Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-26, n. 202400852

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-01-26, n. 202400852
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400852
Data del deposito : 26 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/01/2024

N. 00852/2024REG.PROV.COLL.

N. 05304/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5304 del 2023, proposto da
S d P S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, S D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio S D C in Roma, via Aureliana n. 63;



contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta) n. 04215/2023, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Nunziata, in dichiarata delega dell'Avv. Cancrini, Polese, in dichiarata delega dell'Avv. Di Cunzolo, e dello Stato Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1.S d P S.p.A. (d’ora in poi semplicemente Strada dei parchi) interpone appello avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione IV, 10 marzo 2023 n. 4215, che ha accolto il ricorso proposto dalla medesima società, ai sensi del combinato disposto degli artt. 31 e 117 c.p.a., per l’accertamento dell’obbligo di provvedere in ordine alla richiesta di aggiornamento delle tariffe autostradali, con rigetto peraltro delle censure articolate dalla parte volte all’accertamento della non applicabilità alla fattispecie de qua dell’art. 24, comma 10 bis, d.l. 27 gennaio 2022, convertito con modificazioni, dalla l. 28 marzo 2022, n. 25 che, modificando l’art. 13, comma 3 del d.l. n. 162/2019, ha ancora una volta prorogato la sospensione dell’applicazione dell’adeguamento tariffario autostradale per i concessionari per i quali il periodo regolatorio è scaduto all’approvazione del nuovo PEF, nonché in subordine la richiesta di rinvio della questione alla Corte Costituzionale o alla Corte di giustizia relativamente alla normativa de qua , qualora ritenuta applicabile.

2.Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2.1. L’appellante era concessionaria, in forza della convenzione stipulata in data 18.11.2009 con Anas S.p.A., della rete autostradale costituita dalle Autostrade A24 ed A25 (Roma – L’Aquila – Traforo del Gran Sasso – Teramo – con diramazione Torano – Pescara), e ciò a seguito di aggiudicazione; l’art. 1, comma 183 della legge 228/2012 ha previsto che “ il Governo, fatta salva la preventiva verifica presso la Commissione europea della compatibilità comunitaria, rinegozia con la società concessionaria le condizioni della concessione anche al fine di evitare un incremento delle tariffe non sostenibile per l’utenza ”; peraltro, S d P aveva avviato il procedimento di aggiornamento e revisione del PEF, formulando la propria proposta al Ministero concedente, nel frattempo subentrato ex lege 14/2012 ad Anas nella attività di vigilanza sull’esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e di controllo della gestione delle autostrade; tale procedimento era stato caratterizzato da una inerzia che aveva reso necessaria la proposizione di un giudizio, definito con sentenza di questa sezione del Consiglio di Stato, 17 luglio 2019 n. 5022, con la quale si è statuito “ l’obbligo di provvedere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, secondo quanto specificato in motivazione, mediante l’adozione di un provvedimento espresso entro il 30 ottobre 2019 ”, vale a dire “ un provvedimento espresso che compiutamente concluda il procedimento di aggiornamento/revisione del P.E.F.”; procedimento che, sospinto dalle statuizioni emesse in sede di ottemperanza, aveva condotto alla nomina di un commissario ad acta (ordinanza, sez. V, 24 aprile 2020, n. 2413).

S d P ha al riguardo addotto in prime cure che con la nota del 15 ottobre 2021, relativa appunto all’adeguamento delle tariffe di pedaggio con decorrenza 1.1.2022 aveva “ comunicato al concedente la variazione tariffaria da applicare con decorrenza 1° gennaio 2022, secondo quanto disciplinato dalla citata Convenzione Unica, pari al 6,19%. Con la medesima nota, S d P ha evidenziato, inoltre, che l’adeguamento tariffario complessivamente maturato dall’anno 2018 e finora non applicato ai sensi dell’art. 13 del d.l. n. 162/2019 s.m.i. (disposizione normativa pur contestata come si vedrà), è pari al 34,74% (comprensivo degli adeguamenti per gli anni dal 2018 al 2022 )”.

2.2. L’appellante assumeva peraltro innanzi al Tar che l’art. 13, comma 3 del d.l. 162/2019, anche nella versione originaria non era applicabile alla concessione de qua, in quanto il procedimento di aggiornamento e revisione del piano economico finanziario era stato avviato nel 2013 e non si era concluso per ritardi e inerzie imputabili alla mano pubblica, e che comunque “ la proposta di PEF di S d P era già stata adeguata al nuovo sistema tariffario previsto dalla Delibera ART n. 66 del 19.6.2019, ai sensi dell’art. 37, comma 2, D.L. n. 201/2011 (come modificato dal d.l. n. 109/2018), tanto che è stata valutata positivamente dall’ART con parere n. 8 del 31.07.2019”, deducendo peraltro l’illegittimità eurounitaria dell’art. 13 del d.l. 162/2019, convertito nella legge 2/2020, per contrasto con il principio di concorrenza, libera iniziativa economica, legittimo affidamento e ragionevolezza nonché l’illegittimità costituzionale della stessa disposizione legislativa per contrasto con gli artt. 3, 41 e 117 della Costituzione.

L’appellante lamentava che il differimento della conclusione del procedimento di adeguamento inciderebbe sui “flussi di cassa della società e sulla bancabilità degli interventi, tutte condizioni compromesse dalla sospensione dell’adeguamento tariffario previsto dalla norma”, profili riconducibili alla violazione del principio di affidamento e di libera iniziativa economica”.

Assumeva inoltre in subordine che il concedente (…) avrebbe dovuto comunque compiere l’istruttoria prevista dall’art. 18 della Convenzione Unica, che richiama espressamente la disciplina dettata dall’art. 21, co. 5, d.l. n. 355/2003 per consentire la successiva adozione del decreto

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