Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-07, n. 202005948

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-07, n. 202005948
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202005948
Data del deposito : 7 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/10/2020

N. 05948/2020REG.PROV.COLL.

N. 03373/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3373 del 2018, proposto dal sig.
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Immacolata Tropiano e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

contro

Ministero dell’Interno e Prefettura (U.T.G.) di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore , ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna – Bologna, Sezione Prima, -OMISSIS-del 1° febbraio 2018, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso R.G. n. 724/2017, promosso dal sig. -OMISSIS- avverso il decreto del Prefetto di Bologna del 16 giugno 2017, a mezzo del quale è stato rigettato il ricorso gerarchico proposto dal predetto straniero nei confronti del decreto della Questura di Bologna del 7 ottobre 2015, recante rigetto della sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza breve del T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sez. I, -OMISSIS-del 1° febbraio 2018, presentata dall’appellante;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Bologna;

Vista l’ordinanza di questa Sezione -OMISSIS-, con la quale è stata respinta la suindicata domanda di sospensione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° ottobre 2020 il Cons. Pietro De Berardinis e dato atto che nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe il sig. -OMISSIS-, cittadino albanese, ha proposto appello nei confronti della sentenza breve del T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sez. I, -OMISSIS-del 1° febbraio 2018, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia.

1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso presentato dal sig. -OMISSIS- contro il decreto del Prefetto di Bologna rif. -OMISSIS-, recante rigetto del ricorso gerarchico proposto dal medesimo straniero avverso il provvedimento della Questura di Bologna del 7 ottobre 2015, di reiezione della sua istanza volta al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di attesa occupazione.

1.2. Il decreto del Prefetto si è fondato, al pari del provvedimento della Questura oggetto del ricorso gerarchico, sulla condanna penale (irrevocabile) a due anni e otto mesi di reclusione e ad € 11.560,00 di multa, riportata dallo straniero per il reato previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/1990 in materia di sostanze stupefacenti. Ciò, sul presupposto, da un lato, che la condanna per il reato in questione è di per sé ostativa al rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 e che la stessa entità della condanna dimostra la gravità della condotta tenuta dallo straniero, sintomatica della sua mancata integrazione socio-economica, come testimonia anche il dato che il reato è stato commesso dallo straniero quando era regolarmente soggiornante in Italia – avendo usufruito della cd. emersione ex l. n. 102/2009 – e svolgeva una regolare attività lavorativa, atta a consentirgli di percepire i mezzi per il proprio sostentamento;
dall’altro lato, che l’integrazione documentale prodotta dallo straniero, attinente al legame matrimoniale contratto con altra straniera – peraltro non documentato con certificato di matrimonio rilasciato dal competente Ufficio Anagrafe del Comune di residenza –, non può rilevare, avendo ad oggetto una circostanza sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento ed alla notifica del provvedimento impugnato in via gerarchica;
in terzo luogo, che l’eventuale rilascio di un titolo di soggiorno, in virtù di legami familiari intervenuti dopo la conclusione del procedimento, creerebbe una discriminazione rispetto a colui che, trovandosi nella stessa situazione del sig. -OMISSIS-, segua l’ iter ordinario per ottenere il visto di ingresso al fine del ricongiungimento familiare ex artt. 28 e 29 del d.lgs. n. 286/1998.

1.3. Il T.A.R. Emilia Romagna ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, adducendo le seguenti motivazioni:

a) l’atto impugnato è congruamente motivato con riferimento principale alla circostanza impeditiva rappresentata dalla suindicata condanna penale;

b) nel caso di specie non occorre provare la pericolosità sociale dello straniero, perché essa risiede in re ipsa nella tipologia di reati specificamente indicati dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 (tra i quali quello per cui è stato condannato il ricorrente): e il citato art. 4, comma 3, lì dove preclude il rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno in caso di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati ivi indicati, non contrasta con alcun precetto costituzionale;

c) la tipologia della condotta criminale dello straniero e l’entità della pena impongono di considerare sussistente una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica – e, per l’effetto, la pericolosità sociale del medesimo cittadino extracomunitario – anche sulla base degli artt. 71 e 96 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen;

d) nella fattispecie in esame sono irrilevanti, per costante giurisprudenza, la durata del soggiorno nel territorio nazionale e l’asserito inserimento sociale, familiare e lavorativo.

2. Nell’appello il sig. -OMISSIS- ha dedotto i seguenti motivi:

- violazione degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5- bis , del d.lgs. n. 286/1998, vizio di motivazione, difetto istruttorio, ingiusta e manifesta erronea valutazione dei fatti, eccesso di potere, poiché l’adito T.A.R. si sarebbe limitato ad applicare un automatismo per la sentenza di condanna per reati attinenti agli stupefacenti emessa nei confronti dello straniero e non avrebbe valutato l’unicità dell’episodio criminoso in cui questi è rimasto coinvolto, peraltro risalente nel tempo, la successiva instaurazione da parte sua di un legame familiare, il suo inserimento sociale e lavorativo;

- travisamento dei fatti, poiché la sentenza di condanna – emessa dal Tribunale Penale di Bologna il 12 giugno 2012 nei confronti dell’appellante – non sarebbe stata correttamente intesa. In specie, né la P.A., né i giudici di prime cure avrebbero considerato che il giudice penale ha concesso le attenuanti generiche, valutando che il cittadino extracomunitario nell’espiazione della pena potesse continuare a svolgere l’attività lavorativa, in una valutazione prognostica favorevole, e non ha disposto la sua immediata espulsione una volta scontata la condanna, con una valutazione sulla pericolosità dello stesso. Il travisamento sarebbe riscontrabile, inoltre, nell’omessa valutazione, da parte della P.A., del fatto che la moglie del sig. -OMISSIS- si trovava già regolarmente nel territorio nazionale, senza bisogno di ricongiungimento familiare. Quanto, infine, all’attualità della pericolosità sociale dello straniero, questa sarebbe esclusa dal carattere risalente del reato e dal fatto che, successivamente, egli ha sempre svolto una regolare attività lavorativa, ricavandone i mezzi per il proprio sostentamento, senza più commettere reati.

2.1. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Bologna, con atto formale e depositando il fascicolo di primo grado.

2.2. L’istanza di sospensione della sentenza appellata è stata respinta dalla Sezione con ordinanza -OMISSIS-, attesa la carenza di fumus boni juris .

2.3. All’udienza pubblica del 1° ottobre 2020, nessuno essendo comparso per le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

3. L’appello è infondato.

3.1. Come già visto, la motivazione dei provvedimenti sfavorevoli allo straniero (diniego di rinnovo del permesso di soggiorno e rigetto del ricorso gerarchico proposto contro tale diniego) si incentra, in via principale, sul fatto che l’appellante ha riportato una condanna alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed € 11.560,00 di multa per il reato punito dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/1990, previsto esplicitamente dall’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 tra i reati ostativi all’ottenimento del titolo di soggiorno.

3.2. Giova premettere che in base all’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dall’art. 4, comma 1, lett. b), della l. n. 189/2002, non è ammesso in Italia lo straniero: “… che sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato (…) o che risulti condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti (…)”;
l’art. 5, comma 5, del medesimo decreto legislativo prevede, poi, che “ il permesso di soggiorno o suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno dello straniero nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili ”.

3.3. La giurisprudenza di questa Sezione è univoca nell’interpretare l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998 quale norma ostativa al rilascio/rinnovo del permesso di soggiorno in caso di condanna per stupefacenti, poiché in questa ipotesi la valutazione circa la pericolosità sociale dello straniero è già fatta a monte dal Legislatore: solo se vi sono vincoli familiari la P.A. deve operare un bilanciamento tra gli opposti interessi alla tutela della pubblica sicurezza e alla vita familiare del cittadino straniero (cfr., tra le più recenti: C.d.S., Sez. III, 28 settembre 2020, n. 5714;
24 agosto 2020 n. 5190;
28 luglio 2020, n. 4797;
12 marzo 2020, n. 1793;
9 gennaio 2020, n. 155;
19 luglio 2019, n. 5083;
20 maggio 2019, n. 3227;
4 maggio 2018, n. 2664).

3.4. Ancora di recente, con la decisione n. 5190/2020 cit., la Sezione ha avuto modo di sottolineare che “ il meccanismo di automaticità tra condanna e diniego del rinnovo del permesso di soggiorno, previsto dall’art. 4, comma 3, del D.lgs. 286 del 1998, è stato portato anche all’esame della Corte Costituzionale che ha ribadito l’ampia discrezionalità di cui gode il Legislatore in materia di disciplina dell’immigrazione.

La Corte ha ritenuto che non sia irragionevole condizionare l’ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale alla circostanza della mancata commissione di reati di non scarso rilievo. Ha evidenziato che la condanna per un delitto la cui configurazione è diretta a tutelare beni giuridici di rilevante valore sociale non può, di per sé, essere considerata circostanza ininfluente al punto di far ritenere manifestamente irragionevole la disciplina legislativa che siffatta condanna assume come circostanza ostativa automaticamente all’accettazione dello straniero nel territorio dello Stato.

Considerando specificamente il paradigma riferito non già ad una rassegna quantitativa, basata sulla pena, né ad una indicazione qualitativa fondata su specifiche fattispecie delittuose, ma calibrato in funzione di “tipologie” di reati, individuati ratione materiae e raggruppati all’interno di complessi normativi delineati solo attraverso il richiamo ai relativi “settori di criminalità”, la Corte Costituzionale ha osservato che le “materie” evocate dalla normativa in questione (che riflettono anche specifici impegni internazionali derivanti da convenzioni o trattati o normativa di rango comunitario) dimostrano come “sia evidente l’intendimento del legislatore di assumere a paradigma ostativo non certo la gravità del fatto, in sé e per sé considerata, quanto - e soprattutto - la specifica natura del reato, riposando la sua scelta su una esigenza di conformazione agli impegni di “inibitoria” di traffici riguardanti determinati settori reputati maggiormente sensibili.” (Corte Costituzionale n. 277 del 12.12.2014) ”.

3.5. La Sezione ha avuto altresì modo di affermare che “ le condanne in materia di stupefacenti sono automaticamente ostative, anche una sola condanna, qualunque sia la pena detentiva riportata dal condannato, non rilevando la concessione di attenuanti o della sospensione condizionale della pena, né la modalità di esecuzione della stessa ” (n. 4797/2020, cit.) e che la condanna dello straniero è elemento necessario e sufficiente ad impedire il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, non rilevando in senso contrario il fatto che egli abbia intrapreso un percorso espiativo e abbia beneficiato dell’affidamento in prova ai servizi sociali (n. 155/2020, cit.).

3.6. Da ultimo, si è chiarito di recente (C.d.S., Sez. III, 29 novembre 2019, n. 8175, e 4 maggio 2018, n. 2654) che la presenza di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno. Piuttosto, in casi speciali e situazioni peculiari, che eventualmente espongano i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio, l’ordinamento – ferma la valutazione amministrativa in punto di pericolosità e diniego di uno stabile titolo di soggiorno – offre, in via eccezionale, e a precipua tutela dei minori, uno specifico strumento di tutela, affidato al giudice specializzato dei minori: in forza del disposto di cui all’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, infatti, “ il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge ” (v. C.d.S., Sez. III, n. 155/2020, cit.).

4. Ebbene, andando ad applicare i suesposti insegnamenti giurisprudenziali alla fattispecie in esame, emerge l’infondatezza dei motivi dell’appello.

4.1. Da un lato, infatti, il decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico ha evidenziato la gravità della condotta del sig. -OMISSIS-, desunta dall’entità della pena irrogatagli, pur dopo la concessione delle attenuanti generiche e tenuto conto del meccanismo premiale del cd. patteggiamento. La P.A. ha, poi, correttamente ricavato la pericolosità del reo per la sicurezza pubblica e la sua mancata integrazione sociale dalla circostanza che il reato, di per sé grave, è stato commesso in un periodo in cui lo straniero aveva regolarizzato la propria posizione ed aveva un’attività lavorativa, da cui ricavava i mezzi per il proprio sostentamento (cfr. C.d.S., Sez. III, n. 4797/2020, cit.): e tale circostanza fa sì che il giudizio di pericolosità dello straniero non sia eliso né dall’unicità, né dal carattere (invero non molto) risalente dell’episodio criminoso in cui egli è incorso.

4.2. D’altro lato, già in sede cautelare si è osservato – e tali osservazioni debbono essere confermate nella presente sede di merito – che:

a) il matrimonio contratto dallo straniero il 13 maggio 2017 ed i dedotti legami familiari non valgono nel caso di specie a temperare il rigido automatismo della disciplina di settore, trattandosi di eventi sopravvenuti rispetto al provvedimento di diniego, emesso in data 7 ottobre 2015 e poi confermato in sede gerarchica;

b) la formazione di una famiglia sul territorio italiano non può rappresentare uno scudo o una garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, salvo casi speciali e situazioni particolari – qui non evidenziate – che possano esporre i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio.

4.3. C’è da aggiungere, quanto al punto a), che il decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico ha aggiunto, in ordine al dedotto matrimonio dello straniero con una sua connazionale, già residente in Italia, che tale elemento non era stato dimostrato nella sede procedimentale a ciò deputata tramite produzione del certificato di matrimonio rilasciato dall’Autorità competente (certificato poi prodotto nella presente sede processuale).

5. In conclusione, pertanto, l’appello è infondato e da respingere, essendo la sentenza di primo grado meritevole di conferma.

6. Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di appello, tenuto anche conto che la difesa erariale si è limitata in esso ad una semplice costituzione formale.

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