Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-08-23, n. 201005904

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-08-23, n. 201005904
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201005904
Data del deposito : 23 agosto 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00022/2006 REG.RIC.

N. 05904/2010 REG.DEC.

N. 00022/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 22 del 2006, proposto da J s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti E P e F G S, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via G. Paisiello n. 55, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Morcone, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. M C, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Panama n. 77, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Morcone, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
V I, rappresentato e difeso dagli avv.ti E P e F G S, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via G. Paisiello n. 55, come da mandato a margine dell’atto di intervento;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione prima, n. 6119 del 13 maggio 2005.;


Vvisto il ricorso in appello, con i relativi allegati,

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

relatore all’udienza pubblica del giorno 13 luglio 2010 il consigliere D S;

uditi per le parti gli avvocati F G S e M C;

considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 22 del 2006, J s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione prima, n. 6119 del 13 maggio 2005 con la quale erano stati riuniti e respinti tre diversi ricorsi proposti contro il Comune di Morcone e la Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Morcone e tesi, rispettivamente:

a) il ricorso n. 2603/97 all’annullamento previa sospensione: 1) del verbale di determina n. 20 della Commissione di Liquidazione del Comune di Morcone del 27.2.1997, notificato a mezzo posta l’11.3.1997, con il quale il Presidente Giovanni Cuomo ha stabilito di non ammettere al Piano di Rilevazione della Massa Passiva di cui al D.Lgs. n. 77/95, così come modificato ed integrato dal D.Lgs. 336/96 il credito della J s.p.a.;
2) del Piano di Rilevazione della Massa Passiva dello Stato di Dissesto del Comune di Morcone di cui all’art. 87 del D.Lgs. 25.2.1995 n. 77, così come aggiornato e modificato dal D.Lgs. 336/96, pubblicato mediante affissione all’Albo Pretorio del Comune di Morcone in data 5.3.1997;
3) di ogni atto consequenziale, presupposto e preordinato;

b) il ricorso n. 10175/98 all’annullamento previa sospensione del verbale di determina del 29.6.1998 n. 22 della Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Morcone, comunicato con lettera raccomandata del 30.6.1998, che riconferma l’atto n. 20 del 27.2.1997 e non ammette al Piano di Rilevazione della Massa Passiva del Comune di Morcone il debito nei confronti della J s.p.a., nonché di tutti gli atti presupposti e consequenziali;

c) il ricorso n. 3012/04 alla risoluzione per inadempimento dei contratti preliminari stipulati in data 29.8.1990 e 10.7.1991 e la conseguente condanna del Comune di Morcone e della Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Morcone a risarcire i danni per inadempimento patiti dalla ricorrente J s.p.a.;
danni quantificati nella somma di € 9.000.000,00(nove milioni), pari a Lire 17.426.430.000, o in quella maggiore o diversa che risulterà dovuta per i suddetti titoli, con rivalutazione ed interessi dal 1993;
ed in subordine, in via alternativa, per la condanna del Comune di Morcone e della Commissione Straordinaria di Liquidazione del Comune di Morcone a risarcire i danni da atto illecito che il loro comportamento ha causato alla ricorrente;
danni quantificati nella somma di € 9.000.000,00(nove milioni), pari a Lire 17.426.430.000, o in quella maggiore o diversa che risulterà dovuta per i suddetti titoli, con rivalutazione ed interessi dal 1993;
nonché all’annullamento di tutti gli atti presupposti e consequenziali.

Dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente ricostruiva le vicende complesse che avevano portato alla fase contenziosa, che iniziavano in data 16.5.1988, quando la società CLAIM presentava al Comune di Morcone richiesta di assegnazione di un lotto di terreno nella zona P.I.P. per una superficie di 60.000 mq, ai fini della realizzazione di un impianto industriale per la produzione di materiali per l’edilizia e l’arredamento, iniziativa che avrebbe beneficiato dei finanziamenti di cui alla legge n. 64/1986.

La Giunta Comunale, con deliberazione n. 322 del 30.6.1988, assegnava alla CLAIM per la realizzazione del complesso produttivo vari appezzamenti di terreno, per una superficie complessiva pari a 54.604 mq;
nello stesso provvedimento, l’Amministrazione specificava che, mentre 16.546 mq di terreno erano già di proprietà comunale, 38.058 mq sarebbero stati invece oggetto di espropriazione nei confronti di privati con i quali era già intervenuto un accordo bonario circa la determinazione dell’indennità di esproprio che era stata fissata in lire 6.000/mq, importo che veniva indicato anche quale prezzo di cessione delle aree in favore della CLAIM.

Le deliberazione veniva ratificata dal Consiglio Comunale di Morcone con atto n. 95 del 4.11.1998.

L’U.T.E. di Benevento con atto del 7.11.1988 riteneva congrua la somma di lire 6.000/mq, sia come prezzo di acquisto delle aree, sia come valore per la cessione delle stesse in favore della CLAIM.

In data 20.2.1989 la CLAIM presentava alla Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Mezzogiorno istanza per l’ottenimento delle agevolazioni finanziarie di cui alla legge 1°.

3.1986 n. 64.

Con deliberazioni n. 262 del 31.5.1990 e n. 365 del 22.8.1990 la Giunta comunale di Morcone stabiliva di procedere alla espropriazione rispettivamente di altri mq. 28.757 e mq 21.410 di terreno da assegnare alla CLAIM al fine di completare il lotto attribuito a questa con la precedente deliberazione n. 322/88, per una superficie complessiva pari ad 50.167 mq.

Con scrittura privata dell’agosto 1990, il Comune di Morcone s’impegnava a vendere alla CLAIM per l’importo di lire 6.000/mq – oltre a lire 42 milioni per un fabbricato rurale sito sulla particella n. 162 di proprietà M D - l’area di mq 55.000 circa, destinata alla realizzazione dell’insediamento industriale;
di questa superficie facevano parte anche particelle per mq. 13.600 che sarebbero state oggetto di un’ulteriore deliberazione di acquisizione/cessione.

Nella medesima scrittura si dava atto del pagamento da parte della società acquirente di una somma pari a dieci milioni di lire, versate a titolo di anticipo, stabilendosi che il saldo sarebbe stato corrisposto all’atto della stipula del contratto pubblico di compravendita;
veniva, inoltre, specificato che l’area era ceduta a titolo di incentivo per la costruzione dell’opificio industriale e che l’inizio dei lavori avrebbero dovuto avere inizio entro un anno dall’acquisizione del possesso ed essere ultimati entro tre anni.

In data 29.8.1990, su sollecitazione del Sindaco, la CLAIM versava a M D, proprietario di alcuni terreni e del fabbricato rurale da espropriare, la somma di venti milioni ad integrazione del prezzo di vendita che a questi sarebbe stato corrisposto dal Comune di Morcone.

Con deliberazione n. 4547 del 25.7.1990 l’Agenzia per la Promozione e per lo Sviluppo del Mezzogiorno concedeva alla CLAIM per la realizzazione dell’iniziativa un contributo in conto capitale pari a lire 8.188.276.000, un onere di collaudo pari a lire 49.000.000 ed un contributo in conto interessi pari a lire 6.500.000.000. La delibera, all’art. 2, prevedeva alcune condizioni, tra cui figuravano l’aumento del capitale sociale fino a 5.500.000.000, la presentazione dell’atto definitivo di acquisto ed ancora l’ultimazione dell’iniziativa entro 24 mesi dalla comunicazione della delibera di concessione, potendo eventuali proroghe essere concesse solo per giustificati motivi e per la stessa durata.

Era ancora prevista l’automatica decadenza della concessione e la sospensione delle agevolazione laddove l’iniziativa non avesse raggiunto entro 24 mesi uno stato di avanzamento pari al 20% degli investimenti fissi.

Con deliberazione n. 51 dell’11.10.1990 la Giunta procedeva all’occupazione di urgenza delle aree necessarie per l’esecuzione dello stabilimento industriale.

A seguito di un accertamento tecnico compiuto su incarico della CLAIM si era appurato che l’area di insistenza del futuro impianto presentava delle caratteristiche argillose e falde idriche tali da non consentirne la realizzazione secondo il progetto originario, essendo invece necessario procedere alla costruzione di una struttura più leggera con costi quasi raddoppiati.

Per effetto di tale situazione, ed anche per procedere al necessario aumento di capitale così come richiesto dal soggetto finanziatore, in data 10.11.1990 veniva costituita la J s.r.l., poi trasformata in s.p.a. con capitale sociale fino a 6.000.000.000 di cui 1.800.000.000 interamente versato.

Tale società, in data 24.5.1991, presentava al Comune di Morcone istanza per l’assegnazione del lotto in precedenza concesso alla CLAIM che aveva presentato espressa istanza di revoca .

La Giunta, con deliberazione n. 148 del 13.6.1991, procedeva alla revoca dell’assegnazione delle aree in favore della CLAIM, concedendole alla J s.p.a., sempre per il prezzo di lire 6.000/mq.

Con deliberazione n. 173 del 4.7.1991 la Giunta approvava il piano particellare di esproprio per complessivi mq 20.445.

Con contratti n. 460 e n. 462 del 9.7.1991 il Comune vendeva alla J s.p.a. per la realizzazione dell’iniziativa suoli per 30.739 mq. per la somma di 184.434.000, oltre spese di segreteria.

Sorgeva invece questione per la cessione alla J s.p.a. di alcuni appezzamenti, compresi nell’area assegnata, di proprietà di F C e di M D.

Quanto al primo, l’Amministrazione aveva acquistato terreni per una superficie di mq. 3006 in virtù di cessione bonaria al prezzo di 6000 lire/mq. e quindi per una somma pari a 18.036.000 lire versate dalla J s.p.a. con assegno di pari importo della Banca Popolare dell’Irpinia;
con scrittura privata del giorno successivo il Comune aveva ceduto alla J s.p.a. l’area così come acquistata, evidenziando che il Fusco, benché possessore ultratrentennale, non era l’intestatario catastale.

Quanto ai beni di M D, con scrittura privata del 12.7.1991, il Comune si impegnava ad acquistare ed a ritrasferire alla J s.p.a. la particella n. 162 del foglio 56 con annesso fabbricato rurale per la somma di 42 milioni, importo direttamente pagato dalla società al Morelli.

Con ulteriore scrittura privata del 9.7.1991 il Comune si impegnava a trasferire alla J s.p.a. altri 3.300 mq. di terreno risultanti dal frazionamento di alcune particelle afferenti l’area assegnata per la realizzazione dello stabilimento.

Con decreto n. 7112 del 6.9.1991 il Sindaco di Morcone procedeva all’occupazione di urgenza delle aree da espropriare per la realizzazione dell’insediamento di cui alla deliberazione di Giunta n. 173 del 4.7.1991.

In data 12.9.1991 la J s.p.a. otteneva dal Comune concessione edilizia per la realizzazione dell’opificio su una superficie di 59.268 mq.

Con successiva deliberazione n. 336 del 5.12.1991 la Giunta acquistava e trasferiva alla J s.p.a. per la realizzazione del progetto altre aree, rappresentando contestualmente che erano in corso le procedure di esproprio per l’acquisizione di altri terreni al fine di giungere all’assegnazione della superficie finale riconosciuta alla predetta società.

Intanto, la J s.p.a. in data 2.9.1991 aveva acquistato l’intera azienda della CLAIM, società della quale nel 1992 diveniva anche unico azionista

La J s.p.a. con istanza del 2.9.1991 chiedeva di accedere ai finanziamenti agevolati della Agenzia per la Promozione e lo Sviluppo del Mezzogiorno tramite la costituzione di un rapporto di locazione finanziaria (lease back) con la Sud Leasing, operazione accettata dall’istituto finanziatore in data 19.12.1991 che portava alla successiva stipulazione di una convenzione.

Con deliberazione n. 94 del 2.3.1992 la Giunta comunale procedeva alla determinazione dell’indennità di esproprio per le aree per le quali non si era giunti ad un accordo bonario con i proprietari per una superficie complessiva pari a mq. 21.719;
con deliberazione n. 92, sempre del 2.3.1992, lo stesso organo procedeva alla determinazione del valore del fabbricato rurale di cui alla particella 162, foglio n. 56 di proprietà del signor D M che veniva fissato in quarantadue milioni di lire.

Con deliberazione n. 191 del 7.5.1992 il Comune, nel rideterminare l’area assegnata alla J s.p.a., operazione che si era resa necessaria a causa della revisione di alcuni dati catastali afferenti sia i terreni oggetto di cessione bonaria che quelli destinati all’esproprio, rilevava che le particelle di F C erano intestati ad altri soggetti, pur essendo di proprietà di quest’ultimo per possesso pacifico ultratrentennale.

Con contratto n. 499 del 2.9.1992 il Comune – dietro espressa diffida del legale della J s.p.a. in data 17.6.1992 - trasferiva alla società ulteriori 27.528 mq di terreno al prezzo di 165.168.000 lire, oltre spese.

Dell’area originariamente assegnata restavano in tal modo ancora da trasferire i terreni di proprietà di F C ed il fabbricato rurale di D M, di fondamentale importanza per la realizzazione dell’iniziativa, sia perché ricadenti nell’area di sedime dello stabilimento, sia perché per il perfezionamento della pratica di finanziamento era necessaria comunque l’avvenuta cessione dell’intera area assegnata.

In data 30.9.1992 la J s.p.a. e la CLAIM chiesero ma senza alcun effetto di ottenere una proroga dei benefici del provvedimento del 27.7.1990.

Quanto al finanziamento della Sud Leasing, in data 5.10.1992, tale soggetto chiese alla J s.p.a. la produzione di documentazione, tra cui quella afferente i titoli di acquisto delle aree, precisando che i contributi in conto canone concedibili ammontavano a 20.812.388.0000 lire.

Con deliberazione dell’8.10.1992 n. 343 la Giunta individuava definitivamente le aree da acquistare da F C, che erano intestate sotto il profilo catastale ad altre persone, ossia Fusco Giovannio, Rubbo Libera e Rubbo Maria Antonia, dando atto che per l’acquisto era stato raggiunto un accordo bonario per la cessione delle predette, incaricando il Segretario Comunale per la stipula del contratto, scelta poi modificata con la deliberazione n. 54 del 25.2.1993 in quanto si preferì la soluzione del rogito notarile,.

Quanto alla concessione del contributo, la Sud Leasing aveva intanto inviato in data 20.10.1993 una nota alla J s.p.a. specificando che, per il conseguimento del benefici finanziari, sarebbe stato necessario inviare al Ministero tutta la documentazione entro la data del 31.12.1993.

Prima della scadenza del predetto termine, la Giunta, con deliberazione n. 420 del 3.12.1993, sulla scorta di un parere dell’UTE di Benevento, che aveva ridotto il prezzo di acquisto del fabbricato rurale del Morelli da quarantadue a ventisette milioni, aveva delegato il Sindaco all’acquisizione del predetto immobile ed alla successiva cessione in favore della J s.p.a.

La società, avendo dovuto ormai rinunciare definitivamente a realizzare la propria iniziativa industriale, per intervenuto decorso del termine del 31.12.1993, attivava il procedimento arbitrale previsto dagli atti di vendita dei beni al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Il Collegio arbitrale, con lodo n. 1/97 del 27.12.1996, riconosceva la responsabilità del Comune di Morcone e lo condannava al pagamento a titolo di risarcimento della somma di lire 16.995.900.000.

Intanto, con deliberazione del 2.9.1994 il Comune di Morcone dichiarava il proprio stato di dissesto finanziario, per cui con D.P.R. del 17.1.1995 veniva nominata la Commissione Straordinaria di Liquidazione per la formazione dello stato passivo e la liquidazione dei creditori.

Con riferimento al lodo arbitrale di cui era titolare la J s.p.a., la predetta Commissione, con verbale di determina n. 20 del 27.2.1997, determinava di non ammettere il relativo credito alla massa passiva.

Avverso il verbale, nonchè contro il Piano di Rilevazione della Massa Passiva dello Stato di Dissesto del Comune, proponeva ricorso a questoal Tribunale Amministrativo Regionale campano, rubricato al n. 2603/97 R.G., il dott. V I in qualità di liquidatore della J s.p.a. chiedendone l’annullamento, previa concessione di misure cautelari.

Nel giudizio si costituivano sia il Comune di Morcone che la Commissione Straordinaria di Liquidazione, tra l’altro rilevando che il lodo arbitrale era stato oggetto di impugnazione innanzi alla Corte di Appello di Napoli.

Alla camera di consiglio del 16.4.1997, il Tribunale, con ordinanza n. 324/97, respingeva la domanda cautelare.

La Commissione, con nota del 29.5.1998, richiedeva alla J s.p.a. l’esibizione di ulteriore documentazione al fine di rivedere la propria decisione circa l’ammissione del credito alla massa passiva, iniziativa che però restava senza effetto, atteso che con il verbale di determina del 29.6.1998 n. 22 l’organo di liquidazione decideva di confermare la propria precedente determinazione.

Avverso tale verbale proponeva ancora ricorso al questo Tribunale Amministrativo Regionale della campania, rubricato al n. 10175/98 R.G., la J s.p.a. chiedendone l’annullamento.

Nel giudizio si costituiva il Comune di Morcone, deducendo tra l’altro che il lodo arbitrale era stato impugnato innanzi alla Corte di Appello di Napoli, la quale che, con sentenza n. 392/98, ne aveva dichiarato la nullità, decisione confermata, anche se per ragioni diverse, dalla Corte di Cassazione, I Sezione Civile con sentenza n. 1191/01.

Nelle more del giudizio di cassazione era intervenuta la retrocessione in favore del Comune di Morcone delle aree trasferite alla J s.p.a. cui erano state restituite le somme pagate per l’acquisizione delle predette dal luglio 1991 al settembre 1992.


SSuccessivamente alla sentenza della Suprema Corte la J s.p.a. adiva il Tribunale di Benevento per ottenere la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno, ma il giudice civile, con sentenza n. 2126/2003, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione per appartenere la controversia alla cognizione del giudice amministrativo.

La J s.p.a. proponeva quindi terzo ricorso innanzi al T.A.R. della Campania per ottenere la condanna del Comune di Morcone al risarcimento dei danni subiti a titolo di responsabilità contrattuale per inadempimento, previa risoluzione dei contratti di compravendita dei terreni, o, in via alternativa, a titolo di responsabilità extracontrattuale per avere ingenerato incolpevole affidamento circa il buon esito dell’iniziativa progettata e poi fallita per cause imputabili all’inerzia o ritardo del Comune.

Oggetto di domanda era altresì la perdita dei finanziamenti concessi in favore della ricorrente e legati alla realizzazione dell’opificio.

Costituitosi il Comune di Morcone e la Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Morcone, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze e rigettava la domanda risarcitoria, evidenziando come il comportamento del Comune, rilevante sotto il profilo del danno extracontrattuale, fosse non imputabile per carenza dell’elemento soggettivo.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenziava l’erroneità della sentenza, reiterando in grado di appello alcune delle ragioni già sostenute ed insistendo soprattutto in relazione all’accoglimento dell’istanza risarcitoria, avanzata non solo in relazione al danno aquiliano ma anche per violazione del rapporto consensuale costituitosi.

Nel giudizio di appello, si costituiva il Comune di Morcone, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Dopo un primo rinvio dato il 19 gennaio 2010, alla pubblica udienza del 13 luglio 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - In via preliminare, la Sezione ritiene di dover meglio delimitare l’ambito in cui spazia la presente decisione, sotto un triplice profilo che riguarda l’azione proposta, i soggetti evocati in giudizio ed infine il materiale probatorio acquisito.

Dal primo punto di vista, occorre evidenziare come la parte appellante, nel contesto del giudizio di secondo grado, abbia abbandonato alcune delle domande proposte dinanzi al T.A.R., sede in cui si erano cumulati ben tre diversi ricorsi. Rispetto a tali giudizi, l’appello proposto non contempla, infatti, le azioni proposte contro la mancata ammissione al piano di rilevazione della massa passiva dello stato di dissesto del Comune di Morcone, già oggetto dei ricorsi n. 2603 del 1997 e n. 10175 del 1998 dinanzi al T.A.R. di Napoli.

Il profilo decisorio attiene allora unicamente alle domande di declaratoria della risoluzione per inadempimento dei contratti preliminari intercorsi con il Comune di Morcone per la cessione alla J s.r.l. (di seguito J) dei terreni in contestazione ed alla conseguente condanna dello stesso Comune e della Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Morcone al risarcimento del danno per inadempimento subito. In subordine, viene anche azionata la domanda di risarcimento per danno extracontrattuale nei confronti degli stessi soggetti, sempre in relazione alle fattispecie dedotte in relazione alla prima richiesta risarcitoria. Viene infine richiesto l’annullamento di tutti gli atti presupposti e consequenziali, senza peraltro indicare a quali provvedimenti ci si riferisca né individuare i motivi di censura.

Appare quindi evidente, ed è la seconda questione preliminare, che la Commissione straordinaria di liquidazione del Comune di Morcone sia stata evocata in giudizio in quanto parte del giudizio di primo grado in relazione a domande che non sono state ulteriormente riproposte. L’appello deve quindi ritenersi proposto unicamente contro il Comune di Morcone.

Da un terzo punto di vista, sempre al fine di delimitare l’ambito di giudizio, la Sezione evidenzia l’inammissibilità della domanda di prova testimoniale proposta dall’appellante. Ciò non solo in riferimento alla circostanza che la riconducibilità della vicenda in scrutinio ad ambiti spettanti alla giurisdizione esclusiva e che quindi rendono possibile tale mezzo di prova (ed in questo caso, alla materia urbanistica ed edilizia di cui all’art. 34 comma 1 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80) è posta in dubbio dalla stessa appellante (e peraltro la prova non sarebbe comunque permessa in quanto, sussumibile nella nozione di comportamenti, non rientrerebbe più nella norma, stante l’intervento della sentenza della Corte Costituzionale, 6 luglio 2004, n. 204), quanto per il fatto che essa mira a portare in giudizio elementi in parte già acquisiti (in merito ai profili tecnici del progetto) ed in parte irrilevanti (in merito i rapporti commerciali della J con terzi o l’esistenza di altri progetti similari andati a buon fine).

3. - Venendo ora con maggior dettaglio alle ragioni di doglianza, la difesa appellante ritiene che la sentenza di primo grado sia incorsa in una serie di errori di diritto, in quanto:

a) ha rigettato la domanda principale di risoluzione dei contratti relativi alle proprietà Fusco e Morelli e la conseguente domanda risarcitoria, sulla scorta della motivazione che i tali contratti sono inseriti nell’ambito di una procedura amministrativa urbanistica;

b) ha rigettato la domanda alternativa subordinata di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., perché ha evidenziato come l’ente nel suo complesso si sia costantemente adoperato per consentire alla concessionaria di acquistare i suoli, sia per venirne in materiale possesso per iniziare i lavori;

c) ha ristretto il campo di indagine alla sola fase successiva all’uscita di scena della CLAIM, nonostante l’accertata cessione d’azienda che comportava la successione nei rapporti contrattuali;

d) ha imputato alla J di non essersi fattivamente adoperata in favore del Comune per consentirgli il perseguimento dell’interesse pubblico, addebitando alla J il ritardo derivante dalla modifica del progetto effettuato dalla CLAIM;

e) ha affermato che il termine finale per l’attribuzione dei benefici, persi dalla J per la mancata attribuzione delle aree, non era noto all’amministrazione, non essendovi alcun atto tra le parti che indicasse l’esistenza di un termine essenziale di adempimento.

Criticando le dette affermazioni, l’appellante ripropone la propria ricostruzione della vicenda, sottolineando l’esistenza dei profili di responsabilità, siano essi per inadempimento che, in subordine, per danno aquiliano.

3.1. - L’appello è infondato e va respinto, sebbene la sentenza vada integrata in motivazione. Ritiene, infatti, la Sezione che la decisione del T.A.R. debba essere fondamentalmente condivisa, mentre le ragioni che la sostengono siano da completarte in relazione al profilo del richiesto danno da inadempimento.

Il principale motivo per cui la sentenza deve essere diversamente motivata attiene alla circostanza che il comportamento del Comune non può essere riguardato unicamente dal punto di vista amministrativo, come ha invece fatto il giudice di prime cure, che ha assimilato gli atti di cessione intercorsi tra le parti, meglio indicati nella parte riservata al fatto e di natura strettamente paritetica, ad atti di pianificazione urbanistica, di stampo prettamente autoritativo. Si tratta, infatti, di fattispecie che, sebbene certamente inseribili, come afferma il T.A.R. napoletano, in un quadro finalizzato all’esercizio di “una pubblica funzione, volta al perseguimento di interessi di carattere generale quale quello di consentire la realizzazione e lo sviluppo di interventi di promozione e sviluppo industriale”, non vengono per questo snaturati della loro essenza consensuale.

La diversità ontologica tra le fattispecie appare palmare nella vicenda de qua, dove l’appellante non si duole dell’illegittimità degli atti di pianificazione, ma unicamente degli effetti finali dell’azione del Comune, che non ha consentito il realizzarsi del suo programma imprenditoriale. Valutando la vicenda dal solo punto di vista urbanistico, i profili di tutela del privato appaiono depotenziati, ponendo in ombra la valutazione complessiva dell’azione amministrativa.

Per contro, non emergono ostacoli di sorta ad una considerazione della fattispecie in esame dal punto di vista dell’inadempimento. La giurisprudenza ha già riconosciuto la possibilità che un tale profilo di danno acceda alla violazione di altri accordi nell’ambito dell’urbanistica, ed in specie con riguardo alle convenzioni di lottizzazione, sottolineando come queste, rientrando tra gli accordi procedimentali di cui all'art. 11 della legge n. 241 del 1990, comportino la giurisdizione del giudice amministrativo sia in merito alla domanda avente ad oggetto la risoluzione della suddetta convenzione per inadempimento della p.a., sia per quella concernente la condanna di quest'ultima al risarcimento del danno (così da ultimo Cass. civ. sez. un., sent., 25 maggio 2007, n. 12186;
Consiglio di Stato, sez. IV, 22 gennaio 2010, n. 214).

Da questo punto di vista, ben si duole l’appellante in merito al fatto che il T.A.R. di Napoli abbia omesso di valutare un profilo rilevante dall’azione proposta.

3.2. - Ritenuta quindi corretta la prospettazione della fattispecie come teoricamente inquadrabile in una vicenda di inadempimento contrattuale, occorre evidenziare come, in concreto, non siano identificabili gli elementi fondanti la pretesa al risarcimento del danno vantato dalla J.

Come già sottolineato dalla Corte d’Appello di Napoli in sede di annullamento del lodo, incidentalmente ripresa nel corpo della sentenza del T.A.R. di Napoli, non è possibile ritenere che l’inadempimento del Comune di Morcone sia imputabile, in quanto non colposo.

Infatti, l’ente pubblico si è adoperato attivamente per acquisire i beni da cedere alla J, non conseguendo in tempo utile i risultati auspicati per un fatto assolutamente non prevedibile, ossia perché questi appartenevano ad un soggetto che aveva acquistato la proprietà per usucapione e quindi non era in possesso di titoli idonei alla prova del suo titolo in sede amministrativa.

Sulla scorta di una tale situazione di fatto, e ricordando come esulino dal profilo della responsabilità quelle conseguenze dell’inadempimento che non possono essere poste in contatto diretto ed immediato con il fatto lesivo e che, sulla base di un giudizio probabilistico, non sono prevedibili, sulla scorta del giudizio di cui all’art. 1225 cod.civ., non può ritenersi che la perdita del finanziamento sia dovuta al mancato adempimento del Comune, atteso che nel corso del rapporto giuridico è intervenuto un fatto nuovo, ossia l’emanazione della legge n. 415 del 1992 che, modificando il regime concessorio e prevedendo la decadenza dal contributo per chi non avesse iniziato ad eseguire entro un termine le opere oggetto di aiuto finanziario, aveva determinato l’evento dannoso.

Per altro verso, deve escludersi da un lato l’esistenza di un termine essenziale per il detto adempimento, come evocato dall’appellante, atteso che nessuno dei documenti versati in giudizio dà prova di tale vicenda, e dall’altro che la J possa invocare a suo favore dal punto di vista temporale il contratto tra il Comune di Morcone e la precedente assegnataria CLAIM. Infatti, correttamente evidenzia il primo giudice come i due rapporti, quello tra l’ente e la CLAIM e quello successivo tra l’ente e la J, rimangano concettualmente e giuridicamente distinti. Infatti, con la deliberazione di giunta n. 148 del 13.6.1991, il Comune di Morcone contestualmente procedeva alla revoca dell’assegnazione dell’area P.I.P. alla CLAIM, che aveva avanzato espressa richiesta in tal senso, non avendo più intenzione di realizzare l’impianto, destinando la medesima alla J che aveva presentato un’apposita istanza e che si proponeva come nuovo soggetto promotore.

Pertanto, a quella data, esistevano due soggetti distinti e separati, nei cui confronti il Comune operava in modo del tutto diverso: da un lato, restringeva la sfera giuridica della CLAIM, togliendole il precedente beneficio;
dall’altro, ampliava quella della J, attribuendole i vantaggi prima spettanti alla precedente concessionaria. Pertanto, è certamente vero che la J successivamente, ossia in data 2.9.1991, ha acquistato l’intera azienda della CLAIM, società della quale nel 1992 è divenuta anche unico azionista, ma è anche vero che al momento di tale negozio, nel patrimonio della CLAIM non esisteva più alcun rapporto giuridico cedibile con il Comune. L’ipotesi della prosecuzione del rapporto tra CLAIM e Comune di Morcone con il subingresso della J nella vicenda contrattuale precedente non ha quindi fondamento.

Conclusivamente, deve ritenersi che le conseguenze dannose evocate dalla parte appellante non possano essere imputate al Comune di Morcone e quindi, dal punto di vista della responsabilità per inadempimento, non vi sono estremi per giungere ad una pronuncia di condanna.

3.3. - Il superamento dell’ipotesi della sussistenza della responsabilità per inadempimento, impone alla Sezione di valutare i profili residuali, ed azionati in via alternativa, della responsabilità extracontrattuale.

Da questo secondo e subordinato punto di vista, la Sezione ritiene che il giudice di primo grado, escludendo l’esistenza di un profilo di responsabilità in capo al Comune, abbia correttamente valutato la fattispecie.

Esaminando la domanda proposta dalla J, si evince che il profilo colposo attribuibile all’amministrazione, oggetto di prova da parte del danneggiato, attiene al ritardo colpevole consistente nella mancata acquisizione di tutte aree assegnate ed alla mancata successiva cessione per la realizzazione dell’opificio. Il ritardo sarebbe dovuto al fatto che non sarebbe stata espropriata e trasferita entro il termine ultimo del 31.12.1993 una superficie pari a circa 3.000 mq, oltre ad un fabbricato rurale, suolo ritenuto indispensabile per la costruzione dello stabilimento.

Il nesso di causalità sarebbe collegato alla circostanza che, mancando il trasferimento integrale dell’area, si era resa impossibile la realizzazione dell’intervento programmato e quindi l’appellante era decaduta dal finanziamento pubblico.

L’elemento soggettivo risiede infine nel fatto che il Comune aveva commesso errori decisivi nella scelta degli strumenti giuridici di acquisizione di alcune aree, preferendo la cessione bonaria, e non lo strumento espropriativo, nonostante fossero carenti le condizioni per un suo corretto utilizzo.

Il ricorso è infondato.

Anche in questo caso il primo giudice, partendo dalla constatazione della separazione delle vicende della J da quelle della CLAIM in relazione al rapporto esistente con il Comune di Morcone, ha potuto evidenziare come la condotta di quest’ultimo si sia complessivamente correlata alla diligenza richiesta in quella circostanza.

Ed in dettaglio, da un lato, sebbene non risulta completato il trasferimento integrale delle aree assegnate in favore della J s.p.a., entro il termine finale del 31.12.1993, il Comune ha comunque operato per consentire alla concessionaria di acquistare i suoli, non riuscendo nel proprio intento in relazione ai soli 3.000 mq del lotto oggetto di usucapione;
dall’altro, anche la scelta di procedere mediante lo strumento consensuale anziché quello di natura autoritativa dell’espropriazione non è in sé elemento di prova di un comportamento poco diligente, attesa la tendenziale sostituibilità dei sistemi.

Complessivamente, in assenza di illegittimità provvedimentali, il fatto dannoso evocato dall’appellante appare conseguenza di una fattispecie complessa nella quale si intersecano sia il fatto del terzo oggettivamente imprevedibile, e riguardante l’assetto proprietario dei lotti necessari all’insediamento dell’opificio che il factum principis della sopravvenuta disciplina normativa. Non si è quindi in presenza di un’azione amministrativa complessivamente riconducibile ad una condotta antigiuridica ai sensi dell’art. 2043 c.c., né è sussistente il nesso causale tra fatto del Comune e conseguenza dannosa, visto il mutamento disciplinare introdotto dalla disciplina legislativa sopravvenuta.

Pertanto, anche dal punto di vista della responsabilità aquiliana, il ricorso deve essere respinto.

4. - L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa e dalla complessità degli accertamenti in fatto necessari alla sua definizione.

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