Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-08-02, n. 201804784

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-08-02, n. 201804784
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804784
Data del deposito : 2 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2018

N. 04784/2018REG.PROV.COLL.

N. 10566/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10566 del 2015, proposto da
A Z, rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Scipioni, n. 237;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco in carica pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C S, domiciliata in Roma, alla via del Tempio di Giove, n. 21;

nei confronti

S M, C P, non costituiti in giudizio;
G M, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gabriele Camozzi, n. 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione II, n. 6691/2015, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento della graduatoria relativa alla procedura selettiva pubblica, per titoli ed esami, indetta da Roma Capitale per il conferimento di n. 150 posti nel profilo professionale di Istruttore Servizi Professionali, Turistici e Sportivi;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di G M;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati G S, Rosalda Rocchi e A A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, A Z, come in atti rappresentata e difesa:

a ) premetteva di aver partecipato al concorso, per titoli ed esami, indetto da Roma Capitale per il conferimento di n. 150 posti nel profilo professionale di “ Istruttore Servizi Culturali, Turistici e Sportivi, Categoria C (posizione economica C1) - Famiglia Cultura Turismo e Sport e Cultura ”, classificandosi al 341° posto della graduatoria;

b ) esponeva che, avverso gli esiti della procedura, aveva proposto rituale ricorso presso il TAR Lazio, con il quale aveva lamentato – all’uopo prospettando complessiva violazione della normativa di riferimento, una ad eccesso di potere sotto plurimo rispetto – l’erronea valutazione dei titoli posseduti, segnatamente invocando l’attribuzione di 1,50 punti per il possesso del “ diploma di restauratore ”, rilasciato dall’Istituto Centrale per il Restauro (che era stato, per contro, inopinatamente considerato quale mero “ corso di perfezionamento ”, con pedissequa attribuzione di soli 0,30 punti), a suo dire concretante, a termini di bando, “ abilitazione professionale ” attinente al profilo professionale oggetto della selezione;

c ) aggiungeva di aver, altresì, rivendicato, con il medesimo gravame, l’ulteriore riconoscimento di 0,30 punti, asseritamente spettanti per la documentata frequenza del quarto anno del “ corso di restauratore ”, da intendersi quale “ corso di perfezionamento ”, con prospettico conseguimento del punteggio complessivo di 20,90 punti, tale da collocarla al 145° posto della graduatoria, in luogo della deteriore posizione rivestita;

d ) precisava, ancora, di aver pure impugnato, per aggiunzione di motivi, il successivo verbale della Commissione esaminatrice e la conseguente determinazione dirigenziale di presa d’atto - adottati in dichiarata esecuzione dell’ordinanza cautelare con la quale il primo giudice aveva ordinato, in prospettiva propulsiva, il riesame dei titoli – con i quali era stato confermato il punteggio originariamente attribuito;

e ) lamentava, peraltro, che – con sentenza n. 3391/2015, meglio distinta in epigrafe, il primo giudice avesse respinto il gravame (contestualmente dichiarando improcedibile il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata C P);

f ) impugnava, per l’effetto, la ridetta statuizione, di cui lamentava la complessiva erroneità, auspicandone l’integrale riforma.

2.- Si costituivano in giudizio Roma Capitale e il controinteressato G M, che diffusamente argomentavano l’infondatezza dell’avverso ricorso, invocandone la reiezione.

Nel rituale contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 22 marzo 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello non è fondato e merita di essere, conseguentemente, respinto.

L’appellante ripropone criticamente in seconde cure – dolendosi della erronea valutazione sul punto compiuta dal primo giudice – la questione relativa alla rivendicata necessità, ai fini dell’attribuzione del punteggio previsto dal bando, di considerare il possesso del diploma di Restauratore, rilasciato in data 18 dicembre 1998, dall’Istituto Centrale per il Restauro (ora Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro), quale “ abilitazione professionale ”, attinente al profilo professionale del posto oggetto della procedura concorsuale per cui è causa.

In proposito, dopo aver nuovamente rammentato che l’art. 3 del bando prevedeva il riconoscimento di 1,50 punti per le “ abilitazioni professionali attinenti al profilo professionale del posto oggetto di selezione ”, e di 0,30 punti per “ corsi di aggiornamento e perfezionamento conclusi con il superamento di esami, su materie attinenti al profilo professionale ”, ribadisce che erroneamente il proprio diploma – conseguito al termine di un corso di durata triennale, con esame conclusivo – non sia stato valutato né come abilitazione professionale, né come “altro titolo di cultura” (laurea o titolo di specializzazione, per punti da 1 a 2). Esso era stato, per contro, considerato quale semplice “corso di aggiornamento e perfezionamento”, e valutato con il riconoscimento di soli 0,3 punti.

Peraltro, a titolo di “corso di aggiornamento” avrebbe dovuto, a suo dire, esserle riconosciuta la frequenza del quarto anno, successivo al conseguimento del diploma, con conseguente diritto al riconoscimento di ulteriori 0,3 punti.

In diritto, ribadiva – censurando il difforme ragionamento operato dalla sentenza impugnata – che l’attribuzione al titolo posseduto del valore abilitante sarebbe riconosciuto dall’art. 182, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 42/2004, nel testo vigente alla data di indizione del bando e di presentazione della domanda e quale risultante a seguito delle modifiche apportate dall'art. 4, comma 1, lett. a ), n. 1), del decreto legislativo n. 156/2006 e dall'art. 3, comma 1, lett. a ), n. 1), del decreto legislativo n. 62/2008 (e prima delle ulteriori modifiche apportate dall'art. 1, comma 1, della legge n. 7/2013): invero, la disposizione normativa in questione, in prospettiva intertemporale, riconosceva la “ qualifica di restauratore di beni culturali ” a chi avesse conseguito un diploma “ presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché […] iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006 ”.

In concreto, a suo dire, la disposizione in parola – in combinato disposto con l’art. 29, comma 9 bis del medesimo decreto legislativo – non avrebbe fatto altro che confermare l'attribuzione di diritto alla ricorrente —già avvenuta in forza della L. 1240/1939- dell'abilitazione all'esercizio della professione di restauratore.

2.- Il motivo non è fondato.

Vale ripercorrere brevemente il complessivo quadro normativo dettato in materia di abilitazione all’esecuzione di interventi di conservazione del patrimonio culturale. Non senza soggiungere, in proposito, che si tratta, con ogni evidenza, di un quadro normativo piuttosto frastagliato, oggetto di plurime e reiterate e ravvicinate revisioni: sintomatico, come tale, di una non commendevole incertezza che, a tutt’oggi, stenta a trovare - soprattutto in relazione alla gestione del “regime transitorio” - adeguata composizione e soddisfacente attuazione.

Come è noto, la relativa disciplina è scolpita dal d. lgs. n. 42/2004 ( Codice dei beni culturali e del paesaggio ), il quale, all’art. 29, individua i profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro e le modalità di conseguimento delle relative qualifiche ed abilitazioni.

In particolare, il comma 6 stabilisce in proposito che “ fermo quanto disposto dalla normativa in materia di progettazione ed esecuzione di opere su beni architettonici, gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia ”.

La successiva disposizione del comma 9 bis (introdotta dall’art. 2, comma 1, lett. m ), n. 3), del decreto legislativo n. 156 del 2006), dispone, in particolare, scolpendo la normativa “a regime”, che “ dalla data di entrata in vigore dei decreti previsti dai commi 7, 8 e 9, agli effetti dell’esecuzione degli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici, nonché agli effetti del possesso dei requisiti di qualificazione da parte dei soggetti esecutori di detti lavori, la qualifica di restauratore di beni culturali è acquisita esclusivamente in applicazione delle predette disposizioni ”.

In particolare, il comma 7 dell’art. 29 dispone che i profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono definiti con apposito regolamento ministeriale, di fatto emanato con il D.M. 26 maggio 2009, n. 86.

Il comma 9 dell’art. 29 prevede, quindi: a ) che “ l’insegnamento del restauro è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato ”; b ) che con apposito regolamento ministeriale - emanato con il D.M. 26 maggio 2009, n. 87 - “ sono individuati le modalità di accreditamento, i requisiti minimi organizzativi e di funzionamento dei soggetti di cui al presente comma, le modalità della vigilanza sullo svolgimento delle attività didattiche e dell’esame finale, abilitante alle attività di cui al comma 6 e avente valore di esame di Stato, cui partecipa almeno un rappresentante del Ministero, il titolo accademico rilasciato a seguito del superamento di detto esame, che è equiparato al diploma di laurea specialistica o magistrale, nonché le caratteristiche del corpo docente. Il procedimento di accreditamento si conclude con provvedimento adottato entro novanta giorni dalla presentazione della domanda corredata dalla prescritta documentazione ”.

2.- Tale essendo la normativa “a regime”, interessa, ai fini della controversia che ne occupa, la disciplina transitoria regolata dall’art. 182 del d. lgs. n. 42 cit.

Obene, i commi 1 e 2 dell’art. 182 in questione - nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 4, comma 1, lett. a ), n. 1), del decreto legislativo n. 156 del 2006 - dispongono (nella versione anteriore alle ulteriori modifiche apportate dall’art. 3, comma 1, lett. a ), n. 1), del decreto legislativo n. 62 del 2008 e dall’art. 1, comma 1, della legge n. 7 del 2013) che:

1.- In via transitoria, agli effetti indicati all'articolo 29, comma 9 bis, acquisisce la qualifica di restauratore di beni culturali:

a) colui che consegua un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed abbia svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.

1 bis. Può altresì acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all'articolo 29, comma 9 bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanare di concerto con i Ministri dell'istruzione e dell'università e della ricerca, entro il 31 dicembre 2007:

a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, abbia svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;

b) colui che abbia conseguito o consegua un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

c) colui che abbia conseguito o consegua un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;

d) colui che consegua un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché risulti iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004 ”.

Tali disposizioni confermano che, contrariamente all’assunto di parte appellante, il solo fatto di aver conseguito il diploma presso una delle scuole di cui all’art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 368 del 1998 (tra le quali rientra, nel caso in esame, l’Istituto Centrale per il Restauro) non rappresenta condizione sufficiente per il conseguimento per l’abilitazione professionale, la quale può conseguire unicamente al superamento di una apposita “ prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante ”.

In siffatto quadro normativo (che esclude ogni preteso automatismo tra conseguimento del diploma riconoscimento della abilitazione professionale), la circostanza che, allo stato, le prove idoneative non siano state concretamente programmate (in sintomatica coerenza con quella complessiva incertezza che ha, nelle more, indotto alla complessiva riformulazione delle disposizioni transitorie), non vale a giustificare riconoscimenti, de facto , di forme equipollenti di abilitazione professionale, omisso medio .

Del resto, si deve soggiungere che la regola risulta confermata – all’esito della ulteriore riscrittura dell’art. 182 da parte dell’art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 2013, n. 7 – dalle Linee guida approvate, in data 13 maggio 2014, dal Ministero dei i beni e delle attività culturali e per il turismo, dalle quali è dato desumere, in conformità al riassunto assetto normativo, che, a tutt’oggi, le modalità previste per acquisire “in via transitoria” le indicate qualifiche sono due: la “ selezione pubblica ” e la “ prova di idoneità ”.

In particolare, la qualifica può essere conseguita “ previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di Stato abilitante ”, da coloro che abbiano conseguito la laurea o il diploma accademico di primo livello in Restauro delle accademie di belle arti, nonché la laurea specialistica o magistrale ovvero il diploma accademico di secondo livello in Restauro delle accademie di belle arti, corrispondenti ai titoli previsti nella tabella 1 dell'allegato B, attraverso un percorso di studi della durata complessiva di almeno cinque anni (si tratta della modalità riservata a coloro i quali abbiano conseguito, secondo gli ordinamenti esistenti prima della piena attuazione dell'articolo 29, commi 8, 9 e 9 bis , un titolo, universitario o accademico, in qualche misura attinente alla formazione specifica che deve ormai possedere il restauratore).

Dalla disciplina in esame, emerge, in definitiva, con estrema chiarezza la necessità di tenere distinti, nella peculiare e soggetta materia, i profili attinenti alla (mera) possibilità di esercitare l’ attività di restauratore (la quale consegue al possesso del diploma, è connessa alla qualifica che attraverso lo stesso si acquisisce e costituisce essa stessa presupposto per l’accesso, a domanda, all’esame di stato), dal conseguimento (meramente eventuale) della abilitazione professionale , che richiede, come vale ripetere, il superamento di apposito esame di stato abilitante ed idoneativo, assistito dalle garanzie dell’accertamento della necessaria professionalità e condotto da una apposita commissione, la cui composizione garantisce la verifica dell’idoneità allo svolgimento della professione.

Unica espressa previsione in ordine alla abilitazione automatica è, per contro, stabilita dal D.M.

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