Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-01-22, n. 201400297

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-01-22, n. 201400297
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400297
Data del deposito : 22 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05463/2013 REG.RIC.

N. 00297/2014REG.PROV.COLL.

N. 05463/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5463 del 2013, proposto da:
M R Z, rappresentata e difesa dall’Avv. M R, con domicilio eletto presso l’Avv. Marco Croce in Roma, via Nizza, n. 63;

contro

Comune di Silvi, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. C Spantoni, con domicilio eletto presso l’Avv. Emilia Fucile in Roma, via Filippo Corridoni, n. 19;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – L’AQUILA: SEZIONE I n. 00015/2013, resa tra le parti, concernente il risarcimento del danno derivante dall’illegittima declaratoria di inidoneità allo svolgimento delle mansioni di commesso di farmacia


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Silvi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2014 il Cons. M N e udito, per la parte ricorrente, l’Avv. Adami su delega dell’Avv. Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. Abruzzo, sede de L’Aquila, M R Z domandava nei confronti del Comune di Silvi il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale asseritamente sofferto, dal 1993 al 2010, per la mancata assunzione nella qualità di commessa della farmacia comunale, in seguito all’illegittimità, accertata e dichiarata da questo stesso Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 1419 dell’11.3.2010, della delibera di Giunta Municipale n. 433 del 10.6.1993, che l’aveva ritenuta erroneamente inidonea allo svolgimento delle mansioni di commessa.

2. Nel giudizio di prime cure si costituiva il Comune di Silvi, eccependo l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza dell’avversario ricorso.

3. Il T.A.R. Abruzzo, sede de L’Aquila, con la sentenza n. 15 del 10.1.2013, dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendo che esso non fosse stato proposto nel termine di 120 giorni, previsto dall’art. 30, comma 5, c.p.a., per la proposizione della domanda risarcitoria, termine applicabile, secondo il primo giudice, anche alla domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente, benché questa avesse per presupposto vicende (e sentenze) anteriori all’entrata in vigore del codice, non potendo a tale domanda estendersi la previsione dell’art. 2, all. 3, disp. trans. c.p.a.

4. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’interessata, censurandone l’erroneità per aver essa male applicato i principi relativi al risarcimento del danno nonché l’art. 30 c.p.a., e ha riproposto integralmente la domanda risarcitoria dichiarata inammissibile dal primo giudice, chiedendo quindi l’integrale riforma, previa sospensione, dell’impugnata sentenza.

5. Si è costituito il Comune appellato, chiedendo la reiezione dell’avversario gravame.

6. Con istanza del 4.10.2013 l’appellante chiedeva l’abbinamento al merito della domanda cautelare.

7. Nella camera di consiglio del 10.10.2013 il Collegio, preso atto di tale istanza, rinviava la causa, per la discussione del merito, alla pubblica udienza del 9.1.2014.

8. Alla pubblica udienza del 9.1.2014 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. L’appello deve essere accolto.

10. Il T.A.R. aquilano ha dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria proposta con ricorso notificato il 4.7.2011 in prime cure al Comune di Silvi dall’odierna appellante sul presupposto che detta domanda sia stata proposta tardivamente, oltre il termine decadenziale di centoventi giorni previsto dall’art. 30, comma 4, c.p.a., che si applicherebbe anche ad un’azione risarcitoria, come quella di cui si controverte, che trova causa ed origine in fatti antecedenti all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo.

10.1. A tale conclusione il T.A.R. è giunto sulla base di un ragionamento secondo il quale il termine introdotto dall’art. 30 c.p.a., ad evitare ingiustificate disparità di trattamento tra le azioni risarcitorie proposte nel vigore del nuovo codice, dovrebbe trovare applicazione anche a quelle sorte nel vigore della precedente disciplina processuale, ma proposte dopo il 16.9.2010, data di entrata in vigore del codice, sicché la ricorrente avrebbe dovuto proporre la domanda nei centoventi giorni successivi a tale data.

10.2. La natura processuale del termine di decadenza in questione osterebbe anche all’applicazione dell’art. 2, all. 3, disp. trans. c.p.a., invocato dalla ricorrente in prime cure, in quanto l’azione risarcitoria non esisteva nella sua definitiva (e positiva) configurazione nell’ordinamento prima dell’avvento del codice del processo amministrativo, sicché non potrebbe predicarsi la pendenza di alcun termine processuale.

10.3. Tale non sarebbe, secondo il T.A.R., il generale termine di prescrizione che opera per i diritti, come causa di estinzione degli stessi, su eccezione di parte, in un ambito applicativo, dunque, totalmente diverso da quello in esame, che importa non già estinzione, ma impedimento all’esercizio di facoltà connesse ad una situazione soggettiva di vantaggio.

11. Un simile ragionamento, tuttavia, è erroneo.

11.1. L’art. 2 dell’allegato 3 del codice, relativo alle norme transitorie, prevede che “ per i termini che sono in corso alla data di entrata in vigore del codice continuano a trovare applicazione le norme previgenti ”.

11.2. Appare evidente come secondo l’orientamento interpretativo invalso nella giurisprudenza delle Sezioni Unite, alla data in cui entrò in vigore il codice (16.9.2010), l’azione risarcitoria, proponibile anche separatamente (o, come nel caso di specie, successivamente) rispetto a quella di annullamento, fosse soggetta al solo termine quinquennale di prescrizione decorrente, nel caso, di specie dall’accertata illegittimità del provvedimento causativo del danno e, quindi, dalla sentenza di questo Consiglio, sez. V, n. 1419 dell’11.3.2010.

11.3. Ora è vero che, come sostiene il T.A.R., l’azione risarcitoria non era soggetta ad alcun termine di decadenza processuale, alla data di entrata in vigore del codice, ma non per questo si può sostenere che il termine processuale di decadenza, introdotto dal codice, debba applicarsi retroattivamente a fattispecie anteriori soggette, sul piano sostanziale, al solo termine di prescrizione quinquennale.

11.4. Una simile soluzione porterebbe ad una conseguenza aberrante e contraria alla ratio dello stesso dello stesso art. 2, facendo sì che una precedente situazione giuridica soggettiva, solo perché non soggetta alla previsione di una decadenza processuale, soggiacerebbe ad un termine di decadenza, ex post introdotto, con conseguente indebita applicazione retroattiva, anche sul piano sostanziale, della innovativa disciplina processuale del codice.

11.5. Il codice del processo amministrativo, al contrario, ha previsto che, per i termini ancora in corso alla data della sua entrata in vigore, continui ad applicarsi la precedente disciplina processuale, in deroga al principio tempus regit actum e con previsione, quindi, della ultrattività di tale disciplina.

11.6. Ora se la volontà dell’ordinamento è ben chiara, nel rapporto tra vecchi e nuovi termini processuali, ancor di più deve esserlo nella successione tra un termine sostanziale e un nuovo termine processuale, precedentemente non previsto, poiché altrimenti si perverrebbe all’iniqua conclusione che una disciplina processuale, nell’introdurre un limite temporale all’esercizio di una situazione giuridica soggettiva, possa modificare in peius e retroattivamente la meno restrittiva disciplina sostanziale applicabile a situazioni già esauritesi, in spregio, peraltro, degli artt. 3, 24 e 111 Cost.

11.7. Se il legislatore ha inteso evitare tale conseguenza sul piano della successione tra diversi termini processuali, nella disciplina transitoria prevista dall’art. 2, eguale conclusione si impone, e a fortiori , anche nel trapasso da un regime, che prevedeva la sola prescrizione dell’azione risarcitoria, ad uno in cui questa è soggetta ad un termine di decadenza che, per quanto abbia (o dai più si ritenga avere) natura processuale, finisce per incidere sostanzialmente non solo sulla tutela, ma sull’esistenza stessa della situazione giuridica soggettiva.

11.8. Tale è stato l’avviso espresso da questo Consiglio che, nel rilevare come la norma dell’art. 30 del codice del processo amministrativo sia applicabile anche direttamente ad una fattispecie antecedente alla sua entrata in vigore, è pervenuta a tale conclusione sulla base della considerazione che essa codifica principi appartenenti ad un quadro normativo già delineatosi ed emerso chiaramente prima della sua entrata in vigore, perché enunciato dalla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, e con esclusione del termine di decadenza, inapplicabile ratione temporis (Cons. St., sez. V, 29.11.2011, n. 6296).

11.9. Ne segue che, essendo il primo giudice incorso in un errore, pur determinato dalla complessità del profilo intertemporale qui disaminato, la sentenza impugnata debba essere integralmente riformata sul punto, dovendosi quindi delibare, nel merito, la fondatezza dell’azione risarcitoria in questa sede riproposta.

12. L’azione risarcitoria, ciò premesso, è fondata e va accolta, seppur nei termini che seguono.

12.1. Al riguardo non può non osservarsi, infatti, che questo Consiglio, nella sentenza n. 1419 dell’11.3.2010, passata in giudicato, ha già ritenuto e censurato l’illegittimità della delibera dell’operato dell’amministrazione comunale e, in particolare, della Commissione giudicatrice. Questa non ha preliminarmente predisposto i necessari criteri di massima e le modalità per procedere alla valutazione della candidata, “ affidandosi invece ad esercitazioni tirate fuori al momento, senza nessuna preventiva informazione, con il condizionamento negativo della candidata ”.

12.2. Inoltre, premesso che nella specie si trattava di verificare la capacità della candidata di ordinare i medicinali negli appositi scaffali e che alla stessa era stato richiesto null’altro che questo, la sentenza predetta ha del pari sottolineato che l’errore in cui sarebbe incorsa la stessa candidata, di non avvedersi che alcuni medicinali fossero scaduti, non poteva essere rilevato dalla Commissione, sia per la specifica prova richiesta, che non prevedeva preliminari verifiche, ma solo la sistemazione fisica negli appositi scaffali, sia perché non si erano previsti precisi criteri di massima in precedenza.

12.3. La pronuncia di questo Consiglio, sopra citata, che ha accertato l’illegittimità del provvedimento con il quale la Giunta municipale di Silvi ha ritenuto l’odierna appellante inidonea a svolgere le mansioni di commessa in farmacia, annullando tutti gli atti comunali che avevano dato causa alla sua ingiusto rifiuto di assumerla nella farmacia comunale, ha ben posto in evidenza che “ voler penalizzare una candidata per un errore relativo ad una prova non richiesta è segno evidente sia di illogicità manifesta e sia di difetto di motivazione, quale specifica conseguenza di un difetto di istruttoria ” (Cons. St., sez. V, 11.3.2010, n. 1419).

12.4. Grave appare, sotto tale profilo, la condotta dell’amministrazione comunale, che per ben diciassette anni, dal 1993 al 2010, ha negato, sulla base di tale illegittimo modus operandi , l’assunzione di M R Z, iscritta nell’elenco degli invalidi civili aspirati al collocamento obbligatorio, di cui alla l. 482/1968, e indicata dall’Ufficio del lavoro e della massima occupazione come avente titolo al posto di commesso di farmacia.

12.5. E l’inescusabilità di tale condotta appare ancor più evidente ove si consideri che, solo dopo la sentenza n. 1419/2010 di questo Consiglio, la Giunta comunale ha finalmente preso atto della necessità di ricostituire una nuova Commissione e ha provveduto in tal senso, nominando nuovi membri e fissando in due mesi, decorrenti dalla data di esecutività della delibera stessa, il termine massimo per la conclusione dell’intero procedimento.

12.6. Con nota prot. 41464 del 7.10.2010 il Comune di Silvi convocava M R Z per il giorno 27.10.2010 al fine di svolgere la prova pratica.

12.7. Il Comune di Silvi, dopo che l’odierna appellante aveva superato senza alcuna difficoltà la rinnovata prova pratica, con delibera n. 276 del 23.11.2010, comunicata con nota prot. 48614 in pari data, ha disposto finalmente l’assunzione dell’interessata con qualifica di “esecutore amministrativo”, categoria B1, con decorrenza dal 1.12.2010.

13. Lo svolgimento dei fatti, sin qui esposti, mostra chiaramente l’illegittimità degli atti, posti in essere nel 1993 dal Comune, sino al rinnovo del procedimento, dopo il giudicato, che ha condotto all’assunzione dell’odierna appellante;
la colpa dell’Amministrazione, incorsa in una grave negligenza perpetuasi per ben diciassette anni nel rifiutare senza solide ragioni il riconoscimento di un’idoneità, che invece è stata de plano comprovata dalla candidata e doverosamente riconosciuta dalla Commissione nel 2010 all’atto della seconda prova pratica;
il nesso eziologico tra la condotta del Comune e la mancata assunzione dell’interessata;
il danno ingiusto, subito da M R Z, nel vedersi privata di tutte le retribuzioni a lei spettanti, laddove le fosse stata tempestivamente riconosciuta la sua idoneità allo svolgimento delle mansioni e si fosse proceduto sin ab initio alla sua assunzione.

14. Essendo comprovata in tutti gli elementi costitutivi la responsabilità aquiliana del Comune di Silvi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2043 c.c., questo deve essere condannato a pagare in favore dell’odierna appellante, a titolo risarcitorio, tutte le retribuzioni che sarebbero spettate a M R Z dall’emanazione dell’illegittima delibera della Giunta municipale, annullata da questo Consiglio, sino all’assunzione, avvenuta solo il 23.11.2010, detratto l’ aliunde perceptum che l’interessata ha ricevuto nel periodo dal 1993 al 2010. S’intende che restano escluse quelle componenti della retribuzione che per loro natura presuppongono l’effettiva prestazione del servizio (straordinario, indennità per turni festivi, etc.).

15. Non può invece riconoscersi all’interessata il danno non patrimoniale richiesto, sia nella forma del danno biologico che in quella del danno esistenziale, poiché tale domanda è del tutto sfornita di adeguato supporto probatorio sia in punto di an che di quantum , essendosi l’appellante limitata ad apodittiche asserzioni circa la sua sussistenza, senza dimostrarne la sua concreta e attuale esistenza nonché entità.

16. Il Collegio ritiene quindi, in applicazione dell’art. 34, comma 4, c.p.a., di dover assegnare al Comune di Silvi un termine di novanta giorni, decorrente dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, affinché formuli a M R Z una proposta di risarcimento del danno patrimoniale che contempli la totalità di tali somme, previa detrazione dell’ aliunde perceptum , oltre, naturalmente, agli interessi e alla rivalutazione, il cui cumulo è da riconoscersi alla danneggiata secondo i modi e nei limiti precisati dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 1712/1995.

17. Sarà onere dell’interessata produrre al Comune, nel predetto termine, tutta la documentazione comprovante le somme percepite a titolo retributivo negli anni dal 1993 al 2010, affinché possa essere esattamente determinato dall’ente, ai fini della proposta, l’ aliunde perceptum.

18. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza del Comune di Silvi nei confronti dell’odierna appellante.

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