Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-25, n. 202300832

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-01-25, n. 202300832
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300832
Data del deposito : 25 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/01/2023

N. 00832/2023REG.PROV.COLL.

N. 09797/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9797 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ufficio Territoriale del Governo Caserta, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo Caserta e di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Pres. M C e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 24 settembre 2015, il Prefetto della Provincia di Caserta ha disposto la revoca del certificato d’idoneità per l’accensione e la fabbricazione di fuochi artificiali di cui era titolare l’appellante, in ragione di due deferimenti all’Autorità Giudiziaria, verificatisi, rispettivamente, nel settembre 2015 e nel 2013:

- per i reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente, nonché di detenzione e composizione di manufatti esplodenti di tipo illegale, sprovvisti della prescritta etichettatura richiesta dalla vigente normativa in materia di pubblica sicurezza;

- per i reati di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.), nonché di abbandono di rifiuti pericolosi, a seguito della mancata bonifica del sito interessato da uno spettacolo pirotecnico.

Dagli episodi cui si è fatto cenno il Prefetto ha desunto un comportamento tale da determinare un concreto pericolo di abuso dell’autorizzazione in esame, formulando, di conseguenza, un giudizio negativo circa l’affidabilità del soggetto richiesta in capo a chi svolge attività relative a sostanze esplodenti.

Con ricorso proposto innanzi al Tar Campania, l’interessato ha avversato il decreto prefettizio e ne ha chiesto l’annullamento, assumendone l’illegittimità per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti, illogicità, incoerenza, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, carenza di motivazione e di istruttoria, violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa, mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Il T.A.R. ha respinto il ricorso ed ha condannato il ricorrente alla rifusione delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione resistente, evidenziando che:

- non coglie nel segno la censura relativa all’omessa comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 l. n. 241/1990, considerata l’applicabilità dell’art. 21 - octies comma 2 l. 241/1990 anche per i provvedimenti discrezionali, ove, nel secondo capoverso, prevede che non è annullabile il provvedimento quando l’Amministrazione dimostri in giudizio che la partecipazione procedimentale non avrebbe potuto influire sull’esito del procedimento;

- l’art. 11 del R.D. n. 773/1931 individua, accanto alle ipotesi in cui l’Autorità amministrativa è titolare di poteri strettamente vincolati, altre fattispecie in cui essa è, invece, titolare di poteri discrezionali, tra cui le autorizzazioni di polizia, assoggettate ad una valutazione di buona condotta, connotata da un ampio margine di discrezionalità da parte dell’Amministrazione;

- anche per la materia de qua, analogamente a quella concernente il porto d’armi, non è necessario che la revoca dell’autorizzazione sia fondata su un acclarato abuso del titolo, essendo sufficiente dimostrare la sussistenza di circostanze da cui sia possibile desumere l’inaffidabilità del soggetto al loro uso;

- nell’ipotesi di specie il provvedimento risulta immune dalle articolate censure, posto che il Prefetto ha ravvisato nei procedimenti penali avviati nei confronti del ricorrente un indice della sua propensione all’abuso del titolo.

Con sentenza del Tribunale di Catanzaro dell’8 gennaio 2021, il ricorrente è stato assolto con formula piena in relazione ai reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente, nonché di detenzione e composizione di manufatti esplodenti di tipo illegale.

Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la citata pronuncia e ne ha chiesto la riforma, previa sospensione degli effetti, riproducendo le censure formulate in primo grado.

A fronte dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata dall’appellante, la competente Commissione presso il Consiglio di Stato ha considerato che, alla stregua della certificazione esibita, ricorressero le condizioni di reddito cui l’ammissione al beneficio è subordinata. Ha, infine, rigettato, in via anticipata e provvisoria, l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, sulla base di una sommaria valutazione delle circostanze di fatto e di diritto riferite, dalle quali ha evinto la manifesta infondatezza delle prospettazioni attoree.

Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio, resistendo all’appello.

Nella camera di consiglio del 16 dicembre 2021, il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare.

In data 29 dicembre 2021, l’appellante ha riproposto l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio innanzi al magistrato competente, ai sensi dell’art. 126 del d.P.R. n. 115/2002.

All’udienza pubblica del 10 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

L’appellante lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado laddove ha ritenuto sussistenti i presupposti legittimanti la revoca, escludendo altresì la violazione degli artt. 7 e ss. l. n. 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, in virtù dell’operatività, nel caso di specie, dell’art. 21- octies, comma 2, secondo periodo, della l. n. 241/90. Osserva, in particolare, come la sentenza gravata sarebbe connotata da un errore di fondo, in quanto avrebbe considerato i fatti contestati – qualificati come “particolarmente significativi” – certi nella loro essenza e rilevanza. Tale assunto sarebbe tuttavia smentito dagli esiti dei procedimenti penali relativi alle due contestazioni, che, ancorché successivi al decreto impugnato, sarebbero in grado di disvelare la carente istruttoria e il difetto di motivazione del provvedimento avversato in primo grado. A tal fine, l’appellante valorizza sia la sentenza di assoluzione per i reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente sia l’intervenuta prescrizione per il reato di lesioni personali colpose.

In ogni caso, ad avviso dell’appellante, l’Amministrazione avrebbe illegittimamente posto a fondamento dell’avversato decreto il deferimento dell’appellante all’Autorità Giudiziaria per il reato di lesioni personali colpose, senza considerare che il medesimo episodio era stato già valutato in occasione di un precedente procedimento di revoca del titolo autorizzatorio, che tuttavia non era sfociato nella revoca della licenza.

Giova premettere che la licenza per fabbricare o accendere fuochi d’artificio, disciplinata dall’art. 101 del R.D. n. 635/1940 rientra nel genus delle autorizzazioni di polizia disciplinate a livello generale dal Capo III del Titolo I del R.D. 18 giugno 1931, n. 773. Consegue che la licenza in esame, al pari delle altre autorizzazioni disciplinate del predetto titolo, è soggetta al potere di revoca «quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego dell’autorizzazione».

Il giudizio che compie l’Autorità di pubblica sicurezza, in ordine al permanere dei requisiti di affidabilità cui è subordinata la licenza, è espressione di una valutazione ampiamente discrezionale, basata su rigorosi parametri tecnici.

A tal fine, l’Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al pericolo di abuso dell’autorizzazione, che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori, secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere a un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di abuso della citata licenza.

Delineata in questi termini la natura latamente discrezionale del provvedimento in esame, occorre indagare le implicazioni che da essa derivano sul piano dell’intensità del sindacato giurisdizionale.

È noto che dal tradizionale approccio del giudizio amministrativo, teso ad escludere ogni forma di sindacato sulla attività discrezionale, si è passati alla possibilità di riconoscere la piena cognizione dei fatti oggetto dell’indagine e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’Autorità amministrativa, con il solo limite dell’ottica del merito, preclusa al giudice, e comunque del sindacato non sostitutivo. Solo in questo modo, infatti, si garantisce il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, imposto dall’art. 113 Cost.

Consegue che la natura dei provvedimenti in esame non esclude né può legittimare un indebolimento del sindacato giurisdizionale. Al contrario, quanto più si estendono le maglie della discrezionalità dell’Autorità amministrativa, tanto più è necessario un sindacato penetrante da parte del giudice amministrativo volto ad evitare che sotto il mantello della discrezionalità possa celarsi un esercizio arbitrario della funzione amministrativa.

In questa logica, si pone del resto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato che, sia pur con riferimento alla discrezionalità tecnica delle Autorità amministrative indipendenti, ha affermato che la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco, teso a riscontrare vizi di manifesta illogicità e incongruenza, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, attraverso la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e il controllo sull’attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall’Amministrazione, salvo il limite rappresentato dall’oggettivo margine di opinabilità (ex multis, Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050).

A maggior ragione, una forma penetrante di sindacato si impone a fronte di un’attività amministrativa che vede una scelta di opportunità afferente alla valutazione dei requisiti di legge. Anche qui la tutela giurisdizionale piena ed effettiva richiede un sindacato del giudice amministrativo pieno e particolarmente penetrante, che può estendersi sino al controllo dell’analisi dei fatti posti a fondamento del provvedimento, al fine di verificare se il potere attribuito all’Autorità amministrativa sia stato correttamente esercitato o presenti elementi di irragionevolezza o di erronea assunzione dei fatti.

Nel caso di specie, il giudice amministrativo è chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento della determinazione dell’Autorità prefettizia in ordine all’esistenza dei requisiti di legge e al pericolo di abuso della licenza in materia di sostanze esplodenti, di modo che il suo sindacato sull’esercizio della funzione amministrativa consenta non solo di vagliare l’esistenza o meno di questi fatti, ma di apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità della prognosi inferenziale che l’autorità amministrativa trae da essi secondo un criterio che, necessariamente, è probabilistico per la natura preventiva – e non sanzionatoria – della misura in esame.

In questa prospettiva, si chiede al giudice una valutazione sull’esercizio del potere amministrativo che, muovendo da un accesso pieno ai fatti rivelatori del pericolo, ne dimostri la ragionevolezza e la proporzionalità.

È opportuno rilevare che il principio di proporzionalità – compreso tra i principi di diritto europeo, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del buon andamento ex art. 97 Cost. – si compone di tre elementi: idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l’unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato.

Il principio di ragionevolezza postula, invece, una coerenza tra la valutazione compiuta dall’Amministrazione e la decisione assunta.

Alla luce di quanto fin qui esposto e dei fatti valorizzati dal provvedimento gravato in primo grado, ritiene il Collegio che la prognosi inferenziale compiuta dall’Amministrazione resista al vaglio di questo giudice, non ravvisandosi carenze sul piano dell’istruttoria né della motivazione. Nel caso in esame, la valutazione negativa di affidabilità del soggetto circa l’uso corretto della licenza è stata legittimamente ancorata a fatti che giustificano la prognosi di possibile abuso delle sostanze esplodenti.

Assumono valore dirimente, ai fini del sindacato di legittimità del decreto avversato in prime cure, i due deferimenti dell’interessato all’Autorità giudiziaria per episodi afferenti proprio alle funzioni oggetto dell’autorizzazione prefettizia, a nulla rilevando, contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante, gli esiti dei relativi procedimenti penali.

Sul punto, si deve infatti rammentare che l’accertamento della responsabilità penale si fonda su un criterio probatorio più rigoroso di quello che presiede la valutazione che è chiamata a compiere l’Autorità amministrativa nei procedimenti connotati da ampia discrezionalità. Tale diversità si giustifica in relazione alla diversa natura dei provvedimenti adottati dal giudice penale e dall’Autorità amministrativa. Se, da un lato, le finalità tipiche del giudizio penale di accertare la responsabilità penale e di sanzionare gli eventuali illeciti impongono che il quadro probatorio su cui si fonda la decisione sia certo, dall’altro lato, il carattere preventivo dell’accertamento dell’Autorità di pubblica sicurezza richiede che il quadro probatorio sia assistito non da certezza, bensì da una rilevante e qualificata probabilità.

L’Autorità amministrativa, dunque, per la peculiare natura del provvedimento amministrativo, gode di autonomia di giudizio in ordine a quei comportamenti che – pur non idonei a fondare una sentenza di condanna – sono tuttavia sintomatici di una scarsa affidabilità del soggetto, a nulla rilevando l’eventuale sentenza di assoluzione ovvero l’intervenuta prescrizione del reato.

Va poi osservato, con specifico riferimento al procedimento penale per i reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente, che l’intervenuta assoluzione non è in grado di confutare le risultanze istruttorie poste a fondamento della revoca, in quanto la sentenza è motivata sulla base dell’assenza di qualsivoglia profilo di colpevolezza dell’imputato, essendo stato il fatto di reato comunque provato nella sua componente oggettiva.

Parimenti, neppure rileva la prescrizione maturata per il reato di lesioni personali colpose, scaturite dalla mancata bonifica del sito interessato da uno spettacolo pirotecnico, atteso che il mero decorso del tempo non vale di per sé a stendere un velo di piena immunità sul fatto di reato in grado di scalfire il giudizio formulato dall’Autorità prefettizia.

Non varrebbe poi a inficiare le conclusioni appena raggiunte l’obiezione mossa dall’appellante, secondo cui il deferimento per il reato di lesioni personali colpose, che non è stato idoneo a suo tempo a determinare la revoca della licenza, non avrebbe dovuto essere preso in considerazione nel successivo procedimento amministrativo dal quale è scaturito il decreto impugnato in primo grado.

Osserva infatti il collegio che la censura muove da un’errata interpretazione del provvedimento impugnato in primo grado.

Occorre infatti rilevare che il provvedimento per cui è causa ha revocato all’appellante la licenza relativa alle attività pirotecniche in ragione del deferimento per i reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente, nonché di detenzione e composizione di manufatti esplodenti di tipo illegale, sprovvisti della prescritta etichettatura, che si aggiunge al precedente deferimento per lesioni personali colpose.

In altri termini, il deferimento per lesioni personali colpose si collega in realtà, con funzione rafforzativa, al deferimento per i reati di detenzione e trasporto abusivo di materiale esplodente, con la conseguenza che – nel caso di specie – non sussiste alcuna contraddittorietà che riveli l’eccesso di potere della Prefettura.

Destituite di qualsivoglia fondamento sono infine le censure relative alla violazione degli artt. 7 e ss. l. n. 241/90 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e alla falsa applicazione dell’art. 21- octies, comma 2 della l. n. 241/90.

Il diritto al contraddittorio, nell’ambito amministrativo, ha una speciale conformazione. Tale struttura trova riscontro nella formulazione dell’art. 21- octies, l. n. 241 del 1990 secondo cui, nella versione antecedente alla riforma di cui all’art. 12, comma 1, lett. i), d.l. 16 luglio 2020, n. 76 convertito dalla l. 11 settembre 2020, n. 120, “è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”

Dal tenore letterale della disposizione emerge la presenza di due eccezioni all’assolutezza del favor partecipationis.

Anzitutto, secondo il primo periodo della disposizione, in caso di atti vincolati - che, quindi, per il loro contenuto, non potevano essere diversi - la violazione delle norme del procedimento non comporta l’annullamento dell’atto perché nessuna circostanza fattuale, pure debitamente dedotta, sarebbe stata idonea a modificare l’esito del procedimento.

In secondo luogo, la norma estende tale eccezione agli atti discrezionali per i quali l’amministrazione competente riesca a dimostrare in giudizio che l’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Nel caso di specie, la Prefettura ha dimostrato anche in questa sede che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, trovando dunque applicazione la sanatoria dei vizi formali di cui all’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo, della l. n. 241/1990.

A ciò si aggiunga che, per le ragioni già anticipate, l’appellante non ha offerto in giudizio alcun elemento conoscitivo tale da far ritenere che il procedimento amministrativo avviato nei suoi confronti avrebbe potuto concludersi diversamente;
sicché la riferita censura appare priva di pregio.

Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto.

L’infondatezza del ricorso comporta la definitiva reiezione dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del grado di giudizio.

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