Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-02-26, n. 201901339

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-02-26, n. 201901339
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901339
Data del deposito : 26 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/02/2019

N. 01339/2019REG.PROV.COLL.

N. 07386/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7386 del 2011, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M T in Roma, Piazzale delle Belle Arti, n. 8;

contro

Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , ed il Consiglio Superiore della Magistratura in persona del Presidente pro tempore, per legge rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 441/2011, resa tra le parti, concernente il giudizio di non idoneità ai fini della quinta valutazione di professionalità a far data dal 31 luglio 2006 per la nomina a magistrato di cassazione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2018 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti l’avvocato Angelo Clarizia, su delega dichiarata dell’avvocato F L, e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.L’odierno appellante – magistrato ordinario d’appello – riferisce di avere presentato domanda di valutazione per la nomina a magistrato di cassazione a far data dal 31 luglio 2006, avendone maturato i requisiti.

Nonostante il parere favorevole del Consiglio giudiziario di Potenza (relativo all’attività svolta dal 14.11.2005 al 30.7.2006), il Consiglio Superiore della Magistratura (d’ora in poi C.S.M.) in data 18 marzo 2009 deliberava, a maggioranza, di dichiararlo non idoneo, ai sensi della legge n. 831 del 1973, e, conseguentemente, di non riconoscergli il positivo conseguimento della quinta valutazione di professionalità a far data dal 31 luglio 2006;
ciò in relazione al parametro dell’equilibrio la cui carenza veniva desunta da un vicenda disciplinare conclusasi con l’applicazione nel 2002 della sanzione della censura, per un comportamento risalente al 1997, tenuto in un contesto estraneo all’esercizio delle funzioni giurisdizionali (un diverbio per ragioni di circolazione stradale con utilizzo di frasi gravemente offensive ed aggressione fisica dell’interlocutore – una donna - cui venivano cagionate lesioni personali secondo una dinamica denotante spiccata violenza ed aggressività descritta negli atti di causa e del procedimento disciplinare cui si rinvia).

Tale vicenda veniva altresì evidenziata in chiave problematica nel parere reso dal Consiglio giudiziario di Salerno (per il servizio prestato dal 31 luglio 1999 al 13 novembre 2005), sebbene nell’ambito di un giudizio positivo quanto a preparazione, capacità e competenza tecnica.

2. La deliberazione del Consiglio Superiore della Magistratura prot. n. P6144/2009, di data 18 marzo 2009 e comunicata il successivo 20 marzo 2009 veniva impugnata, unitamente al decreto di recepimento del Ministero della Giustizia, davanti al T.a.r. per il Lazio che con la sentenza 18 gennaio 2011, n. 441, respingeva il ricorso.

3. Con il presente appello il ricorrente ha chiesto la riforma della predetta sentenza, deducendone la erroneità in quanto:

a) avrebbe ritenuto corretto il giudizio espresso dal CSM, sebbene basato sulla mancanza di equilibrio, laddove tale parametro non è espressamente richiesto per la valutazione alla nomina a magistrato di cassazione alla lett. D) del Capo III della Circolare n. P-1275/1985 del 22 maggio 1985, essendo contemplato solo per la nomina a magistrato di Tribunale alla precedente lett. B);
inoltre sarebbe arbitrario ed irragionevole il percorso logico seguito dal T.a.r. per ricondurre il parametro dell’equilibrio tra “ gli specifici fatti o le particolari situazioni che concorrono a definire le qualità dei magistrati ” valutabili ai sensi dell’espressa previsione di cui al capo III, lett. D, della circolare menzionata e valutato come deficitario;

b) l’episodio contestato sarebbe assai risalente nel tempo (1997) ed il ragionamento sviluppato per inferire la perdurante carenza del parametro dell’equilibrio in relazione al comportamento successivamente tenuto (in particolare la mancata menzione nella autorelazione quale sintomo di una vera e propria “rimozione” dell’accaduto, espressiva di una mancata positiva elaborazione dell’evento) sarebbe del tutto incongruo;
inoltre il rilievo dell’equilibrio non potrebbe essere tale da assorbire ogni rilevanza ai fini del giudizio, ponendo nel nulla gli altri parametri previsti al capo III, lett. D della circolare in ordine ai quali erano stati espressi giudizi positivi dai Consigli giudiziari;

c) non avrebbe correttamente inteso la doglianza articolata sulla duplicazione della sanzione già comminata in sede disciplinare ed ora di fatto reiterata nel giudizio sulla progressione di carriera, in violazione del principio di tipicità degli effetti delle sanzioni disciplinari.

4. Si sono costituiti in giudizio il Consiglio Superiore della Magistratura ed il Ministero della Giustizia per resistere al gravame, chiedendone il rigetto.

Con la memoria conclusiva, le Amministrazioni ne hanno anche eccepito la inammissibilità “ nella misura in cui si limita a ripetere i motivi di 1° grado, anziché censurare in maniera puntuale le motivazioni del TAR al riguardo ”.

Alla udienza pubblica del 22 novembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Preliminarmente, dev’essere disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalle parti intimate, in quanto, contrariamente a quanto dedotto, il ricorso in appello contiene non una mera ripetizione delle censure articolate in primo grado, ma una ragionata revisione critica delle statuizioni della sentenza del T.a.r., come correttamente evidenziato dall’appellante con la memoria conclusiva di replica.

Nel merito l’appello è infondato.

6. Con un primo motivo di censura, l’appellante lamenta anzitutto la circostanza che, alla stregua del contenuto del Capo III, par. 1, lett. d) della circolare del C.S.M. n. P1275 del 22 maggio 1985, integrata con gli aggiornamenti di cui alle delibere del 23 luglio 2003 e 26 gennaio 2005, relative ai criteri per la formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati, il parametro dell’equilibrio non sarebbe menzionato tra quelli considerabili ai fini della nomina in questione, come, invece, si rileva per la nomina a magistrato di Tribunale, nello stesso capo e paragrafo alla lett. b).

7. La doglianza è infondata.

In particolare il T.a.r. ha rilevato sul punto che “ Neppure rileva, a parere del Collegio, che il parametro dell’equilibrio non sia espressamente richiamato alla lett. D) del Capo III, ma solo alla precedente lett. B) in quanto il possesso di doti di equilibrio è condizione imprescindibile per l’esercizio dell’attività magistratuale, in ogni grado e funzione.

Ad ogni buon conto, come ricordato dallo stesso C.S.M. nella delibera impugnata, i fatti in questione dovevano formare oggetto di specifica considerazione in quanto annoverabili tra “ gli specifici fatti o le particolari situazioni che concorrono a definire le qualità dei magistrati ” valutabili ai sensi dell’espressa previsione di cui al capo III, lett. D, della circolare, in conformità alle disposizioni della normativa primaria in precedenza menzionata, la quale fa chiaro riferimento “ad ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato” (art. 1, l. n. 831 del 1973) ”.

7.1. Tali motivazioni sono condivise dal collegio.

In particolare, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 831 del 1973, per la nomina a magistrato di cassazione devono essere valutati i seguenti elementi:

a) la preparazione e la capacità tecnico-professionale;

b) la laboriosità e la diligenza dimostrate nell'esercizio delle funzioni;

c) i precedenti relativi al servizio;

d) inoltre può essere apprezzato “ nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con accertamenti diretti ... ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato ”.

La lettera d) consente in particolare di valutare “ ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la migliore valutazione del magistrato ”, tra i quali non pare revocabile in dubbio che possano essere ricompresi gli accadimenti che palesano una mancanza di equilibrio nel magistrato, trattandosi di requisito costitutivo dell’esercizio imparziale della funzione giudiziaria che deve necessariamente concorrere alla valutazione del profilo del magistrato nel suo complesso, come ribadito dalla menzionata circolare che, alla lettera D), tra i fatti che devono formare oggetto di specifica considerazione, annovera anche quelli “ che concorrono a definire le qualità dei magistrati ”.

Poiché non può fondatamente dubitarsi che tra le qualità essenziali del magistrato v’è l’equilibrio, ne discende che ogni episodio astrattamente idoneo a mettere in discussione una tale qualità personale deve essere valutato in sede di progressione di carriera anche per la qualifica di magistrato di cassazione.

8. Con una seconda censura l’appellante si duole del fatto che il CSM avrebbe basato la propria valutazione circa la mancanza di equilibrio su di un fatto risalente ad oltre dieci anni prima (1997) in assenza di altri elementi di contesto idonei a comprovare il carattere non episodico di quanto accaduto e la sua perdurante idoneità ad incidere nell’attualità sul parametro dell’equilibrio.

Egli dedice, in particolare, che - in presenza di un giudizio positivo sulla laboriosità e sulla professionalità espresso dal Consiglio giudiziario ed in mancanza di ulteriori condotte sintomatiche - il CSM avrebbe ritenuto, in modo illogico, a distanza di oltre dieci anni, di poter desumere una persistente valenza sintomatica della mancanza di equilibrio da un episodio isolato, peraltro accaduto al di fuori dello svolgimento delle funzioni giudiziarie, laddove proprio il decorso di un così ampio lasso temporale deporrebbe, secondo l’id quod plerumque accidit , per il carattere episodico di quanto accaduto, infirmandone l’attitudine a disvelare una costitutiva mancanza di equilibrio, trattandosi piuttosto di una manifestazione isolata di intemperanza legata alla contingenza ed alla situazione di contesto di quanto accaduto.

Sulla base di tali allegazioni, l’interessato censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha giudicato non manifestamente illogico il giudizio che ha stigmatizzato l’assenza di un ravvedimento espresso e consapevole da parte dell’interessato – di cui egli avrebbe dovuto fare espressa menzione nella autorelazione – quale indizio circa la perdurante attualità della mancanza di equilibrio.

9. La censura è infondata.

Il giudizio del CSM circa la idoneità dell’unico precedente a proiettare il proprio disvalore nel futuro, in ragione della sua oggettiva gravità, attiene alla sfera del merito, come tale non attingibile dal sindacato giurisdizionale.

9.1 Non è infatti né illogico né irragionevole sostenere che la condotta, per la sua oggettiva abnormità, possa essere ritenuta sintomatica di una mancanza di equilibrio tale da proiettare i propri effetti nel tempo, e che si debba adottare, in sede di valutazione, un metro di giudizio ispirato alla prudenza, per di più in mancanza di chiare manifestazioni di ravvedimento idonee a comprovare una definitiva presa di distanza da siffatte modalità comportamentali, radicalmente incompatibili con le doti di equilibrio e del senso della misura che devono costantemente connotare, in servizio come nella vita privata, la condotta del magistrato.

Si tratta indubbiamente di una valutazione che rimane all’interno della discrezionalità valutativa dell’organo di autogoverno, senza palesare profili di eccesso di potere.

9.2 Il punto non è se vi sia stata “rimozione” o piuttosto una rielaborazione critica di quanto accaduto sul piano psicologico, da accertare secondo i parametri “tecnici” della scienza medica di riferimento – donde l’inconferenza della perizia di parte depositata dall’appellante e dei riferimenti ai principi giurisprudenziali in materia di sindacato sulla discrezionalità tecnica - e neppure se la prova della presa di distanza da quanto accaduto incomba sull’interessato o sul CSM.

Invero l’organo di autogoverno non ha indugiato su congetture di carattere psicologico, ma ha sviluppato un ragionamento di tipo inferenziale, muovendo dal dato certo della condotta tenuta nell’occasione, osservando che “ a prescindere da ogni rilievo in ordine al comportamento successivo, risulta indicativa di una grave incapacità di gestione delle proprie reazioni emotive e di inibizione dei propri impulsi violenti. Infatti solo una personalità priva del necessario, minimo, equilibrio può manifestarsi in una reazione così arrogante e sproporzionata. Si tratta in verità di un difetto di equilibrio cui si accompagna l’assenza di consapevolezza, assai grave per un magistrato, circa la necessità di conformare ogni comportamento anche privato a moderazione, sobrietà e rispetto. L’episodio in questione, dunque, lungi dall’esaurire i suoi effetti nell’arco temporale della commissione o anche del successivo accertamento, è tale da impedire di formulare una valutazione positiva in ordine all’equilibrio quale specifico parametro della sua professionalità ”.

9.3 In diritto la questione è se, in presenza di un fatto incontestato e comunque accertato anche in sede disciplinare, sintomatico di una grave mancanza di equilibrio, il giudizio del CSM che ne ha proiettato il disvalore nel tempo e, segnatamente, nell’arco temporale rilevante ai fini della valutazione a magistrato di cassazione (31 luglio 1999 – 31 luglio 2006), possa ritenersi irragionevole o manifestamente illogico.

Il Collegio reputa di dover dare una riposta negativa alla questione, oltre che per le ragioni già esposte, anche in ragione del fatto che tale episodio, in occasione della precedente valutazione di idoneità a magistrato d’appello, non era stato preso in considerazione, stante la pendenza del procedimento disciplinare, sicchè appare irragionevole che un fatto di indubbia gravità e certamente idoneo ad incidere sul parametro dell’equilibrio non possa in alcun modo essere preso in considerazione dall’organo di autogoverno: dapprima a motivo della pendenza del procedimento disciplinare e, successivamente, per il decorso di una lasso di tempo ritenuto asseritamente idoneo ad eliderne ogni possibile rilevanza.

In altri termini, quando un episodio non è stato valutato dal C.S.M. in sede di progressione di carriera, perché ancora oggetto di esame in sede disciplinare, il medesimo episodio – una volta accertato nella sede disciplinare – ben può essere preso in considerazione in occasione della successiva valutazione dell’interessato.

9.5 Non si tratta di proiettare sine die le conseguenze di un episodio circoscritto, ma di riconoscere che tale episodio, certamente sintomatico della mancanza di equilibrio, non essendo stato preso in considerazione nella valutazione di idoneità alla qualifica di magistrato di appello essendo ancora in corso gli accertamenti del caso secondo le garanzie proprio del procedimento disciplinare, possa e debba essere ponderato nella fase valutativa successiva, nel cui arco temporale comunque gli effetti di quella condotta vanno a riverberarsi con certezza, quanto meno nella fase iniziale.

Del resto lo stesso C.S.M. si fa carico sul punto di esternare una puntuale motivazione, osservando che, “ pur essendo i fatti in questione risalenti all’agosto del 1997 e dunque antecedenti al periodo in valutazione (31.7.1999 – 31.7.2006), essi dovranno formare oggetto di specifica considerazione sia perché non valutati in occasione della nomina a magistrato d’appello (era infatti ancora pendente il procedimento disciplinare), sia perché si tratta di ‘specifici fatti e particolari situazioni che concorrono a definire la qualità dei magistrati’ valutabili ai sensi dell’espressa previsione del capo III, paragrafo 1, lett. D della Circolare C.s.M. n. 1275 del 22 febbraio 1985, ancora applicabile alla presente valutazione, vista la sua decorrenza antecedente all’entrata in vigore della l. 30 luglio 2007 e della relativa normativa secondaria di attuazione ”.

9.6 Sotto diversa angolazione, l’appellante lamenta che al parametro dell’equilibrio sarebbe stata riconosciuta una valenza assoluta e dirimente, senza considerare i restanti parametri, tutti positivamente accertati nel corso dell’istruttoria.

In senso contrario osserva il collegio che al riguardo è stato chiarito (cfr. Cons. Stato, IV, 5 luglio 2010, n. 4250;
Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2009, n. 456) che la valutazione negativa dell'aspirante può derivare anche da singoli elementi, purché idonei a denotare un difetto grave – come accade nel caso di specie - sia pure in uno solo degli ambiti previsti dalla legge.

La riscontrata carenza di equilibrio ben può dunque condurre ad una valutazione di professionalità negativa, non sussistendo l'obbligo per l'Amministrazione di compararla con gli altri elementi di valutazione.

10. Con una terza censura l’appellante lamenta che il T.a.r. non avrebbe correttamente inteso la doglianza articolata sulla duplicazione della sanzione già comminata in sede disciplinare ed ora reiterata nel giudizio sulla progressione di carriera.

10.1 La doglianza è infondata.

Sul punto il T.a.r. ha condivisibilmente ritenuto che “ il giudizio affidato all'organo di autogoverno dalla legge n. 831 può e deve estendersi al vaglio di ogni elemento utile a formulare la migliore valutazione complessiva della professionalità del singolo, onde non si vedono ragioni per dubitare che tra gli aspetti meritevoli di rilievo possano essere incluse anche le eventuali condotte individuali che in precedenza abbiano formato oggetto di un provvedimento disciplinare, potendo i fatti già colpiti da sanzione disciplinare rilevare anche in questo diverso contesto valutativo ”;
ha poi aggiunto “ che la rinnovata considerazione di un fatto già colpito da precedente disciplinare non viene effettuata con una prestabilita finalità punitiva, costituendo piuttosto un accertamento proteso al ben diverso scopo di un completo apprezzamento obiettivo della personalità professionale del magistrato, attraverso la disamina di tutti gli elementi atti a ricostruirla ”.

10.2 Secondo l’appellante il T.a.r. non avrebbe considerato che, poiché il fatto è stato commesso (nell’agosto 1997) in data anteriore al periodo oggetto di valutazione (3 luglio 1999 – 31 luglio 2006) e non è stato tenuto in considerazione in occasione della precedente valutazione a magistrato d’appello, ciò implicherebbe che in quella sede non sia stato ritenuto rilevante;
al contempo considerare tale fatto rilevante solo dopo la condanna in sede disciplinare implicherebbe una attribuzione di rilevanza alla condotta non quale fatto in sé, ma in ragione della sanzione disciplinare applicata, con l’effetto di sanzionare due volte l’interessato, in sede disciplinare e di progressione della carriera, in violazione del principio di tipicità degli effetti delle sanzioni disciplinari che non contemplano ricadute sul piano della progressione di carriera.

10.3 La censura, sebbene abilmente articolata, non può essere condivisa.

In senso contrario osserva infatti il collegio che non risulta né illegittimo né arbitrario sospendere la valutazione di fatti rilevanti ai fini della progressione di carriera nelle more del procedimento disciplinare ed eventualmente (come nel caso di specie) di quello penale.

Ciò consente il preventivo pieno accertamento dei fatti nel rispetto delle garanzie procedimentali finalizzate ad assicurare la completezza informativa ed il vaglio critico delle risultanze istruttorie nel contraddittorio tra le parti, a garanzia del diritto di difesa dell’incolpato.

Il fatto, sebbene successivamente accertato nella sua rilevanza disciplinare, non perde la sua autonomia quale condotta materiale, come confermato dalla circostanza che - mentre in sede disciplinare la sanzione è stata applicata in conseguenza della accertata lesione del prestigio della magistratura - nella diversa sede del giudizio sulla progressione di carriera quella medesima condotta è stata autonomamente apprezzata – nella piena completezza informativa assicurata dal vaglio disciplinare - come sintomatica di una grave mancanza di equilibrio.

Sussiste cioè una ipotesi di pluriqualificazione giuridica della fattispecie, a fini disciplinari ed a fini di progressione di carriera, fermo restando che, come correttamente osservato dal T.a.r., l’esistenza di precedenti disciplinari e penali rileva comunque, in sé, ai fini della progressione di carriera, in quanto concorre alla valutazione complessiva della personalità professionale del magistrato.

Pertanto deve escludersi che vi sia stata una duplicazione degli effetti sanzionatori, atteso che la sanzione disciplinare ha sì concorso alla valutazione globale della competenze tecniche del magistrato e della sua personalità professionale, ma la condotta materiale sanzionata è stata autonomamente valutata rispetto ai parametri professionali, quale circostanza idonea a rivelare una grave mancanza di equilibrio.

11. Osserva infine il collegio che le motivazioni che precedono compendiano principi consolidati affermati da questo Consiglio anche con specifico riferimento al giudizio negativo per la nomina a magistrato di cassazione per mancanza di equilibrio (cfr. Cons. Stato, IV, 5 luglio 2010, n. 4250, cui si rinvia quale precedente conforme).

L’appello deve pertanto essere respinto.

Le spese del presente grado vanno poste a carico dell’appellante in applicazione del criterio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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