Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-05-28, n. 201502675

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-05-28, n. 201502675
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502675
Data del deposito : 28 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04926/2013 REG.RIC.

N. 02675/2015REG.PROV.COLL.

N. 04926/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4926 del 2013, proposto da C P, rappresentato e difeso dall'avv. F M, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, 2;

contro

Comune di Manduria, n. c. ;
Ministero per i beni e le attivita' culturali (Mibact);
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Lecce, Taranto e Brindisi, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA -SEZ. STACCATA DI LECCE -SEZIONE I, n. 599 del 21 febbraio -20 marzo 2013, resa tra le parti, concernente diniego di autorizzazione a realizzare e a gestire uno stabilimento balneare in Manduria (TA), con la quale è stato respinto il ricorso proposto dal signor C P avverso e per l’annullamento:

a) dei verbali di conclusione della conferenza dei servizi ex art. 14 della l. n. 241 del 1990, trasmessi all’appellante con la nota n. 33/UC del 15 gennaio 2013, con cui il Responsabile del SUAP del Comune di Manduria ha negato al P il rilascio del provvedimento unico di autorizzazione all'esercizio dell'attività produttiva legata alla realizzazione di uno stabilimento balneare in località Specchiarica nel Comune di Manduria;

b) della nota n. 23726 dell'8 novembre 2012, con cui il Dirigente dell'Area Tecnica del Comune di Manduria ha ritenuto non rilasciabile la concessione demaniale in assenza dell'approvazione del Piano Comunale delle Coste (in seguito, PCC);

c) della nota n. 376 del 14 dicembre 2012, con la quale il Direttore dell'Ufficio Riserve Naturali del Comune di Manduria ha comunicato il preavviso di parere sfavorevole, attivando la fase partecipativa di cui all'art. 10 bis della l. n. 241/1990;

d) della nota n. 26262 del 14 dicembre 2012 del Responsabile della Commissione Locale del Paesaggio del Comune di Manduria;

e) della nota n. 21796 del 5 dicembre 2012, con cui la Soprintendenza per i Beni Paesaggistici di Lecce ha prefigurato un parere sfavorevole sul progetto presentato, dando impulso al segmento procedimentale di cui all'art. 10 bis della l. n. 241/1990;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di mera forma del Mibact;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa, compresa l’ordinanza collegiale istruttoria n. 5029 del 2014;

Relatore nell'udienza pubblica del 14 aprile 2015 il cons. M B e uditi per le parti gli avvocati Del Prete per delega di M per l’appellante e S per il Mibact;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Risulta dagli atti che in primo grado l’odierno appellante ha impugnato, dinanzi al Tar di Lecce, i provvedimenti e gli atti in epigrafe specificati, con i quali è stata negata al signor P l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio di uno stabilimento balneare da adibire a spiaggia attrezzata con servizi annessi in località Specchiarica –area protetta Salina de’ Monaci, nel Comune di Manduria (TA).

In particolare, dalla lettura del verbale del 15 dicembre 2012 della conferenza di servizi ex art. 14 della l. n. 241 del 1990, trasmesso dal responsabile del SUAP al P con nota in data 15 gennaio 2013, risulta conclusa la conferenza dei servizi per la realizzazione dello stabilimento balneare, ai sensi della l. reg. n. 17 del 2006, “ ritenendo acquisiti i pareri di dissenso delle Amministrazioni coinvolte (si tratta delle note indicate in epigrafe alle lettere c), d) ed e)-n. d. est.) e negando al signor P il provvedimento unico di autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio dell’attività produttiva relativa allo stabilimento balneare, non essendo possibile rilasciare autorizzazione demaniale in assenza dell’approvazione del Piano Comunale delle Coste” , come indicato nella circolare della Regione Puglia n. 3195 del 23 febbraio 2012.

Come si spiegherà meglio nel prosieguo, assume rilievo ai fini di causa osservare sin d’ora che nel corso del procedimento la Soprintendenza di Lecce, con nota del 5 dicembre 2012, recante “ comunicazione di preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 nel rispetto dell’art. 146, comma 8, del d. lgs. n. 42/2004 ”, esaminati gli atti tra cui anche gli elaborati tecnici allegati all’istanza, aveva prefigurato un parere negativo ai sensi dell’art. 146, comma 5, del t. u. n. 42/2004 considerando che “ l’intervento in progetto, per estensione planimetrica e caratteristiche architettoniche, si configura quale struttura ricettiva autonoma, ben oltre le funzioni di stabilimento balneare rimovibile e stagionale, comportando una considerevole trasformazione del sito attraverso l’inserimento di elemento di forte impatto percettivo (pedana che si sviluppa per ben 61 metri lineari, chiosco bar di 191 mq. circa, grandi gazebo di 3 mt. di altezza)” . Di qui il preavviso di diniego, con la possibilità per il richiedente di presentare osservazioni.

Inoltre, con nota prot. n. 376 del 14 dicembre 2012 (in epigrafe indicata alla lettera c) il Comune di Manduria, quale Ente di gestione delle riserve naturali regionali orientate del litorale tarantino orientale aveva comunicato di non poter esprimere parere favorevole alla realizzazione dello stabilimento balneare dato che non risulta ancora approvato dall’Autorità di gestione il piano territoriale dell’area naturale protetta di cui all’art. 9 della l. reg. n. 24 del 2002.

Con la sentenza impugnata il Tar ha respinto il ricorso non potendosi, a suo dire, accordare concessioni demaniali marittime (pur dopo l’approvazione del Piano Regionale delle Coste –in seguito, PRC- ma) in assenza del PCC.

In particolare la sentenza ha richiamato due precedenti pronunce della sezione staccata (le decisioni n. 136 del 2013 e n. 1281 del 2012) con le quali si è affermato che “ per effetto dell’approvazione definitiva del (PRC, con DGRP n. 2273/11), nell’applicare il disposto di cui all’art. 17, secondo comma, della L. R. n. 17/2006 (per cui “fino all'approvazione dei PCC i Comuni applicano, nell'attività concessoria, esclusivamente le disposizioni rivenienti dal PRC”), non va trascurato che l’art.

8.1. della NTA, allegate al PRC, dispone che “le aree concedibili ai fini turistico-ricreativi quali gli stabilimenti balneari e le spiagge libere con servizi sono individuate nell’ambito degli elaborati del PCC. Il PCC avuto riguardo agli utilizzi già esistenti, indica la distribuzione e la consistenza dei singoli lotti concedibili”. Ciò comporta che la mancata adozione del PCC non implica affatto la possibilità di disporre il rilascio di nuove concessioni, ovvero di variare quelle esistenti, dovendo tale attività necessariamente passare attraverso una pianificazione consapevole del territorio, di cui il PCC deve necessariamente farsi carico…”
.

La sentenza ritiene che soltanto l’approvazione del PCC possa assicurare la localizzazione e la compatibilità delle strutture balneari programmate.

In caso di inerzia comunale a provvedere, non potendo la composizione tra interessi pubblici e interessi privati comportare una dilatazione dei tempi tale da pregiudicare questi ultimi interessi, anch’essi degni di tutela, il punto di equilibrio del sistema normativo va individuato nella possibilità, riconosciuta al titolare dell’interesse, “ di sollecitare, attraverso la contestazione del silenzio dell'Amministrazione, la formazione del piano comunale e di ottenere la sostituzione di un commissario ad acta all’Amministrazione rimasta inerte” .

Da ciò –ha concluso il Tar- discende la legittimità dell’impugnato diniego, e il rigetto del ricorso, in ossequio all’indirizzo giurisprudenziale della c. d. “ragione sufficiente”, in base al quale, quando il provvedimento impugnato è sorretto da più ragioni giustificatrici autonome, l’accertata infondatezza delle censure rivolte verso una di esse determina l’assorbimento delle censure dedotte avverso gli altri capi del provvedimento per mancanza d’interessi del ricorrente al relativo esame.

Nella specie, l’eventuale accoglimento delle censure dirette contro i pareri delle amministrazioni coinvolte “ non sarebbe, comunque, idoneo a soddisfare l'interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento del provvedimento impugnato che resterebbe supportato dall'autonomo motivo riconosciuto sussistente”.

2.Il P ha proposto appello contro la sentenza.

Premesse, in limine , alcune considerazioni sulla diretta censurabilità, in sede giurisdizionale, nel caso di specie, dei verbali conclusivi della conferenza di servizi, trattandosi di atti lesivi in via immediata e diretta della sfera giuridica del ricorrente, l’appellante ha suddiviso il gravame in due parti.

2.1.Nella prima (v. da pag. 10 a pag. 18 ric. app.) è dedotta l’ “ erroneità della sentenza ” per avere, il giudice di primo grado, respinto il ricorso “ ritenendo che non possano essere rilasciate concessioni demaniali marittime in assenza del (PCC) ”.

Nell’atto d’appello si sostiene che la convinzione espressa dal Tar è chiaramente errata alla luce del disposto di cui all’art. 17 della l. reg. n. 17 del 2006.

La sentenza avrebbe sbagliato nel dare una “ lettura atomistica dell’art. 8 delle NTA (del PRC) del tutto avulsa dall’impianto legislativo di riferimento (costituito essenzialmente dagli articoli 16 e 17 della l. reg. n. 17/2006) con cui deve invece essere raccordata” .

Nella parte finale del motivo si considerano sussistenti i presupposti per riformare la sentenza “ e soddisfare l’interesse dell’appellante a vedere ampliata la propria sfera giuridica con la concessione richiesta che (non contrasta) con le future scelte localizzative del PCC (dato che l’area, situata) in località Specchiarica ricade nella fascia litorale del Comune di Manduria classificata dal (PRC) C3 S2” –ossia “ criticità bassa e sensibilità media ”, sulla quale è perciò possibile realizzare uno stabilimento balneare.

2.2.Nella seconda parte dell’atto d’appello (da pag. 18 a pag. 35), concernente “ riproposizione motivi assorbiti ”, si sostiene in sintesi che:

-le note delle amministrazioni coinvolte “prefigurano” soltanto posizioni sfavorevoli ma non sono qualificabili come atti definitivi. Il Comune di Manduria (Ufficio Riserve Naturali e Commissione locale per il Paesaggio) e la Soprintendenza di Lecce non avrebbero espresso in via definitiva la propria volontà in senso negativo ma avrebbero assunto posizioni interlocutorie. Se così è, gli atti in epigrafe menzionati alle lettere da c) ad e) andrebbero qualificati come assensi, da considerarsi acquisiti ex art. 14 ter, comma 7 della l. n. 241 del 1990;

-anche a voler qualificare le note, in particolare, dell’Ente Gestore Riserve Naturali e della Soprintendenza, come dissensi, gli stessi sarebbero illegittimi e andrebbero annullati. La nota dell’Ente Gestore RR. NN. poiché sarebbe erroneo, contrastando con l’art. 12, comma 3, della l. reg. n. 24 del 2002, l’argomento per cui il nulla osta non potrebbe essere assentito prima dell’approvazione del piano territoriale dell’area naturale protetta di cui all’art. 9 l. reg. cit. . Inoltre, e nel merito, le caratteristiche dell’intervento, che esclude l’utilizzo di materiale cementizio (è infatti prevista la realizzazione di una struttura precaria in legno, agevolmente rimovibile) sarebbero tali da renderlo compatibile con le ipotesi di cui all’art. 4 della l. reg. n. 24/2002. La nota dell’Ente Gestore violerebbe comunque il principio di proporzionalità. Quanto all’atto della Soprintendenza, vi sarebbe anzitutto una violazione di legge con riferimento all’art. 14 quater, comma 1, della l. n. 241/1990, che impone l’obbligo di formulare un dissenso “propositivo”, o “costruttivo” indicando specifiche modifiche progettuali necessarie per l’assenso. Viene inoltre contestata la configurazione dell’intervento quale struttura ricettiva autonoma ben oltre le funzioni di stabilimento balneare rimovibile stagionale evidenziandosi in particolare il carattere precario e la facile rimovibilità dello stabilimento progettato. Non sussistono dunque ragioni ostative al rilascio, in particolare, del nulla osta paesaggistico e di quello di competenza dell’Ente di gestione delle riserve naturali. Infine, dal contenuto della nota del 14 dicembre 2012 della Commissione locale paesaggio emerge che la Commissione medesima, a seguito dell’intervento della Soprintendenza del 5 dicembre 2012, si è discostata dal proprio precedente parere favorevole con prescrizioni del 22 ottobre 2012, uniformandosi alla posizione dell’organo territoriale del Mibact;

-il verbale del 15 dicembre 2012 sarebbe illegittimo anche nella parte in cui non ha preso atto dell’avvenuta acquisizione, per silentium , dell’assenso idrogeologico e della valutazione d’incidenza ambientale.

Il P ha concluso chiedendo l’accoglimento dell’appello e l’annullamento degli atti e provvedimenti impugnati. Vinte le spese.

Il Comune non si è costituito (era rimasto assente anche in primo grado).

Il Mibact –Soprintendenza di Lecce, ha svolto una difesa di mera forma.

Con ordinanza collegiale n. 5029 del 2014 la Sezione, precisato che viene in rilievo nella vicenda “ la doverosa attività del Comune di Manduria di redigere il piano comunale delle coste contemplato dall’art. 4 della predetta legge regionale e tale doverosità rappresenta un corollario della naturale obbligatorietà dell’azione amministrativa specifica, essendo previsto dal comma 8 della citata disposizione che “qualora i Comuni non provvedano entro i termini stabiliti, previa diffida ad adempiere entro sessanta giorni e scaduto tale ulteriore termine, il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, nomina con proprio decreto un Collegio di tecnici regionali, con funzione di Commissario ad acta, per la redazione e approvazione del PCC ”, ha chiesto al Comune di Manduria di conoscere entro 60 giorni se nelle more del giudizio “ sia stato redatto e approvato o meno il (PCC)”.

Il Comune non ha adempiuto a quanto richiesto e il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza del 14 aprile 2015.

3.Il primo motivo è fondato e va accolto, anche alla stregua della giurisprudenza di questa Sezione in materia, ferme, tuttavia, le precisazioni che seguiranno.

Come si dirà in appresso (v. p. 3.2.) ciò, però, non basta per sovvertire l’esito del giudizio e accogliere il ricorso –e la pretesa sostanziale- del P.

Va infatti confermata la decisione di respingere il ricorso di primo grado, sia pure alla luce di considerazioni cui la P. A. dovrà conformarsi qualora l’odierno appellante chieda il rinnovo della procedura sulla base, ad esempio, di nuove e più contenute proposte di soluzioni progettuali.

Le considerazioni preliminari appena svolte esimono il Collegio dal prendere posizione sulla questione pregiudiziale di rito posta dall’appellante in ordine al carattere lesivo immediato e diretto, o meno, del verbale conclusivo del 15 dicembre 2012 e delle note –meglio in epigrafe specificate e- qualificate come atti di dissenso delle amministrazioni coinvolte.

3.1. Per accogliere il primo motivo il Collegio non ha che da condividere e fare propri i principi enunciati con la sentenza di questa Sezione n. 428 del 2014, emessa in una controversia assai simile a quella odierna.

Era stato infatti impugnato dinanzi al Tar, dal titolare di una concessione demaniale marittima per l’esercizio di uno stabilimento balneare sul litorale di un comune della provincia di Lecce, un diniego di ampliamento dell’estensione dell’area assentita in concessione.

Questa Sezione ha accolto il ricorso in appello proposto dal privato e, con esso, il ricorso di primo grado, annullando il diniego e riformando la sentenza con la quale, nel respingere il ricorso, era stata giudicata –in modo erroneo- conforme a giustizia la decisione di non consentire (e quindi di non ampliare) l’attività concessoria, in assenza del PCC, considerato dai giudici salentini un “ fondamentale tassello del mosaico ” disciplinante l’uso delle coste nella Regione Puglia.

Questo giudice d’appello (v. punti 2.3.1. e seguenti sent. cit. , in carattere corsivo il testo e tra parentesi e in carattere normale le parole “a giunzione” di questo estensore) ha interpretato l’art. 17, comma 1, della l. reg. n. 17 del 2006, per cui “ nelle more dell’approvazione del piano regionale delle coste, avrebbe dovuto considerarsi sostanzialmente precluso il rilascio di nuove concessioni, rimanendo consentito ai comuni (fra l’altro ) il rinnovo delle concessioni già in precedenza rilasciate (e) il successivo comma 2 (secondo cui ) “fino all’approvazione dei p.c.c. i comuni applicano, nell’attività concessoria, esclusivamente le disposizioni rivenienti dal p.r.c.. , (posti a raffronto tra loro, rilevando che):

- nelle more dell’approvazione del p.r.c., il legislatore regionale ha ritenuto d’inibire in via generale l’esercizio dell’attività concessoria (in specie, in sede di rilascio di nuove concessioni), onde evitare che tale rilascio, avvenendo nella totale assenza di un qualunque quadro disciplinare di riferimento, producesse una sorta di ‘effetto di spiazzamento’ in danno della complessiva regolamentazione d’imminente adozione e attuazione;

-a tal fine, il novero delle attività comunque consentite nel corso di tale delicatissimo frangente temporale veniva individuato attraverso la tecnica del ‘numerus clausus’ (ex art. 17, comma 1, lettere da a) a f)), con elencazione evidentemente tassativa e inestensibile;

-al contrario, all’indomani dell’approvazione del p.r.c. e nelle more dell’approvazione dei singoli p.c.c., il legislatore regionale – con formula volutamente ampia – ha ammesso il riavvio da parte dei comuni dell’attività concessoria in tutta la sua estensione (è da ritenersi: anche attraverso il rilascio di nuovi titoli concessori, cui è certamente da assimilare l’ampliamento fisico delle preesistenti concessioni, come nel caso che qui viene in rilievo).

L’unico limite espresso che la richiamata legge regionale pone al riespandersi dei poteri, prerogative e facoltà ricollegabili all’esercizio dell’attività concessoria è rappresentato dal fatto che essa debba avvenire in applicazione “[delle] disposizioni rivenienti dal p.r.c.”.

Quindi, il legislatore regionale ha reso chiaro come l’approvazione del p.r.c. costituisse il presupposto – per così dire – necessario e sufficiente per ammettere il riavvio dell’attività concessoria, da parte dei comuni, e come dovessero conseguentemente essere limitate a casi residuali le ipotesi in cui la mancata approvazione del p.c.c. sarebbe risultata ostativa all’assenso per nuove concessioni.

In definitiva, all’indomani dell’approvazione del p.r.c. (e nelle more dell’approvazione dei singoli p.c.c.), la regola è rappresentata dalla possibilità di procedere al rilascio delle concessioni (e a tal fine i comuni dovranno rinvenire nell’ambito delle dettagliate previsioni dello stesso p.r.c. i relativi presupposti, condizioni e limiti), mentre l’eccezione sarà rappresentata dalle ipotesi – a questo punto, residuali – in cui la mancata approvazione dei p.c.c. precluda comunque il rilascio delle discusse concessioni.

Tuttavia, un tale effetto preclusivo dovrà essere verificato caso per caso e motivatamente limitato alle sole ipotesi in cui la mancata approvazione del piano comunale palesi una lacuna non colmabile attraverso il ricorso alla lettura e all’interpretazione del piano regionale;

-… effettivamente, il costrutto sistematico delineato dai primi giudici risulta affetto da un’insanabile contraddizione laddove - per un verso - afferma che la mancata approvazione dei p.c.c. non impedirebbe ai comuni di riavviare l’attività concessoria (il cui esercizio, al contrario, rappresenta “doverosa esplicazione della naturale obbligatorietà dell’azione amministrativa”), mentre – per altro verso – finisce per ritenere che la mancata approvazione del p.c.c. farebbe venir meno un ‘tassello’ indispensabile per il riavvio di quell’attività, di fatto bloccandone quindi l’esercizio.

In tal modo opinando, tuttavia, è evidente come l’eccezione (i.e.: l’impossibilità di riavviare l’attività concessoria) finisca per travalicare e privare di qualunque significato concreto la regola, pure affermata in via generale (i.e.: la doverosità di riavviare la medesima attività all’indomani dell’approvazione del p.r.c.)…

-(pur dando atto che) possono darsi alcune ipotesi in cui, effettivamente, le sole prescrizioni del p.r.c. non forniscano un quadro disciplinare idoneo a consentire il rilascio della concessione richiesta (o, addirittura, depongono nel senso d’imporre il rigetto della relativa domanda, ad esempio quando) il rilascio della richiesta concessione determinerebbe il superamento del rapporto fra superfici concedibili e aree da riservare alla libera balneazione, di cui all’art. 16 della …legge regionale il Collegio rimarca) che nel caso di specie il Comune di … non ha indicato alcuna concreta ed effettiva circostanza ostativa al rilascio del provvedimento richiesto (quale, appunto, il superamento del richiamato limite), attestandosi piuttosto – e in modo del tutto apodittico - ad affermare che la richiesta concessione non avrebbe potuto comunque essere rilasciata, in base al dato assorbente dalla mancata approvazione del p.c.c. … ;

- (il) ragionevole ‘punto di raccordo’ fra due esigenze opposte e apparentemente difficili da conciliare (per un verso, quella di salvaguardare un complesso sistema disciplinare in tema di uso delle coste, basato sull’integrazione fra diversi livelli di pianificazione e, per altro verso, quella d’impedire la completa paralisi dell’attività concessoria, purché compatibile con le prescrizioni generali del p.r.c.) … non può essere rinvenuto – come proposto dai primi giudici – nel sostanziale divieto di rilasciare nuove concessioni né è sufficiente affermare che il privato leso dall’inerzia comunale potrebbe comunque attivare i rimedi esperibili avverso il silenzio della pubblica amministrazione;

- al contrario, è la stessa legge regionale n. 17/2006 a fornire ulteriori elementi, nel senso che il richiamato punto di equilibrio debba comunque essere rinvenuto in un assetto che ammetta comunque il rilascio di nuove concessioni (lo si ripete, salvo che ciò non risulti espressamente precluso dalle dirette prescrizioni del p.r.c.).

Non altrimenti potrebbe intendersi la previsione di cui al comma 7 dell’art. 16 della più volte richiamata legge regionale, secondo cui “le concessioni già assentite in contrasto con il p.c.c. al loro scadere non sono più rinnovate”.

Ad avviso del collegio, la disposizione in questione deve essere letta e interpretata in combinazione con il successivo comma 2 dell’art. 17 cit., secondo un’ottica comunque vòlta a impedire la paralisi dell’attività amministrativa, nelle more dell’approvazione dei singoli piani comunali delle coste.

Né vi è alcun elemento testuale o sistematico che deponga nel senso che le “concessioni già assentite” di cui è menzione al comma 7 dell’art. 16 cit., siano unicamente quelle rilasciate prima ancora dell’approvazione del p.r.c. e non anche quelle assentibili nel torno temporale compreso fra l’approvazione del p.r.c. e quella dei p.c.c……. “.

Di qui l’illegittimità del diniego motivato “sulla pura e semplice circostanza della mancata approvazione dal p.c.c. senza che l’amministrazione comunale si sia fatta carico alcuno di esaminare la richiesta sulla base delle disposizioni rivenienti dal p.r.c. e d’individuare se nell’ambito di tali disposizioni fosse individuabile una qualche ragione ostativa al rilascio della richiesta concessione (rectius: al richiesto ampliamento concessorio)…”.

Le considerazioni svolte con la sentenza n. 428/2014 di questa Sezione –che, tra l’altro, riforma proprio una sentenza del Tar Lecce, la n. 1281 del 2012, richiamata e trascritta, nei passaggi motivazionali salienti, dalla sentenza appellata n. 599/2013- ben si attagliano alla vicenda odierna e sono coerenti con le argomentazioni svolte nell’atto d’appello con le quali si attribuisce valenza decisiva all’art. 17, comma 2, della l. reg. n. 17 del 2006 e ai parametri orientativi di cui alle NTA del PRC.

3.1.2. Dall’accoglimento del motivo non deriva tuttavia il soddisfacimento dell’interesse sostanziale del P al rilascio della concessione demaniale marittima e alla realizzazione e gestione dello stabilimento balneare da adibire a spiaggia attrezzata.

In disparte per il momento ciò che si dirà più avanti al p.

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