipotesi di partenza, onde riscontrare l’attendibilità dell’ipotesi mediante la c.d. esplorazione, che avviene nella terza fase.
In tale fase si procede alla revisione dell’ipotesi sulla base dell’evidenza empirica disponibile: se le conclusioni provvisoriamente raggiunte ricevono conferma, l’ipotesi acquisita consistenza, passando da possibile a probabile spiegazione dei fatti, tanto più probabile quanto più ampia è l’ evidence .
Le tre fasi, pur se concatenate e suscettibili di considerazione circolare oltre che lineare, devono essere separate sul piano gnoseologico, non solo per l’intrinseca disomogeneità della logica argomentativa sottesa, ma anche per il diverso rischio di fallacie cognitive cui ciascuna è esposta. In particolare l’argomentazione abduttiva, essendo un prodotto del “pensiero spontaneo”, da intendersi come il ragionamento umano non sostenuto «da strumenti formali correttamente appresi e correttamente applicati, come le logiche deduttive e induttive», sarebbe esposta a maggiori rischi di errore.
La riferita classificazione strutturale del ragionamento probatorio merita alcune precisazioni.
Nel processo l’interprete non elabora induzioni, potendo al più avvalersi di regole induttive preesistenti, siano esse leggi statistiche o massime di esperienza. L’argomentazione che giustifica un’ipotesi sul fatto tramite l’uso di un altro fatto con esso coerente o, quantomeno, compatibile, non è un’induzione.
La conferma dell’ipotesi avviene per completamento della premessa minore dell’abduzione.
È l’abduzione, dunque, il perno del ragionamento sui fatti, come peraltro plasticamente evidenziato dalla formula matematica citata, la quale è incentrata sulla probabilità dell’ipotesi e definisce la fase di conferma come rivolta alla sua crescita, onde offrire maggiore resistenza ai successivi tentativi di falsificazione, necessari per raggiungere la soglia b.a.r.d.
Con riguardo all’abduzione, è improprio ritenere un maggiore rischio di fallacia sull’assunto che essa sarebbe il prodotto del “pensiero spontaneo”. In primo luogo l’abduzione è, al pari della deduzione e dell’induzione un procedimento formale, benché connotato da un maggiore spazio di creatività dell’interprete. In secondo luogo, il c.d. pensiero spontaneo, altro non è che l’intuizione, un’istantanea forma di ragionamento basata su formule associative e dissociative, la cui potenza è direttamente proporzionale alle conoscenze e capacità intellettuali dell’operatore umano.
Sulla base di ciascuna inferenza abduttiva (una per ogni singolo tema di prova) viene organizzata una sequenza argomentativa finale, in cui i vari risultati ottenuti si comportano come elementi del modello globale di ricostruzione del fatto e vengono interpretati sulla base di un’ipotesi esplicativa generale, in cui il complesso dei risultati ottenuti, valutati in base alle pertinenti regole di inferenza, generano la conclusione sul thema decidendum .
L’ipotesi potrà dirsi confermata quando la conclusione sia coerente con tutti i risultati ottenuti nel processo.
L’ipotesi potrà dirsi vera (oltre ogni ragionevole dubbio) quando la conclusione sia l’unica in grado di giustificare tutti i risultati ottenuti nel processo, o comunque sia nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa astrattamente esistente.
L’ultimo nodo da sciogliere attiene al grado della verifica probabilistica: nei casi in cui un’ipotesi appaia non già l’unica, ma nettamente preferibile su ogni altra esistente, può non essere chiaro in cosa debba tradursi questa preferenza.
Superato, oramai, l’antico paradigma della certezza morale, l’alternativa è tra certezza scientifica (costruita su base nomologica-deduttiva: la spiegazione consiste nella deduzione di un fenomeno a partire da una serie di premesse, che siano sostenute perlomeno da una legge di natura. Le leggi scientifiche contengono una sorta di necessità intrinseca;oltre a ciò, esse non descrivono solamente il comportamento effettivo dei fenomeni, ma anche il loro comportamento virtuale) e certezza logica (costruita su base logico-deduttiva: la spiegazione razionalmente accettabile è quella in grado di giustificare deduttivamente, ponendosi come premessa, il fenomeno, ma non coperta da leggi scientifiche universali, sicché lascia spazio a ipotesi alternative astrattamente plausibili, ma dotate di capacità esplicativa quantitativamente assai inferiore).
In base alla prima la ricostruzione suscettibile di essere posto a fondamento del b.a.r.d. sarebbe solo la tesi non contraddetta da alcuna ipotesi alternativa dotata di minima plausibilità e sorretta da leggi scientifiche di carattere universale. In base alla seconda sarebbe sufficiente anche una ricostruzione del fatto sorretta da leggi induttivamente formate, ove dotata di capacità esplicativa nettamente superiore alle altre possibili ricostruzioni.
Il dualismo, tuttavia, appare superabile, alla luce della considerazione che neppure il paradigma della certezza scientifica è immune dall’esigenza di istituire una relazione tra tesi e antitesi.
Non è sufficiente che la tesi sostenuta sia nettamente preferibile rispetto ad ogni ipotesi alternativa concreta (nel qual caso si slitterebbe verso il parametro del “più probabile che non”, quand’anche caratterizzato da alti livelli di probabilità), ma occorre che essa sia capace di neutralizzare l’ipotesi alternativa, degradandola allo stadio di ipotesi puramente astratta, in assoluto non escludibile, ma appartenente all’universo delle congetture teoriche, sfornite di appigli nella realtà.
La netta preferibilità, dunque, resiste come criterio, ma si misura sull’esistenza di ipotesi alternative astratte (rispetto alle quali altro non si può predicare – per gli insanabili limiti della conoscenza umana – che un giudizio di elevata preferibilità), laddove l’esistenza di spiegazioni divergenti, fornite di un qualche elemento concreto, implica un ragionevole dubbio.
È nell’area del ragionevole dubbio che si colloca il criterio del “più probabile che non”: ciò che lo connota non è un diverso procedimento logico, ma la (minore) forza dimostrativa dell’ evidence and inference .
In definitiva, l’interprete è sempre vincolato a sviluppare un’argomentazione rigorosa sul piano metodologico (nella specie il rischio di condizionamento mafioso, precisamente “ la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate ” ai sensi dell’art. 84, comma 3 d.lgs. 159/-OMISSIS-), ancorché sia sufficiente accertare che l’ipotesi intorno a quel fatto sia più probabile di tutte le altre messe insieme, ossia rappresenti il 50% + 1 di possibilità, ovvero, con formulazione più appropriata, la c.d. probabilità cruciale.
4.2 La sentenza appellata ha, nella sostanza, applicato questo schema argomentativo, riscontrando nel provvedimento impugnato sia la carenza della corroboration (i singoli elementi), sia della cumulative redundancy (il quadro complessivo).
Sotto il primo profilo viene in gioco in modo dirimente il decreto della Corte di appello di -OMISSIS-. La ricostruzione operata al riguardo dal Tar è ineccepibile, e, per vero, l’appellante non si preoccupa neppure di confutarla. Allorquando la Sezione si è pronunciata sul caso, a cognizione sommaria, il decreto non era definitivo, pendendo ricorso per cassazione. La suprema Corte ha, però, confermato detta decisione (sentenza n. -OMISSIS-), con una motivazione troncante.
Ancorché la funzione della cognizione penale o di prevenzione (che resta giurisdizionale e si dirige al fatto criminoso in un’ottica prodromica) e dell’accertamento sotteso all’interdittiva antimafia siano diversi, il metodo di conoscenza del fatto è identico ed è giurisprudenza costante del Consiglio di Stato che il giudice penale sia il “signore del fatto”: dalle sue risultanze l’Amministrazione può prescindere solo motivando adeguatamente, mentre nel caso in esame non ha proprio considerato il suddetto decreto.
Mancano, dunque, essenziali elementi di riscontro all’ipotesi che la società appellata sia un’impresa strumentale alla mafia. Carenza che si aggrava alla luce degli ulteriori precedenti giudiziari valutati dal Tar.
A fronte della lacune sul piano della corroborazione dei singoli elementi di prova, sarebbe stata ancor più necessaria l’operazione di verifica dell’ipotesi dell’impresa strumentale, mercé la confutazione di spiegazioni alternative, tra cui principalmente quella di un’impresa che si trovi ad operare saltuariamente in contesti di illegalità, ma senza collegamenti con la criminalità mafiosa.
Tale spiegazione alternativa non è stata sottoposta a tentativi di falsificazione, né è sufficiente l’esistenza di sentenze di patteggiamento per il reato di turbativa d’asta, le quali sono semplici spia di una possibile contiguità ad un’area di criminalità economica tipicamente presidiata dalle organizzazioni mafiose.
5. In conclusione, la sentenza appellata ha correttamente ritenuto come la prova del condizionamento non raggiunga la soglia della probabilità cruciale.
Resta salvo il potere dell’Amministrazione, integrando o approfondendo gli elementi di accusa, alla luce del modello concettuale delineato, di rinnovare la misura annullata.
L’appello è respinto.
Spese secondo soccombenza.